Competenza territoriale

  • Il foro speciale costituito dal luogo in cui si trova l’azienda ex art. 413, comma 2, c.p.c., va determinato, per le imprese gestite in forma societaria, in riferimento al luogo in cui si accentrano di fatto i poteri di direzione ed amministrazione dell’azienda medesima (di norma coincidente con la sede sociale), indipendentemente da quello in cui si trovano i beni aziendali e nel quale si svolge l’attività imprenditoriale. (Cass. 3/9/2020 n. 18266, Pres. Doronzo Rel. Leone, in Lav. nella giur. 2020, 1205)
  • In tema di competenza per territorio, qualora la legge preveda più criteri concorrenti, grava sul convenuto, che eccepisca l’incompetenza del giudice adito, sia l’onere di contestare l’applicabilità di ciascuno di tali criteri, fornendo anche la prova delle circostanze dedotte a sostegno della sua contestazione, sia l’onere di indicare il giudice che sarebbe invece competente, allegando, e provando, i fatti relativi alla sussistenza della sua competenza. (Cass. 3/9/2020 n. 18266, Pres. Doronzo Rel. Leone, in Lav. nella giur. 2020, 1205)
  • Ai sensi dell’art. 413 c.p.c. deve ritenersi corretta l’individuazione del foro alternativo territoriale della dipendenza, a cui era addetto il lavoratore o presso cui prestava la sua opera alla fine del rapporto, nei locali dell’ufficio postale dove aveva inizio l’attività lavorativa del dipendente e presso cui prevaleva la corrispondenza da distribuire e riceveva le istruzioni sul lavoro e la retribuzione. (Cass. 16/9/2014 n. 19495, Pres. Roselli Rel. Berrino, in Lav. nella giur. 2015, 88)
  • Il cosiddetto criterio della sede aziendale è da intendersi, per le imprese gestite in forma societaria, in riferimento al luogo in cui si accentrano di fatto i poteri di direzione ed amministrazione dell’azienda medesima (di norma, ma non necessariamente, coincidente con la sede sociale) indipendentemente da quello in cui si trovano i beni aziendali e si svolge l’attività imprenditoriale. (Trib. Milano 4/4/2014, Giud. Taraborrelli, in Lav. nella giur. 2014, 823)
  • In tema di competenza territoriale, nelle controversie di lavoro, il foro speciale costituito dal luogo in cui si trova l’azienda ex art. 413, secondo comma, c.p.c., va determinato, per le imprese gestite in forma societaria, con riferimento al luogo in cui si accentrano di fatto i poteri di direzione e amministrazione dell’azienda medesima (di norma coincidente con la sede sociale), indipendentemente da quello in cui si trovano i beni aziendali e nel quale si svolge l’attività imprenditoriale. (Cass. 26/11/2013 n. 26379, Pres. La Terza Rel. Pagetta, in Lav. nella giur. 2014, 178)
  • Qualora vengano proposte contro più convenuti più cause non solo connesse tra loro, bensì addirittura inscindibili, anche se ex art. 413 c.p.c., secondo comma, c.p.c., rientrerebbero nella competenza per territorio di diversi giudici del lavoro, possono essere comunque trattare tutte congiuntamente davanti a un unico giudice del lavoro, che sia territorialmente competente relativamente a una o alcune di esse. (Cass. 6/11/2013 n. 26379, Pres. La Terza Rel. Pagetta, in Lav. nella giur. 2014, 178)
  • Quando il convenuto eccepisca l’incompetenza per territorio e l’attore aderisca all’eccezione, il giudice non è vincolato dall’indicazione del giudice ritenuto competente dalle parti (e quindi non può, ex art. 38, terzo comma, c.p.c., cancellare la causa dal ruolo), ma deve delibare l’eccezione e, se ritiene la sua incompetenza territoriale, deve pronunciare sentenza statuendo anche sulle spese processuali. (Trib. L’Aquila 21/10/2013, Giud. Tracanna, in Lav. nella giur. 2014, 187)
