Questioni di procedura

  • In materia di pubblico impiego privatizzato, nelle controversie relative all'espletamento di procedure concorsuali interne per il riconoscimento del diritto all'assegnazione del posto messo a concorso, sono contraddittori necessari i partecipanti nei cui confronti la decisione è destinata a produrre effetti diretti, dovendosi escludere il litisconsorzio necessario ove sia chiesto solo il risarcimento del danno. (Cass. 5/6/2008 n. 14914, Pres. Miani Canevari Est. Picone, in Lav. nella giur. 2008, 1161) 
  • Come emerge tanto dal testo del DPR n. 347/2000 quanto da quello del successivo DPR n. 319/2003 le strutture periferiche dell'amministrazione scolastica sono articolazioni organizzative del Ministero. Conseguentemente la proposizione della domanda nei confronti del Ministero edel Provvidetorato non comporta che al giudizio partecipino due parti distinte. (Cass. 26/3/2008 n. 7862, Pres. Mattone Rel. Curcuruto, in Lav. nelle P.A. 2008, 392)
  • Il d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 16, lett. f) precisa il riparto di competenze tra organi di gestione e organi di govern, ma non modifica il criterio di individuazione dell'organo che rappresenta legalmente l'amministrazione, in quanto rientrano nell'ambito delle competenze dirigenziali i soli poteri sostanziali di gestione delle liti. Lo Stato agisce ed è chiamato in giudizio in persona del ministro competente o in persona del Presidente del Consiglio, mentre le strutture interne ai ministeri non sono dotate di soggettività sul piano dei rapporti esterni, e ciò vale anche per il Provveditorato agli studi, che ha natura di organo periferico del Ministero della pubblica istruzione. (Cass. 26/3/2008 n. 7862, Pres. Mattone Rel. Curcuruto, in Lav. nelle P.A. 2008, 392)
  • Nell'ambito del pubblico impiego privatizzato l'atto del datore di lavoro incidente sulla prestazione lavorativa è un atto paritetico, sicchè il Giudice del Lavoro ne rileva i vizi secondo le categorie proprie del diritto civile mentre i motivi soggettivi rilevano solo in caso di illiceità. Tuttavia l'interesse del dipendente al regolare adempimento, da parte del datore di lavoro, delle norme procedimentali trova tutela negli obblighi di correttezza e buona fede che rilevano come limiti alla discrezionalità del datore di lavoro nell'adempimento dell'obbligazione e consentono al lavoratore di conseguire, in caso di violazione, il risarcimento del danno da inadempimento contrattuale commisurato alla possibilità di conseguire il risultato. (Trib. Napoli 10/1/2007, Est. Simeoli, in D&L 2007, 829)
  • L’art. 64 d.lgs. n. 165 del 2001 prevede l’obbligatoria sospensione della controversia individuale di lavoro solo nell’ipotesi in cui su una questione concernente l’efficacia, la validità o l’interpretazione delle clausole di un contratto o accordo collettivo nazionale relativo al pubblico impiego non sia intervenuto, dopo la rimessione all’Aran, un accordo con le organizzazioni sindacali firmatarie, mentre la sospensione della controversia individuale non è prevista nel caso di raggiunto accordo sulla questione pregiudiziale, il quale, oltre a dispiegare efficacia retroattiva, vincola le parti e il giudice, sicchè non si pone l’esigenza di evitare possibili conflitti tra due giudicati, che costituisce la finalità dell’istituto della sospensione del processo (nella specie, la Corte ha accolto il ricorso ex art. 42 c.p.c., annullando l’ordinanza di sospensione del provvedimento pronunciata dal giudice di merito). (Cass. 1/6/2005 n. 11671, ord., Pres. Sciarelli Est. Vidiri, in Giust. Civ. 2006, 1011)
