Lavoro a domicilio

  • Ha natura di lavoro subordinato la prestazione resa a domicilio nel caso in cui la lavoratrice, appositamente formata dalla società, percepisca una retribuzione oraria fissa e utilizzi i macchinari forniti dalla datrice di lavoro, a nulla rilevando il fatto che essa presti la propria attività anche a favore di altri soggetti. (Cass. 13/11/2014 n. 24223, Pres. Coletti De Cesare Rel. D’Antonio, in Lav. nella giur. 2015, 197)
  • Perchè possa reputarsi integrata la fattispecie di lavoro a domicilio, secondo i requisiti dettati dall'art. 1 della legge n. 877 del 1973 (come modificato dall'art. 2 della legge n. 858 del 1980), occorre, anzitutto, che il prestatore esegua il lavoro, nel proprio domicilio oppure in un locale di cui abbia avuto la disponibilità, personalmente ovvero con l'aiuto accessorio di membri della sua famiglia conviventi e a carico, ma con esclusione di manodopera salariata o di apprendisti, nonché sia tenuto a osservare le direttive dell'imprenditore per quel che riguarda le modalità di esecuzione, le caratteristiche e i requisiti del lavoro da svolgere, e che, inoltre, il datore di lavoro possa fare affidamento sulla prestazione del lavorante a domicilio, prestazione che si inserisce così nel ciclo produttivo aziendale e diviene elemento integrativo dell'attività imprenditoriale. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, nel qualificare la fattispecie oggetto di cognizione come lavoro a domicilio, non aveva, però, adeguatamente motivato in ordine alle circostanze, pur riferite in sentrenza, per cui i lavoratori avevano la possibilità di accettare o rifiutare le singole commesse di lavoro ovvero di negoziare il corrispettivo delle loro prestazioni, mancando di indagare sulla portata delle facoltà concesse ai lavoratori rispetto al contenuto complessivo del contratto di lavoro e se esse, quindi, potessero caratterizzare o meno il rapporto come ipotesi di lavoro autonomo). (Cass. 19/10/2007 n. 21954, Pres. Ciciretti Est. Monaci, in Lav. nella giur. 2008, 308, e in Dir. e prat. lav. 2008, 1644)
  • Nel lavoro a domicilio, secondo la disciplina della l. 18 dicembre 1973, n. 977, il vincolo di subordinazione si configura come inserimento dell'attività del prestatoren nel ciclo produttivo dell'azienda, che si esprime nell'obbligo di seguire analitiche e vincolanti indicazioni dell'azienda, atteso che la configurabilità della subordinazione deve escludersi allorquando, invece, il lavoratore goda di piena libertà in ordine ai tempi di consegna del lavoro. (Cass. 16/10/2006 n. 22129, Pres. ciciretti Est. Morcavallo, in Riv. it. dir. lav. 2007, con nota di Maria Cristina Cataudella, "Indisponibilità del tipo lavoro subordinato e qualificazione del lavoro a domicilio", 283)
  • Il lavoro a domicilio – secondo la configurazione risultante dalla disciplina contenuta nella legge 18 dicembre 1973, n. 977, che, nel superare la distinzione tra lavoro a domicilio autonomo e lavoro a domicilio subordinato, ha innovato rispetto a quella prevista dalla legge 11 marzo 1958, n. 264, realizza una forma di decentramento produttivo, caratterizzata dal fatto che l’oggetto della prestazione viene in rilievo non come risultato, ma come l’estrinsecazione di energie lavorative, rese in maniera continuativa all’esterno dell’azienda, ma organizzate e utilizzate all’interno di essa. Correlativamente, nel lavoro a domicilio il vincolo di subordinazione viene a configurarsi come inserimento dell’attività del prestatore nel ciclo produttivo, del quale la prestazione lavorativa resa, pur se in ambienti esterni all’azienda e con mezzi e attrezzature anche propri del lavoratore stesso, ed eventualmente con l’ausilio dei suoi familiari purchè conviventi e a carico, diventa parte integrante e tale integrazione