Pubblico impiego

  • In materia di impiego pubblico contrattualizzato, l’equivalenza formale delle mansioni può essere definita dai contratti collettivi anche attraverso la previsione di aree omogenee nelle quali rientrino attività tutte parimenti esigibili e ciò ancorché, secondo una precedente classificazione, tali diverse attività - poi ricomprese nelle medesime aree - fossero da considerare come mansioni di diverso rilievo professionale e retributivo; pertanto, al dipendente che abbia svolto, nel previgente regime, mansioni considerate superiori a quelle di inquadramento, ricevendo il corrispondente maggior trattamento retributivo, e prosegua nello svolgimento delle medesime nella vigenza della nuova contrattazione - in cui sia le mansioni di cui al precedente inquadramento, sia quelle richieste, rientrino nell’ambito della stessa area - compete il solo trattamento proprio di quell’area e della posizione meramente economica di inquadramento secondo la nuova contrattazione, senza che, in mancanza di espresse previsioni contrarie di diritto transitorio della contrattazione collettiva sopravvenuta, l’assetto complessivo dei rapporti di lavoro quale definito da quest’ultima possa essere sindacato o manipolato, in vista della salvaguardia di pretese individuali fondate sulla previgente disciplina. (Cass. 14/11/2019 n. 29624, Pres. Napoletano Est. Bellè, in Lav. nella giur. 2020, con nota di F. Nardelli, La professionalità del dipendente pubblico privatizzato in balia della contrattazione di comparto con l’avallo della Cassazione, 1178)
  • Non sussiste un diritto soggettivo del pubblico dipendente a essere preposto a una posizione organizzativa, neppure nel caso in cui questi l’abbia già ricoperta in forza di un precedente incarico, trattandosi di scelta ascrivibile al potere organizzativo dell’ente; la natura temporanea e fiduciaria dell’incarico, in cui si concreta la posizione organizzativa, non fonda alcun diritto del dipendente al suo conferimento né, in caso di rinnovo, alcun diritto del dipendente che in precedenza abbia ricoperto la posizione ad esservi nuovamente preposto. (Trib. Bari 22/5/2014, Giud. Deceglie, in Lav. nella giur. 2014, 1031)
  • In assenza di una disciplina specifica avente a oggetto la equiparazione tra gli inquadramenti di contratti collettivi di comparti diversi, per procedere all’esatta individuazione della posizione giuridico ed economica della risorsa interessata alla procedura ex art. 30 d.lgs. n. 165/2001, occorre far riferimento, innanzitutto, ai contenuti professionali relativi alla posizione rivestita dal dipendente; per poi verificare se, dal punto di vista retributivo, sia stata attribuita una posizione economica non penalizzante tra quelle previste dal C.C.N.L. applicato per la posizione funzionale riconosciuta. (Trib. Milano 1/2/2012, Giud. Greco, in Lav. nella giur. 2012, 515)
  • Non è possibile applicare tout court all’ambito del c.d. “pubblico impiego contrattualizzato” la previsione dell’art. 2103 c.c., ostandovi i principi costituzionali di trasparenza e di accesso alle carriere per pubblico concorso. Tali principi però non possono essere surrettiziamente aggirati mediante il semplice esercizio delle mansioni superiori. Rimane infatti il diritto del dipendente pubblico al compenso corrispondente alla qualità del lavoro prestato, siccome diritto anch’esso tutelato dal dettato costituzionale. (Trib. Nocera Inferiore 25/3/2011, Giud. Mancuso, in Lav. nella giur. 2011, 747)
  • L’accesso a funzioni più elevate, cioè il passaggio a un’area o a una fascia superiore, determina una forma di reclutamento soggetta alla regola del pubblico concorso, sì che sono da ritenere illegittime le norme che stabiliscano il passaggio alle aree o fasce superiori, in deroga alla regola generale, o comunque che non prevedano alcun criterio selettivo o verifiche attitudinali idonee a garantire l’accertamento dell’idoneità dei candidati in relazione ai posti da coprire, così realizzando un automatico e generalizzato scivolamento in alto del personale dipendente. Lo stesso principio è applicabile alle ipotesi in cui si tratti di procedure interne, non propriamente concorsuali, finalizzate all’accesso a posizioni economiche superiori. (Trib. dell’Aquila 2/3/2011, Giud. Tracanna, in Lav. nella giur. 2011, 639)
  • L'art. 52, comma 1, d.lgs. n. 165/2001, che disciplina il mutamento di mansioni nell'ambito del lavoro pubblico privatizzato, ricollega espressamente e formalmente l'equivalenza professionale delle mansioni del pubblico dipendente alla classificazione prevista dai contratti collettivi. Questa nozione di equivalenza "formale", alla quale il giudice è vincolato, è in grado di realizzare la corrispondenza tra mansioni e posto in organico che caratterizza l'ente pubblico-datore di lavoro, tuttora condizionato da vincoli di conformazione al pubblico interesse e di compatibilità finanziaria generale. (Cass. 11/5/2010 n. 11405, Pres. Sciarelli Est. Zappia, in Riv. it. dir. lav. 2011, con nota di Alberto Tampieri, "L'equivalenza delle mansioni nel lavoro pubblico", 149)
  • In materia di pubblico impiego privatizzato, l'art. 52, comma 1, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, che sancisce il diritto all'adibizione alle mansioni per le quali il dipendente è stato assunto o ad altre equivalenti, ha recepito - attese le perduranti peculiarità relative alla natura pubblica del datore di lavoro, tuttora condizionato, nell'organizzazione del lavoro, da vincoli strutturali di conformazione al pubblico interesse e di compatibilità finanziaria delle risorse - un concetto di equivalenza "formale", ancorato alle previsioni della contrattazione collettiva (indipendentemente dalla professionalità acquisita) e non sindacabile dal giudice. Ove, tuttavia, vi sia stato, con la destinazione ad altre mansioni, il sostanziale svuotamento dell'attività lavorativa, la vicenda esula dall'ambito delle problematiche sull'equivalenza delle mansioni, configurandosi la diversa ipotesi della sottrazione pressoché integrale delle funzioni da svolgere, vietata anche nell'ambito del pubblico impiego. (Cass. 21/5/2009 n. 11835, Pres. De Luca Est. La Terza, in Lav. nella giur. 2009, con commento di Raffaele Squeglia, 908)
  • Alle parti collettive non può essere attribuito, nel declinare la nozione di equivalenza, un potere eccedente il criterio di ragionevolezza, allorquando, a seguito di ridefinizione del sistema di classificazione, il nuovo contratto collettivo determini tabelle di corrispondenza tra i vecchi e i nuovi criteri. Il nuovo contratto collettivo, a patto di non ricondurre su di un unico piano posizioni professionali del tutto diverse, può discostarsi dalle linee della classificazione precedente. (Cass. 22/12/2008 n. 29919, Pres. Mercurio Rel. Curcuruto, in Lav. nelle P.A. 2008, 1147)
