Lavoro autonomo/subordinato

  • In caso di mancata adozione del regolamento interno, i rapporti tra la cooperativa e i soci saranno quelli corrispondenti al tipo contrattuale che l’attuazione del rapporto manifesta, senza che si determini alcun vuoto di regolamentazione. (Cass. 5/7/2011 n. 14741, Pres. Lamorgese Rel. Meliadò, in Riv. It. Dir. lav. 2012, con nota di Martina Vincieri, “Esclusione e licenziamento: quali tutele per il socio lavoratore di cooperativa?”, 858)
  • E' da considerarsi di lavoro subordinato il rapporto tra socio e cooperativa nel periodo successivo all'entrata in vigore della riforma laddove la parte resistente non abbia dedotto, in senso contrario, il carattere autonomo (o comunque la diversa natura giuridica) dello stesso. Ciò in quanto l'art. 1 della riforma ha introdotto la compatibilità tra rapporto associativo e di lavoro (in forma subordinata o autonoma), sicchè la mancata specificazione da parte resistente della tipologia del lavoro svolto deve orientare verso la tesi della subordinazione dedotta dal lavoratore. (Trib. Roma 16/1/2007, Rel. Mastroberardino, in Lav. nella giur. 2007, 946)
  • Anche dopo le modifiche introdotte dalla L. 14/2/03 n. 30 il socio lavoratore resta titolare, ai sensi dell’art. 1 L. 3/4/01 n. 142, sia di un rapporto associativo, sia di un rapporto di lavoro subordinato (che stante la natura sinallagmatica non può dar luogo a prestazioni mutualistiche); conseguentemente non rientrano nella competenza del Giudice del Lavoro le domande volte in via principale ad accertare la natura subordinata del rapporto e la simulazione del rapporto associativo e solo in via subordinata, la nullità delle dimissioni e della delibera sociale di esclusione da socio. (Trib. Milano 26/5/2006, ord., Est. Tanara, in D&L 2006, con n. Tiziana Laratta e Sergio Romanotto, “Il socio lavoratore costretto tra competenza e rito applicabile”, 641)
  • I soci di una cooperativa di produzione e lavoro non possono considerarsi dipendenti della cooperativa stessa per le prestazioni rivolte a consentire ad essa il conseguimento dei suoi fini istituzionali; in particolare non rileva, ai fini della riconducibilità dell’attività del socio a un rapporto di lavoro subordinato o parasubordinato, la circostanza che i soci siano tenuti all’osservanza di orari predeterminati, percepiscano compensi commisurati alle giornate di lavoro e debbano osservare delle direttive, né che nei loro confronti sia applicata, quanto all’esercizio del potere disciplinare o ad altri aspetti, una normativa collettiva. (Trib. Ivrea 8/2/2006, in Orient. Giur. 2009, e in Lav. Giur. 2006, 5, 503)
  • L’attività prestata dal socio lavoratore in favore della società cooperativa ha natura di lavoro subordinato quando sia provato che il rapporto associativo sia stato posto in essere al fine di mascherare un rapporto di lavoro dotato del carattere della subordinazione. (Trib. Grosseto 27/1/2004 Est. Ottati, in Lav. nella giur. 2004, 708)
  • Le clausole con le quali una cooperativa appaltatrice si obbliga nei confronti dell'appaltante ad applicare a soci e dipendenti un determinato contratto collettivo, sono efficaci anche nei confronti dei lavoratori addetti all'appalto, dovendosi la vicenda ricondurre nello schema del contratto in favore di terzo ex art. 1411 c.c. L'applicabilità dell'art. 3 L. 3/4/01 n. 142 non è subordinata all'approvazione del regolamento di cui all'art. 6 legge cit. sia per l'assenza di una norma che preveda tale differimento, sia perché, anche nell'ambito della cooperativa, la qualificazione di un rapporto come autonomo o subordinato deriva dai criteri legali e non dalle previsioni del regolamento; conseguentemente, ai sensi dell'art. 3 cit., il socio dipendente di cooperativa ha diritto ad un trattamento non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo di settore. Anche con riferimento al periodo antecedente l'entrata in vigore della L. 3/4/01 n. 142 il rapporto societario può coesistere con un rapporto di lavoro subordinato, ove ne sussistano i presupposti; conseguentemente il socio lavoratore ha diritto, ai sensi dell'art. 36 Cost., ad un trattamento economico non inferiore da quello previsto dal Ccnl. ( Trib. Monza 12/5/2003, Est. Cella, in D&L 2003, 468, con nota di Silvia Balestro, "Primi approdi della giurisprudenza sul nuovo lavoro in cooperativa")
  • E' legittima la clausola dell'atto costitutivo di società cooperativa che preveda la gratuità dell'incarico di amministratore, trattandosi di attività non equiparabile ad una prestazione di lavoro subordinato in senso stretto e non essendo perciò ad essa applicabile il principio costituzionale della retribuzione proporzionata e sufficiente. (Cass. 26/2/2002, n. 2861, Pres. Mileo, Est. D'Agostino, in Foro it. 2003 parte prima, 273)
