Pubblico impiego

  • La sospensione del procedimento disciplinare in pendenza di quello penale, di cui all’art. 55-ter, c. 1, D.Lgs. n. 165 del 2001, costituisce facoltà discrezionale attribuita alla P.A., il cui esercizio, peraltro, non obbliga quest’ultima ad attendere la conclusione del processo penale con sentenza irrevocabile, potendo riprendere il procedimento disciplinare allorquando ritenga che gli elementi successivamente acquisiti consentano la decisione, alla stregua di una regola che, già ricavabile dal sistema, è stata successivamente formalizzata dalla integrazione della suddetta disposizione ad opera del D.Lgs. n. 75 del 2017. (Cass. 17/2/2021 n. 4195, Pres. Tria Est. Tricomi, in Lav. nella giur. 2021, 553)
  • Nel pubblico impiego privatizzato, ove la previsione del CCNL ricolleghi ad un determinato comportamento disciplinarmente rilevante solamente una sanzione conservativa, il giudice del merito è vincolato, salva la eventuale nullità di tale previsione ai sensi dell’art. 55, comma 1, D.Lgs. n. 165/2001. (Cass. 16/7/2020 n. 15227, Pres. Napoletano Est. Spena, in Lav. nella giur. 2021, con nota di M. Diamante, Gli illeciti disciplinari nel pubblico impiego privatizzato tra tipizzazione e interpretazione giudiziaria, 619)
  • È illegittima la sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per tre giorni comminata dal dirigente scolastico a un docente. La competenza ad applicare al personale docente le sanzioni più gravi della censura e dell’avvertimento scritto spetta all’ufficio per i procedimenti disciplinari ex art. 492 del d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297. L’art. 55-bis del d.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, “forme e termini per il procedimento disciplinare”, anche nella sua più recente riformulazione (art. 13 del d.lgs. 25 maggio 2017, n. 75), è una norma di carattere meramente procedurale e, in quanto tale, inidonea a conferire un potere disciplinare in capo al dirigente scolastico per le sanzioni conservative fino a dieci giorni. (Trib. Udine 30/6/2017, Pres. Zuliani Est. Luongo, in Riv. It. Dir. Lav. 2017, con nota di E. Capaldo, “Il potere disciplinare e la competenza sanzionatoria del dirigente scolastico dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 25 maggio 2017, n. 75”, 817)
  • Non è configurabile l’acquiescenza dell’ente pubblico al comportamento disciplinarmente rilevante tenuto dal lavoratore, in quanto, a differenza dell’imprenditore privato, la pubblica amministrazione non può tollerare che rimangano impuniti comportamenti contrari all’interesse pubblico generale. (Cass. 4/4/2017, n. 8722, Pres. Macioce Est. Di Paolantonio, in Riv. It. Dir. Lav. 2017, con nota di A. Tampieri, “Violazione dell’incompatibilità permanenza dell’illecito disciplinare e acquiescenza dell’amministrazione”, 853)
  • L’art. 55-bis, comma 1, d.lgs. 165/2001 attribuisce la competenza a irrogare le sanzioni disciplinari nei confronti dei pubblici dipendenti al responsabile della struttura di appartenenza per le sole infrazioni disciplinari di minore gravità, mentre per quelle di maggiore gravità il comma 3 prevede che il responsabile trasmetta la notizia del fatto all’ufficio competente per i procedimenti disciplinari. Di conseguenza per il personale direttivo e docente della scuola, il dirigente scolastico è competente all’irrogazione diretta soltanto delle sanzioni disciplinari della censura e dell’avvertimento scritto. Pertanto qualora si tratti di infrazioni punibili con sanzione più grave, tra cui quella della sospensione con un massimo edittale “fino a un mese”, il dirigente deve trasmettere la notizia del fatto all’ufficio per i procedimenti disciplinari, istituito presso l’ufficio scolastico regionale. La violazione delle norme sulla competenza disciplinare, trattandosi di norme imperative (art. 55, d.lgs. n. 165/2001), determina la nullità della sanzione irrogata. (Trib. Roma 3/3/2017, Giud. Armone, in Riv. It. Dir. lav. 2017, con nota di A. Ingrao, “Le norme imperative nel procedimento disciplinare del pubblico impiego privatizzato: gli assenti hanno sempre torto”, 629)
