Infortunio sul lavoro

  • Anche dopo la novella di cui al d.lgs. n. 38/2000, il lavoratore ha diritto, ricorrendo i presupposti dell’art. 10, t.u. 1124/1965, ad agire contro il datore di lavoro per il ristoro del danno biologico c.d. differenziale, poiché l’indennità Inail, in considerazione della sua natura assistenziale, non copre esattamente il danno alla salute. Ogni diversa interpretazione si porrebbe in contrasto con i principi costituzionali di tutela del lavoro (artt. 1 e 35 Cost.), nonché con il principio di uguaglianza. (Trib. Pisa 3/5/2011 n. 308, Giud. Tarquini, in Riv. It. Dir. lav. 2012, con nota di A. Salerno, “Sulla portata della clausola di esonero della responsabilità civile per infortuni sul lavoro dopo la novella del d.lgs. n. 38/2000”, 507)
  • Con riferimento al risarcimento del danno esistenziale per perdita del rapporto parentale e del danno morale e biologico iure successionis in favore degli eredi di un lavoro deceduto dopo alcuni giorni dall’infortunio, non è risarcibile il danno esistenziale (in quanto duplicazione del danno morale iure proprio già riconosciuto) e il danno morale iure successionis (in quanto duplicazione del danno biologico richiesto allo stesso titolo), mentre deve essere riconosciuto nella misura del 100% il danno biologico terminale iure successionis, considerando, più che il lasso temporale tra l’infortunio e la morte, l’intensità della sofferenza provata dalla vittima dell’illecito per la presenza di una sofferenza e di una disperazione esistenziale di intensità tale da determinare nella percezione dell’infortunato un danno catastrofico, in una situazione di attesa lucida e disperata dell’estinzione della vita. (Cass. 18/1/2011 n. 1072, Pres. Vidiri Est. Zappia, in Orient. Giur. Lav. 2011, 114)
  • In caso di infortunio sul lavoro, dal quale sia derivata la morte del lavoratore a distanza temporale dal fatto anche brevissima, è risarcibile al lavoratore, ed è quindi trasmissibile iure ereditatis, il c.d. danno tanatologico o da morte immediata, il quale va ricondotto nella dimensione del danno morale, inteso nella sua più ampia accezione, come sofferenza della vittima che assiste allo spegnersi della propria vita. (Cass. 4/6/2010 n. 13672, Pres. Roselli Est. Nobile, in Orient. Giur. Lav. 2010, 546)
  • Il riparto degli oneri probatori nella domanda di danno preferenziale da infortunio sul lavoro proposta dal lavoratore si pone negli stessi termini posti dall'art. 1218 c.c., in forza del quale il creditore che agisca per il risarcimento del danno deve provare tre elementi: la fonte (negoziale o legale) del suo diritto, il danno e la sua riconducibilità al titolo dell'obbligazione; a tale scopo egli può limitarsi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre è il debitore convenuto a essere gravato dell'onere di provare il proprio adempimento, o che l'inadempimento è dovuto a causa a lui non imputabile. (Trib. Monza 10/3/2009, Giud. Dani, in Lav. nella giur. 2009, 637)
  • L’indennizzo erogato dall’Inail ai sensi dell’art. 13, D.Lgs. 38/2000 non ripara integralmente il danno alla salute subito dal lavoratore a causa della malattia professionale o dell’infortunio sul lavoro; va conseguentemente riconosciuta la risarcibilità del danno biologico differenziale. (Corte d’appello Torino 29/11/2004, Pres. Peyron Rel. Buzano, in Lav. nella giur. 2005, con commento di Enrico Barraco, 574)
  • Nel nuovo regime indennitario previsto dall’art. 13, D.Lgs. n. 38/2000 il lavoratore non è legittimato a chiedere al datore di lavoro il risarcimento di danno biologico differenziale, trovando tale voce di danno pieno ed unico ristoro nell’indennizzo corrisposto dall’Inail per tale specifico titolo; tuttavia l’indicata tutela previdenziale non sembra consentire di escludere sempre e comunque la possibilità di allegare e provare l’esistenza, in concreto, di componenti di danno non coperte e non previste dal sistema dell’indennizzo Inail, che necessitano una valutazione personalizzata del valore di punto da attribuire al danno biologico (nel caso di specie il giudice, considerando che il lavoratore prima dell’infortunio agli arti superiori praticava il nuoto e viaggiava con il proprio camper, riconosce che questi elementi costituiscono un quid pluris personalizzato al cui risarcimento deve provvedere direttamente il datore di lavoro. (Trib. Vicenza 3/6/2004, Est. Perina, in Lav. nella giur. 2005, con commento di Enrico Barraco, 569)