  • Ogni volta che il giudice investito di una controversia individuale di lavoro con le pubbliche amministrazioni avvii – ritenendo indispensabile ai fini decisori l’interpretazione autentica di una disposizione contrattuale – la procedura di accertamento pregiudiziale prevista dall’art. 64 d.lgs. n. 165 del 2001, il provvedimento ordinatorio non è impugnabile, neppure ai sensi dell’art. 111 Cost., essendo espressione di un potere discrezionale del giudice di merito nell’instaurare una fase stragiudiziale devoluta ai firmatari del contratto allo scopo di limitare il thema decidendum. (Cass. 1/6/2005 n. 11671, ord., Pres. Sciarelli Est. Vidiri, in Giust. Civ. 2006, 1011)
  • Il giudice, cui perviene l’accordo raggiunto in sede Aran all’esito del procedimento incidentale previsto dall’art. 64 D.Lgs. 30/3/01 n. 165, non è vincolato dalla valutazione di piena validità della clausola contrattuale fornita dalle parti contraenti, in quanto l’assoluta vincolatività dell’accordo conclusivo – soprattutto in termini di “tenuta” della pattuizione riguardo ai principi di rilievo costituzionale – si porrebbe in contrasto con gli artt. 24 e 101 Cost. (Corte d’appello Firenze 21/1/2005, Pres. Drago Est. Amato, in D&L 2005, 213)
  • Con riguardo ai contratti collettivi di lavoro relativi al pubblico impiego privatizzato, la regola posta dall’art. 63, D.Lgs. n. 165/2001, che consente di denunciare direttamente in sede di legittimità la violazione o falsa applicazione dei contratti e accordi collettivi, deve intendersi limitata ai contratti ed accordi nazionali di cui all’art. 40 del predetto D.Lgs., con esclusione dei contratti integrativi contemplati nello stesso articolo (nella specie, accordo sindacale sulla mobilità interna del personale dipendente del Ministero della Giustizia, ex art. 4, c.c.n.l. 1998-2001), in relazione ai quali il controllo di legittimità è finalizzato esclusivamente alla verifica del rispetto dei canoni legali di interpretazione e dell’assolvimento dell’obbligo di motivazione sufficiente e non contraddittoria. (Cass. 19/3/2004 n. 5565, Pres. Mileo Rel. Picone, in Lav. nella giur. 2005, 76)
  • Allorquando la Pubblica Amministrazione sia convenuta in giudizio per effetto dell’impugnazione di un provvedimento impositivo (nella fattispecie, un’ingiunzione emessa ai sensi dell’art. 3 regio decreto n. 639 del 1910) e la relativa controversia riguardi l’esistenza di un credito della stessa Pubblica Amministrazione riconducibile nell’ambito dei rapporti obbligatori di diritto privato, la posizione sostanziale delle parti – sebbene l’iniziativa dell’azione provenga dal privato nei cui confronti la pretesa amministrativa sia stata esercitata in via esecutoria – vede la Pubblica Amministrazione nella veste di attrice ed il privato in quella di convenuto sicchè, ai sensi dell’art. 2697 c.c., la prima deve provare i fatti costitutivi della sua pretesa, anche in relazione ad un suo diverso fondamento, mentre il secondo è tenuto a dimostrare la loro inefficacia o l’esistenza di cause modificative od estintive di tali fatti. Il credito rivendicato dall’Inps ed iscritto a ruolo – nella fattispecie – va ritenuto diritto comune, come precisato pure nello stesso decreto legislativo n. 46/1999, e segnatamente al primo comma dell’art. 21, il quale dispone che “salvo che sia diversamente disposto da particolari disposizioni di legge, e salvo, altresì, quanto stabilito dall’art. 24 per le entrate degli enti previdenziali, le entrate previste dall’art. 17 aventi causa in rapporti di diritto privato sono iscritte a ruolo quando risultano da titolo avente efficacia esecutiva”. Ne consegue che manca la prova del fondamento di detto credito e va quindi accolta l’opposizione proposta dalla società appellante, dichiarando che questa non deve all’Istituto previdenziale appellato gli importi iscritti a ruolo e riportati nella cartella di pagamento opposta. (Corte d’appello Bologna 2/8/2003 n. 175, Pres. Castiglione Rel. Varriale, in Lav. e prev. oggi 2004, 713)