  • Pur a fronte di un contegno protrattosi nel tempo e fino alla data della contestazione di addebito (nella fattispecie assunzione della carica di amministratore e socio di S.n.c. avente fine di lucro e proprietaria di due ristoranti) deve ritenersi, in applicazione delle disposizioni di cui all’art. 55 bis D.Lgs. n. 165/2001 e del principio di immediatezza, che l’Azienda Sanitaria Locale sia definitivamente decaduta dal potere di irrogare al pubblico dipendente la sanzione disciplinare quando, come nel caso, fosse a conoscenza di tale situazione da oltre un anno. (Trib. Venezia 2/12/2014, ord., Giud. Menegazzo, in Lav. nella giur. 2015, con commento di Mauro Dallacasa, 609)
  • Con l’art. 55 bis D.Lgs. n. 165/2001 il legislatore ha previsto – anche a garanzia del dipendente – precisi limiti temporali per operare la contestazione di addebito disciplinare e per l’espletamento della relativa procedura con un sistema di decadenze particolarmente rigoroso sia con riferimento alle scansioni endoprocessuali, sia, soprattutto, con riferimento al termine finale che pone chiaramente in 60 giorni, elevati a 120 per i casi in cui la sanzione da applicare è più grave di quella di cui al primo comma, primo periodo, e rispetto al quale prevede espressamente che “la decorrenza del termine per la conclusione del procedimento resta comunque fissata alla data di prima acquisizione della notizia dell’infrazione, anche se avvenuta da parte del responsabile della struttura in cui il dipendente lavora”. (Trib. Milano 26/3/2014, Giud. Di Lorenzo, in Lav. nella giur. 2014, 825)
  • I termini per la contestazione dell'addebito sono limiti temporali, di natura negoziale e pertanto hanno natura ordinatoria, di conseguenza la violazione degli stessi determina un mero inadempimento contrattuale. (Cass. 10/3/2010 n. 5806, Est. Amoroso, in D&L 2010, con nota di Francesco Maiorana, "Contestazione dell'addebito e termini ordinatori", 609)
  • Nelle controversie del personale della scuola, va affermata la legittimazione passiva dell'Ufficio scolastico regionale, quale autonomo centro di responsabilità amministrativa, stante la previsione dell'art. 8 del d.p.r. n. 319/2003 che dispone che tale Ufficio ha legittimazione passiva in materia di contenzioso del personale della scuola. (Trib. Modena 7/10/2008, Est. Ponterio, in Lav. nelle P.A. 2008, 1132)
  • Nelle controversie del personale della scuola, va affermata la legittimazione passiva del Dirigente scolastico in ragione dell'autonomia delle istituzioni scolastiche rispetto all'amministrazione regionale e provinciale.  (Trib. Modena 7/10/2008, Est. Ponterio, in Lav. nelle P.A. 2008, 1132)
  • Pur non essendo perentorio il termine di 20 giorni per la contestazione dell'illecito quale previsto dall'art. 27 CCNL Comparto Enti pubblici non economici del 6 luglio 1995, il più generale principio di immediatezza è sicuramente applicabile anche al licenziamento del lavoratore pubblico, non trovando giustificazione né il non breve intervallo fra conoscenza e contestazione, né il notevole lasso di tempo fra quest'ultima e l'acquisizione di elementi aggiuntivi di valutazione, ove si tratti di fatti di semplice accertabilità. (Cass. 17/9/2008 n. 23742, Pres. Celentano Rel. Curcuruto, in Lav. nelle P.A. 2008, 883)