  • Ai fini della competenza territoriale nelle controversie di lavoro, la nozione di dipendenza aziendale di cui all’art. 413 c.p.c. (non coincidente con quella di unità produttiva quale si desume da altre norme di legge) deve intendersi in senso lato, in armonia con la “mens legis”, mirante a favorire il radicamento del foro speciale del lavoro (avente carattere strumentale) del luogo della prestazione lavorativa, alla condizione però che l’imprenditore disponga ivi almeno di un nucleo, seppur modesto, di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa. Pertanto, costituisce dipendenza aziendale anche l’abitazione del dipendente che si configuri come una elementare terminazione dell’impresa costituita da un minimo di beni aziendali necessari per l’espletamento della prestazione lavorativa. (Trib. Salerno 21/7/2011, ord., Giud. Viva, in Lav. nella giur. 2011, 1059)
  • Il concetto di dipendenza aziendale non coincide con quello di unità produttiva contenuto in altre norme di legge, ma deve intendersi in senso lato, in armonia con la mens legis, mirante a favorire il radicamento del foro speciale del lavoro nel luogo della prestazione lavorativa. Condizione essenziale, però, è che l’imprenditore disponga ivi almeno di un nucleo, seppur modesto, di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa, di modo che costituisce dipendenza aziendale ogni complesso decentrato di beni dell’azienda, per quanto di esigue dimensioni, che sia munito di propria individualità tecnico-economica e destinato al soddisfacimento delle finalità imprenditoriali, non rilevando in contrario che a quel nucleo sia addetto un solo lavoratore né che i relativi locali o attrezzature, utilizzati dall’imprenditore, siano di un terzo anziché dell’imprenditore stesso (in applicazione del suesposto principio, la Corte ha accolto il ricorso di un’informatrice scientifica di prodotti medicinali contro la sentenza del Tribunale che aveva dichiarato la propria incompetenza per territorio. A detta della Corte, infatti, le risultanze processuali avevano evidenziato che il datore aveva fornito e collocato in un locale messo a disposizione della dipendente armadi e frigoriferi per la conservazione dei campioni di medicinai da sottoporre ai medici; il che dava corpo a quella minima organizzazione che integrava gli estremi della dipendenza aziendale). (Cass. 16/11/2010 n. 23110, Pres. Battimiello Rel. Mammone, in Lav. nella giur. 2011, 209)
  • Nelle controversie relative a rapporti di lavoro non ancora instaurati nelle quali si faccia valere il diritto all'assunzione, ai fini della determinazione della competenza territoriale non può applicarsi alcuno dei fori individuati dall'art. 413, comma 2, c.p.c., dovendosi, invece, fare riferimento al foro generale del convenuto di cui agli artt. 18 e 19 c.p.c. richiamati dall'art. 413 comma 7, c.p.c., né può trovare applicazione l'art. 413, comma 3, c.p.c., in quanto lo stesso presuppone che la competenza possa essere determinata in ragione del foro dell'azienda o della dipendenza. (Trib. Milano 17/7/2009, Pres. Sala Est. Pattumelli, in Riv. it. dir. lav. 2010, con commento di Martino Zulberti, "Competenza territoriale e controversie relative a rapporti di lavoro non instaurati", 420) 
  • In tema di competenza territoriale, nel rito del lavoro il riferimento al foro della dipendenza aziendale attiene a una nozione che non coincide con quella di unità produttiva, ma si identifica col luogo in cui l'imprenditore disponga di un nucleo anche modesto di beni organizzati. (Trib. Firenz 27/5/2009, Est. Bazzoffi, in D&L 2009, 715)
  • Ai della determinazione della competenza territoriale nelle controversie di lavoro, non può trovare applicazione l'art. 20 c.p.c., che indica quale foro facoltativo per le cause relative a diritti di obbligazione "il giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l'obbligazione dedotta in giudizio", dovendo detta competenza essere accertata, anzitutto, in base ai criteri specificatamente dettati dall'art. 413 c.p.c. e, ove questi non trovino applicazione, in forza del solo art. 18 c.p.c. sul foro generale delle persone fisiche, siccome reso applicabile in via residuale dal comma settimo dello stesso art. 413. (Cass. 9/2/2009 n. 3117, Pres. Ravagnani Est. Mammone, in Lav. nella giur. 2009, 623)
