Indennità supplementare

  • In mancanza di preavviso lavorato, il contenuto dell'obbligo di parte recedente di pagare, ex art. 2118 c.c., un'indennità equivalente alla retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso, attribuisce rilevanza agli aumenti retributivi intervenuti nel medesimo periodo ai fini della determinazione sia dell'indennità sostitutiva del preavviso sia dell'indennità supplementare per i dirigenti. (Cass. 15/5/2007 n. 11094, Pres. Ciciretti Est. De Matteis, in D&L 2007,ncon nota di Paolo Perucco, "Il recesso senza preavviso fra effetti meramente obbligatori e prosecuzione del vincolo contrattuale", 881)
  • Il rapporto di lavoro del dirigente non è assoggettato alle norme limitative dei licenziamenti individuali di cui agli artt. 1 e 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e la nozione di "giustificatezza" posta dalla contrattazione collettiva al fine della legittimità del suo licenziamento non coincide con quella di giustificato motivo di licenziamento contemplata dall'art. 3 della stessa legge n. 604 del 1966. Ne consegue che, ai fini dell'indennità supplementare prevista dalla contrattazione collettiva in caso di licenziamento del dirigente, la suddetta "giustificatezza" non deve necessariamente coincidere con l'impossibilità della continuazione del rapporto di lavoro e con una situazione di grave crisi aziendale tale da rendere impossibile o particolarmente onerosa tale prosecuzione, posto che il principio di correttezza e buona fede, che costituisce il parametro su cui misurare la legittimità del licenziamento, deve essere coordinato con quello di iniziativa economica, garantita dall'art. 41 Cost., che verrebbe realmente negata ove si impedisse all'imprenditore, a fronte di razionali e non arbitrarie ristrutturazioni aziendali, di scegliere discrezionalmente le persone idonee a collaborare con lui ai più alti livelli della gestione dell'impresa. In ogni caso, il recesso in questione non può risultare privo di qualsiasi giustificazione sociale perchè concretizzantesi unicamente in condotte lesive, nella loro oggettività, della personalità del dirigente e, al fine di accertare la configurabilità del diritto del dirigente all'indennità supplementare di preavviso, l'ingiustificatezza del recesso datoriale può evincersi da una incompleta e inveritiera comunicazione dei motivi di licenziamento ovvero da un'infondata contestazione degli addebiti, potendo tali condotte rendere quanto meno più disagevole la verifica che il recesso sia eziologicamente riconducibile a condotte discriminatorie ovvero prive di giustificatezza sociale. (Rigetta, App. Bologna, 18 dicembre 2003). (Cass. 20/12/2006 n. 27197, Pres. Sciarelli Est. Vidiri, in Dir. e prat. lav. 2007, 1973)
  • Le previsione della indennità supplementare corrisposta al dirigente di azienda ingiustificatamente licenziato rappresenta la sanzione per l'aver oltrepassato, da parte del datore di lavoro, il limite di recedere dal contratto, non essendo stata prevista allo scopo di risarcire il dirigente ingiustificatamente licenziato dalla perdita di redditi, bensì, prevalentemente, di reintegrare il patrimonio professionale leso: essa va quindi esclusa da Irpef (Comm. Trib. Prov. Roma 8/3/01, pres. Carteny, est. Centi, in Dir. lav. 2001, pag. 357, con nota di Salvatore, Sull'imponibilità, ai fini Irpef, dell'indennità supplementare corrisposta ad un dirigente licenziato ingiustificatamente)
  • Nel vigore del DPR 22/12/86 n. 917, che assoggetta a tassazione i proventi conseguiti a titolo di risarcimento del danno cagionato dalla perdita di redditi, deve escludersi la tassabilità dell’indennità supplementare per ingiustificato licenziamento del dirigente, che costituisce risarcimento del danno alla professionalità e al prestigio del prestatore d’opera, e non risarcimento del danno da perdita di redditi (Comm. Trib. Reg. Milano 25/1/97, pres. Bozzi, est. Colavolpe, in D&L 1997, 825 n. Tagliagambe, Profili di incostituzionalità del decreto Dini in materia di tassazione di sentenze e transazioni di lavoro) <