si esprime non solo con l’obbligo di seguire analitiche e vincolanti indicazioni dell’azienda, bensì con l’ineludibile obbligo di lavorare; diversamente, si configura la distinta fattispecie del lavoro autonomo allorché sia riscontrabile, in capo al soggetto cui l’imprenditore abbia commesso un determinato risultato, una vera e propria organizzazione imprenditoriale, distinta da quella del committente, cosicché l’attività lavorativa possa dirsi prestata con inserimento in quella e non nel ciclo produttivo di questa, ovvero nei casi nei quali la prestazione, pur personalmente resa, risulti caratterizzata da autonomia tale da escludere anche la subordinazione attenuata precedentemente definita. In difetto di sufficienti indici rivelatori della sussistenza di un vincolo di subordinazione, il cui onere probatorio incombe a chi lo deduce, deve essere esclusa l’applicabilità al lavoro a domicilio della disciplina del lavoro subordinato. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che non si era attenuta all’enunciato principio, ritenendo che il lavoratore a domicilio fosse, in quanto tale, lavoratore dipendente, senza accertaree se tanto era stato dedotto e provato dalla lavoratrice  che aveva impugnato il licenziamento). (Cass. 6/3/2006 n. 4761, Pres. Sciarelli rel. Cuoco, in Lav. Nella giur. 2006, 813)
  • Il lavoro a domicilio realizza una forma di decentramento produttivo, in cui l’oggetto della prestazione del lavoratore assume rilievo non già come risultato, ma come estrinsecazione di energie lavorative, resa in maniera continuativa all’esterno dell’azienda, e però organizzata ed utilizzata in funzione complementare o sostitutiva del lavoro eseguito all’interno di essa, e, correlativamente, il vincolo di subordinazione viene a configurarsi come inserimento dell’attività del lavoratore nel ciclo produttivo aziendale, del quale la prestazione lavorativa da lui resa, pur se in ambienti esterni all’azienda e con mezzi ed attrezzature anche propri del lavoratore stesso, ed eventualmente anche con l’ausilio dei suoi familiari, purchè conviventi e a carico, diventa elemento integrativo (cosiddetta subordinazione tecnica). Né valgono, di per sé, ad escludere la configurabilità del suddetto tipo di rapporto l’iscrizione del prestatore di lavoro all’albo delle imprese artigiane (in quanto ad una iscrizione formale, priva di valore costitutivo, può non corrispondere l’effettiva esplicazione di attività lavorativa autonoma) ovvero l’emissione di fatture per il pagamento delle prestazioni lavorative eseguite (potendo tale formalità essere finalizzata proprio alla elusione della normativa legale surrichiamata), oppure la circostanza che il lavoratore svolga la sua attività per una pluralità di committenti. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza del giudice di merito che aveva ritenuto sussistente – con motivazione immune da vizi logici e giuridici – il rapporto di lavoro subordinato di due lavoratrici a domicilio “carteggiatrici” di mobili sulla base della loro sottoposizione alle direttive date dalla società, dell’inserimento di esse nel ciclo produttivo della società stessa, del non alto contenuto professionale delle loro prestazioni, della emissione sistematica e periodica di fatture da parte delle lavoratrici a scadenza mensile e sempre alla fine del mese). (Cass. 15/11/2004 n. 21594, Pres. Mileo Rel. Vidiri, in Dir. e prat. lav. 2005, 1064)
