Questioni retributive

  • Il compenso dovuto all’amministratore di una società di capitali, quale organo legato da rapporto interno alla società, è determinato dall’assemblea dei soci, sussistendo la facoltà dell’amministratore di insorgere avverso una liquidazione effettuata dall’assemblea della società in maniera inadeguata e di chiedere al giudice la quantificazione delle proprie spettanze, salva l’ipotesi in cui, trattandosi di diritti disponibili, la delibera assembleare sia stata dall’amministratore accettata e posta in esecuzione senza riserve. (Cass. 24/5/2010 n. 12592, Pres. Roselli, Est. Balletti, in D&L 2010, 854)

  • La  clausola del contratto collettivo (nella specie art. 6, Ccnl Dirigenti del Credito) che prevede il dirito del dirigente a ottenere il rimborso delle spese processuali sostenute dallo stesso in relazione a procedimenti penali per fatti commessi nell'esercizio delle sue funzioni, deve essere interpretata nel senso che essa copre i costi del collegio difensivo ragionevolmente necessario in relazione alla complessità della difesa, e non necessariamente di un solo legale, mentre in ogni caso non sono sindacabili dal giudice le parcelle dei legali ove conformi alle tariffe professionali. (Trib. Milano 1/9/2009, Est. Ravazzoni, in D&L 2010, 562)
  • Alla stregua dell'art. 24, c. 2, del d.lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 16 del d.lgs. n. 80 del 1998 (ora art. 24 d.lgs. n. 165 del 2001) - che ha rimesso la disciplina del trattamento economico del personale dirigenziale al contratto individuale, prescrivendo, per "il trattamento economico fondamentale", che assuma, come parametri di base, "i valori economici massimi contemplati dai contratti collettivi dirigenziali" e, per il "trattamento economico accessorio", che sia "collegato al livello di responsabilità attribuito con l'incarico di funzione e ai risultati conseguiti nell'attività amministrativa e di gestione" - la retribuzione di posizione, che riflette il livello di responsabilità attribuito con l'incarico di funzione ed esprime lo specifico valore economico di una determinata posizione dirigenziale al di fuori di ogni automatismo, non può essere attribuita nella misura massima dell'emolumento per il solo rilievo apicale del ruolo dirigenziale ricoperto. (Cass. 15/5/2007 n. 11084, Pres. Senese Rel. Curcuruto, in Lav. nelle P.A. 2007, 737)
  • I dirigenti pubblici a regime privatistico percepiscono una retribuzione stabilita dalla contrattazione collettiva e individuale, la cui struttura è determinata dalla legge in un trattamento economico fondamentale e uno accessorio. In particolare, la struttura della retribuzione delle dirigenza contempla voci fisse (stipendio tabellare; retribuzione di posizione - parte fissa) e voci variabili (retribuzione di posizione - parte variabile; retribuzione di risultato). Il c.d. divieto di reformatio in peius del trattamento retributivo dei dipendenti statali, desumibile dall'art. 202 del D.P.R. n. 3 del 1957 (la cui portata applicativa è stata precisata dall'art. 3, commi 57-58, L. n. 537 del 1993 e dall'art. 1, comma 226, L. n. 266 del 2005) è stato previsto al fine di evitare che possibili peggioramenti del trattamento economico possano costituire disincentivo alla mobilità del personale. Esso però non si applica a tutte le componenti retributive provvisorie aventi carattere precario e accidentale. Segnatamente, non si applica nè alla retribuzione di risultato, nè alla parte variabile della retribuzione di posizione; essendo, in particolare, quest'ultima priva di quel carattere di stabilità, che ne assicurerebbe la conservazione da parte del dirigente il quale transiti dall'una all'altra Amministrazione. (Cons. Stato 11/12/2006 n. 14, Pres. De Roberto Est. Allegretta, in Lav. nella giur. 2007, con commento di Lorenzo Ieva, 307) 
