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- Va rimesso il ricorso al Primo Presidente perché valuti l’opportunità di assegnarlo alle Sezioni Unite al fine di decidere se il datore di lavoro pubblico di un addetto stampa con compiti professionali di informazione e comunicazione debba versare i contributi previdenziali all’I.N.P.S. o all’I.N.P.G.I. (Cass. 27/11/2020 n. 27173, ord., Pres. Torrice Rel. Tricorni, in Lav. nella giur. 2021, 201)
- In merito agli effetti dell'iscrizione all'albo dei giornalisti, elenco dei pubblicisti, va disattesa l'istanza di rimessione della relativa questione alle Sezioni Unite della Corte; è infatti principio univoco quello della nullità del contratto di lavoro subordinato stipulato dal giornalista pubblicista per la prestazione in via esclusiva dell'attività di redattore, stante la violazione dell'art. 45 della L. n. 6 del 3 febbraio 1963, che proibisce l'esercizio della "professione" di giornalista a chi sia privo di iscrizione nell'albo professionale. Tale iscrizione non può che riferirsi all'elenco dei giornalisti professionisti, a nulla rilevando, quindi, il diverso inserimento nel suddetto elenco dei "pubblicisti", i quali svolgono l'attività giornalistica non come professione, cioè senza essere caratterizzati nel mercato del lavoro da un determinato status. (Cass. 12/11/2007 n. 23472, Pres. Ciciretti Rel. Picone, in Lav. nella giur. 2008, con commento di Piera Campanella, 689e in ADL 2008, con nota di Silvia Bertocoo, "La nullità del contratto di lavoro del redattore iscritto all'albo dei pubblicisti: una soluzione giurisprudenziale opinabile", 1147)
- Il contratto di lavoro giornalistico subordinato, concluso con chi è privo di iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti non è nullo per illiceità della causa o dell'oggetto, bensì per violazione di norma imperativa, sicché, in forza dell'art. 2126, primo comma, c.c., esso produce comunque i suoi effetti per il tempo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, anche se da ciò non può derivare l'automatica applicazione della disciplina relativa al contratto valido, neppure sul piano della retribuzione, che spetterà, quindi, al giudice determinare ai sensi degli artt. 2099 c.c. e 36 Cost. Né può ritenersi che tra gli effetti fatti salvi dall'art. 2126 c.c. rientri il diritto di continuare a rendere la prestazione o di pretenderne l'esecuzione, data la più assoluta libertà del datore di lavoro di rifiutare la prestazione medesima; ciò che giustifica altresì la sospensione, in costanza di rapporto, della decorrenza del termine di prescrizione di cui all'art. 2948, n. 4, c.c. (Cass. 12/11/2007 n. 23472, Pres. Ciciretti Rel. Picone, in Lav. nella giur. 2008, con commento di Piera Campanella, 689)
- Va altresì disattesa l'istanza di rimessione alle Sezioni Unite della Corte della questione relativa al potere del giudice di ritenere illegittima la delibera dell'Ordine dei giornalisti di iscrizione retroattiva di un soggetto come praticante, essendo pacifico che un tale provvedimento non vale in ogni caso a convalidare un contratto di lavoro nullo. (Cass. 12/11/2007 n. 23472, Pres. Ciciretti Rel. Picone, in Lav. nella giur. 2008, con commento di Piera Campanella, 689)
- Le norme che vietano il cumulo tra pensioni e reddito da lavoro, espressamente dettate per l'assicurazione generale obbligatoria e per le forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima (art. 72, l. 23 dicembre 2000, n. 338 e 44, l. 27 dicembre 2002, n. 289), non trovano applicazione nel sistema previdenziale dei giornalisti, gestito dall'INPGI. (Trib. Monza 1/9/2006, Giud. Dani, in Riv. it. dir. lav. 2007, con nota di L. Surdi, "Autonomia degli enti previdenziali privatizzati e limiti al cumulo di retribuzione e pensione: il regime dei giornalisti", 710)
- In caso di svolgimento di lavoro giornalistico da parte di soggetto non iscritto al relativo albo professionale, il contratto di lavoro deve ritenersi nullo per violazione di norma imperativa, senza tuttavia che si verta in ipotesi di nullità del suo oggetto o della causa, e conseguentemente, in forza dell’art. 2126 c.c., il lavoratore avrà diritto al trattamento economico secondo l’entità del lavoro svolto, mentre, non sussistendo un valido rapporto di lavoro tra le parti, deve ritenersi inapplicabile la normativa in materia di licenziamenti. (Cass. 16/2/2006 n. 3399, Pres. Sciarelli Est. Roselli, in D&L 2006, con n. Tiziana Laratta, “Lavoro giornalistico: quali conseguenze in caso di mancata iscrizione all’albo?”, 548)
- In caso di trasferimento, spettano al giornalista il rimborso delle spese di trasloco e la corresponsione dell'indennità pari ad un mese e mezzo di retribuzione, di cui all'art. 22 Cnl Giornalistico 16/11/95, a prescindere dai motivi del trasferimento, e dunque anche quando questo venga disposto dal datore di lavoro a seguito della richiesta del giornalista. (Corte d'Appello Milano 5/9/2002, Pres. De Angelis Est. Accardo, in D&L 2002, 964
- E' inefficace il trasferimento del giornalista disposto senza l'osservanza della procedura prevista dall'art. 34 Cnlg 16/11/95, che prescrive l'obbligo per l'editore di comunicare preventivamente al Comitato di redazione l'intenzione di adottare tale provvedimento e di raccogliere il relativo parere dell'organismo sindacale (Trib. Roma 26 gennaio 2000 (ord.), est. Miglio, in D&L 2000, 400)
- L'art. 25 Ccnl Giornalisti 16/11/95 va interpretato nel senso che il trattamento economico di malattia ivi previsto, in forza del quale per i primi nove mesi di assenza è dovuta la retribuzione intera e per i successivi nove mesi il 50%, si riferisce all'ipotesi di un unico evento morboso e non a quella di più assenze (Trib. Como 13 ottobre 1999, est. Fargnoli, in D&L 2000, 175)