  • I criteri per la determinazione della competenza territoriale nelle controversie individuali di lavoro sono fissati dall'art. 413, comma 2, il quale prevede solo due fori speciali, esclusivi e alternativamente concorrenti: il foro in cui è sorto il rapporto di lavoro e il foro nel quale in concreto il lavoratore presta (o prestava al tempo della cessazione del rapporto) la propria attività. E' da escludere la sussistenza di un terzo foro competente, cioè quello dell'azienda, in quanto questo sarebbe in contrasto con i principi generali dell'ordinamento in materia processuale e con i principi di economicità e favor laboratoris che caratterizzano il processo del lavoro. (Trib. Torino 28/11/2008, D.ssa Lanza, in Lav. nella giur. 2009, 305)  
  • Nelle controversie del lavoratore subordinato, nelle quali ai sensi dell'art. 413 comma quarto c.p.c. la competenza territoriale si determina in modo esclusivo in relazione al foro del domicilio del lavoratore, il domicilio stesso deve intendersi fissato nel luogo in cui il lavoratore ha il centro dei propri affari e interessi, intendendosi per interessi non solo quelli economici e materiali, ma anche quelli affettivi, spirituali e sociali atteso che la nozione di domicilio è unitaria e impone che vengano considerati, assieme agli affari e agli interessi economici dell'individuo, anche gli interessi affettivi, personali e sociali. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto che il domicilio del lavoratore parasubordinato si trovasse in Padova, sede, oltre che della residenza anagrafica, della generalità dei rapporti pubblici e privati del lavoratore come desumibili dall'iscrizione  al servizio sanitario, dal certificato elettorale, dal passaporto, dalla patente di guida, nonché dall'assicurazione Rca, restando irrilevante che egli avesse una sede operativa anche negli Usa, a San Francisco). (Cass. 9/6/2008 n. 15264, Pres. Mercurio Est. Di Nubila, in Dir. e prat. lav. 2009, 121, e in Lav. nella giur. 2008, 1162) 
  • Nelle controversie relative a rapporti di lavoro alle dipendenze della P.A., la competenza per territorio va determinata, secondo quanto previsto dall'art. 413 c.p.c., in relazione al luogo in cui si trovava l'azienda o la sua dipendenza ove il dipendente prestava servizio al momento della fine dell'incarico, intendendosi per tale la sede di effettivo servizio e non la sede in cui è effettuata la gestione amministrativa del rapporto secondo le regole interne delle singole amministrazioni. (Nella specie si trattava del rapporto di lavoro di un insegnante che era gestito dal centro servizi amministrativi di città diversa da quella in cui il dipendente aveva prestato servizio; la S.C. in sede di regolamento di competenza ha affermato il principio su esteso). (Cass. 15/10/2007 n. 21562, Pres. Ravagnani, Est. Curcuruto, in Lav. nella giur. 2008, 304, e in Dir. e prat. lav. 2008, 1601) 
  • Nell'ipotesi in cui un procedimento d'urgenza venga depositato successivamente al deposito, d'iniziativa dell'altra parte, del ricorso ex art. 414 c.p.c. dinanzi ad altro Ufficio, sussiste litispendenza tra il secondo procedimento e quello precedente, con conseguente incompetenza per territorio del giudice successivamente adito. (Trib. Roma 7/7/2007, ord., Giud. Coluccio, in Lav. nella giur. 2008, con commento di Alessandro Gallo, 413)
  • Nelle controversie aventi a oggetto la domanda di lavoratori volta a ottenere il riconoscimento del computo nel loro trattamento di fine rapporto anche delle quote di detto trattamento in relazione ai periodi in cui è stata riconosciuta la cassa integrazione con le consequenziali integrazioni salariali, il giudice territorialmente competente va individuato, non essendosi in presenza di prestazioni previdenziali e assistenziali, ai sensi dell'art. 413 c.p.c. e non invece ai sensi dell'art. 444, primo comma, c.p.c. che, per dette prestazioni, prevede invece la competenza del tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella cui circoscrizione ha residenza l'attore. (Cass. 25/5/2007 n. 12226, Pres. Sciarelli est. Vidiri, in Lav. nella giur. 2007, 1243)
