Art. 1 c. 3 L. 1369/60

  • Nelle prestazioni di lavoro cui si riferiscono i primi tre commi dell'art. 1 l. 23 ottobre 1960, n. 1369, la nullità del contratto tra committente e appaltatore (o intermediario) e la previsione dell'ultimo comma dello stesso articolo - secondo cui i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell'imprenditore che ne abbia utilizzato effettivamente le prestazioni - comportano che solo sull'appaltante (o interponente) gravano gli obblighi in materia di trattamento economico e normativo scaturenti dal rapporto di lavoro, nonchè gli obblighi in materia di assicurazioni sociali, non potendosi configurare una (concorrente) responsabilità dell'appaltatore o interposto in virtù dell'appartenenza del diritto e dell'apparente titolarità del rapporto di lavoro, stante la specificità del suddetto rapporto e la rilevanza sociale degli interessi che vi sono sottesi. (Cass. Sez. Un. 26/10/2006 n. 22910, Pres. Carbone Est. Vidiri, in Riv. it. dir. lav. 2007, con nota di Federica Paternò, "Interposizione illecita e titolarità della responsabilità datoriale", 291 e in Lav. nella giur. 2007, con commento di Luca Ratti, 271) 
  • Il terzo comma dell’art. 1, L. 1369/60, prevede una presunzione legale (che non ammette prova contraria) di appalto illecito ogni volta che si accerti la fornitura dei mezzi di organizzazione e di produzione (anche di uno solo di quelli indicati dalla legge) da parte del committente. Nel caso in cui uno solo dei tre elementi previsti dal terzo comma sia fornito dall’appaltante – anche se dietro compenso versato dall’appaltatore – occorre effettuare un’indagine sulla preponderanza dell’apporto dato dall’appaltatore su quello eventualmente fornito dall’appaltante, concludendosi per l’esistenza di un appalto vietato tutte le volte in cui il primo sia accessorio rispetto al secondo, come a esempio, nel caso di attrezzature e capitali di modesta entità economica rispetto al valore del contratto, oppure nell’ipotesi in cui l’appaltatore conferisca solo attrezzi minuti, di sua proprietà, ovvero di proprietà dei suoi stessi dipendenti. (Cass. 19/7/2005, n. 15166, Pres. Senese Est. Filadoro, in Orient. Giur. Lav. 2005, con nota di Ilario Alvino, “La presunzione di cui all’art. 1, terzo comma, legge 23 ottobre 1960, n. 1369, e le conseguenze della sua abrogazione”, 581)
  • La conseguenza prevista dall’art. 1, comma 3, L. 1369/1960, vale a dire l’instaurazione del rapporto di lavoro con l’imprenditore che abbia effettivamente utilizzato l’attività dei prestatori, non deve conseguire ad alcun accordo fraudolento tra interponente ed interposto, essendo sufficiente per realizzare la fattispecie legale una situazione effettiva di lavoro prestato a favore e sotto il potere direttivo del datore interponente, destinata a prevalere sulla situazione formale. (Trib. Treviso 9/12/2004, Est. De Luca, in Lav. nella giur. 2005, 388)
  • A norma dell’art. 1, 3° comma, L.23/10/60 n. 1369 si configura un’ipotesi di violazione del divieto di interposizione nelle prestazioni lavorative di cui al 1° comma del medesimo articolo, qualora il committente fornisca all’appaltatore le attrezzature essenziali per l’espletamento delle attività che formano oggetto dell’appalto e dell’organizzazione tipica dell’impresa (Pret. Milano 16/4/97, est. Atanasio, in D&L 1997, 804)
  • A norma dell’art.1, 3° comma, L. 23/10/60 n. 1369 si configura un’ipotesi di violazione del divieto di interposizione nelle prestazioni lavorative di cui al 1° comma del medesimo articolo, qualora il personale dell’impresa appaltatrice utilizzi strumenti e mezzi di proprietà dell’impresa committente; sono inoltre indici rivelatori di un appalto di mere prestazioni di lavoro: la sottoposizione del detto personale alla direzione gerarchica dell’appaltante; l’autorizzazione e il coordinamento di quest’ultimo in materia di ferie, permessi e assenze; l’omogeneità dell’orario lavorativo e l’intercambiabilità di ruoli con altri dipendenti dell’appaltante (Pret. Milano 8/4/98, est. Peragallo, in D&L 1998, 706)