Malattie professionali

  • Il principio dell’autonomia dei due istituti dell’equo indennizzo e del risarcimento del danno procurato da malattia professionale non esclude che si possa realizzare una vasta area di coincidenza del nesso causale della patologia, sia ai fini dell’equo indennizzo che della malattia. In sostanza, deve ritenersi che le due forme di tutela (equo indennizzo e risarcimento del danno biologico) sono assolutamente cumulabili e non alternative. (Trib. Taranto 7/3/2011, Giud. Lastella, in Lav. nella giur. 2011, 636)
  • Ai sensi dell'art. 13, commi 2 e 8, della L. n. 30 del 2000, nel procedere alla liquidazione all'assicurato del danno biologico in capitale nel caso di lesioni dell'indennità psicofisica di grado intercorrente tra il sei e il sedici per cento, si deve fare riferimento alla situazione esistente non prima di sei mesi e non oltre un anno dal momento in cui è pervenuto all'Inail il certificato medico attestante l'avvenuta stabilizzazione dei postumi. Ove peraltro si tratti di malattie professionali che siano soggette a periodi di acuzie e a periodi di regressione, nella determinazione del danno occorre tener conto della frequenza e della durata delle varie fasi di maggiore e minore intensità del danno e dell'entità degli effetti dannosi riscontrabili nel corso di dette fasi. (Nella specie, la S.C., enunciando il principio su esteso, ha cassato con rinvio la sentenza di merito che, in relazione alla malattia professionale della dermatite da contatto da calce e da cemento, aveva liquidato il danno biologico commisurandolo ai postumi relativi alla fase acuta della malattia riscontrata al tempo della domanda amministrativa e non ai postumi minori come successivamente stabilizzati). (Cass. 16/10/2007 n. 21603, Pres. Senese Est. Monaci, in Lav. nella giur. 2008, 312,e in Dir. e prat. lav. 2008, 1643)
  • E' ammissibile la domanda intesa a ottenere una prestazione assicurativa in relazione a una patologia, che sia denunciata come infortunio sul lavoro e risulti invece classificabile come malattia professionale; l'assicurato ha infatti l'obbligo di riferire in modo particoleggiato la sintomatologia accusata e quella rilevata dal medico certificatore, spetta poi al giudice qualificare l'evento come infortunio sul lavoro o malattia professionale. (Cass. 26/5/2006 n. 12559, Pres. Senese Est. De Matteis, in D&L 2006, 947)
  • In caso di domanda promossa dagli eredi del lavoratore per il risarcimento dei danni derivanti da malattia professionale sussiste la legittimazione passiva dell'avente causa dal cessionario del ramo d'azienda cui era addetto il lavoratore anche quando la cessione sia avvenuta dopo la conclusione del rapporto di lavoro. (Trib. Milano 21/7/2003, Est. Atanasio, in D&L 2003, 971, con nota di Sara Huge, "Trasferimento di ramo d'azienda e responsabilità del cessionario anche per il risarcimento del danno alla persona")
  • In ipotesi di malattia professionale, provocata da esposizione dei lavoratori a sostanze nocive in assenza di adeguate misure di protezione, può essere accertata anche in sede civile, indipendentemente da qualsiasi pregiudiziale penale, la responsabilità datoriale, sia per violazione dell'art. 2087 c.c., sia per commissione di reato, con conseguente diritto dei lavoratori al risarcimento tanto del danno biologico, quanto del danno morale (Pret. Milano 9/2/96, est. Martello, in D&L 1996, 734)