  • Poiché nel rapporto di lavoro comune l'atto di apertura del procedimento disciplinare è rappresentato dalla contestazione degli addebiti che è atto i cui effetti si producono solo in quanto esso è portato a conoscenza del dipendente, una lettura dell'art. 120 del d.P.R. n. 3 del 1957 che tenga conto del nuovo assetto normativo della materia nel rapporto di lavoro alle dipendenze delle p.a., deve ricostruire la sequenza del procedimento disciplinare considerandone come primo atto quello di contestazione degli addebiti al dipendente. Conseguentemente il decorso del termine di estinzione del procedimento previsto dall'articolo citato si determina in relazione al momento della contestazione e non già quello della emanazione dell'atto di avvio del procedimento, che è vicenda puramente interna e prodromica all'avvio del procedimento. (Cass. 21/7/2008 n. 20074, Pres. Sciarelli Rel. Curcuruto, in Lav. nelle P.A. 2008, 651)
  • Il termine di 180 giorni previsto dalla contrattazione di comparto per riassumere il procedimento disciplinare sospeso a causa di processo penale decorre dal giorno in cui l'amministrazione ha avuto conoscenza della sentenza definitiva, senza che si possa ingiustificatamente postulare l'onere del datore di lavoro di attivarsi per ottenere la cognizione del procedimento e del suo contenuto. (Cass. 8/5/2008 n. 11361, Pres. Senese Est. Miani Canevari, in Riv. it. dir. lav. 2009, con nota di Marco Esposito, "Processo penale e procedimento disciplinare nella normativa sul lavoro pubblico: diritto di difesa del dipendente e buon andamento delle amministrazioni pubbliche, 384)
  • Nel caso di successione di diverse contestazioni disciplinari, qualora sia poi intervenuto accertamento penale sui fatti addebitabili al lavoratore e costituenti giusta causa di licenziamento, la non perfetta coincidenza tra l'ultima contestazione mossa e i fatti oggetto del processo penale non rileva se il convincimento del giudice, ai fini della valutazione della responsabilità, può fondarsi su un apprezzamento complessivo della condotta del dipendente protratta nel tempo. (Cass. 8/5/2008 n. 11361, Pres. Senese Est. Miani Canevari, in Riv. it. dir. lav. 2009, con nota di Marco Esposito, "Processo penale e procedimento disciplinare nella normativa sul lavoro pubblico: diritto di difesa del dipendente e buon andamento delle amministrazioni pubbliche, 384)
  • La legge non assegna alcun rilievo alla valutazione delle difese presentate dal dipendente da parte del datore di lavoro, e quindi al processo di formazione della sua volontà per l'esercizio del potere disciplinare, perchè il controllo della legittimità della sanzione eventualmente adottata resta comunque affidato al sindacato giudiziale mediante l'impugnazione del provvedimento. (Cass. 8/5/2008 n. 11361, Pres. Senese Est. Miani Canevari, in Riv. it. dir. lav. 2009, con nota di Marco Esposito, "Processo penale e procedimento disciplinare nella normativa sul lavoro pubblico: diritto di difesa del dipendente e buon andamento delle amministrazioni pubbliche, 384)
  • E' integralmente condivisibile l'ordinanza con la quale il Tribunale monocratico ha annullato la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio e dalla retribuzione per sei mesi di un infermiere professionale addetto al reparto di medicina interna di azienda ospedaliera, risultando la stessa sproporzionata pur in presenza di una violazione dei doveri di fedeltà nei confronti dell'azienda, non essendo oltretutto possibile ravvisare una significativa violazione della riservatezza del paziente coinvolto nell'accaduto. (Trib. Firenze 27/8/2007, Pres. ed est. Bazzoffi, in D&L 2007, con nota di Filippo Pirelli, "Violazione dell'obbligo di fedeltà e sproporzione della sanzione disciplinare", 1144)
