Onere della prova

 

  • Il lavoratore che agisce in giudizio per il risarcimento del danno conseguente alla violazione della normativa in materia di sicurezza del lavoro da parte del datore è onerato di provare, oltre al danno e alla pericolosità dell'ambiente lavorativo, anche il nesso eziologico tra questi due elementi. Sul datore di lavoro grava invece l'onere di dimostrare di aver adottato tutte le misure necessarie a impedire il verificarsi del danno. (Trib. Pisa 14/3/2008, Giud. Santori Rugiu, in Riv. it. dir. lav. 2008, con nota di Fabio Fabbrini, "Sull'onere della prova e gli effetti del giudicato penale nel giudizio civile in tema di danno da infortunio sul lavoro o malattia professionale", 585)
  • In caso di dequalificazione, dall'inadempimento datoriale non deriva automaticamente l'esistenza del danno, per cui si rende necessaria una specifica allegazione in tal senso da parte del lavoratore, che deve in primo luogo precisare quale delle molteplici forme che può assumere il danno da dequalificazione ritenga in concreto di aver subito, fornendo tutti gli elementi, le modalità e le peculiarità della situazione di fatto, attraverso i quali possa emergere la prova del danno e indicando quali aspettative, che sarebbero state conseguibili in caso di regolare svolgimento del rapporto, siano state frustrate dal demansionamento o dalla forzata inattività. (Trib. Milano 6/11/2007, D.ssa Porcelli, in Lav. nella giur. 2008, 426) 
  • La situazione di turbamento psichico conseguente al proseguimento della prestazione lavorativa in ambiente inquinato, se non può formare oggetto di prova diretta, al pari di qualsiasi altro stato psichico interiore del soggetto, può essere tuttavia desunta da altre circostanze di fatto esterne, quali la presenza di malattie psico-somatiche, insonnia, inappetenze, disturbi del comportamento o altro. Conseguentemente, il lavoratore che, impiegato in cantiere esposto all'inalazione di polveri di amianto, chiede il risarcimento dei danni per l'esposizione ad agenti patogeni, pur non avendo contratto alcuna malattia, non è liberato dalla prova di aver subito un effettivo turbamento psichico e questa prospettata situazione di sofferenze e disagio non può essere desunta dalla mera prestazione lavorativa in ambiente inquinato. (Principio affermato in controversia in cui i lavoratori deducevano che il patema d'animo causato dalla consapevolezza della seria e concreta esposizione ultratrentennale all'amianto non poteva essere oggetto di accertamento o di riscontro medico legale, ma poteva essere desunto dai dati di comune esperienza; la S.C. ha confermato la decisione della corte territoriale che aveva respinto la domanda di risarcimento per non avere i lavoratori fornito alcuna prova in ordine alla gravità dell'evento e all'asserito turbamento, nè alla dipendenza causale del turbamento dall'esposizione all'agente patogeno). (Rigetta, App. Lecce, 13 febbraio 2004). (Cass. 6/11/2006 n. 23642, Pres. Sciarelli Est. D'Agostino, in Dir. e prat. lav. 2007, 1313)
  • Poiché la violazione dell'art. 2087 c.c. implica una responsabilità contrattuale, e non extracontrattuale, il regime probatorio applicabile è quello previsto dall'art. 1218 c.c., e non quello dell'art. 2043 c.c., con la conseguenza che grava sul datore di lavoro l'onere di provare di aver ottemperato all'obbligo di tutela dell'integrità psicofisica dei lavoratori, mentre grava sul lavoratore l'onere di provare sia la lesione dell'integrità psicofisica, sia il nesso di causalità fra tale evento e il comportamento datoriali (Cass. 2 maggio 2000 n. 5491, pres. Grieco, est. Stile, in D&L 2000, 778, n. Tagliagambe)
  • La responsabilità del datore di lavoro - che è tenuto alla predisposizione e all'adozione di tutte le misure idonee a tutelare l'integrità psico-fisica del lavoratore - ha natura contrattuale, con la conseguenza che, al fine della risarcibilità del danno biologico - inteso come danno all'integrità psico-fisica della persona in sé considerato (danno che può consistere in un eccessivo carico di lavoro estrinsecantesi nell'accettazione di lavoro straordinario continuativo o nella rinuncia a periodi di ferie), grava sul lavoratore l'onere di provare l'inadempimento del datore di lavoro all'obbligo di adottare le suddette misure di protezione. Una volta assolto tale onere, non occorre invece che il lavoratore dimostri anche la sussistenza della colpa del datore di lavoro inadempiente, gravando su quest'ultimo il diverso onere di provare che l'evento lesivo sia dipeso da un fatto a lui non imputabile. Inoltre il lavoratore deve provare sia la lesione all'integrità psico-fisica, sia il nesso di causalità tra tale evento dannoso e l'espletamento della prestazione lavorativa (Cass. 5/2/00 n. 1307, pres. Sommella, in Orient. Giur. Lav. 2000, pag. 391, con nota di Ludovico, "Superlavoro" e demansionamento: due pronunce della Cassazione in tema di danno biologico e rilevanza delle concause naturali; in Dir. relazioni ind. 2000, pag. 390, con nota di Veronesi, Danno da " superlavoro" e responsabilità del datore) <