Associazione in partecipazione

  • In tema di distinzione tra contratto di associazione in partecipazione con apporto di prestazione da parte dell’associato e contratto di lavoro subordinato con retribuzione collegata agli utili dell’impresa, la riconducibilità del rapporto all’uno o all’altro degli schemi predetti esige un’indagine del giudice di merito volta a cogliere la prevalenza, alla stregua delle modalità di attuazione del concreto rapporto, degli elementi che caratterizzano i due contratti, tenendo conto, in particolare, che, mentre il primo implica l’obbligo del rendiconto periodico dell’associante e l’esistenza per l’associato di un rischio di impresa, il rapporto di lavoro subordinato implica un effettivo vincolo di subordinazione più ampio del generico potere dell’associante di impartire direttive e istruzioni al cointeressato, con assoggettamento al potere gerarchico e disciplinare della persona o dell’organo che assume le scelte di fondo dell’organizzazione dell’azienda. (Cass. 29/1/2015 n. 1692, Pres. Roselli Est. Buffa, in Lav. nella giur. 2015, 412)
  • Associazione in partecipazione è illegittimo il licenziamento di un associato in partecipazione il cui apporto consiste in una prestazione d’opera, qualora, in applicazione del secondo comma dell’art. 2549 c.c., come novellato dalla l. n. 92/2012, il numero degli associati impegnati in una medesima attività sia superiore a tre, indipendentemente dal numero degli associanti. Nel caso di violazione del divieto, il rapporto con tutti gli associati, il cui apporto consiste anche in una prestazione di lavoro, si considera di lavoro subordinato a tempo indeterminato. (Trib. Palermo 26/1/2015, Est. Martino, in Riv.it. dir. lav. 2015, con nota di Claudia Marranca, “Associazione in partecipazione e limiti numerici: il ‘gioco delle presunzioni’ dopo la l. n. 92/2012”, 1013)
  • Il nomen iuris attribuito dalle parti opera solo in via sussidiaria ai fini della qualificazione da attribuire al rapporto di lavoro; ne consegue che sussiste il lavoro subordinato e non un contratto di associazione in partecipazione ove da parte dell’associante sia esercitato il potere organizzativo, direttivo e disciplinare, e vi sia la partecipazione degli associati ai soli ricavi con un minimo garantito erogato ogni mese. (Cass. 17/4/2014 n. 8977, Pres. Roselli Rel. Ghinoy, in Lav. nella giur. 2014, 819)
  • Deve affermarsi la natura subordinata del rapporto di lavoro, qualificato dalle parti come associazione in partecipazione, quando sia accertato il ricorrere del tratto tipico della etero direzione da parte del datore di lavoro, pur esercitata attraverso modalità innovative (quali, nel caso, quelle dei mistery shoppers, ossia clienti anonimi che verificavano il rispetto da parte delle associate di precise direttive e disposizioni provenienti dall’associante). L’autonomia che contraddistingue il contratto di associazione in partecipazione deve assumere connotati di specialità, non presenti nella fattispecie, per rispondere alla causa che caratterizza il tipo contrattuale, consistente nell’incremento al patrimonio sociale apportato dal contributo dell’associato. (Trib. Padova 22/7/2013 n. 6431, ord., Giud. Dallacasa, in Lav. nella giur. 2014, con commento di Francesco Rossi, 697)
  • Deve affermarsi la natura subordinata del rapporto di lavoro, qualificato dalle parti come associazione in partecipazione, quando sia accertato il ricorrere del tratto tipico della etero direzione da parte del datore di lavoro, pur esercitata attraverso modalità innovative (quali, nel caso, quelle dei mistery shoppers, ossia clienti anonimi che verificavano il rispetto da parte delle associate di precise direttive e disposizioni provenienti dall’associante). L’autonomia che contraddistingue il contratto di associazione in partecipazione deve assumere connotati di specialità, non presenti nella fattispecie, per rispondere alla causa che caratterizza il tipo contrattuale, consistente nell’incremento al patrimonio sociale apportato dal contributo dell’associato. (Trib. Padova 22/7/2013 n. 6431, ord., Giud. Dallacasa, in Lav. nella giur. 2014, con commento di Francesco Rossi, 697)
  • Qualora sia contestata la natura subordinata di un contratto di associazione in partecipazione con apporto di prestazione lavorativa da parte dell’associato, deve essere accertata in primo luogo l’autenticità del rapporto di associazione attraverso la verifica dell’effettiva partecipazione al rischio dell’impresa gestita dall’associante con partecipazione dell’associato agli utili e alle perdite, attribuendo rilievo sia alla volontà delle parti che alle effettive modalità di svolgimento del rapporto. (Nel caso di specie l’associazione di un lavoratore responsabile della gestione di un esercizio commerciale è stata ritenuta legittima, con esclusione della subordinazione e condanna dell’associato al pagamento della differenza negativa tra acconti ricevuti e utili maturati sulla base del rendiconto). (Trib. Bari 17/7/2012, Giud. Vernia, con nota di Riccardo Diamanti, “L’associazione in partecipazione con apporto di lavoro. Evoluzione giurisprudenziale e interventi legislativi”, 47)