  • Il giudice del lavoro territorialmente competente a conoscere delle opposizioni a cartella esattoriale per crediti previdenziali - ai sensi dell'art. 444, terzo comma, c.p.c. -, attinenti a questioni di rito e di merito, è il giudice del lavoro del luogo ove ha sede l'ufficio dell'ente preposto a esaminare la posizione assicurativa dei lavoratori, non potendo affermarsi la competenza di giudici diversi, ove l'opposizione sia proposta per motivi non di merito, sulla scorta del tenore letterale dell'art. 24, comma 6, del D.Lgs. n. 46 del 1999, sia per l'insussistenza di alcuna disposizione normativa che preveda una procedura di opposizione a cartella esattoriale, per ragioni non di merito, avanti a diverso giudice, sia in considerazione dell'unitarietà del giudizio di opposizione, quale emerge dalla previsione della chiamata in causa dell'ente impositore da parte del concessionario nei casi di opposizione proposta per ragioni anche di merito (art. 39, D.Lgs. n. 112 del 1999). (La SC, regolando la competenza in controversia in cui il ricorrente aveva dedotto un vizio di notifica della cartella esattoriale, ha affermato, in applicazione del principio di cui in massima, la competenza per territorio del tribunale di Matera, sul presupposto che la cartella di pagamento opposta era stata emessa dall'ufficio INPS della città lucana e che a nulla rilevava che l'opposizione concernesse questioni non di merito). (Cass. 14/12/2006 n. 26745, Pres. Sciarelli Est. Stile, in Lav. nella giur. 2007, 625, e in Dir. e prat. lav. 2007, 1937)
  • Ai sensi dell’art. 444, terzo comma, c.p.c., al quale rinvia l’art. 24, sesto comma, del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, giudice del lavoro territorialmente competente a conoscere delle opposizioni a cartella esattoriale per crediti previdenziali è il giudice del luogo ove ha sede l’ufficio dell’ente preposto ad esaminare la posizione assicurativa e previdenziale dei lavoratori. (Cass. 19/8/2005 n. 17038, Pres. Mattone Rel. De Renzis, in Dir. e prat. lav. 2006, 472)
  • La competenza territoriale a decidere l’opposizione all’esecuzione, nelle materie indicate dagli artt. 409 e 442 c.p.c., proposta prima dell’inizio della medesima (art. 615, comma 1, cp,c.), è determinabile in base alle regole dettate dall’art. 413, comma 2, c.p.c., perché l’art. 618-bis, comma 1, c.p.c., rinvia alle norme previste per le controversie individuali di lavoro, e non prevede una “riserva di competenza” a favore del giudice dell’esecuzione, come invece dispone il secondo comma dello stesso art. 618-bis per l’opposizione all’esecuzione già iniziata e per l’opposizione agli atti esecutivi. (Cass. 18/1/2005, ord., n. 841, Pres. Carbone Rel. Foglia, in Dir. e prat. lav. 2005, 1520)
  • Per ufficio dell’ente, il quale, ai sensi dell’art. 444 terzo comma, c.p.c. (la cui questione di legittimità costituzionale è stata dichiarata infondata con sentenza Corte Cost. n. 477 del 1991), rileva ai fini della determinazione della competenza territoriale nelle controversie concernenti gli obblighi contributivi del datore di lavoro, deve intendersi quello (da individuare in correlazione alla sede dell’impresa o ad una sua dipendenza) che, in quanto investito del potere di gestione esterna, sia in generale legittimato, per legge o per statuto, a ricevere i contributi ed a pretenderne il pagamento o a restituirne l’eccedenza, rimanendo ininfluentI eventuali provvedimenti derogatori con cui si attribuiscano tutti o parte dei rapporti assicurativi e previdenziali ad uffici aventi competenza territoriale su ambiti non ricomprendenti la sede dell’impresa ed essendo altresì priva di rilievo la previsione di centri operativi non dotati, in concreto, del potere di gestione esterna dei rapporti contributivi con i soggetti aventi sede nella corrispondente circoscrizione territoriale. (Cass. 23/12/2004, ord., n. 23893, Pres. Mercurio Rel. Miani Canevari, in Dir. e prat. lav. 2005, 1360)