  • Risulta sproporzionata e di conseguenza va sospesa la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio e dalla retribuzione per sei mesi di un infermiere professionale addetto al reparto di medicina interna di azienda ospedaliera per avere lo stesso chiamato, durante il turno del servizio, gli organi di stampa per denunziare il ricovero di un paziente in soprannumero rispetto alla disponibilità dei posti letto in reparto. (Trib. 29/6/2007, ord., Est. Taiti, in D&L 2007, con nota di Filippo Pirelli, "Violazione dell'obbligo di fedeltà e sproporzione della sanzione disciplinare", 1143)
  • Poiché, per orientamento consolidato della Cassazione penale, la registrazione fonografica clandestina di colloqui tra presenti da parte di un soggetto che ne sia partecipe, costituisce una forma di memorizzazione di fatto storico del quale l'Autore può disporre legittimamente, anche ai fini di prova nel processo ai sensi dell'art. 234 c.p.p., non può essere disciplinarmente sanzionato dall'Amministrazione il dipendente pubblico che registri conversazioni intercorse con studenti e colleghi per sostenere una denuncia in sede penale, poiché la valutazione disciplinare deve arrestarsi, per il principio di non contraddizione, di fronte a un comportamento posto in essere nell'esercizio di un diritto quale, nel caso di specie, il diritto di difesa. (Cons. St. 28/6/2007, Pres. Varrone Est. Giovagnoli, in Lav. nella giur. 2008, con commento di Francesca Marinelli, 296) 
  • Il termine ex art. 24 c. 2 del CCNL Ministeri del 16 maggio 1995, di 20 giorni dalla conoscenza del fatto, ai fini della contestazione disciplinare (peraltro non perentorio), non è applicabile ai procedimenti iniziati prima dell'entrata in vigore della norma contrattuale, restando in tali casi applicabile l'art. 55 c. 5 del d.lgs. n. 165/2001 (nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso correggendo la motivazione della sentenza d'appello, in un caso di cui, dopo la conclusione del procedimento penale con sentenza definitiva comunicata il 23 febbraio 2000, l'amministrazione aveva effettuato la contestazione in data 29 maggio 2000 notificandola il successivo 12 giugno). (Cass. 10/5/2007 n. 10668, Pres. Ciciretti Rel. Picone, in Lav. nelle P.A. 2007, 736)
  • In tema di procedimento disciplinare a carico dei pubblici dipendenti, nel caso di fatti commessi anteriormente all'entrata in vigore della l. n. 97/2001, la disposizione transitoria di cui all'art. 10, terzo comma, della legge - quale risulta a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale di cui alla sentenza della Corte Costituzionale n. 184/2004, in base alla quale il termine di novanta giorni per avviare il procedimento disciplinare decorre dalla comunicazione della sentenza penale - non trova applicazione quando l'amministrazione sia venuta a conoscenza dei fatti prima di detta comunicazione (nella specie, la Corte ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto sussistente la tempestività del procedimento disciplinare, perchè avviato nel rispetto dei termini di cui all'art. 10, benché anteriormente al procedimento penale risultasse la piena conoscenza dei fatti da parte dell'amministrazione, che li aveva denunziati penalmente, costituendosi parte civile e disponendo la sospensione dal servizio del dipendente). (Cass. 2/3/2007 n. 4932, Pres. Ciciretti Est. Curcuruto, in Riv. it. dir. lav. 2007, con nota di Luigi di Paola, "Considerazioni in materia di tempestività della contestazione nel settore pubblico, con particolare riguardo al caso dell'interferenza tra procedimento disciplinare e procedimento penale", 890)