  • La disposizione della legge delega n. 59 del 1997, art. 11, comma 4, lett. d), secondo cui nei contratti collettivi del comparto dei dipendenti di enti pubblici non economici deve essere stabilita una disciplina distinta da quelle delle altre categorie di lavoratori per le figure professionali svolgenti mansioni comportanti l'iscrizione ad albi professionali, costituisce una delega ampia alle parti collettive. In ogni caso, il riconoscimento delle specifiche professionalità e delle sfere di autonomia e responsabilità ricollegate a talune attività professionali, ai fini dell'assegnazione delle mansioni non può comportare l'automatica assimilazione normativa, e retributiva, tra professionisti diplomati e professionisti laureati. (Cass. 19/12/2008 n. 29828, Pres. De Luca Est. Amoroso, in Lav. nelle P.A. 2008, 1148)
  • In materia di pubblico impiego contrattualizzato, l'impiegato cui sono state assegnate, al di fuori dei casi consentiti, mansioni superiori ha diritto a un riproporzionamento retributivo adeguato ai sensi dell'art. 36 Cost., senza sbarramenti temporali di alcun genere, purché le mansioni assegnate siano state svolte, sotto il profilo qualitativo e quantitativo, nella loro pienezza. (Cass. 17/9/2008 n. 23741, Pres. Celentano Rel. Laterza, in Lav. nelle P.A. 2008, 881)
  • In tema di inquadramento, dal momento dell'entrata in vigore del Contratto Collettivo Nazionale di lavoro 16 febbraio 1999 per il Comparto enti pubblici non economici, sono diventate inapplicabili le disposizioni recate dalla fonte normativa di natura pubblicistica (d.P.R. n. 285 del 1988), e devono essere invece considerate le disposizioni contenute nel Ccnl di comparto, come eventualmente attuate mediante il contratto collettivo integrativo di ente, al quale il primo abbia eventualmente assegnato il compito di individuare i nuovi profili professionali e di ridefinire o ricollocare quelli esistenti in ciascuna delle Aree di inquadramento. (Cass. 21/7/2008 n. 20079, Pres. Senese Rel. Curcuruto, in Lav. nelle P.A. 2008, 648)
  • Con riguardo ai dipendenti di 9 qualifica funzionale (inquadrati, in base al Ccnl dipendenti pubblici non economici del 16 febbraio 1999, nell'Area C posizione C4), una volta verificata la corrispondenza fra la declaratoria e il profilo di detta posizione e le pertinenti previsioni del contratto integrativ, non assume alcun rilievo ai fini della valutazione di un'eventuale dequalificazione il fatto che il contratto integrativo abbia riservato alcune mansioni, di particolare valore professionale, a una diversa categoria di dipendenti, anch'essa inquadrata nella medesima funzione C4, ma destinataria di specifiche clausole di salvaguardia, di fonte legislativa, riprodotte anche in sede contrattuale. (Cass. 21/7/2008 n. 20079, Pres. Senese Rel. Curcuruto, in Lav. nelle P.A. 2008, 648)
  • Il c.c.n.l. 31.3.1999 per la revisione del sistema di classificazione del personale delle regioni e degli enti locali prevede che il personale in servizio sia inserito nel nuovo inquadramento in base alla categoria e al trattamento economico fondamentale in godimento. Non è applicabile al personale già in servizio, che formalmente inquadrato nella settima qualifica funzionale deduca di svolgere mansioni proprie della ottava, la disposizione che prevede che, nell'ambito della cat. D (che ricomprende posizioni professionali prima caratteristiche sia della settima che della ottava qualifica) possono farsi assunzioni direttamente per livello retributivo D 3, in quanto tale disciplina non comporta alcuna deroga alla non rilevanza della assegnazione di mansioni o funzioni superiori a quelle del formale inquadramento del dipendente. (Cass. 29/4/2008, Sez. Un, n. 10823, Pres. Carbone Rel. Toffoli, in Lav. nelle P.A. 2008, 399)
  • Ai sensi dell'art. 52, d.lgs. 165/2001, il datore di lavoro pubblico, nell'adibire il dipendente a mansioni diverse da quelle originari, non arreca allo stesso un danno in termini di demansionamento, nel caso in cui le nuove mansioni siano tra quelle annoverate, dalla contrattazione collettiva, nella medesima categoria, secondo una valutazione non sottoponibile al vaglio giudiziale; al fine del giudizio di equivalenza, pertanto, la valutazione da parte del giudice è limitata a verificare lo svolgimento, da parte del dipendente, di mansioni considerate equivalenti da parte del contratto collettivo, mentre nessun rilievo ha una verifica di equivalenza sulle mansioni svolte in concreto. (Cass. 4/4/2008, Sez. Un., n. 8740, Pres. e Rel. Carbone, in Lav. nelle P.A. 2008, con commento di Maria Giovanna Murrone, "Mansioni equivalenti nel pubblico impiego, contratto collettivo e valutazione giudiziale", 351, e in Riv. it. dir. lav. 2008, con nota di R. Diamanti, "L'equivalenza di mansioni nel settore pubblico e in quello privato: apparente diversità e sostanziale avvicinamento", 801)
  • Anche laddove la contrattazione collettiva non adempia alle prescrizioni dell'art. 17 bis, d.lgs. 165/2001, che impone alla contrattazione stessa di disciplinare l'istituzione di un'apposita separata area della vice dirigenza entro il decorrere del periodo contrattuale corrispondente al quadriennio normativo 2006-2009, come stabilito dall'art. 7, comma 3, della l. n. 145/2002, i lavoratori in possesso dei necessari requisiti maturano il diritto all'acquisizione del corrispondente inquadramento professionale, che, di conseguenza, può essere riconosciuto loro tramite sentenza dall'autorità giurisdizionale ordinaria. (Trib. Roma 7/3/2008, Est. Grisanti, in Lav. nelle P.A., con commento di Fabio Pantano, "L'applicazione per via giudiziale dell'art. 17-bis del d.lgs. n. 165/2001: il riconoscimento della vicedirigenza", 341, e in D&L 2008, con nota di Giuseppe Bulgarini d'Elci, "Vicedirigenza e pubblico impiego: arriva la prima pronuncia favorevole", 755)
  • In tema di ius variandi nel pubblico impiego l'equivalenza delle nuove mansioni a quelle precedentemente svolte sussiste quando le prime consentano l'utilizzo e il perfezionamento del corredo di nozioni, esperienza e perizia acquisito nella fase pregressa del rapporto, con la conseguenza che esso non è configurabile solo se le nuove mansioni comportino uno stravolgimento e un depauperamento del patrimonio professionale del lavoratore. (Trib. Milano 11/12/2007, D.ssa Bianchini, in Lav. nella giur. 2008, 537)