  • Nei confronti dei dirigenti, che sono esclusi dalla disciplina legale delle limitazioni dell’orario di lavoro, un diritto a compenso per lavoro straordinario può sorgere o nel caso in cui la normativa collettiva (o la prassi aziendale o il contratto individuale) delimiti anche per essi un orario normale di lavoro, che risulti nel caso concreto superato, ovvero, allorquando non sussista tale delimitazione, nel caso in cui la durata della prestazione lavorativa ecceda i limiti della ragionevolezza in rapporto alla tutela, costituzionalmente garantita, del diritto alla salute, dovendosi ritenere che, perché sia configurabile il carattere gravoso e usurante della prestazione non è necessario che essa debba portare alla rovina fisico-psichica del lavoratore. (Sulla base di tale principio, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza del giudice di merito, che aveva negato la configurabilità del lavoro straordinario da parte di un dirigente di azienda di credito, asserendo che l’art. 29 del CCNL dei dirigenti delle aziende di credito prevede un orario flessibile, laddove esso, invece, stabilisce che di massima il loro orario di lavoro è quello normale degli altri dipendenti e solo se le funzioni ed i compiti lo richiedano, può svolgersi con criteri di flessibilità temporale e, inoltre, aveva apoditticamente affermato che la protrazione continuativa e quotidiana di un’ora e quarantacinque minuti oltre il termine ordinario del lavoro non costituiva attività usurante). (Cass. 23/7/2004 n. 13882, Pres. Ravagnani Rel. Balletti, in Lav. e prev. oggi 2004, 1650)
  • Nei confronti dei dirigenti, che sono esclusi dalla disciplina legale delle limitazioni dell'orario di lavoro, il diritto al compenso per lavoro straordinario può sorgere o nel caso in cui la normativa collettiva (o la prassi aziendale o il contratto individuale) delimiti anche per essi un orario normale di lavoro e questo venga in concreto superato, ovvero nel caso in cui la durata della prestazione fornita ecceda i limiti determinabili in rapporto alla tutela, costituzionalmente garantita, del diritto alla salute. (Cass. 16/6/2003 n. 9650, Pres. Mileo Rel. Putaturo Donati, in Dir. e prat. lav. 2003, 3109)
  • Ove al dirigente distaccato all’estero sia stata erogata, per il periodo di permanenza presso la sede straniera, una speciale indennità, deve ritenersi che tale emolumento sia stato corrisposto per una metà in funzione ristoratrice delle maggiori spese, e, per l’altra metà, in funzione compensativa delle particolari modalità della prestazione, sì da avere, limitatamente al 50%, natura retributiva, con conseguente computabilità, ai fini del calcolo del Tfr e dell’indennità sostitutiva del preavviso (Trib. Milano 19/4/97, pres. Mannacio, est. Accardo, in D&L 1997, 813)
  • Non compete l’indennità per ferie non godute al dirigente che abbia il potere di autodisciplinare le proprie ferie, senza ingerenza da parte del datore di lavoro, in quanto, se il diritto alle ferie è irrinunciabile, il mancato godimento imputabile esclusivamente al dirigente esclude il diritto all’indennità sostitutiva, salva la ricorrenza di eccezionali e obbiettive esigenze aziendali ostative a quel godimento (Cass. 7/3/96 n.1793, pres. Micali, est. Picone, in D&L 1997, 353)
  • Le somme corrisposte, in base a pattuizione diretta fra le parti, dalla società capogruppo estera al dirigente della società italiana, in aggiunta alla retribuzione corrisposta dalla società effettiva datrice di lavoro, debbono considerarsi parte integrante della retribuzione dovuta dal datore di lavoro, utile ai fini del computo delle c.d. retribuzioni indirette, ove sia accertato che tali somme ulteriori costituivano corrispettivo della stessa prestazione resa nell’ambito dell’unico rapporto di lavoro dirigenziale in essere (Cass. 7/3/96 n.1793, pres. Micali, est. Picone, in D&L 1997, 353)
  • L'indennità una tantum prevista dall'art. 14 CCNL dirigenti di aziende industriali, avendo funzione di compensazione forfettaria per i disagi economici connessi al trasferimento, non costituisce un riconoscimento economico comunque dovuto, ma richiede, quale presupposto, la prova dell'effettivo mutamento della residenza e dell'organizzazione domestica del dirigente (Pret. Milano 1/3/95, est,. Cecconi, in D&L 1995, 664) <