  • La causa del contratto di associazione in partecipazione è ravvisabile nello scambio tra un determinato apporto dell'associato all'impresa dell'associazione e il vantaggio economico che l'associante si impegna a corrispondere al primo. Pertanto, non vale a escludere la causa del contratto di associazione in partecipazione la mancanza di una effettiva possibilità di controllo dell'associato sulla gestione dell'impresa, né la circostanza che la partecipazione dell'associato lavoratore sia prevista come commisurata al ricavo dell'impresa, anziché agli utili netti, né che l'associato sia escluso dalle perdite. (Cass. 27/1/2011 n. 1954, Pres. Foglia Est. Arienzo, in Orient. giur. lav. 2011, 48)
  • E' associazione in partecipazione anche quando il guadagno dell'associato è collegato al fatturato. E l'assenza di direttive sull'orario e sull'organizzazione dell'attività esclusono il rapporto subordinato con retribuzione connessa agli utili dell'impresa. La partecipazione dell'associato, infatti, può essere commisurata anche ai soli ricavi. (Cass. 18/2/2009 n. 3894, Pres. Roselli, Est. La Terza, in Lav. nella giur. 2009, 625)
  • Il riferimento al nomen iuris dato dalle parti al negozio risulta di maggiore utilità - rispetto alle altre - in tutte quelle fattispecie in cui i caratteri differenziali tra due (o più) figure negoziali appaiono non agevolmente tracciabili, non potendosi negare che quando la volontà negoziale si è espressa in modo libero (in ragione della situazione in cui versano le parti al momento della dichiarazione) nonchè in forma vincolata sì da concretizzarsi in un documento ricco di clausole aventi a oggetto le modalità dei rispettivi diritti e obblighi, il giudice deve accertare in maniera rigorosa se tutto quanto dichiarato nel documento si sia tradotto nella realtà fattuale in un coerente comportamento delle parti stesse. La valutazione del documento negoziale tanto più rilevante quanto più labili appaiono i confini tra le figure contrattuali astrattamente configurabili, non può dunque non assumere un'incidenza decisoria anche allorquando tra dette figure vi sia quella del rapporto di lavoro subordinato (nella specie, la Suprema Corte ha cassato per insufficiente motivazione la decisione del giudice d'appello che, nel qualificare come di lavoro subordinato un rapporto avente a oggetto prestazioni di lavoro rese a favore di una società che rivendicava invece l'instaurazione di un rapporto di associazione in partecipazione, non aveva assegnato valore alcuno al nomen iuris dato dalle parti al contratto da esse sottoscritto). (Cass. 18/4/2007 n. 9264, Pres. Sciarelli Est. Vidiri, in Giust. Civ. 2007, 1070 e in Lav. nella giur. 2007, 1241 e in Dir. e prat. lav. 2008, 488)
  • Nel contratto di associazione di cui all'art. 2549 c.c., non ostandovi alcuna incompatibilità con il tipo negoziale, la partecipazione agli utili e alle perdite da parte dell'associato può tradursi, per quanto attiene ai primi, nella partecipazione ai globali introiti economici dell'impresa o a quelli di singoli affari, sicchè sotto tale versante non assume rilievo alcuno ai fini qualificatori il riferimento delle parti contrattuali agli utili dell'impresa o viceversa ai ricavi per singoli affari; e, per quanto attiene alle seconde, in un corrispettivo volto a prevedere, oltre alla cointeressenza negli utili anche una quota fissa (da riconoscersi in ogni caso all'associato), di entità non compensativa della prestazione lavorativa e, comunque, non adeguata rispetto ai criteri parametrici di cui all'art. 36 Cost. (Cass. 18/4/2007 n. 9264, Pres. Sciarelli Est. Vidiri, in Giust. Civ. 2007, 1070)
  • In tema di distinzione tra contratto di associazione in partecipazione con apporto di prestazione lavorativa da parte dell'associato e contratto di lavoro subordinato con retribuzione collegata agli utili dell'impresa, l'elemento differenziale tra le due fattispecie risiede nel contesto regolamentare pattizio in cui si inserisce l'apporto della prestazione lavorativa da parte dell'associato e l'espletamento di analoga prestazione lavorativa da parte di un lavoratore subordinato. Tale accertamento implica necessariamente una valutazione complessiva e comparativa dell'assetto negoziale, quale voluto dalle parti e quale in concreto posto in essere, e la possibilità che l'apporto della prestazione lavorativa dell'associato abbia connotazioni in tutto analoghe a quelle dell'espletamento di una