  • L'inquadramento professionale nella categoria C1, posizione economica C1, del comparto Università, da parte di chi in precedenza era collocato nella ex Va QF, non comporta una progressione verticale poichè nel passaggio da vecchio a nuovo sistema di inquadramento non è possibile configurare una situazione intermedia fra progressione verticale e corrispondenza automatica. Le disposizioni dei contratti integrativi in contrasto con i vincoli risultanti dalla contrattazione nazionale di comparto sono inefficaci. (Trib. Pisa 4/6/2007, G.U. Santoni Rugiu, in Lav. nelle P.A. 2007, con nota di Andrea Lassandari, "Il contratto decentrato: sorvegliato a vista?", 687)
  • L'art. 20 del D.P.R. n. 266/1987 deve essere interpretato nel senso che la reggenza dell'ufficio sprovvisto temporaneamente del dirigente titolare costituisce una specificazione dei compiti di sostituzione del titolare assente o impedito, contrassegnata dalla straordinarietà e temporaneità ("in attesa della destinazione del dirigente titolare"), con la conseguenza che vi si può far luogo, senza che si producano gli effetti collegati allo svolgimento di mansioni superiori, so9lo allorquando sia stato aperto il procedimento di copertura del posto vacante e nei limiti di tempo ordinariamente previsti per tale copertura. Al di fuori di tale ipotesi, la reggenza dell'ufficio concreta lo svolgimento di mansioni dirigenziali (in questo senso si è pronunciata S.C., la quale ha confermato la sentenza della corte territoriale, con riferimento alla vacanza, dal 1995, del posto di primo dirigente dell'ufficio del giudice di pace e alla sopravvenuta nomina dirigenziale soltanto nell'anno 2000, con relativo riconoscimento della retribuzione correlata all'esercizio delle mansioni superiori senza che, peraltro, la situazione potesse considerarsi mutata per effetto della nuova classificazione attuata dal c.c.n.l. del comparto Ministeri del 16 febbraio 1999, non comprendendosi, tra le mansioni proprie del profilo relativo alla posizione economica C3, le funzioni di reggenza del ruolo dirigenziale).  (Cass. 17/4/2007 n. 9130, Pres. Ianniruberto Rel. Picone, in Lav. nelle P.A. 2007, 558)
  • La violazione, da parte della P.A. datrice di lavoro, dell'obbligo di adibire il dipendente a mansioni equivalenti a quelle per le quali è stato assunto (art. 52, comma 1, D.Lgs. n. 165/2001) ovvero a quelle svolte prima del mutamento di mansioni, va accertata in concreto, con riferimento ai contenuti professionali della qualifica. Nella fattispecie, il Tribunale ha ritenuto illegittima sotto il profilo delle motivazioni, e in violazione del principio di cui al menzionato art. 52, comma 1, la revoca delle funzioni di Comandante del servizio di Polizia Municipale e la contestuale assegnazione, in via esclusiva, dell'incarico di responsabile dell'Ufficio Statistica del medesimo Comune. (Trib. Camerino 2/4/2007 n. 25, Giud. Basilli, in Lav. nella giur. 2007, con commento di Fabio Massimo Gallo, 11123)
  • Il divieto di reformatio in peius , che comporta il diritto a un assegno ad personam  pari alla differenza tra quanto percepito e quanto spettante nella nuova posizione, trova applicazione in tutte le ipotesi di passaggio da un'amministrazione all'altra, siano esse statali o meno. (Trib. Ravenna 14/2/2007, Est. iverso, in ADL 2008, con commento di Maria Giovanna Greco, "Riammissione in servizio e divieto di reformatio in peius del trattamento retributivo, nel passaggio da un'amministrazione a un'altra, nel lavoro pubblico privatizzato", 208) 
  • Nel pubblico impiego privatizzato, nel periodo tra l'entrata in vigore del d.lgs. n. 80 del 1998 (mod., sul punto, con efficacia retroattiva, dal d.lgs. n. 387 del 1998) e l'approvazione del c.c.n.l. comparto dei Ministeri 16 febbraio 1999, il pubblico dipendente che abbia svolto mansioni superiori ha diritto (non già al trattamento economico della qualifica superiore, bensì) a un riproporzionamento della sua retribuzione in conformità al canone costituzionale di cui all'art. 36 Cost., di diretta applicazione, senza che sia di ostacolo il diverso canone del buon andamento della pubblica amministrazione, che opera su un piano diverso; per il periodo successivo al nuovi sistema di classificazione del personale dei Ministeri introdotto dal c.c.n.l. 16 febbraio 1999, cit., lo svolgimento di mansioni superiori alla qualifica comporta un riproporzionamento della retribuzione pari proprio al trattamento economico della qualifica superiore, con la conseguenza che il rispetto del canone costituzionale della proporzionalità della retribuzione è assicurato da un'espressa disposizione di legge, ribadita dal contratto collettivo. (Cass. 2/10/2006 n. 21280, Pres. Mattone Est. Amoroso, in Giust. civ. 2007, 727)
  • Sia nel sistema originario dei profili professionali di cui al d.P.R. n. 44 del 1990, che in quello delle aree professionali di cui al c.c.n.l. 16 febbraio 1999, la direzione di un ufficio NEP da parte di un ufficiale giudiziario costituiva connotazione tipica di due qualifiche (rispettivamente 7 e 8 qualifica funzionale; oggi, area funzionale C, posizioni economiche C1 e C2), sicchè, ai fini dell'accertamento a quale qualifica corrispondano le mansioni di direzione svolte, occorre guardare in concreto al livello organizzativo dell'ufficio di appartenenza (nella specie, la Corte ha confermato la sentenza di merito che aveva respinto la domanda di riconoscimento del diritto alle differenze retributive per lo svolgimento di mansioni appartenenti a qualifica superiore da parte di ufficiale giudiziario inquadrato come collaboratore UNEP VII qualifica funzionale).   (Cass. 2/10/2006 n. 21280, Pres. Mattone Est. Amoroso, in Giust. civ. 2007, 727)