  • La controversia inerente agli obblighi contributivi facenti capo ad un lavoratore autonomo (nella specie, lavoratore autonomo agricolo) rientra nella competenza del tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella cui circoscrizione risiede l’attore, ai sensi dell’art. 444, primo comma, c.p.c. (come modificato dall’art. 86 del D.Lgs. 19 febbraio 1998 n. 51), atteso che il disposto del terzo comma della stessa norma (come modificato dall’art. 86 cit.), il quale, per le controversie relative agli obblighi “dei datori di lavoro”, prevede la competenza territoriale del tribunale della sede dell’ufficio dell’ente creditore, non è suscettibile di applicazione estensiva o analogica all’infuori dei casi espressamente contemplati, introducendo un’eccezione al principio generale di cui al primo comma. (Cass. 9/11/2004 n. 21317, Pres. Mattone Est. Stile, in Dir. e prat. lav. 2005, 1064)
  • Ai sensi dell’art. 413 c.p.c., sussiste la competenza territoriale del giudice del luogo ove ha avuto inizio l’esecuzione della prestazione lavorativa qualora il contratto di lavoro non sia stato stipulato per iscritto e non sia possibile identificare con esattezza il luogo in cui il rapporto è sorto. (Nel caso di specie, la S.C ., in sede di regolamento di competenza, ha ritenuto che il giudice di merito adito, facendo corretta applicazione del principio sopra indicato, avesse ritenuto la propria competenza territoriale quale foro del luogo in cui aveva avuto inizio la prestazione, a fronte della prospettazione della domanda attorea, che fondava il rapporto su una richiesta scritta di collaborazione, non seguita da accettazione scritta, e sul fatto che la resistente non avesse provato l’esistenza di una controproposta scritta firmata per accettazione). (Cass. 23/3/2004 n. 5837, Pres. Sciarelli Rel. Picone, in Lav. nella giur. 2004, 903)
  • Ai fini della determinazione della competenza per territorio, il reato di omesso versamento dei contributi previdenziali ed assicurativi e delle relative ritenute operate sulle retribuzioni corrisposte ai lavoratori dipendenti di cui all'art. 2 legge 11 novembre 1983 n. 638 si consuma nel luogo in cui ha sede l'ufficio Inps che ha competenza sul territorio ove si trova la sede effettiva dell'impresa ed al quale si omesso di versare i contributi previdenziali ed assicurativi di cui alle ritenute operate sulle retribuzioni dei lavoratori. (Cass. 30/1/2004 n. 3883, Pres. Teresi Est. Canzio, in Dir. e prat. lav. 2004, 967)
  • Per le controversie di lavoro relative al pubblico impiego è competente il giudice del luogo in cui il dipendente è stabilmente ed organicamente assegnato, non potendo, invece, influire sull'individuazione del foro competente gli eventuali spostamenti temporanei e contingenti, come appunto il distacco o l'applicazione temporanea, presso uffici diversi da quello di ordinaria assegnazione. (Trib. Roma 11/12/2003, Pres. Cortesani Rel. Perra, in Lav. nella giur. 2004. 407)
  • In tema di competenza territoriale in ordine alle controversie soggette al nuovo rito del lavoro, il secondo comma dell'art. 143 (nuovo testo) c.p.c. - di cui è manifestamente infondato il sospetto di incostituzionalità in riferimento agli artt. 3, 24 e 35 Cost., per il fatto che consente anche al datore di lavoro di instaurare la controversia con il lavoratore nel Foro della conclusione del contratto o nel Foro dell'azienda ancorchè il lavoratore presti servizio in un luogo diverso (vedi Corte Cost. ord. Nn. 341/1993 e 177/1994) - prevede, contemperando il contrapposto interesse delle parti, tre Fori speciali (quello in cui è sorto il rapporto, quello dell'azienda e quello della dipendenza in cui il lavoratore è addetto o prestava la sua opera al momento della fine del rapporto) di carattere alternativo senza attribuire valore determinante esclusivo al luogo di prestazione dell'attività lavorativa. (Cass. 23/8/2003, ord. n. 12418, Pres. Mileo, Rel. Figurelli, in Lav. nella giur. 2004, 183)