  • In presenza di connotati empirici tipici del rapporto di lavoro subordinato, non appare sufficiente a escludere tale qualificazione dell'attività prestata da un socio lavoratore di una cooperativa di lavoro la semplice circostanza della partecipazione di tale socio a qualche assemblea della cooperativa o altre circostanze di analogo carattere formale (Trib. Milano 21 luglio 2000 (ord.), pres. Salmeri, est. Atanasio, in D&L 2000, 959, n. Ianniello)
  • I soci di una cooperativa di produzione e lavoro non possono considerarsi dipendenti della medesima per la loro soggezione ad un orario di lavoro, la percezione di compensi commisurati alle giornate di lavoro, l'essere tenuti ad osservare direttive e l'essere esposti ad esercizio di potere disciplinare - il tutto secondo le regole statutarie della cooperativa - essendo tali circostanze compatibili con il tipo negoziale del particolare rapporto societario con le cooperative che necessitano, per poter funzionare, di regole organizzative rigide. Ciò quando, naturalmente, le prestazioni siano rivolte alla realizzazione dei fini istituzionali (Corte Appello Milano 30/3/01, pres. e est. Mannaccio, in Orient. giur. lav. 2001, pag. 62)
  • Deve essere qualificato come lavoro subordinato il rapporto che lega il socio alla cooperativa nel caso in cui il corrispettivo erogato escluda un apprezzabile rischio per il lavoratore, questi sia assoggettato al potere disciplinare e gerarchico della persona o dell'organo che assume le scelte di fondo nell'organizzazione delle persone e dei beni, e non abbia un reale potere di controllo sulla gestione economica dell'impresa (Trib. Milano 10 luglio 2000, est. Ianniello, in D&L 2000, 965, n. Villamira)
  • Anche nell’ipotesi in cui il socio lavoratore fornisca una prestazione diretta a realizzare le finalità istituzionali della cooperativa è necessario, ai fini della corretta qualificazione del rapporto, l’esame, fra l’altro, delle concrete modalità di svolgimento dello stesso; ove risultino sussistenti gli elementi tipici del lavoro subordinato (e in particolare l’eterodirezione, che si esplica nell’assoggettamento all’altrui potere direttivo, organizzativo e disciplinare) e altresì il carattere solo formale del rapporto associativo, deve ritenersi la natura subordinata nel rapporto di lavoro intercorrente tra la cooperativa e il preteso socio (Pret. Milano 17/2/99, est. Vitali, in D&L 1999, 345)
  • Considerate le modalità con cui i soci lavoratori prestano normalmente l’attività all’interno di una società cooperativa (esecuzione di direttive precise, con orari di lavoro prestabiliti, con retribuzione conforme alla contrattazione collettiva di settore e con assoggettamento al potere disciplinare, ancorché in base alla disciplina statutaria), assume rilevanza, ai fini della distinzione tra lavoro in regime di subordinazione e lavoro in regime di maggiore autonomia, il criterio della partecipazione e del coinvolgimento nella vita societaria, in termini, ad esempio, di decisioni sulla redistribuzione degli utili; pertanto, ove tale partecipazione e tale coinvolgimento risultino assenti e sia riscontrabile solo l’aspetto formale della domanda di ammissione alla cooperativa in qualità di soci, deve affermarsi la natura subordinata del rapporto di lavoro tra pretesi soci e cooperativa (Pret. Milano 12/2/99, est. Curcio, in D&L 1999, 351)
  • L'attività lavorativa svolta dal socio di una cooperativa di lavoro e produzione non è sempre ricollegabile al rapporto societario, atteso che le parti ben possono, nell'ambito della loro autonomia negoziale, stabilire che le prestazioni lavorative del socio, pur se riferibili all'oggetto sociale, siano espletate nell'ambito di un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato, anziché in adempimento del contratto sociale (Pret. Monza 30/4/96, est. Padalino, in D&L 1997, 175)
  • La completa assenza da parte di un socio lavoratore di ogni forma di partecipazione alla vita associativa di una cooperativa di lavoro, sia nella fase genetica del rapporto (mancata richiesta di ammissione alla cooperativa, sottoscrizione della lettera di ammissione sotto minaccia di non essere impiegato nel lavoro) che nel momento del suo concreto funzionamento (mancata convocazione alle assemblee, mancata comunicazione dello statuto sociale ecc.) costituisce prova della simulazione del rapporto associativo, da qualificare, in ragione delle concrete caratteristiche, come rapporto di lavoro subordinato (Pret. Milano, sez. Rho, 25/3/98, est. Ferrari da Passano, in D&L 1998, 1094)
  • Ove la prestazione del socio di una cooperativa di produzione e lavoro venga svolta sulla base delle direttive ricevute senza alcuna effettiva autonomia decisionale, con la corresponsione di una retribuzione in misura fissa e a cadenza mensile, con l'utilizzo di materiali e attrezzature della cooperativa, il tutto senza l'assunzione di alcun rischio economico, ne consegue la qualificazione di tale rapporto di lavoro in termini di subordinazione (Pret. Monza 30/4/96, est. Padalino, in D&L 1997, 175)