  • Nei rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, poichè il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto e manca una previsione circa la sua utilizzabilità in mansioni inferiori, è preclusa in generale all'amministrazione la possibilità di richiedere mansioni ulteriori rispetto a quelle qualificanti e tipiche della professionalità acquisita, essendo l'esatto ambito delle mansioni esigibili indicato in termini analoghi dall'art. 2103 c.c. e dall'art. 52 d.lgs. n. 165 del 2001 e dovendo rientrare l'attività prevalente svolta dal lavoratore fra le mansioni corrispondenti alla qualifica di appartenenza; tuttavia, per ragioni di efficienza e di economia del lavoro o di sicurezza, sono esigibili, incidentalmente e marginalmente, attività corrispondenti a mansioni inferiori, non potendo derivare dalla mera inferiorità delle stesse la loro completa estraneità alla professionalità del lavoratore (nella specie, la Corte ha confermato la decisione di merito che aveva fatto riferimento alla nozione di mansione accessoria; che ciascuna qualifica conteneva in sé anche i compiti  preparatori o inscindibilmente strumentali a essa, non potendo risolversi la loro esecuzione in un pregiudizio per la professionalità del lavoratore; che l'unico limite all'esigibilità era costituito dalla pretestuosità del comportamento datoriale, tenendo anche conto dell'interesse dei terzi utenti dell'ufficio pubblico sui quali non potevano gravare, nei limiti del possibile, le carenze di organico; infine, che il dipendente non aveva allegato nè l'assoluta inconferenza delle mansioni accorpate alla sua qualifica rispetto a quelle dirigenziali spettantigli, nè che tali mansioni, tipiche di profili professionali più bassi, fossero talmente assorbenti da snaturare la sua qualifica). (Cass. 7/8/2006 n. 17774, Pres. Mileo est. Curcuruto, in Giust. civ. 2007, 728)
  • In caso di violazione, da parte dell'ente pubblico-datore di lavoro, dell'obbligo di predeterminare i criteri di selezione degli impiegati per il riconoscimento e l'attribuzione della qualifica superiore, incombe sul singolo dipendente non promosso e attore in giudizio per il risarcimento del danno da perdita della possibilità di promozione (c.d. perdita di chance), l'onere di provare - alla stregua dei principi generali in tema di responsabilità contrattuale - il nesso di causalitàtra il detto inadempimento datoriale e il danno, ossia la concreta sussistenza della probabilità di ottenere la qualifica superiore . (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata con la quale era stato riconosciuto il suddetto danno sulla scorta dell'offerta prova che dei posti disponibili nella qualifica quadro della Regione circa tre quarti erano stati coperti con impiegati appartenenti allo stesso ufficio delle attrici, nel quale gli impiegati erano in numero pari ai posti da occupare nella qualifica superiore, rilevandosi, altresì, come la datrice di lavoro, in possesso di tutta la documentazione, avesse contrastato insufficientemente la pretesa delle stesse attrici mediante la produzione dei titoli di studio di due soli dei promossi). (Cass. 6/6/2006 n. 13241, Pres. Sciarelli Est. Roselli, in Lav. nella giur. 2006, 1123)
  • Poichè la disciplina legale del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni non consente inquadramenti automatici del personale, neppure in base al profilo professionale o alle mansioni svolte, l'art. 29 c.c.n.l. comparto Regioni-autonomie locali 14 settembre 2000, si interpreta nel senso che l'inquadramento nella categoria D, posizione economica D1, del personale dell'area di vigilanza appartenente all'ex VI qualifica funzionale può essere conferito ai dipendenti solo all'esito del definitivo perfezionamento di tutti gli adempimenti ivi previsti (modifica della dotazione organica ed espletamento di verifiche e procedure selettive). (Cass. 9/5/2006 n. 10628, Pres. senese Est. Vidiri, in Giust. civ. 2007, 730)
  • In tema di rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, il comandante del corpo della polizia municipale è responsabile verso il sindaco dell'addestramento, della disciplina e dell'impiego tecnico-operativo degli appartenenti al corpo e, nell'esercizio di tali competenze, non può essere assoggettato al potere di ordine e direttiva dei dirigenti amministrativi. (Cass. 9/5/2006 n. 10628, Pres. senese Est. Vidiri, in Giust. civ. 2007, 730)
  • In tema di rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, la violazione da parte del datore di lavoro dell'obbligo di adibire il prestatore di lavoro alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti, va accertata in concreto con riferimento alle modificazioni o sottrazioni dei contenuti professionali propri della qualifica di appartenenza, non essendo sufficienti le eventuali illegittimità dei moduli organizzativi adottati dall'amministrazione (fattispecie in tema di assunta dequalificazione professionale subita da comandante della polizia municipale. (Cass. 9/5/2006 n. 10628, Pres. senese Est. Vidiri, in Giust. civ. 2007, 730)
  • La classificazione professionale degli ufficiali giudiziari prevista dalla contrattazione collettiva non prevede che il compimento di atti di esecuzione sia riservato al personale inquadrato nella posizione C1, escludendo quello di categoria B3, come invece prevedeva la precedente normativa. La circolare e i provvedimenti dell'amministrazione che prevedono la fungibilità delle funzioni di esecuzione e notificazione degli atti giudiziari non ledono gli ufficiali giudiziari della posizione C1, atteso che essi non incidono sulla loro attività in termini di demansionamento e che non esiste il diritto a che altri non svolgano mansioni analoghe alle proprie. (Corte App. Milano 15/3/2006, Pres. Castellini Est. Curcio, in Giust. Civ. 2007, 731)
  • L’azione volta al riconoscimento dello svolgimento di mansioni superiori e conseguente condanna del datore di lavoro alle differenze retributive, con riferimento a un periodo anteriore al 30 giugno 1998, è proponibile solo davanti al giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 69, comma 7, D.Lgs. n. 165/2001, dal momento che la data del 15 settembre 2000 ivi contenuta rileva quale termine di decadenza sostanziale e non come limite alla persistenza della giurisdizione del giudice amministrativo. La disciplina concernente le mansioni del lavoratore, di cui all’art. 52, D.Lgs. 165/2001, secondo interpretazione restrittiva, non può ritenersi applicabile all’assegnazione di mansioni superiori dirigenziali a funzionario appartenente ai ruoli dell’ente, come si evince dal dato letterale dell’articolo che richiama la “classificazione professionale prevista nei contratti collettivi” e alle “qualifiche”, facendo ritenere che la disciplina in questione riguardi esclusivamente l’assegnazione di mansioni superiori concernenti la prestazione di lavoro del personale delle ex qualifiche funzionali nel caso di assegnazioni di mansioni corrispondenti, nell’ambito dell’ordinamento professionale, a un profilo superiore. Nel merito, le mansioni del funzionario responsabile del tributo non sono qualificabili come dirigenziali e, peraltro, è possibile anche attribuire l’incarico di responsabile del tributo a funzionari di ottava qualifica funzionale (come avvenuto nel caso di specie), purchè in possesso del diploma di ragioneria, senza che ovviamente tali funzionari, per lo svolgimento di tali incarichi, possano essere considerati dirigenti. (Trib. Caltanisetta 17/1/2006, Est. Catalano, in Lav. Nella giur. 2006, con commento di Aldo Muratorio, 568)
