Interpretazione del contratto collettivo

  • In tema di interpretazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro, l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto del negozio si traduce in una indagine di fatto, affidata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità nella sola ipotesi di motivazione inadeguata ovvero di violazione di canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 ss. cod. civ., con la conseguenza che il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate e ai princìpi in esse contenuti, ma è tenuto a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice di merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche o insufficienti, non essendo consentito il riesame in sede di legittimità. (Cass. 11/10/2013 n. 23174, Pres. Napoletano Est. Maisano, in Riv. giur. lav. prev. soc. 2014, con nota di G. Trisorio Liuzzi, “Sul contrasto nella sezione lavoro in tema di limiti al ricorso per cassazione per violazione di norma collettiva”, 493)
  • Quando viene denunciata la violazione della norma di un contratto collettivo nazionale di lavoro, il giudice di legittimità procede autonomamente alla diretta interpretazione del contenuto del contratto collettivo senza essere vincolato a una specifica opzione interpretativa prospettata nella formulazione del motivo, ben potendo ricercare liberamente all’interno del contratto collettivo ciascuna clausola, anche non oggetto dell’esame delle parti e del primo giudice, comunque ritenuta utile all’interpretazione. (Cass. 7/5/2013 n. 10559, Pres. Lamorgese Est. Napoletano, in Riv. giur. lav. prev. soc. 2014, con nota di G. Trisorio Liuzzi, “Sul contrasto nella sezione lavoro in tema di limiti al ricorso per cassazione per violazione di norma collettiva”, 494)
  • In caso di richiesta di interpretazione della norma collettiva è necessario a pena di inammissibilità che venga prodotta la contrattazione collettiva privata per intero. (Cass. 12/7/2012 n. 11798, Pres. Roselli Est. Meliadò, in Lav. nella giur. 2014, con commento di Stefano Muggia, 271)
  • Nel giudizio di legittimità le censure relative all’interpretazione del contratto collettivo offerta dal giudice di merito possono essere prospettate unicamente sotto il profilo della mancata osservanza dei criteri legali di ermeneutica contrattuale e della insufficienza o contraddittorietà della motivazione, mentre la semplice contrapposizione dell’interpretazione proposta dal ricorrente a quella accolta nella sentenza impugnata non rileva ai fini dell’annullamento di quest’ultima; la denuncia della violazione delle regole di ermeneutica e la denuncia del vizio di motivazione esigono la specifica indicazione del modo attraverso il quale si è realizzata l’anzidetta violazione e delle ragioni dell’obiettiva deficienza o contraddittorietà del ragionamento del giudice, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione di un’interpretazione diversa da quella criticata. (Cass. 2/5/2012 n. 6641, Pres. Miani Canevari Est. Mancino, in Riv. It. Dir. lav. 2012, con nota di Giuseppe Ianniruberto, “Il ricorso in Cassazione per violazione o falsa applicazione del contratto collettivo”, 896)
  • In sede di interpretazione delle clausole di un contratto collettivo relative alla classificazione del personale in livelli o categorie occorre considerare la capacità connotativa e discriminatoria in concreto dei profili professioni contenuti nell'accordo e, ove gli stessi siano generici in quanto suscettibili di assumere svariate concretizzazioni, è necessario integrare le indicazioni con le declaratorie di carattere generale della categoria, che assumono valore determinante circa l'effettiva portata degli specifici profili. (Cass. 17/1/2011 n. 919, Pres. Foglia Est. Toffoli, in Orient. giur. lav. 2011, 35)
