Licenziamento nelle organizzazioni di tendenza

Questione 1

Quali regole disciplinano il licenziamento intimato da una organizzazione di tendenza?

Come è noto, nessun lavoratore può essere licenziato senza un valido motivo (giusta causa o giustificato motivo). In caso di licenziamento ingiustificato, e quindi illegittimo, il lavoratore avrà diritto, in base al numero di dipendenti della società e in base al tipo di vizio che caratterizza tale licenziamento, al risarcimento del danno e/o alla reintegrazione in servizio. Vi sono però alcune eccezioni a tale principio di portata generale. Una di queste riguarda le cosiddette organizzazioni di tendenza, ovvero tutti quei soggetti (enti, associazioni, organizzazioni, ecc.) che perseguono finalità di carattere sindacale, culturale, politico, di istruzione, di religione o di culto.

Con riferimento ai dipendenti di tali soggetti, la legge prevede che non possa essere applicata la tutela prevista dall’art. 18 S.L. come modificato dalla legge 92/2012 di riforma del mercato del lavoro (cd. riforma Fornero) e ciò indipendentemente dal numero di lavoratori occupati. Questo significa che il dipendente ingiustamente licenziato da un’organizzazione di tendenza potrà rivendicare solo il risarcimento del danno, ma non il diritto a riprendere l’attività lavorativa. Lo scopo è quello di impedire che tali organizzazioni siano costrette a mantenere in servizio un dipendente che non condivida, o addirittura che si trovi in contrasto, con le finalità che le stesse perseguono.

Peraltro, perché tale deroga alle norme in tema di licenziamento illegittimo possa trovare applicazione debbono ricorrere, in capo al datore di lavoro, requisiti ben precisi. Innanzitutto, si deve trattare di un datore di lavoro non imprenditore, ovvero che eserciti la propria attività senza i requisiti tipici che caratterizzano, secondo la legge, tale figura, quali: professionalità, organizzazione, svolgimento di un’attività destinata alla produzione di beni e servizi. Inoltre, si deve trattare di soggetti che operino senza fini di lucro, e cioè senza avere come scopo della propria attività la produzione di ricchezza. Come precisato ancora di recente dalla Cassazione (sentenza n. 9237 del 16 settembre 1998) i requisiti sopra indicati debbono essere tutti presenti perché operi la deroga di cui si è detto.

Vi è, poi, un altro aspetto che deve essere considerato, e che riguarda l’attività svolta dal dipendente. Infatti, secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza, l’organizzazione di tendenza non può opporsi alla reintegrazione in servizio del lavoratore ingiustamente licenziato nel caso in cui questo non svolga mansioni che abbiano una diretta connessione con le finalità perseguite dall’organizzazione. Ciò significa, in sostanza, che per fare la segretaria o il fattorino alle dipendenze di un partito politico o di un ente religioso non è necessario aderire all’ideologia del partito o condividere la fede dell’ente stesso, non essendoci dunque ostacoli, in simili ipotesi, all’eventuale riammissione in servizio del dipendente che sia adibito a queste mansioni.

La disciplina è peraltro mutata a seguito dell'entrata in vigore del D. Lgs. 23/15. La riforma estende la disciplina del contratto a tutele crescenti alle organizzazioni di tendenza, ovvero a quei datori di lavoro che svolgono senza fini di lucro attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione, di religione o di culto. Ciò significa che i lavoratori assunti a tempo indeterminato dalle organizzazioni di tendenza possono ora godere non solo della tutela risarcitoria, come avveniva in passato (v. art. 4 L.108/90), ma anche della tutela reintegratoria, nelle ipotesi residuali ed entro i limiti in cui il decreto ne prevede tuttora l’applicazione, ovvero in caso di licenziamenti discriminatori, nulli, inefficaci (in quanto intimati oralmente), e di licenziamenti disciplinari di cui venga accertata in giudizio l’insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore.

Il testo dell’articolo 9 del D.Lgs. 23/15 (“alle organizzazioni di tendenza si applica la disciplina del presente decreto”) sembra confortare l’ipotesi interpretativa secondo cui i dipendenti delle organizzazioni di tendenza siano tutti soggetti alla nuova disciplina sanzionatoria del licenziamento illegittimo, a prescindere dalla data di assunzione. Del resto, se così non fosse, la norma penalizzerebbe i lavoratori assunti prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 23/15, rispetto ai nuovi assunti, in violazione del principio di parità di trattamento e di ragionevolezza delle differenziazioni, di cui all’art. 3 della Costituzione.