  • Anche nell’ambito del rapporto di pubblico impiego, lo svolgimento di fatto di mansioni superiori comporta, in favore del pubblico dipendente, il diritto alla corresponsione del trattamento retributivo corrispondente alla mansione di livello superiore effettivamente svolta. (Trib. Perugia 23/8/2005, Est. Centrone, in Lav. nella giur. 2006, 90)
  • Con riferimento al lavoro alle dipendenze della P.A., non ogni violazione delle norme procedurali previste per l’avanzamento di carriera comporta per il dipendente posposto o non prescelto, l’automatico diritto a ottenere la posizione lavorativa per la quale ha proposto la sua candidatura. La violazione delle norme procedurali previste per l’attribuzione di un incarico, di una posizione, di un livello economico superiore messo a concorso, è certamente un indizio o sintomo importante dell’illegittimità della esclusione del lavoratore da quelle posizioni, ma occorre pur sempre che sia offerto in giudizio un qualche serio elemento dal quale possa evincersi che il corretto svolgimento della procedura ne avrebbe consentito l’ottenimento. (Trib. Milano 12/7/2005, Est. Cincotti, in Orient. Giur. Lav. 2005, 570)
  • La disciplina prevista nel lavoro privato in materia di categorie e qualifiche, con la relativa individuazione della categoria dei quadri, non è applicabile al rapporto di lavoro privatizzato alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, attesa la specialità del regime giuridico che la caratterizza, soprattutto con riferimento al sistema delle fonti quale emerge dal d.lgs. n. 165 del 2001 (che costituisce lo “statuto” di tale rapporto di lavoro), il quale – dettando regole peculiari solo per i dirigenti e i vicedirigenti – attribuisce per il restante personale piena delega alla contrattazione collettiva, che può intervenire senza incontrare il limite della inderogabilità delle norme concernenti il lavoro subordinato privato; né può desumersi un obbligo di prevedere la categoria dei quadri dall’art. 40 d.lgs. n. 165 del 2001, che rinvia a eventuali distinte discipline dei contratti collettivi per peculiari posizioni lavorative. (Cass. 5/7/2005 n. 14193, Pres. Ianniruberto Est. Picone, in Giust. Civ. 2006, 206)
  • L’art. 52 del D.lgs. n. 165/2001 prevede che il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell’ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive. (Trib. Grosseto 3/5/2005, in Lav. nella giur. 2005, 1101)
  • Nel pubblico impiego, la retribuibilità delle mansioni superiori effettivamente svolte non può farsi discendere né dall’art. 36 Cost., né dall’art. 2126 c.c.; costituiscono elementi indispensabili per la configurazione del diritto al pagamento delle mansioni superiori svolte dal dipendente la vacanza del posto o, quanto meno della sua disponibilità, per l’assenza prolungata del titolare, e l’esistenza di un puntuale provvedimento di incarico conferito dall’organo competente (Fattispecie anteriore all’entrata in vigore dell’art. 15 d.lgs. n. 387/1998). (Cons. Stato 1/3/2005 n. 772, Pres. Elefante Est. Fera, in Lav. nelle P.A. 2005, 357)
  • È in facoltà del datore di lavoro di “superqualificare” i dipendenti che ritenga più meritevoli, sicchè un lavoratore che svolga determinate mansioni – per le quali risulti adeguato l’inquadramento attribuitogli – non ha diritto alla promozione a qualifica superiore per il solo fatto che il datore di lavoro ha promosso a tale qualifica dipendenti svolgenti mansioni identiche, a meno che non sia provata una macroscopica discriminazione rispetto alla generalità dei colleghi. (Trib. Milano 28/1/2005, Est. Frattin, in Lav. nella giur. 2006, 99)
  • Nel rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, l’esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell’inquadramento del lavoratore o dell’assegnazione di incarichi di direzione. A maggior ragione, in relazione alla ratio di tale disposizione – che affonda le proprie radici nelle regole basilari di cui all’art. 97 Cost. (imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione) – ove il contratto di comparto, cui la legge demanda l’eventuale introduzione di discipline distinte per le figure professionali che svolgono compiti di direzione, non abbia previsto la qualifica di quadro, questa non può essere riconosciuta al dipendente che la richieda in quanto qualifica di legge. (Corte d’appello Milano 11/5/2004, Pres. e Rel. Mannacio, in Lav. nella giur. 2005, 92)
  • I dipendenti dell'Ente Poste Italiane (ora Poste italiane Spa) trasferiti presso altre Amministrazioni pubbliche (nella specie Inpdap) devono essere inquadrati non sulla base di un criterio formale e quindi del semplice raffronto tra qualifiche funzionali e profili professionali previsti in ciascun ordinamento, ma sulla base delle prestazioni lavorative effettivamente previste nelle varie qualifiche, nonché della professionalità e dei requisiti culturali e di accesso alle qualifiche medesime. (Trib. Milano 5/2/2004, Est. Porcelli, in D&L 2004, 110)
  • Le differenze retributive dovute al dipendente pubblico (nella specie dipendente della Corte Costituzionale) a seguito dell’esercizio delle mansioni superiori trovano la loro ragione nel precetto di cui all’art. 36 Cost. (Corte Cost., 8/1/2004, Pres. Onida, in Lav. nella giur. 2004, con commento di Alessandra Marin, 874)
  • In tema di procedure concorsuali la ricognizione circa la giurisdizione va effettuata sulla base dell’oggetto della domanda, del petitum sostanziale, e pertanto, se la domanda si ricollega alla tutela di una vantata posizione di diritto soggettivo volto alla nomina ad un posto di ruolo di qualifica superiore, va affermata la giurisdizione dell’A.g.o., con il conseguente riconoscimento di quest’ultima di provvedere all’eventuale disapplicazione dell’atto amministrativo assunto come lesivo del diritto soggettivo azionato. (Corte d’Appello Firenze 16/3/2004, Rel. Amato, in Lav. nelle P.A. 2004, 510)
  • Il pubblico dipendente che abbia svolto di fatto mansioni superiori ha diritto-in forza del disposto di cui all'art. 52 D. Lgs. 30/3/01 n. 165-alla corresponsione della differenza di trattamento economico con la qualifica; tale disposizione-che ha sostituito espressamente l'art. 56 del D. Lgs. 3/2/92 n. 29 come successivamente sostituito e modificato-ha validità dall'entrata in vigore del D. Lgs. 3/2/93 n. 29, e cioè dal 3/3/93. (Trib. Parma 18/12/2002, Est. Vezzosi, in D&L 2003, 477)