  • In ipotesi di infortunio sul lavoro comportante una grave menomazione fisica, una volta accertata la responsabilità del datore di lavoro, questi è tenuto al risarcimento del danno biologico e del danno morale subiti dal dipendente; per la determinazione del danno biologico, che comprende l'inabilità temporanea, totale o parziale, e l'invalidità permanente, può farsi ricorso alle tabelle in uso mentre il danno morale-tenuto conto delle sofferenze e dei patemi d'animo connessi alla menomazione-cpuò quantificarsi con valutazione equitativa (nella fattispecie il danno morale è stato quantificato in misura pari alla metà del danno biologico complessivo). (Trib. Milano 14/3/2003, Est. Negri della Torre, in D&L 2003, 674)
  • Con riferimento al danno biologico derivante da infortunio sul lavoro occorso prima dell'entrata in vigore dell'art. 13 d. leg. 23 febbraio 2000 n. 38, che ha esteso ad esso la copertura dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, l'onere probatorio si ripartisce secondo il regime particolare previsto dall'art. 1218 c.c., dovendo il datore di lavoro vincere la presunzione legale di colpa per l'inadempimento dell'obbligo di sicurezza statuito dall'art. 2087 c.c., mentre a carico del lavoratore grava l'onere di provare il fatto dell'inadempimento e la sussistenza del nesso di causalità materiale tra tale fatto e il danno biologico. (Cass. 26/10/2002, n.15133, Pres. Senese, Est. De Luca, in Foro it. 2003, parte prima, 505)
  • Secondo la disciplina di cui al d. P. R. n. 1124/1965, applicabile per il periodo antecedente l'entrata in vigore del d. lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, non può ammettersi una decurtazione delle somme dovute dal datore di lavoro a titolo di risarcimento del danno biologico patito dal prestatore in conseguenza di un infortunio o malattia professionale sul presupposto che tale pregiudizio sia in parte coperto dalla rendita INAIL per riduzione della capacità di lavoro generica. L'indennizzo INAIL, prima della riforma del 2000, si limitava infatti a riparare la perdita patrimoniale da mancato guadagno, era chiamato cioè solo a ristorare i riflessi economici derivanti dalla perdita dell'attitudine a svolgere un qualsiasi lavoro, mentre in nessun modo e per nessuna quota poteva intendersi volto a compensare la menomazione dell'integrità psico-fisica della persona in sé considerata. (Cass. 21/3/2002, n. 4080, Pres. Mileo, Est. De Matteis, in Riv. it. dir. lav. 2003, 31, con nota di Alberto Pizzoferrato, Danno biologico da infortunio sul lavoro: copertura assicurativa INAIL e risarcimento a carico del datore di lavoro; in Foro it. 2003, parte prima, 506)
  • In ipotesi di infortunio sul lavoro, stante la natura contrattuale della responsabilità ex art. 2087 c.c., spetta al datore di lavoro fornire la prova di avere adottato tutte le misure necessarie a tutelare l'integrità psicofisica del lavoratore (Cass. 4 luglio 2000 n. 8944, pres. Santojanni, est. D'Angelo, in D&L 2000, 1029, n. Quadrio)
  • In ipotesi di infortunio sul lavoro, una volta accertata la mancata adozione, da parte del datore di lavoro, delle misure di sicurezza imposte dal DPR 27/4/55 n. 547, va ritenuta la piena responsabilità datoriale ex art. 2087 c.c., nonché ex art. 590 c.p., con conseguente obbligo di integrale risarcimento del danno biologico, del danno morale e delle spese mediche, indipendentemente dall’eventuale concorso di colpa del lavoratore infortunato, che non vale a escludere la responsabilità datoriale, a meno che non si concreti in una condotta totalmente estranea alla prestazione lavorativa, e, come tale, assolutamente inopinabile e imprevedibile (Pret. Busto Arsizio, sez. Gallarate, 10/2/99, est. Guadagnino, in D&L 1999, 641)
  • In ipotesi di infortunio sul lavoro, una volta accertata la mancata adozione, da parte del datore di lavoro, delle misure di sicurezza imposte dal DPR 30/6/65 n. 1124, va ritenuta la responsabilità datoriale ex art. 2087 c.c., con conseguente obbligo di risarcimento del danno biologico; l’adesione spontanea del lavoratore alla richiesta della prestazione lavorativa straordinaria durante la quale l’infortunio si è verificato è irrilevante ai fini della sussistenza di detto obbligo, posto che tale comportamento non introduce alcun elemento di volontarietà idoneo a configurare un "rischio elettivo" (Trib. Roma 22/1/99, pres. ed est. Zecca, in D&L 1999, 590)