  • I procedimenti disciplinari promossi a carico di magistrati in epoca precedente all'entrata in vigore del d.lgs. n. 109/2006 restano sottratti alla disciplina di cui all'art. 32-bis del decreto medesimo (articolo inserito dall'art. 1, comma3, lett. q, della l. n. 269/2006), in quanto, in materia di illeciti disciplinari dei magistrati, va esclusa l'applicabilità del principio di retroattività della lex mitior  sancito dall'art. 2, secondo e terzo comma, c.p. (Cass. Sez. Un. 7/2/2007 n. 2685, Pres. Nicastro Rel. Mensitieri, in Lav. nelle P.A. 2007, 557)
  • Ai sensi del combinato disposto dei commi primo e secondo dell'art. 32-bis del d.lgs. n. 109/2006 (articolo inserito dall'art. 1, c. 3, lett. q, della l. n. 269/2006), ai procedimenti disciplinari promossi contro magistrati dopo l'entrata in vigore della nuova disciplina, per fatti però commessi precedentemente, continuano ad applicarsi le disposizioni previgenti in tema di procedimento disciplinare, contenute nel r.d.lgs. n. 511/1946, solo qualora più favorevoli; se invece non solo la commissione del fatto, ma anche l'inizio dell'azione disciplinare si collocano prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina, continua ad applicarsi la disciplina previgente, anche se meno favorevole. (Cass. Sez. Un. 4/1/2007 n. 17, Pres. Prestipino Rel. Buccianti, in Lav. nelle P.A. 2007, 557)
  • In tema di procedimento disciplinare a carico di magistrati, è validamente redatto e non è affetto da indeterminatezza il capo di imputazione in cui il comportamento ascritto all'incolpato faccia riferimento a una serie di episodi stralciati, a mero titolo esemplificativo, da quelli ben più numerosi evidenziati dalla redazione ispettiva, non derivando da tale modalità di redazione alcuna limitazione dell'esercizio del diritto di difesa dell'incolpato. (Cass. Sez. Un. 3/1/2007 n. 1, Pres. Vella Rel. Vitrone, in Lav. nelle P.A. 2007, 557)
  • Il personale addetto agli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti (c.d. "UNEP"), rientra a pieno titolo tra i destinatari del c.c.n.l. comparto Ministeri, costituendo quella degli ufficiali giudiziari non più una "carriera speciale", bensì uno specifico "profilo professionale" dei dipendenti dello Stato, come tale assoggettato alle disposizioni del d.lgs.  n. 165 del 2001 e, specificatamente, all'art. 55, che contiene i princi fondamentali in materia di sanzioni disciplinari e all'art. 72 d.lgs. n. 165 cit., secondo il quale a far data dalla stipulazione dei contratti collettivi per il quadriennio 1994-1997, per ciascun ambito di riferimento, non si applicano gli artt. da 100 a 123 d.P.R. n. 3 del 1957 e le disposizioni a essi collegate. Conseguentemente, stipulato il primo contratto di settore, entrato in vigore il 16 maggio 1995, la normativa particolare relativa agli ufficiali giudiziari e assimilati di cui al D.P.R. n. 1229 del 1959, è superata quanto alle disposizioni relative al rapporto di lavoro, e la materia disciplinare trova piena ed esaustiva regolamentazione nelle predette disposizioni normative e nella contrattazione collettiva di settore, che trovano applicazione, secondo il principio generale tempus regit actum, ai procedimenti in corso, per gli atti posti in essere nella sua vigenza (nella fattispecie, la Corte ha escluso che, sopravvenuta la normativa contrattuale, l'amministrazione avesse l'onere di iniziare o riattivare i procedimenti disciplinari non iniziati o sospesi ai sensi dell'art. 90 d.P.R. n. 1229 del 1959). (Cass. 28/9/2006 n. 21032, Pres. Senese Est. Picone, in Giust. Civ. 2007, 1259)  