  • Un'identità sostanziale tra il contenuto della categoria di quadro quale delineata dalla L. n. 190/85 e la posizione di un dipendente pubblico in ragione delle mansioni svolte non gli dà diritto all'inquadramento ex lege nella detta categoria. Infatti, il valore precettivo della disciplina di cui alla L. n. 190/85 trova una limitazione-consentita dalla clausola di salvezza contenuta nell'art. 2, comma 2, D.Lgs n. 165/2001-nell'art. 40, comma due, del predetto T.U., il quale individua un'area contrattuale autonoma per i dirigenti e rimette alla contrattazione collettiva di introdurre nell'ambito dei contratti collettivi di comparto discipline distinte per le figure professionali che in posizione di elevata responsabilità svolgono compiti di direzione, senza, peraltro, vincolare l'autonomia negoziale al riconoscimento di una determinata categoria, in considerazione della peculiarità del settore. (Trib. Milano 29/7/2002, Est. Marasco, in Lav. nella giur. 2003, 487)
  • Ove anche si ammetta la possibilità di applicare direttamente l'art. 2095 c.c. ai rapporti di diritto privato, pur in assenza di una previsione attuativa del contratto collettivo, un'analoga immediata precettività deve essere esclusa con riferimento ai rapporti di pubblico impiego. Talune caratteristiche proprie del sistema del pubblico impiego (sicuramente non cancellate dalla c.d. "privatizzazione") conducono a ritenere impossibile un riconoscimento della categoria di quadro non "mediata" dalla contrattazione collettiva che inevitabilmente inciderebbe su profili ed aspetti squisitamente pubblicistici (quali le modalità di svolgimento delle attività istituzionali, le dotazioni organiche, l'organizzazione delle attività delle P.A.) che non possono essere modificati se non sulla base della legge o della contrattazione collettiva alla quale la legge medesima faccia rinvio. (Trib. Milano 12/6/2002, Est. Porcelli, in Lav. nella giur. 2003, 390)
  • L'art. 115, n. 312 del 1980, in conformità con la disciplina generale della retribuzione delle mansioni superiori nel pubblico impiego ex art. 52, quarto comma, d .lgs. n. 165 del 2001, va interpretato nel senso che le stesse vanno retribuite per il periodo di "effettiva prestazione", con esclusione dei periodi in cui il dipendente è assente per congedo ordinario o straordinario. (Consiglio di Stato 22/4/2002, parere n. 507/2001, Pres. Salvatore Rel. De Nictolis, in Foro it. 2003, parte terza, 566)
  • Qualora un bando di concorso preveda la valutazione, ai fini della promozione a qualifica superiore, delle mansioni superiori svolte dal pubblico dipendente, l'amministrazione è tenuta ad effettuare detta valutazione anche con riferimento alle mansioni attribuite in via di mero fatto e senza provvedimento formale; ai fini di detta valutazione resta tuttavia fermo il limite previsto dall'art. 52 D. Lgs. 30/3/01 n. 165, a norma del quale lo svolgimento di mansioni superiori può avere effetti ai fini di avanzamenti nell'inquadramento dalla data di entrata in vigore del Ccnl che disciplina i nuovi inquadramenti professionali (nella specie dal 31/3/99, data di entrata in vigore del Ccnl per il comparto Regioni-Autonomie Locali). (Trib. Milano 9/10/2001, Est. Frattin, in D&L 2002, 121)
  • Il giudice amministrativo, in sede di legittimità, può sindacare il vizio logico tecnico della valutazione, nel caso di specie negativa, effettuata dalla Commissione giudicatrice di concorso, avvalendosi di ogni strumento probatorio a tali limitati fini, prodotto dalla parti o acquisibile d'ufficio, ferma restando l'impossibilità di provvedere ad una valutazione diretta delle prove scritte (TAR Emilia-Romagna 16/7/01, n. 491, est. Di Benedetto, in Lavoro nelle p.a. 2001, pag. 844, con nota di Navilli, Concorsi pubblici, criteri di valutazione delle prove e sindacato del giudice)
  • Non è legittimo valutare le note di qualifica ai fini della scelta del Segretario Comunale (Tar Lazio sez. I-ter 10/7/00, n. 5511, pres. Mastrocola, in Lavoro nelle p.a. 2000, pag. 1134, con nota di Matteucci, Questioni in materia di nomina e di revoca dei segretari comunali)
  • I Segretari Comunali Capi, con un a certa anzianità ed i Segretari Comunali Generali di II° classe, con una ridotta anzianità, non possono essere iscritti nella stessa fascia professionale (Tar Lazio sez. I-ter 10/7/00, n. 5511, pres. Mastrocola, in Lavoro nelle p.a. 2000, pag. 1134, con nota di Matteucci, Questioni in materia di nomina e di revoca dei segretari comunali)
  • Ai fini della sussistenza di un pregiudizio imminente ed irreparabile, l'atto di conferimento delle nuove mansioni del dipendente non comporta un attuale depauperamento economico, dal momento che la piattaforma di contratto decentrato integrativo non ha ancora assunto efficacia, e non incide sulla dignità lavorativa potendosi ricondurre al principio della fisiologica rotazione degli incarichi dirigenziali (Trib. S. Angelo dei Lombardi 4/7/00, ordinanza, pres. e est. Ciafaldini, in Lavoro nelle p.a. 2001, pag. 244, con nota di Navilli, Incarichi dirigenziali negli enti locali, motivazione dell'atto e tutela cautelare)
  • Va rigettato il reclamo avverso l'ordinanza cautelare con la quale un dirigente statale, trasferito da uno a altro incarico senza previo accordo con l'amministrazione di appartenenza, sia stato reintegrato nell'incarico precedentemente rivestito (Trib. Venezia 8/6/00 ordinanza, pres. Santoro, est. Blatti, in Foro it. 2001, pag. 719, con nota di Nicosia, I nuovi meccanismi di responsabilizzazione della dirigenza pubblica: gli incarichi di funzione dirigenziale)
  • La disposizione dell'art. 13 dello Statuto dei lavoratori circa l'attribuzione di qualifica superiore per l'esercizio di fatto, per un determinato periodo, delle mansioni corrispondenti è applicabile anche nei confronti di imprese esercitate da enti pubblici (art. 2093 c.c.). Non ha rilievo in senso contrario la norma regionale siciliana (art. 12 d.lgs. P. Reg. 20/12/54, n. 12) che prevede il concorso pubblico, in quanto le norme speciali antecedenti l'entrata in vigore dello Statuto ( art. 37 ) prevalgono solo in relazione al regime pubblicistico che regola il rapporto di lavoro, mentre, nel caso, la norma regionale citata regola solo l'accesso alla carica di direttore amministrativo e non anche la fattispecie dell'esercizio di fatto delle relative mansioni, disciplinata dall'art. 13 Stat. lav. (Cass. 27/5/00, n. 7018, pres. De Musis, est. Stile, in Riv. it. dir. lav. 2001, pag. 473, con nota di Milianti, Sul rapporto tra normativa generale e normativa speciale in materia di mansioni e qualifiche nelle aziende gestite da enti pubblici)