  • La dipendenza dell'azienda, rilevante ai sensi dell'art. 413, 2° e 3° comma, c.p.c., per la determinazione della competenza territoriale è costituita da ogni complesso di beni decentrati munito di propria individualità tecnico-economica, che risulti direttamente e strutturalmente collegato con l'azienda medesima in quanto destinato al perseguimento degli scopi imprenditoriali, a nulla rilevando che si tratti di beni di modesta entità. Ai fini dell'individuazione del forum contractus, in mancanza di elementi idonei ad identificare un autonomo atto negoziale come fonte del rapporto, deve farsi riferimento al luogo in cui ha avuto inizio la prestazione lavorativa. (Trib. Milano 1/4/2003, ord., Est. Marasco, in D&L 2003, con nota di Andrea Bordone, "Sull'identificazione del forum contractus con il luogo di inizio delle prestazioni lavorative")
  • Nel caso di fusione (anche per incorporazione) fra società (a seguito della quale si verifica una situazione del tutto analoga a quella della successione universale), qualora l'attività imprenditoriale continui a svolgersi nel medesimo luogo in cui veniva esercita precedentemente, si determina soltanto una modificazione soggettiva nella titolarità dei beni aziendali, senza alcuna cessazione o trasferimento dell'azienda o della dipendenza di questa, onde ai fini della competenza in controversia di lavoro non opera lo speciale criterio di collegamento di cui al comma terzo dell'art. 413 c.p.c., ma deve farsi riferimento al criterio di cui al secondo comma del medesimo articolo, a nulla rilevando che la sede della società incorporante non si trovi in uno dei luoghi ivi indicati. (Cass. 14/12/2002, n. 17974, Pres. Sciarelli, Rel. De Matteis, in Lav. nella giur. 2003, 481)
  • In tema di competenza territoriale per le controversie relative a dipendenti pubblici, il quinto comma dell'art. 413 c.p.c. (introdotto dall'art. 40, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80), nel prevedere la competenza territoriale del giudice nella cui circoscrizione ha sede l'ufficio al quale il dipendente è addetto, deve essere inteso nel senso che la individuazione del foro speciale per le controversie dei dipendenti pubblici ha carattere esclusivo e non concorrente. (Cass. 6/8/2002, n. 11831, ordinanza, Pres. Dell'Anno, Rel. Dell'Anno, in Lav. nella giur. 2003, 81)
  • Ai sensi del combinato disposto degli artt. 28 e 413 c.p.c. non è derogabile per accordo delle parti la competenza territoriale in relazione ai rapporti di lavoro subordinato di cui all'art. 409, n. 3, c.p.c. per i quali è territorialmente competente il Giudice della circoscrizione ove si trova il domicilio del collaboratore. (Trib. Forlì 18/6/2002, ord, Pres. Belotti Est. Giuliano, in D&L 2002, 657)
  • Nelle controversie individuali di lavoro, i fori speciali esclusivi, alternativamente concorrenti tra loro, sono quello ove è sorto il rapporto, quello ove si trova l'azienda e quello della dipendenza ove il lavoratore è addetto, senza che gli ultimi due possano intendersi compendiati unitariamente in quello di svolgimento della prestazione (Cass. 1/3/01, n. 2971, pres. Trezza, est. Amoroso, in Foro it. 2001, pag. 1547. In senso conforme, v. Cass. 5/6/00, n. 7489, pres. Grieco, est. Amoroso, in Foro it. 2001, pag. 1548)
  • Costituisce dipendenza aziendale, come tale idonea ad individuare la competenza territoriale del giudice del lavoro, il deposito di automezzi del datore di lavoro (nella specie, società di trasporto rifiuti) dove i dipendenti prendono servizio registrando la loro presenza con l'orologio marcatempo, da dove partono per lo svolgimento della loro attività di raccolta rifiuti e dove infine rientrano per ricoverare gli automezzi (Cass. 1/3/01, n. 2971, pres. Trezza, est. Amoroso, in Foro it. 2001, pag. 1547, con nota di Farnararo)
