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- In tema di rapporto di lavoro giornalistico, l’attività del collaboratore fisso espletata con continuità, vincolo di dipendenza e responsabilità di un servizio rientra nel concetto di “professione giornalistica”. Ai fini della legittimità del suo esercizio è condizione necessaria e sufficiente l’iscrizione del collaboratore fisso nell’albo dei giornalisti, sia esso elenco dei pubblicisti o dei giornalisti professionisti: conseguentemente, non è affetto da nullità per violazione della norma imperativa contenuta nell’art. 45 l. n. 69/1963 il contratto di lavoro subordinato del collaboratore fisso, iscritto nell’elenco dei pubblicisti, anche nel caso in cui svolga l’attività giornalistica in modo esclusivo. (Cass. S.U. 28/1/2020 n. 1867, Pres. Mammone Est. Doronzo, in Riv. It. Dir. lav. 2020, con nota di G. Petraglia, “I pubblicisti non sono giornalisti figli di un dio minore”, 282)
- Ai fini della integrazione della qualifica di redattore e della sua distinzione dalle altre figure di giornalisti, è imprescindibile il requisito della quotidianità della prestazione in contrapposizione alla semplice sua continuità, caratterizzante la figura del collaboratore fisso; nei confronti di quest'ultimo il requisito della responsabilità del servizio deve essere inteso come l'impegno del giornalista di trattare con continuità di prestazioni uno specifico settore o specifici argomenti di informazioni: deve quindi ritenersi collaboratore fisso colui che mette a disposizione le proprie energie lavorative per fornire con continuità ai lettori della testata un flusso di notizie in una specifica e predeterminata area dell'informazione, attraverso la redazione sistematica di articoli o con la tenuta di rubriche, con conseguente affidamento dell'impresa giornalistica, che si assicura così la copertura di detta area informativa, contando per il perseguimento degli obiettivi editoriali sulla disponibilità del lavoratore anche nell'intervallo tra una prestazione e l'altra. (Nella specie il giudice di merito, con la sentenza confermata dalla S.C., aveva negato la qualifica sia di redattore che di collaboratore fisso, affermando la natura autonoma del rapporto, rispetto a soggetto che, secondo le indicazioni di un caposervizio, forniva ad un quotidiano locale articoli relativi ad una zona determinata, sulla base di un contratto qualificato come di lavoro autonomo, prevedente una retribuzione correlata al numero di articoli pubblicati, senza continuità del rapporto, stante la facoltà del lavoratore di assentarsi per determinati periodi). (Cass. 20/1/01, n. 833, pres. De Musis, est. Putaturo Donati, in Dir. informazione e informatica 2002, pag. 382)
- A norma dell'art. 2 del contratto nazionale di lavoro giornalistico del 10/1/59, reso efficace erga omnes con il d.P.R. 16/1/61, n. 153, la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato di collaborazione fissa, fra impresa giornalistica e giornalisti o pubblicisti, esige la continuità della prestazione, il vincolo della dipendenza e la responsabilità di un servizio, tali requisiti sussistendo quando il soggetto, sebbene non impegnato in una attività quotidiana, che contraddistingue invece quella del redattore, adempia l'incarico ricevuto svolgendo prestazioni non occasionali rivolte ad esigenze informative di un determinato settore di vita sociale e assumendo la responsabilità del servizio; l'accertamento della sussistenza di un tale rapporto implica sia l'impegno di redigere normalmente, e con carattere di continuità, articoli su argomenti specifici, sia un vincolo di dipendenza, che non venga meno nell'intervallo fra una prestazione e l'altra, tenendosi conto peraltro delle esigenze insite nel servizio svolto, sia, infine, l'inserimento sistematico del soggetto nell'organizzazione aziendale (Cass. 27/5/00, n. 7020, pres. Grieco, in Riv. it. dir. lav. 2001, pag. 227, con nota di Chieco, Qualifiche contrattuali, e categorie legali nel lavoro giornalistico: i persistenti dilemmi della giurisprudenza)
- In relazione ai requisiti prescritti dall'art.2 del contratto collettivo di lavoro giornalistico (reso efficace "erga omnes" dal D.P.R. n. 153/61) per la configurabilità della qualifica di collaboratore fisso, la "responsabilità di un servizio" deve essere intesa come l'impegno del giornalista di trattare, con continuità di prestazioni, uno specifico settore o specifici argomenti d'informazione, onde deve ritenersi collaboratore fisso colui che mette a disposizione le proprie energie lavorative per fornire con continuità ai lettori della testata un flusso di notizie in una specifica e predeterminata area dell'informazione, attraverso la redazione sistematica di articoli o con la tenuta di rubriche, con conseguente affidamento dell'impresa giornalistica, che si assicura così la "copertura" di detta area informativa, rientrante nei propri piani editoriali e nella propria autonoma gestione delle notizie da far conoscere, contando, per il perseguimento di tali obiettivi, sulla piena disponibilità del lavoratore, anche nell'intervallo tra una prestazione e l'altra; l'accertamento di fatto in ordine alla ricorrenza del suddetto requisito è rimesso al giudice di merito ed è insuscettibile di censure in sede di legittimità se sorretto da idonea motivazione (Cass. 9/6/00 n. 7931, pres. De Musis, in Orient. giur. lav. 2000, pag. 663)
- Deve essere inquadrato nella categoria del lavoro subordinato, con attribuzione della qualifica di collaboratore fisso ai sensi dell’art. 2 del Cnlg, il rapporto di lavoro di un giornalista che, pur senza un obbligo di presenza quotidiana in redazione, fornisca una prestazione continuativa, garantisca la propria disponibilità tra una prestazione e l’altra, e abbia la responsabilità di un servizio (Trib. Milano 16/5/98, pres. Ruiz, est. de Angelis, in D&L 1998, 981, nota Borali, Il giornalista collaboratore fisso)