  • Con riferimento al procedimento disciplinare a carico di pubblici dipendenti, qualora i fatti addebitati abbiano rilevanza penale e sia intervenuta la sospensione cautelare del dipendente sottoposto a procedimento penale, ai fini della sussistenza del requisito della tempestività previsto dall'art. 55, comma 5, d.lgs. n. 165 del 2001, la definitiva contestazione può essere differita all'esito del procedimento disciplinare. (Cass. 28/9/2006 n. 21032, Pres. Senese Est. Picone, in Giust. Civ. 2007, 1259)  
  • Con riferimento al procedimento disciplinare a carico di pubblici dipendenti, il termine di novanta giorni dalla comunicazione della sentenza previsto dalla disposizione transitoria dell'art. 10, comma 3, l. n. 97 del 2001 (nel testo emendato dalla sentenza della C. Cost. n. 186 del 2004), non impone l'instaurazione ex novo di tutti i procedimenti disciplinari per fatti commessi prima dell'entrata in vigore della legge, ma si riferisce anche alle riattivazioni di di procedimenti sospesi, diversamente da quanto previsto dalla normativa a regime; tale termine di decadenza opera, per le sentenze irrevocabili di condanna comunicate all'amministrazione prima dell'entrata in vigore della l. n. 97 del 2001, solo a partire da tale data. (Cass. 28/9/2006 n. 21032, Pres. Senese Est. Picone, in Giust. Civ. 2007, 1259)  
  • Con riferimento al procedimento disciplinare a carico di pubblici dipendenti, la previsione del comma 5 (ultimo periodo) dell'art. 55 d.lgs. n. 165 del 2001 - secondo il quale, con riferimento al procedimento disciplinare, "trascorsi inutilmente quindici giorni dalla convocazione per la difesa del dipendente, la sanzione viene applicata nei successivi giorni" - si riferisce alla sola evenienza che il dipendente non si avvalga della facoltà di difendersi, non essendo necessarie ulteriori valutazioni dell'amministrazione; tale disposizione non può essere, invece, estesa alla diversa ipotesi di audizione del dipendente, in forza del principio secondo il quale le norme sulla decadenza, per il loro carattere eccezionale, non sono applicabili oltre i casi espressamente previsti, ai sensi dell'art. 14 disp. sulla legge in generale. (Cass. 28/9/2006 n. 21032, Pres. Senese Est. Picone, in Giust. Civ. 2007, 1259)  
  • Al procedimento disciplinare promosso nei confronti del dipendente di ente locale dopo l'attuazione del codice disciplinare introdotto con il c.c.n.l. del comparto del personale delle regioni-autonomie locali per il periodo 1994-1997, di cui al d.P.C. 6 aprile 1995, non si applicano le disposizioni dettate in tema di pubblico impiego dal d.P.R. n. 3 del 1957. (Cass. 29/3/2006 n. 7196, Pres. Senese Est. Lamorgese, in Giust. civ. 2007, 1260)
  • In tema di sanzioni disciplinari nei rapporti di lavoro pubblico privatizzato, le giustificazioni dell'impiegato - che sono facoltative e non costituiscono atto del procedimento - non impediscono l'estinzione del procedimento disciplinare se l'amministrazione non abbia compiuto alcun atto per un periodo di novanta giorni (nella specie, la Corte ha cassato la decisione impugnata e, decidendo nel merito, ha dichiarato estinto il procedimento disciplinare per essere trascorsi più di novanta giorni fra la lettera di contestazione e la trasmissione degli atti alla commissione di disciplina). (Cass. 2/3/2006 n. 4605, Pres. Senese Est. Spanò, in Giust. civ. 2007, 1261)
  • Ai sensi dell’art. 9, 2° comma, L. 7 febbraio 1990, n. 19, la P.A. procedente deve concludere il procedimento disciplinare nel termine di complessivi duecentosettanta giorni dal momento in cui ha appreso della condanna penale del dipendente incolpato; il termine indicato è il frutto della somma tra il termine di 180 giorni –previsto per l’inizio del procedimento disciplinare- con quello di successivi 90 giorni previsto per la conclusione dello stesso. Il termine finale di 90 giorni del procedimento disciplinare decorre in ogni caso dalla scadenza “virtuale” dei 180 giorni previsti per l’avvio del procedimento, a nulla rileva infatti che la sequenza disciplinare abbia avuto concreto inizio prima della scadenza del 180° giorno dall’avvenuta conoscenza della condanna penale irrevocabile. (Cons. di Stato 14/1/2004 n. 1, Pres. De Roberto Est. Farina, in Giur. It. 2004, 1074)