  • Per le controversie relative a rapporti di lavoro subordinato, il secondo comma dell'art. 413 c.p.c. prevede soltanto due fori alternativi tra loro: il foro del luogo dove è sorto il rapporto, ed il foro del luogo (azienda o dipendenza), dove il lavoratore effettivamente presti, o abbia prestato, la sua opera. L'esclusione del foro dell'azienda, qualora il lavoratore sia (o sia stato) addetto ad una dipendenza, è confermata dal terzo comma dell'art. 423 c.p.c.: in questo caso non avrebbe infatti alcuna giustificazione la permanenza del foro dell'azienda, per sei mesi dopo il trasferimento, o la cessazione, della stessa, con riferimento ad un foro ormai privo di qualsiasi collegamento con il rapporto di lavoro (Trib Milano 11/11/00, est. Di Ruocco, in Lavoro giur. 2001, pag. 866, con nota di De Carlo, Art. 413 c.p.c. e alternatività dei fori: una storia infinita)
  • Nelle controversie individuali di lavoro, il foro della dipendenza può identificarsi nel luogo ove si trova l'abitazione del lavoratore, qualora presso la stessa sia rinvenibile quel minimo di beni aziendali necessari alla prestazione lavorativa (nella specie, la S.C. ha ritenuto coincidere la dipendenza aziendale con l'abitazione del ricorrente - piazzista - presso la quale si trovavano l'autovettura, la modulistica ed il computer aziendali, ed ha osservato in motivazione che tale coincidenza potrebbe sussistere anche in situazione di c.d. telelavoro) (Cass. 5/6/00, n. 7489, pres. Grieco, est. Amoroso, in Foro it. 2001, pag. 1548, con nota di Farnararo)
  • In caso di controversie relative all'assegnazione del dirigente ad una sede di lavoro diversa da quella presso la quale presta servizio, ai sensi dell'art. 413, c. 5 c.p.c., territorialmente competente a decidere è il giudice nella cui circoscrizione ha sede l'ufficio al quale il dipendente è addetto al momento dell'assegnazione e non il giudice competente in relazione alla sede di destinazione (Trib. Brindisi, 26/5/00, ord., pres. Sinisi, est. Brocca, in Lavoro nelle p.a. 2001, 240, con nota di Di Rollo, Sull'assegnazione della sede ai dirigenti di prima nomina: problemi di competenza territoriale del giudice e diritti sindacali)
  • Ai fini dell'individuazione del giudice del lavoro competente per territorio, costituisce dipendenza dell'azienda anche un modesto nucleo di beni organizzati per l'esercizio dell'impresa, al quale può essere addetto anche un solo dipendente dell'imprenditore (nella specie, la S.C. ha ravvisato la dipendenza aziendale nell'abitazione del capoarea, titolare del potere di concludere contratti, nella quale erano ubicate apparecchiature telematiche necessarie per mantenere i contatti aziendali e i cui costi erano sostenuti dal datore di lavoro, nonché tutta la documentazione relativa alle vendite ed alle pratiche amministrative dell'area) (Cass. 1/4/00, n. 3974, pres. Amirante, est. De Matteis, in Foro it. 2001, pag. 1549, con nota di Farnararo)
  • La questione relativa alla ripartizione delle cause tra Pretura circondariale e relativa sezione distaccata non involge un problema di competenza territoriale, ma unicamente di distribuzione interna a un unico ufficio giudiziario (Trib. Milano 12 novembre 1999, pres. Ruiz, est. de Angelis, in D&L 2000, 226)
  • Non costituisce questione di competenza l’eccezione con cui venga indicata territorialmente competente la sezione distaccata della pretura adita (Trib. Milano 17/4/98, pres. Mannacio, est. Accardo, in D&L 1998, 640, n. QUADRIO, Rsu tra collegialità e antagonismo)
  • Qualora, in relazione ad un rapporto di lavoro eseguito secondo le modalità del telelavoro domiciliare, il domicilio del lavoratore e la sede dell'azienda appartengano a fori diversi, la competenza territoriale del giudice chiamato a conoscere delle controversie relative a tale rapporto si determina con riferimento alla sede dell'impresa e non al domicilio del lavoratore (Cass. 14/10/99 n. 11586, pres. Sciarelli, in Orient. Giur. Lav. 2000, pag. 597)
  • Il lavoratore che abbia proposto ricorso d'urgenza avanti a uno dei tre fori alternativamente previsti dall'art. 669 ter c.p.c., attraverso il richiamo al giudice competente a conoscere del merito, in occasione della successiva proposizione del giudizio di merito è necessariamente condizionato, nell'individuazione del giudice, alla scelta effettuata nella fase d'urgenza (Trib. Milano 7 ottobre 1999, est. Vitali, in D&L 2000, 257)