  • La configurabilità della subordinazione, sia pura attenuata, che caratterizza il lavoro a domicilio, deve escludersi allorquando il lavoratore goda di piena libertà di accettare o rifiutare il lavoro commessogli, e allorquando sussista una sua piena discrezionalità in ordine ai tempi di consegna del lavoro, venendo meno per tali modalità della prestazione un effettivo inserimento del lavoratore (a domicilio) nel ciclo produttivo aziendale, che necessita, di contro, di una piena e sicura disponibilità del lavoratore ad eseguire i compiti affidatigli e a soddisfare le esigenze e le finalità programmate dall'impresa. Nei casi in cui l'accertamento e la valutazione di dette modalità lascino spazi di incertezza ed ambiguità risulta utile, ai fini della qualificazione del rapporto, avere riguardo anche alla volontà delle parti, espressa nella regolamentazione del loro rapporto, nonché ad altri elementi da sempre ritenuti capaci di caratterizzare il rapporto in termini di subordinazione o autonomia, quale, ad esempio, il possesso da parte del lavoratore a domicilio di macchinari ed attrezzature, idonei ad attestare l'esistenza di una piccola impresa e/o la sua natura artigianale (Cass. 11/5/2002, n. 6803, Pres. Genghini, Est. Vidiri, in Riv. it. dir. lav. 2003, 519)
  • La disciplina della l. 18 dicembre 1973, n. 877 è diretta a superare la distinzione tra lavoro a domicilio autonomo e lavoro a domicilio subordinato. Più specificatamente, in tema di lavoro a domicilio, per applicare le norme sul lavoro subordinato non occorre accertare se sussistano i caratteri propri di questo, essendo invece necessario e sufficiente che ricorrano i requisiti indicati dall'art. 1 della legge. Nel quadro di tale speciale disciplina, il lavoro a domicilio realizza una forma di decentramento produttivo in cui l'oggetto della prestazione di lavoro assume rilievo non come risultato, ma come estrinsecazione di energie lavorative rese in maniera continuativa all'esterno dell'azienda, e però organizzate ed utilizzate in funzione complementare e sostitutiva del lavoro eseguito all'interno di essa; correlativamente, il vincolo della subordinazione viene a configurarsi come inserimento dell'attività produttiva nel ciclo produttivo aziendale, del quale la prestazione resa dal lavoratore a domicilio diviene elemento integrativo (Cass. 4/5/2002, n. 6405, Pres. Mileo, Est. Cataldi, in Riv. it. dir. lav. 2003, 518)
  • Con il lavoro a domicilio si realizza una forma di decentramento produttivo caratterizzato dal fatto che l'oggetto della prestazione di lavoro viene in rilievo non come risultato, ma come energie di lavoro utilizzate in funzione complementare e sostitutiva del lavoro eseguito all'interno dell'azienda; peraltro il vincolo della subordinazione è qualificato non tanto dall'elemento della collaborazione, quanto da quello, tipico, dell'inserimento dell'attività lavorativa nel ciclo produttivo dell'azienda, di cui il lavoratore a domicilio diventa elemento, ancorché esterno; perché tale condizione si realizzi, è sufficiente che il lavoratore esegua lavorazioni analoghe ovvero complementari a quelle eseguite all'interno dell'azienda, sotto le direttive dell'imprenditore, le quali non devono necessariamente essere specifiche e reiterate, essendo sufficiente secondo le circostanze, che esse siano impartite una volta per tutte, mentre i controlli possono anche limitarsi alla verifica della buona riuscita della lavorazione. L'area del lavoro autonomo, da parte del lavoratore non dotato di una propria struttura ed organizzazione, rimane pertanto circoscritta a quei lavori che non presentano le caratteristiche indicate, come ad esempio nel caso in cui venga rimessa completamente al lavoratore la scelta delle modalità esecutive, con esclusione di qualsiasi tipo di subordinazione, sia pure soltanto tecnica (Cass. 22/4/2002, n. 5840, Pres. Mileo, Est. Cataldi, in Riv. it. dir. lav. 2003, 518, con nota di Silvia Tozzoli, Il lavoro subordinato a domicilio in alcune recenti pronunce della Cassazione: subordinazione "tecnica", facoltà di rifiutare il lavoro commissionato, ruolo degli istituti previdenziali)