  • Al lavoratore della subappaltatrice, riconosciuto dipendente della subappaltante, che sia rimasto vittima di infortunio per accertata responsabilità di quest’ultima, compete il risarcimento del danno biologico e morale, da porsi a carico esclusivo della subappaltante, e non anche della committente, posto che l’art. 1676 c.c. si applica ai soli crediti di natura retributiva, e non a quelli di carattere risarcitorio (Pret. Milano 5/7/97, est. Cecconi, in D&L 1998, 155)
  • In ipotesi di infortunio sul lavoro, una volta accertata la mancata adozione, da parte del datore di lavoro, delle misure di sicurezza imposte dal DPR 164/56, va ritenuta la responsabilità datoriale ex art. 2087 c.c., con conseguente obbligo di risarcimento del danno biologico, indipendentemente dall’eventuale concorso di colpa del lavoratore infortunato, posto che la possibilità di concorrenti condotte colpose degli addetti è una delle principali ragioni della rigorosità della normativa antinfortunistica di riferimento (Pret. Milano 30/4/97, est. Mascarello, in D&L 1997, 815)
  • In ipotesi di infortunio occorso a un lavoratore, per avere sollevato un peso eccessivo, in rapporto alle sue precarie condizioni fisiche, già portate alla conoscenza dell'impresa, va affermata la responsabilità datoriale in relazione al sinistro, con obbligo di risarcimento del danno biologico, quand'anche sia accertato che fossero state impartite espresse disposizioni al lavoratore, affinché si astenesse da sforzi eccessivi, in quanto l'art. 2087 c.c. impone al datore di lavoro di adottare, di propria iniziativa, e sotto il proprio controllo, tutte le misure necessarie a garantire la sicurezza del lavoro, non consentendogli di demandare in via sistematica allo stesso lavoratore la valutazione e la decisione su ciò che, di volta in volta, può essere rischioso per la propria salute (Pret. Milano 17/5/96, est. Mascarello, in D&L 1997, 144)
  • In caso di infortunio sul lavoro, ove sia accertato che l'evento dannoso si è verificato in conseguenza del comportamento imprudente o negligente del datore di lavoro, pur in assenza di specifiche violazioni della normativa anti-infortunistica, va ritenuta la responsabilità contrattuale datoriale, per violazione dell'art. 2087 c.c., con diritto del lavoratore infortunato al risarcimento del danno biologico e morale (Pret. Milano 11/10/95, est. De Angelis, in D&L 1996, 192)
  • In ipotesi di infortunio sul lavoro, una volta accertata l'omissione, da parte del datore di lavoro, dell'adozione delle misure preventive di sicurezza, imposte, in forma generica, dall'art. 2087 c.c. e, in forma specifica, dal DPR 27/4/55 n. 547, va ritenuta la piena responsabilità, anche penale, del datore di lavoro, per imprudenza o negligenza; conseguentemente, compete al lavoratore infortunato l'integrale risarcimento del danno biologico, a prescindere da eventuali indennità previdenziali, attinenti esclusivamente ai riflessi che la menomazione psicofisica produce sulla capacità lavorativa dell'assicurato, nonché l'integrale risarcimento del danno morale, a prescindere dall'accertamento del reato in sede penale, ben potendo tale accertamento essere compiuto dal giudice civile (Pret. Monza 2/5/95, est. Padalino, in D&L 1995, 1009)
  • In ipotesi di infortunio ascrivibile a responsabilità penale del datore di lavoro, per inosservanza della normativa antiinfortunistica di cui al DPR 27/4/55 n. 547, compete al lavoratore infortunato il risarcimento integrale del danno biologico e del danno morale, a prescindere da eventuali indennità corrisposte dall'Inail, essendo stato l'art. 10, c. 6 e 7, DPR 30/6/65 n. 1124, dichiarato illegittimo, con sentenza 27/12/91 n. 485 della Corte cost., nella parte in cui prevede la risarcibilità del danno biologico per la sola quota eccedente le indennità corrisposte dall'Inail (Pret. Milano 11/3/95, est. Peragallo, in D&L 1995, 655)
  • Ove, in relazione alla produzione di un infortunio sul lavoro, sia accertata la responsabilità civile del datore di lavoro, per violazione degli obblighi imposti dall'art. 2087 c.c., ma non sia stata né dedotta né accertata la responsabilità penale del medesimo, compete al lavoratore infortunato il risarcimento del danno biologico, mentre non può essere riconosciuto il risarcimento del danno morale, essendo l'accertamento incidentale del reato in sede civile precluso dalla mancata richiesta di parte (Pret. Mlano 30/11/94, est. Taraborrelli, in D&L 1995, 398)