  • È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 64, 1°, 2° e 3° comma, del D. Lgs. 30/3/01 n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 76, 111 Cost., nella parte in cui prevede una disciplina processuale applicabile al pubblico dipendente diversa e deteriore rispetto al lavoratore privato, introducendo modifiche al processo del lavoro non previste dalla legge delega. Infatti da un lato l'omogeneizzazione della disciplina del pubblico impiego a quella dell'impiego privato riguarda solo la disciplina sostanziale, mentre per quella processuale la legge delega si limitava a prevedere la devoluzione delle controversie al giudice ordinario. Dall'altro lato non può parlarsi di una totale identità di situazioni che renderebbe irrazionale ogni diversità di disciplina processuale, che si giustifica-nel disegno della legge delega-tanto con le peculiarità del contratto collettivo pubblico, quanto con la necessità di assicurare un'interpretazione ed applicazione omogenea del contratto collettivo. (Corte Cost. 5/6/2003 n. 199, Pres. Chieppa Rel. Vaccarella, in D&L 2003, 577)
  • In base all'art. 19, 2° comma, D. Lgs. 30/3/01 n. 165 come modificato dall'art. 1, 2° comma, L. 145/02, il conferimento dell'incarico dirigenziale deve considerarsi atto amministrativo che il Giudice ordinario può disapplicare in base ai poteri conferitegli dall'art. 63 D. Lgs. 30/3/01 n. 165, qualora lo stesso risulti viziato per difetto di motivazione. La natura discrezionale dell'atto, infatti, non elimina il diritto soggettivo del lavoratore ad una corretta e non discriminatoria valutazione comparativa della sua posizione rispettiva a quella degli altri dirigenti aspiranti all'incarico. (Trib. Agrigento 4/4/2003, ord., Est. Occhipinti, in D&L 2003, 715, con nota di Valentina Civitelli, "L'incarico dirigenziale tra giudice ordinario e giudice amministrativo")
  • Appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario la cognizione sulla domanda proposta da un pubblico dipendente volta ad ottenere dalla PA il risarcimento dei danni derivanti dalla violazione di doveri che la PA stessa ha nei confronti della generalità dei cittadini, quali ad esempio danni da lesione di diritti della personalità. (Trib. Milano 30/11/2001, Est. Chiavassa, in D&L 2002, 109, con nota di Alberto Guariso, "Nomina illegittima, autotutela della PA e risarcimento del danno")
  • Il giudice, attraverso la procedura prevista dall'art. 669 duodecies c.p.c., può ordinare la reintegrazione nel posto di lavoro di un dirigente statale a mezzo ufficiale giudiziario (nella specie, il tribunale ha, però, rigettato la richiesta di nomina di un commissario ad acta) (Trib. Catania 13/10/00 ordinanza, pres. Branciforti, est. Cordio, in Foro it. 2000, pag. 3620)
  • Il criterio per individuare il riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e amministrativo in materia di concorsi per l'assunzione di pubblici dipendenti deve aver riguardo al momento in cui viene approvata, con atto dell'organo di vertice dell'amministrazione, la graduatoria del concorso. Solo da tale momento infatti viene meno la giurisdizione del giudice amministrativo in materia di procedure concorsuali, di cui all'art.68, 4° comma, del D.lg. n. 29/93, e subentra la giurisdizione del giudice ordinario in materia di controversie concernenti l'assunzione al lavoro, ai sensi dell'art. 68, 1° comma, del decreto medesimo. L'adozione di tale criterio presuppone che si debba riconoscere, in capo al vincitore del concorso, un vero e proprio diritto soggettivo all'assunzione - tutelabile innanzi al giudice ordinario - nei confronti dell'amministrazione che ha emanato il bando (Trib. Modena 2/8/00 ordinanza, pres. e est. Cervelli, in Lavoro nelle p.a. 2000, pag.1122, con nota di Tampieri, Il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e amministrativo sulle controversie in materia di concorsi)