  • In tema di svolgimento di mansioni superiori, la diretta applicazione dell' art. 36 Cost. non può essere esclusa dalla previsione dell'art. 55 del d.p.r. 384/90, secondo la quale il conferimento legittimo delle mansioni superiori può avvenire per un periodo di sessanta giorni o, comunque, qualora siano attivate le procedure concorsuali per la copertura dei posti vacanti, fino ad un massimo di 8 mesi; l'art. 36 Cost. trova infatti applicazione al rapporto di pubblico impiego nonostante il concorrere di altri principi di pari rilevanza costituzionale quali gli artt. 97 e 98 Cost., in quanto non è possibile dedurre dall'art 97 Cost. la sussistenza nell'ordinamento di un principio generale per cui l'amministrazione viene, in ogni caso, pregiudicata dall'affidamento ai pubblici dipendenti di mansioni superiori a quelle della propria qualifica di appartenenza (T.A.R. Sicilia, sez Catania 22/5/00, n. 981, pres. Passanisi, in Lavoro nelle p.a.2000, pag. 900, con nota di Zappalà, Mansioni superiori ed efficienza organizzativa: la presa di coscienza "postuma" della giurisprudenza amministrativa)
  • La soppressione della qualifica di "procuratore legale" a opera della L. 24/2/97 n. 27, non comporta per i procuratori legali dell'Avvocatura municipale, inquadrati nella ottava qualifica funzionale, il diritto alla medesima retribuzione prevista per la qualifica dirigenziale ove sono inquadrati gli avvocati municipali; ciò sia perché l'Amministrazione Comunale, nell'esercizio dei poteri discrezionali di auto-organizzazione che le sono propri, può differenziare i propri dipendenti sotto altri profili, restando libera, al momento dell'indicazione del concorso, di stabilire i requisiti necessari per la partecipazione, sia perché l'ordinamento dell'Avvocatura comunale di Milano non prevede alcun automatismo nella progressione funzionale (Trib. Milano 12 maggio 2000, est. Salmeri, in D&L 2000, 771)
  • E' illegittimo il provvedimento di revoca dell' incarico di dirigente comunale, qualora sia adottato senza la necessaria preventiva comunicazione all'interessato dell'avvio del relativo procedimento, ai sensi dell'art. 7 L. 241/90 (nella fattispecie, è stato anche ritenuto che la rimozione del dirigente ex abructo comporta una irrimediabile lesione della sua immagine di funzionario dignitoso di fronte alla pubblica opinione, immagine che attiene alle qualità morali, sociali e culturali) (Trib. Paola (ord.) 8/5/00, est. Acri, in Lavoro nelle p.a. 2000, pag. 933, con nota di Pelella, Revoca di incarichi dirigenziali: requisiti di legittimità del provvedimento e risarcimento del danno all'immagine del dirigente)
  • Non è consentito al giudice ingerirsi nella valutazione del contenuto del bando di concorso e dei criteri di scelta ivi individuati e dunque nel merito dei giudizi sui singoli candidati, relativamente all'assegnazione a mansioni superiori e all'inquadramento conseguente mediante concorsi interni, salvo il caso che l'esercizio discrezionale del datore di lavoro in tali ipotesi non sia rispettoso dei canoni legali generali di correttezza e buona fede, o sia manifestamente inadeguato o irragionevole, specialmente se esso si configuri come arbitrario (nella fattispecie, si sono ritenute sottratte al controllo del giudice e lasciate alla discrezionalità del datore di lavoro l'individuazione delle materie nell'ambito delle quali scegliere le domande da porre e la regolamentazione delle concrete modalità di svolgimento del concorso interno) (Cass. 1/3/00, n. 2280, pres. Trezza, est. Foglia, in Riv. It. dir. lav. 2001, pag. 37, con nota di Grandi, Le selezioni a quiz per assunzioni e progressioni di carriera)
  • L'art. 56 D. Lgs. 3/2/93 n. 29 come modificato dal D. Lgs. 31/3/98 n. 80, ha introdotto anche per il pubblico dipendente il diritto al compenso per mansioni superiori, rinviando tuttavia l'operatività della norma sino all'efficacia dei contratti collettivi adottati successivamente alla disposizione normativa in esame. Peraltro, il diritto al compenso spetta al dipendente, indipendentemente dalla stipulazione dei predetti contratti, dal momento in cui l'art. 15 del D. Lgs. 29/10/98 n. 387 ha soppresso l'originario divieto di pagare differenze stipendiali nella fase transitoria (Cons. Stato, Ad. Plen., 28 gennaio 2000 n. 10, pres. Laschena, est. Di Napoli, in D&L 2000, 303, n. Nespor, Ancora sulla retribuzione delle mansioni superiori svolte da dipendenti pubblici prima e dopo la privatizzazione. Il diritto e le illusioni ottiche)
  • Nell’ambito del pubblico impiego, salvo che una specifica disposizione non disponga altrimenti, lo svolgimento di fatto di mansioni superiori non contemplate nella qualifica del dipendente è irrilevante sia ai fini della progressione di carriera sia ai fini economici, in quanto il rapporto di pubblico impiego non è assimilabile al rapporto di lavoro privato per i principi costituzionali dominanti nell’organizzazione dei pubblici uffici e perché l’attribuzione delle mansioni e del correlativo trattamento economico devono avere il loro presupposto indefettibile nel provvedimento di nomina o di inquadramento (T.A.R. Campania, sez. V, 23/11/99, n. 245, pres. Esposito, in Lavoro giur. 2000, pag.1051, con nota di Merolla, Il trattamento economico corrispondente allo svolgimento di fatto di mansioni superiori)
  • Nell'ambito del pubblico impiego - in fattispecie in cui non trovi applicazione l'art. 56 D. Lgs. 3/2/93 n. 29, come modificato dall'art. 25 D. Lgs. 31/3/98 n. 80 e successivamente dall'art. 15 D. Lgs. 29/10/98 n. 387 - lo svolgimento di mansioni superiori rispetto all'inquadramento del dipendente non ha alcuna rilevanza giuridica ed economica, salvo che tali effetti derivino da un'espressa previsione normativa; conseguentemente il dipendente non ha diritto alla relativa differenza stipendiale, neppure qualora sussista un atto formale di incarico e le mansioni stesse siano state svolte su posto vacante. (Cons. Stato, Adunanza Plenaria, 18 novembre 1999 n. 22, pres. Laschena, est. Di Napoli, in D&L 2000, 95, n. GUARISO, Imparzialità, buon andamento della P.A. e retribuzione proporzionale: un (immeritato) punto a favore dell'art. 97 nell'(inesistente) conflitto con l'art. 36 Cost.)
