Equo indennizzo

 

  • Le controversie relative all'accertamento della dipendenza dell'infermità da cause di servizio e la determinazione dell'equo indennizzo a favore di un lavoratore dipendente da Poste Italiane s.p.a. sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, se la relativa domanda è stata avanzata successivamente alla privatizzazione dell'Amministrazione postale. L'equo indennizzo è uno speciale emolumento che non rientra nell'ambito dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Pertanto, nelle suddette controversie, va esclusa la legittimazione passiva dell'INAIL e va affermata, invece, quella delle Poste Italiane s.p.a. (Trib. Bari 7/5/2009, d.ssa De Palo, in Lav. nella giur. 2009, 845)
  • Le differenze tra equo indennizzo e rendita per malattia professionale – esistenti sotto diversi profili – concernono anche il nesso eziologico tra infermità ed attività lavorativa, atteso che, con riferimento all’indennizzo, la riconducibilità delle infermità alle specifiche modalità di svolgimento delle mansioni inerenti alla qualifica rivestita (quali luoghi di lavoro, turni di servizio, ambiente lavorativo, etc.) rientrano tra i fatti costitutivi del diritto, mentre la rendita – richiedendo che la malattia sia contratta nell’esercizio o a causa della lavorazione svolta – implica uno stretto nesso tra patologia ed attività lavorativa, che in caso di fattori plurimi deve costituire la “conditio sine qua non” della malattia. (In applicazione di tale principio la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che, in riferimento all’equo indennizzo, non aveva accertato il nesso causale mediante l’analisi – con conseguente motivazione – delle modalità di espletamento del servizio, per di più in presenza di malattie con molteplici fattori genetici). (Cass. 26/8/2005 n. 17353, Pres. Sciarelli Rel. Vidiri, in Dir. e prat. lav. 2006, 581)
  • In tema di equo indennizzo, istituto introdotto per gli impiegati civili dello Stato dall’art. 68 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, ed applicabile anche al personale delle Ferrovie in virtù del rinvio operato allo statuto dei dipendenti civili dello Stato dall’art. 209 della legge 26 marzo 1958, n. 425, la presentazione della domanda nel termine previsto dall’art. 36 del decreto del Presidente della Repubblica n. 686 del 1957 costituisce un presupposto necessario per il riconoscimento della causa di servizio e, quindi, una condizione dell’azione, che, in quanto tale, deve essere provata da chi agisce in giudizio. (Cass. 17/8/2004 n. 16045, Pres. Sciarelli Rel. Battimiello, in D&L 2005, 169)
  • Il termine di decadenza di sei mesi di cui all'art. 3 DPR 20/4/94 n. 349, entro il quale deve essere proposta la domanda di equo indennizzo, decorre dal momento di conoscenza della lesione solo nel caso in cui la menomazione subita sia ascrivibile ad una delle tabelle annesse al DPR 349 cit.; ne segue che il dies a quo di tale termine non viene in essere ogniqualvolta la comunicazione della lesione non renda possibile la piena ed effettiva conoscenza dell'ascrivibilità della lesione alle tabelle. (Trib. Monza 24/2/2004, Est. Gasparini, in D&L 2004, 189)
  • Il provvedimento di reiezione dell'istanza per equo indennizzo adottato dalla pubblica amministrazione in uniformità al parere medico legale del comitato per le pensioni privilegiate ordinarie non necessita di specifica motivazione sul punto (Consiglio Stato 19/4/01, n. 2367, pres. Venturini, est. Poli, in Foro it. 2001, III, pag. 257)
  • Nei confronti degli eredi del pubblico dipendente deceduto in servizio non trovano applicazione le disposizioni dell'art. 50 d.p.r. 686/57 che vietano il cumulo totale o parziale delle provvidenze indennitarie connesse ad infermità per causa di servizio (nella specie, trattavasi di cumulo fra equo indennizzo ed indennizzo assicurativo per polizza gravante sul bilancio dell'amministrazione di appartenenza) (Consiglio Stato 19/4/01, n. 2366, pres. Venturini, est. Poli, in Foro it. 2001, pag. 257 parte terza)