  • Con la c.d. privatizzazione del rapporto di pubblico impiego, sono state devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai "rapporti di lavoro" alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, alle controversie cioè che , presupponendo definita l'eventuale procedura concorsuale per l'accesso all'impiego, hanno per oggetto un rapporto di lavoro già costituito ovvero un rapporto che la pubblica amministrazione era obbligata a costituire con i vincitori del concorso; pertanto deve invece essere riconosciuta la giurisdizione del Giudice amministrativo, per una controversia riguardante l'assunzione, a seguito di dimissioni dei vincitori di concorso per l'accesso all'impiego, di candidati riservisti interni, in luogo di candidati esterni collocatisi in posizione di maggior favore in graduatoria approvata ed ancora vigente, considerato che questi non sono titolari di un diritto soggettivo all'assunzione, bensì di un mero interesse legittimo al regolare svolgimento della procedura concorsuale che si innesca a scorrimento, seppure finalizzata all'assunzione (Trib. Rimini 13/7/00, pres. Cetro, in Lavoro nelle p.a. 2000, pag.1128, con nota di Navilli, Concorsi a posti riservati, utilizzo di graduatoria vigente a scorrimento e giurisdizione del giudice amministrativo)
  • Quando la definizione di una controversia individuale di lavoro richieda la risoluzione di questione concernente la validità, efficacia o interpretazione di un contratto o accordo collettivo nazionale sottoscritto dall'Aran ai sensi degli artt. 45 ss. d.lgs. 3/2/93 n. 29, il giudice, risolte le altre questioni pregiudiziali , deve applicare il procedimento di cui all'art. 68 bis d. lgs. n. 29 cit., come modificato dai d. lgs. 31/3/98 n. 80 e 29/10/98 n. 387, anche qualora ritenga agevole, o addirittura univoca e obbligata la soluzione interpretativa, senza avere nessuna discrezionalità in proposito (nella specie, veniva in discussione l'interpretazione di una clausola del c.c.n.l. per l'area della dirigenza sanitaria, professionale, tecnica e amministrativa in materia di competenze retributive ai fini della determinazione dell'indennità di rischio radiologico nel rapporto a tempo parziale) (Trib. Brescia 9/5/00 (ord.), est. Onni, in Foro it. 2000, I, pag. 2682)
  • Il Giudice amministrativo può accogliere l'istanza di sospensione cautelare dell'esecuzione di un atto amministrativo sul presupposto dell'illegittimità costituzionale della legge su cui lo stesso si basa (addotta dal ricorrente in via di eccezione), solo se contestualmente ritiene l'eccezione non manifestamente infondata e la rimette alla Corte Costituzionale (tranne casi eccezionali, in cui la natura degli interessi in gioco e l'imminenza di eventi insuperabili o irreversibili non consentono dilazione) (Cons. Stato, VI sez., 24 marzo 2000 n. 1431 (ord.), pres. De Roberto, est. Maruotti, in D&L 2000, 307)
  • Con la recente riforma in tema di pubblico impiego la linea di demarcazione tra le attribuzioni del giudice ordinario e quelle del giudice amministrativi è stata tracciata ratione materiae, vale a dire con riferimento a distinte categorie di rapporti di lavoro ben individuate e non già sulla base del tipo di posizione giuridica tutelata (se, cioè, si tratti di diritti soggettivi o di interessi legittimi) (Trib. Pordenone 20/3/00, pres. Lazzaro, in Lavoro nelle p.a. 2000, pag. 909, con nota di Vianello, Pubblico impiego privatizzato e posizioni giuridiche transgeniche)