  • La fonte legale specifica della qualifica di dirigente del comparto della sanità è l’art. 15 del D. Lgs. 30/12/92 n. 502 che si muove secondo una prospettiva che è in parte diversa da quella dell’art. 2095 c.c. e dei contratti collettivi, dei settori c.d. produttivi (Trib. Milano 22/6/99, est. Mannacio, in D&L 1999, 665, n. De Cesaris, I dirigenti nella dirigenza sanitaria: dai giudici del lavoro due pronunce contrastanti)
  • Il conferimento dell'incarico di dirigente sanitario di secondo livello, pur avvenendo tra medici del Servizio sanitario, si verifica dall'esterno, sicché la posizione dell'aspirante è quella di interesse legittimo; ne segue che tale conferimento, pur non derivando da un pubblico concorso, va a esso assimilato, e ricade nella giurisdizione del giudice amministrativo (TAR Friuli Venezia Giulia 10 maggio 1999 n. 601, pres. Bagarotto, est. Di Sciascio, in D&L 2000, 242, n. Nespor, Tocca a te, no tocca a me. Parte seconda: la ripartizione della giurisdizione in base al D. Lgs. 80/98 con riferimento al conferimento dell'incarico di dirigente sanitario di 2° livello)
  • Le funzioni proprie del dirigente sanitario di I livello sono più riconducibili a una qualifica impiegatizia, di lavoratore subordinato, che a quella dirigenziale così come delineata dal D. Lgs. 3/2/93 n. 29. Il contenuto professionale assegnato, infatti, dall’art. 15 del D. Lgs. 30/12/92 n. 502 ai soggetti appartenenti al I livello non è caratterizzato dai poteri propri del dirigente pubblico: gli assistenti, gli aiuti non risultano avere poteri di direzione e di controllo del reparto o del personale a esso addetto, poteri riservati ai primari, dirigenti di II livello (Pret. Milano 3/5/99 (ord.), est. Curcio, in D&L 1999, 665, n. De Cesaris, I dirigenti nella dirigenza sanitaria: dai giudici del lavoro due pronunce contrastanti)
  • La controversia concernente il conferimento dell'incarico di dirigente sanitario di secondo livello, non derivando da un pubblico concorso, ricade nella giurisdizione del giudice ordinario (Trib. Milano 5 ottobre 1999 (ord.), est. Chiavassa, in D&L 2000, 243, n. Nespor, Tocca a te, no tocca a me. Parte seconda: la ripartizione della giurisdizione in base al D. Lgs. 80/98 con riferimento al conferimento dell'incarico di dirigente sanitario di 2° livello)
  • La legittimità del conferimento dell'incarico di dirigente sanitario di secondo livello, dovendo essere motivato con riferimento alla struttura di destinazione e agli obiettivi gestionali, comporta una valutazione complessa che non può essere compiuta in sede di procedimento cautelare (Trib. Milano 5 ottobre 1999 (ord.), est. Chiavassa, in D&L 2000, 243, n. Nespor, Tocca a te, no tocca a me. Parte seconda: la ripartizione della giurisdizione in base al D. Lgs. 80/98 con riferimento al conferimento dell'incarico di dirigente sanitario di 2° livello)
  • Agli insegnanti comunali di scuola materna o di attività integrative non si applicano più le previsioni del d.p.r. n. 333/90 o del d.p.r. n. 268/87 (decreti di recepimento di accordi economici collettivi emanati sulla base della l. n. 93/83); infatti, tali disposizioni hanno cessato di produrre effetti, ai sensi dell'art. 72 del d.lgs. n. 29/93, con la stipulazione del secondo contratto collettivo nazionale per il comparto Regioni ed autonomie locali. Di conseguenza, il Comune può disporre che gli insegnanti di scuola materna e di attività integrative svolgano due o più settimane di attività lavorativa dopo la chiusura delle scuole presso centri estivi, anche perché tali mansioni sono equivalenti a quelle di insegnante, ai sensi dell'art. 2103 c.c. e delle previsioni dell'ultimo contratto collettivo nazionale (Trib. Torino 2/7/99 ord., pres. Parnisari, in Lavoro nelle p.a. 2000, pag. 1277, con nota di Gragnoli, Nuovo contratto sulle autonomie locali e disapplicazione della disciplina pubblicistica ai sensi dell'art.72 del d.lgs. n. 29/93)
  • Il conferimento dell'incarico di dirigente sanitario di secondo livello è illegittimo se esso non avvenga sulla base del parere della Commissione sanitaria che deve contenere un'approfondita valutazione tecnica con riferimento a tutti i parametri indicati dalla circolare del Ministero della Sanità 10/5/96 n. 1221 (TAR Friuli Venezia Giulia 10 maggio 1999 n. 601, pres. Bagarotto, est. Di Sciascio, in D&L 2000, 242, n. Nespor, Tocca a te, no tocca a me. Parte seconda: la ripartizione della giurisdizione in base al D. Lgs. 80/98 con riferimento al conferimento dell'incarico di dirigente sanitario di 2° livello)
  • La privazione delle funzioni del Direttore sanitario di Irccs e la nomina di un nuovo Direttore sanitario in applicazione alle disposizioni vigenti nelle Aziende sanitarie locali integra una violazione dell’art. 2103 c.c. e giustifica un provvedimento cautelare e d’urgenza volto a reintegrare il Direttore sanitario demansionato nella propria posizione istituzionale (Pret. Milano 10/5/99 (ord), est. Chiavassa, in D&L 1999, 616, n. Piccolomini, La normativa applicabile o comunque rilevante in materia di Istituti di ricerca e cura a carattere scientifico)
  • Deve ritenersi illegittima, ai sensi dell'art. 21, 23° comma, Ordinanza Ministeriale n. 371 del 29/12/94, la retrocessione delle graduatorie d'istituto per la nomina a supplente del personale docente operata a seguito del rifiuto di un precedente incarico, allorquando il rifiuto era stato motivato dal contemporaneo incarico di supplenza presso un altro istituto statale (Pret. La Spezia 7 maggio 1999 (ord.), est. Fortunato, in D&L 2000, 407)
  • Il principio costituzionale di equivalenza della retribuzione al lavoro effettivamente prestato – contenuto nell'art. 36 Cost. e anticipato già dall'art. 21126 c.c. – trova applicazione anche nel pubblico impiego e comporta il diritto del dipendente assegnato a mansioni superiori inerenti un posto vacante in organico a percepire la relativa differenza stipendiale; detto principio non può subire restrizioni per l'astratta possibilità di abusi nell'assegnazione delle funzioni superiori, sicché non sussiste il denunciato contrasto con il principio di buona amministrazione di cui all'art. 97 Cost. (Corte cost. 31/3/95 n. 101, pres. Baldassarre, rel. Mengoni, in D&L 1995, 841)