Reiterazione del licenziamento

  • Il datore di lavoro, qualora abbia già intimato al lavoratore il licenziamento per una determinata causa o motivo, può legittimamente intimargli un secondo licenziamento, fondato su una diversa causa o motivo, restando quest’ultimo del tutto autonomo e distinto rispetto al primo. Ne consegue che entrambi gli atti sono in sé astrattamente idonei a raggiungere lo scopo della risoluzione del rapporto, dovendosi ritenere il secondo licenziamento produttivo di effetti solo nel caso in cui venga riconosciuto invalido o inefficace il precedente. (Cass. 9/6/2015 n. 11910, Pres. Vidiri Est. Balestrieri, in Riv. it. dir. lav. 2016, con nota di Gabriele Di Martino, “Successione di licenziamenti, collettivo e individuale: effetti sul rapporto di lavoro nell’area della tutela reale”, 39)
  • In merito al rapporto di lavoro subordinato, il datore di lavoro, allorché abbia già intimato al lavoratore il licenziamento per una determinata causa o motivo, può legittimamente intimargli un secondo licenziamento, fondato su una diversa causa o motivo, restando quest’ultimo del tutto autonomo e distinto rispetto al primo. Ne deriva che entrambi gli atti di recesso sono in sé astrattamente idonei a raggiungere lo scopo della risoluzione del rapporto, dovendosi ritenere il secondo licenziamento produttivo di effetti solo nell’ipotesi in cui venga riconosciuto invalido o inefficace il precedente. (Cass. 6/12/2013 n. 27390, Pres. Vidiri Est. Nobile, in Lav. nella giur. 2014, 283)
  • Il datore di lavoro, qualora abbia già intimato al lavoratore il licenziamento per una determinata causa o motivo, può legittimamente intimargli un secondo licenziamento, fondato su una diversa causa o motivo, restando quest’ultimo del tutto autonomo e distinto rispetto al primo, con la conseguenza che entrambi gli atti di recesso sono in sé astrattamente idonei a raggiungere lo scopo della risoluzione del rapporto, dovendosi ritenere il secondo licenziamento produttivo di effetti solo nel caso in cui venga riconosciuto invalido e inefficace il precedente. (Cass. 20/1/2011 n. 1244, Pres. Foglia Est. Zappia, in Riv. It. Dir. lav. 2012, con nota di Raffaele Galardi, “Art. 18 e continuità giuridica del rapporto: conferme sul potere del datore di licenziare”, 50)
  • La rinnovazione del licenziamento, in base ai motivi posti a fondamento di un precedente licenziamento inficiato di nullità o comunque inefficace, non è in linea generale preclusa risolvendosi, detta rinnovazione, nel compimento di un negozio diverso dal precedente ed esulando l'ipotesi di inammissibilità della convalida del negozio nullo, ai sensi dell'art. 1423, norma diretta a impedire la sanatoria di un negozio nullo con effetti "ex tunc", ma non a comprimere la libertà delle parti di reiterare la manifestazione della loro autonomia negoziale al fine di regolare i loro interessi. (Principio affermato in controversia in cui nello stesso giorno in cui pervenivano le giustificazioni in ordine a un primo licenziamento, il datore di lavoro intimava nuovo licenziamento tenuto conto delle giustificazioni addotte dal lavoratore. La corte territoriale, con decisione confermata dalla S.C., aveva accertato la tempestiva impugnazione del primo licenziamento, ma non del secondo, con conseguente inammissibilità dell'azione proposta per la declaratoria dell'illegittimità del secondo licenziamento). (Rigetta, App. Napoli, 15 luglio 2003). (Cass. 6/11/2006 n. 23641, Pres. Sciarelli Est. Di Nubila, in Dir. e prat. lav. 2007, 1312)