prestazione lavorativa in regime di lavoro subordinato comporta che il fulcro dell'indagine si sposta sulla verifica dell'autenticità del rapporto di associazione. Ove la prestazione lavorativa sia inserita stabilmente nel contesto dell'organizzazione aziendale, senza partecipazione al rischio di impresa e senza ingerenza nella gestione dell'impresa stessa, si ricade nel rapporto di lavoro subordinato in ragione di un generale favore accordato dall'art. 35 Cost. che tutela il lavoro "in tutte le sue forme e applicazioni". (Nella specie, relativa a opposizione a sanzioni amministrative per evasioni contributive, la SC ha confermato la sentenza di merito che, verificato che all'assetto contrattuale voluto dalle parti non corrispondeva la concreta attuazione di un rapporto di associazione in partecipazione, aveva correttamente valutato, nella diversa prospettiva dell'inesistenza di un rapporto di associazione in partecipazione tra le parti, l'espletamento di una prestazione lavorativa da parte di lavoratori in favore della società imprenditrice, e aveva proceduto alla qualificazione giuridica del rapporto di fatto intercorso tra le parti, una volta esclusa l'autenticità della qualificazione formale). (Cass. 22/11/2006 n. 24781, Pres. Sciarelli Est. Amoroso, in Lav. nella giur. 2007, 627)
  • Poiché nello svolgimento del rapporto di lavoro subordinato le generali modalità dell’attività ed in particolare gli orari e le direttive possono presentare sfumature molto attenuate, ai fini della differenziazione con l’associazione in partecipazione assumono rilievo determinante i fatti che emergono come caratteristiche necessarie dell’associazione ed estranei al modulo normativo del lavoro subordinato: il diritto dell’associato al rendiconto e la sensibilità al rischio di impresa. (Cass. 10/6/2005 n. 12261, Pres. Ciciretti Rel. Cuoco, in Dir. e prat. lav. 2005, 2268)
  • In tema di distinzione tra contratto di associazione in partecipazione con apporto di prestazione lavorativa da parte dell'associato e contratto di lavoro subordinato con retribuzione collegata agli utili dell'impresa, l'elemento differenziale tra le due fattispecie risiede nel contesto regolamentare pattizio in cui si inserisce l'apporto della prestazione lavorativa dovendosi verificare l'autenticità del rapporto di associazione, che ha come elemento essenziale, connotante la causa, la partecipazione dell'associato al rischio di impresa, dovendo egli partecipare sia agli utili che alle perdite. (Nella specie, relativa ad opposizione a sanzioni amministrative per evasioni contributive, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, anche alla luce di ulteriori elementi caratterizzanti il contratto di associazione, quali il controllo della gestione dell'impresa da parte dell'associato ed il periodico rendiconto dell'associante, e della circostanza che gli associati, già dipendenti con rapporto di lavoro subordinato, avevano continuato a svolgere la loro attività lavorativa con le modalità precedenti, aveva escluso la sussistenza dell'associazione in partecipazione). (Cass. 19/12/2003 n. 19475, Pres. Mercurio Rel. Amoroso, in Dir. e prat. lav. 2004, 1244)
  • Nel contratto di associazione in partecipazione è elemento costitutivo essenziale la pattuizione a favore dell'associato di una prestazione correlata agli utili d'impresa, e non ai ricavi, i quali ultimi non sono in sé significativi circa il risultato economico effettivo dell'attività d'impresa. (Cass. 4/2/2002, n. 1420, Pres. Sciarelli, Est. Toffoli, in Riv. it. dir. lav. 2003, 26, con nota di Matteo Maria Mutarelli, Sulla qualificazione del contratto di associazione in partecipazione; in D&L 2002, 398).
  • In tema di distinzione tra contratto di associazione in partecipazione con apporto di prestazione lavorativa da parte dell’associato e contratto di lavoro subordinato, la riconducibilità del rapporto all’uno o all’altro degli schemi predetti esige un’indagine del giudice del merito volta a cogliere la prevalenza, alla stregua delle modalità di attuazione del concreto rapporto, degli elementi che caratterizzano i due contratti, tenendo conto, in particolare, che il primo implica l’obbligo del rendiconto periodico dell’associante, mentre il rapporto di lavoro subordinato implica un effettivo vincolo di subordinazione, più ampio del generico potere dell’associante di impartire direttive ed istruzioni al cointeressato (quali possono essere quelle relative all’andamento generale dell’azienda e quindi all’orario di lavoro e sostituzione momentanea degli addetti ai vari reparti, connessi alla natura stessa dell’attività economica esercitata e quindi all’apertura al pubblico) (Cass. 10/8/99, n. 8578, pres. Maiorano, in Lavoro giur. 2000, pag. 943, con nota di Collia , La natura subordinata del rapporto di lavoro)