  • A seguito della contrattualizzazione del rapporto di lavoro pubblico, l'esercizio del potere disciplinare da parte della pubblica amministrazione datrice di lavoro è governato dal diritto privato, non più dalle norme previste in tema di pubblico impiego, né dalle regole che presidiano il procedimento amministrativo. (Cass. 16/5/2003 n. 7704, Pres. Mattone Est. D'Agostino, in Foro it. 2003, parte prima, 2675)
  • L'amministrazione può individuare l'ufficio competente per i procedimenti disciplinari ai sensi dell'art. 59, 4° comma, d.lgs. 3/2/93, n. 29, (ora articolo 55 d.lgs. n. 165/01) semplicemente affidando, attraverso un proprio regolamento, la competenza in materia di sanzioni disciplinari ad un ufficio già esistente, come, nella fattispecie, l'ufficio personale. L'amministrazione può anche disporre la rinnovazione del procedimento disciplinare, sanandone eventuali vizi formali, anche laddove la questione della validità della sanzione disciplinare sia ancora sub iudice (Trib. Benevento 4/7/01 ordinanza, pres e est. Piccone, in Lavoro nelle p.a. 2001, pag. 1061, con nota di Salomone, Tre questioni sul procedimento disciplinare nella P.A.)
  • La l. 7/2/90, n. 19 sul procedimento disciplinare nel pubblico impiego trova applicazione diretta anche per i dipendenti degli enti locali (Consiglio di Stato 20/11/00, n. 6181, pres. Catallozzi, est. Poli, in Foro it. 2001, pag.2, parte terza)
  • Ai sensi dell'art. 2, 1° comma, l. 241/90, la pubblica amministrazione ha l'obbligo di concludere il procedimento, avviato d'ufficio o su istanza di parte, con provvedimento espresso, salvo che non sia stata già adottata una formale risoluzione amministrativa inoppugnata e non siano sopravvenuti mutamenti della situazione di fatto o di diritto, o si tratti di domande manifestamente assurde o totalmente infondate o illegali (Consiglio di Stato 20/11/00, n. 6181, pres. Catallozzi, est. Poli, in Foro it. 2001, pag.2, parte terza)
  • In sede di procedimento disciplinare nei confronti di pubblico dipendente che consegua a sentenza di condanna emessa in seguito a patteggiamento, non sono necessari autonomi accertamenti da parte dell'amministrazione per i fatti non controversi e per quelli esaustivamente accertati in sede penale; l'amministrazione può comunque utilizzare gli atti di indagine penale ed è onere dell' inquisito indicare gli elementi a suo discarico su cui l'amministrazione deve compiere nuovi accertamenti (Consiglio di Stato, 1/9/00, n. 4647, pres. Ruoppolo, est. De Nictolis, in Foro it. 2001, pag. 129, parte terza)
  • In caso di sanzione disciplinare irrogata da un Ente locale a un proprio dipendente, la valutazione dei fatti e delle prove ai fini della determinazione della responsabilità e della sanzione da applicare rientra nel discrezionale apprezzamento dell'Amministrazione datrice di lavoro e non è sindacabile da parte del Giudice (Consiglio di Stato, Ad. Plen., 26 giugno 2000 n. 15, pres. Laschena, est. Borioni, in D&L 2000, 905, n. Nespor)
  • Il termine di novanta giorni previsto dall'art. 9, l. 7/2/90, n. 19 per la conclusione del procedimento disciplinare nei confronti di pubblico dipendente, non ha carattere perentorio nel caso in cui il procedimento consegua a sentenza di condanna emessa in seguito a patteggiamento (Consiglio di Stato 26/6/00, n.15, ad. plenaria, pres. Laschena, in Foro it. 2000, III, pag. 489)