  • Nel giudizio di impugnativa di un licenziamento, una volta che il lavoratore abbia chiesto la reintegrazione nel posto di lavoro ex art. 18 della legge n. 300 del 1970, la sopravvenienza nel corso del giudizio medesimo di un evento estintivo del rapporto di lavoro (nella specie, un nuovo licenziamento) non determina la carenza sopravvenuta dell'interesse alla pronuncia giudiziale, in quanto la domanda di reintegrazione ha ad oggetto l'accertamento della inidoneità del licenziamento impugnato ad estinguere il rapporto e del conseguente inadempimento del datore di lavoro, mentre l'evento sopravvenuto segna soltanto il dies a quo di un periodo successivo, al quale l'accertamento medesimo non può estendersi. (Cass. 5/7/2003 n. 10268, Pres. Ianniruberto Rel. Picone, in Dir. e prat. lav. 2004, 72)
  • La rinnovabilità del recesso può essere consentita per recessi nulli o inefficaci per vizio di forma, poiché insuscettibili di incidere sulla prosecuzione del rapporto e tali da non escludere, per la inapplicabilità del divieto sancito dall'art. 1423 c.c., la libertà delle parti di reiterare la manifestazione della loro volontà negoziale al fine di regolare i loro interessi. Deve, pertanto, considerarsi illegittimo il licenziamento intimato al lavoratore dopo alcuni giorni dalla ripresa del servizio per gli stessi motivi addotti a sostegno di un precedente licenziamento per superamento del periodo di comporto che era stato revocato (perché ritenuto non valido dal datore, ma senza alcun accenno ai motivi della revoca), sia per violazione del principio di correttezza e buona fede ex art. 1175 c.c., sia perché la revoca preclude il successivo recesso quando esprima una volontà inconciliabile con quella di interrompere il rapporto per le stesse ragioni poste a fondamento del primo. (Trib. Milano 8/5/2002, Est. Marasco, in Lav. nella giur. 2003, 289)
  • Al datore di lavoro è consentita la reiterazione del licenziamento dichiarato nullo per vizio di forma o per altro vizio procedurale, a ciò non essendo di ostacolo la necessità della sussistenza del requisito della tempestività del recesso, mentre la reiterazione stessa, se il vizio da cui è inficiato il primo licenziamento riguarda la configurabilità della giusta causa o del giustificato motivo, è consentita solo se basata su nuova ragione giustificatrice, altrimenti essendo preclusa dal giudicato, o, se non si è ancora pervenuti alla formazione di quest'ultimo, dovendosi procedere, a seconda della situazione processuale in cui si versa, o alla riunione dei procedimenti, o alla dichiarazione di litispendenza, o alla sospensione del secondo giudizio, salva sempre, nelle more, l'esperibilità della procedura cautelare (Cass. 4/11/00, n. 14426, pres. Trezza, est. Vidiri, in Foro it. 2001, pag. 946)
  • Il licenziamento dichiarato illegittimo (nella specie, per inosservanza delle garanzie di cui all'art. 7, 2° comma, l. 20/5/70, n. 300 ) non estingue il rapporto di lavoro, sul quale quindi possono avere definitivo effetto estintivo differenti cause sopravvenute, tra cui un successivo recesso che diviene privo di causa a seguito della pronunciata legittimità del primo licenziamento (Cass. 4/11/00, n. 14426, pres. Trezza, est. Vidiri, in Foro it. 2001, pag. 946)
  • Nel caso in cui, dopo un primo licenziamento, ne sia intervenuto altro non tempestivamente impugnato, il giudice, chiamato a pronunziarsi sulle conseguenze del primo licenziamento, dichiarato illegittimo, deve limitarsi alla condanna del datore di lavoro, ai sensi dell'art. 18, l. n. 300/ 70, quale sostituito dall'art. 1, l. 11/5/90, n. 108, al risarcimento dei danni subiti dai dipendente nel periodo corrente tra il primo e il secondo licenziamento, salva in ogni caso l'indennità minima di cinque mensilità, ma non può ordinare la reintegrazione nel posto prima occupato dal lavoratore, cui quindi non compete neppure il diritto all'indennità sostitutiva di cui all'art. 18, 5° comma, l. n. 300, cit., introdotto dall'art. 1, l. n. 108, cit. (Cass. 4/11/00, n. 14426, pres. Trezza, est. Vidiri, in Foro it. 2001, pag. 946)