  • Non è consentito all'Autorità giudiziaria adita in sede cautelare di sospendere l'efficacia del termine di 90 giorni entro il quale i dirigenti del ruolo sanitario (medici ospedalieri) in servizio alla data del 31/12/98 debbono optare per il rapporto esclusivo con l'ente datore di lavoro, essendo il termine previsto da una disposizione avente forma di legge (art. 15 quater del D. Lgs. 19/6/99 n. 229) (Trib. Genova 25 ottobre 1999 (ord.), est. Barenghi, in D&L 2000, 184, n. Nespor, La lunga marcia della privatizzazione della sanità pubblica)
  • Anche al rapporto di lavoro pubblico della dirigenza sanitaria sono applicabili le norme riguardanti il conferimento (e la revoca) degli incarichi presso tutte le altre amministrazioni pubbliche; pertanto sussiste la giurisdizione dell' a.g.o., ed in particolare del giudice del lavoro, per le controversie relative al conferimento degli incarichi dirigenziali nel settore della sanità, con esclusione di quelle concernenti le procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti (Trib. Milano 4/10/99, pres. Chiavassa, in Mass. giur. lav. 2000, pag. 371, con nota di Barbieri, La nomina dei nuovi primari ospedalieri fra giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa)
  • Sussiste la giurisdizione del giudice ordinario in una controversia di un dipendente pubblico con l'amministrazione datrice di lavoro se il provvedimento contestato, ancorché adottato prima del 30/6/98, abbia prodotto effetti dopo tale data (Trib. Milano 24 luglio 1999, est. Atanasio, in D&L 2000, 239, n. Nespor, Tocca a te, no tocca a me. Parte prima: la ripartizione della giurisdizione in base al D. Lgs. 80/98 con riferimento alla soglia temporale)
  • Ai sensi dell'art. 45, 17° comma, D. Lgs. 31/3/98 n. 80, rientrano nella giurisdizione del giudice del lavoro le controversie che traggono origine da un provvedimento della pubblica amministrazione emanato successivamente alla data di entrata in vigore del D. Lgs. 31/3/98 n. 80, essendo irrilevante la circostanza che i fatti posti a fondamento di tali provvedimenti si siano svolti prima di tale data (Trib. Milano 19 luglio 1999, est. Curcio, in D&L 2000, 193)
  • Deve ritenersi sussistente la giurisdizione del giudice ordinario del lavoro nel caso di ricorso contro un provvedimento di nomina di supplente adottato in violazione delle relative graduatorie provinciali anche in difetto del preventivo ricorso gerarchico alle apposite commissioni previste dagli artt. 524 e 525 del DL 297/94 (Pret. La Spezia 7 maggio 1999 (ord.), est. Fortunato, in D&L 2000, 407)
  • Nel caso di mancato conferimento dell'incarico di supplenza a un insegnante altrimenti destinatario della nomina sulla base delle relative graduatorie provinciali, deve ravvisarsi il pregiudizio grave e irreparabile di cui all'art. 700 c.p.c. non soltanto sotto il profilo del danno economico, ma anche nell'impossibilità di acquisizione del punteggio utile ai fini dell'avanzamento nelle medesime graduatorie provinciali (Pret. La Spezia 7 maggio 1999 (ord.), est. Fortunato, in D&L 2000, 407)
  • Dopo l'entrata in vigore del D.Lgs. n. 29/93 l'atto amministrativo che incide sul rapporto di lavoro del dipendente pubblico è equiparabile all'atto datoriale privato. Pertanto il sindacato del giudice ordinario su tale provvedimento, sotto il profilo dell'eccesso di potere, deve limitarsi ad una verifica della conformità dell'atto medesimo alla sua funzione legale o contrattuale (nella specie la controversia verteva sulla legittimità di un provvedimento di sospensione cautelare facoltativa adottato da un'azienda sanitaria nei confronti di un proprio dipendente sottoposto a procedimento penale) (Pret. Genova 22/3/99, est Ravera, in Lavoro nelle p.a. 2000, pag. 155, con nota di Tampieri)