  • L'interpretazione di una clausola di un contratto collettivo non può operarsi compiendo un esame parziale della stessa e tralasciando l'esame delle altre clausole con cui essa si integra e vicendevolmente si completa, anche in relazione all'esigenza della contrattazione in questione di apprestare una disciplina completa della realtà lavorativa del settore che è chiamata a regolare. Infatti nella contrattazione collettiva la comune intenzione delle parti non sempre è ricostruibile attraverso il mero riferimento "al senso letterale delle parole", atteso che la natura di detta contrattazione sovente articolata su diversi livelli (nazionale, provinciale, aziendale etc.), la vastità e la complessità della materia trattata in ragione dell'interdipendenza di molteplici profili della posizione lavorativa (che sovente consigliano alle parti il ricorso a strumenti sconosciuti alla negoziazione tra parti private come preambolo, premesse, note a verbale, etc.), il particolare linguaggio in uso nel settore delle relazioni industriali non necessariamente coincidente con quello comune e, da ultimo, il carattere vincolante che non di rado assumono nell'azienda l'uso e la prassi, costituiscono elementi che rendono indispensabile nella materia una utilizzazione dei generali criteri ermeneutici che tenga conto di dette specificità, con conseguente assegnazione di un preminente rilievo al canone interpretativo dettato dall'art. 1363 c.c. (Cass. 12/7/2010 n. 16295, Pres. Vidiri Est. De Renzis, in Orient. giur. lav. 2011, 25) 
  • Nell'interpretazione del contratto collettivo, è necessario procedere al coordinamento delle varie clausole contrattuali, prescritto dall'art. 1363 c.c., anche quando l'interpretazione possa essere compiuta sulla base del senso letterale delle parole, senza residui di incertezza poiché l'espressione "senso letterale delle parole" deve intendersi come riferita all'intera formulazione letterale della dichiarazione negoziale e non già limitata a una parte soltanto, qual è una singola clausola del contratto composto da più clausole, dovendo il giudice collegare e confrontare fra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato (in applicazione di tale principio, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata, che, nell'interpretazione dell'accordo sindacale del 24 marzo 1993, concernente la collocazione in cassa integrazione e la rotazione dei dipendenti della Alenia aeronavali spa, già officine aeronavali spa, non aveva preso in esame la clausola transitoria secondo cui l'accordo annullava e sostituiva la precedenti intese in ordine ai criteri di rotazione del personale, omettendo di valutare i criteri di collegamento che le parti sociali avevano inteso realizzare fra l'accordo del 1993 e le precedenti intese del 1992). (Cass. 17/2/2010 n. 3685, Pres. Sciarelli Est. Meliadò, Orient. giur. lav. 2010, 28) 
  • E' riservata al giudice di merito l'interpretazione dell'accordo aziendale, in ragione della sua efficacia limitata (diversa da quella propria degli accordi e contratti collettivi nazionali, oggetto di esegesi diretta da parte della Corte di Cassazione, ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c., come modificato dal d. leg. n. 40 del 2006), ed essa non è censurabile in cassazione se non per vizio di motivazione o per violazione di canoni ermeneutici (nella specie, la Suprema Corte ha confermato la sentenza impugnata la quale, nell'interpretare l'accordo aziendale 22 giugno 1974 per il personale del poligrafico dello stato, aveva ritenuto che la previsione in esso contenuta di assorbimento dei compensi relativi al ritmo di produzione si riferisse solo ai compensi analoghi riguardanti comunque la produttività, e fosse estranea, invece, ai compensi percepiti dai lavoratori per la prestazione di lavoro straordinario. (Cass. 4/2/2010 n. 2625, Pres. De Luca Est. Morcavallo, in Orient. giur. lav. 2010, 33)
  • L'art. 7 del c.c.n.l. l. 31 marzo 1999 Comparto Regioni, nel prevedere l'inquadramento del personale in servizio alla data di stipulazione dell'accordo collettivo nel nuovo sistema di classificazione, ha operato una diretta valutazione dei profili della V qualifica, ritenendo che andassero ricondotti alla più alta posizione (la 3) della categoria di inquadramento B e non, invece, in una categoria superiore (la C); né, in senso contrario, è invocabile, per il conseguimento di una qualifica superiore, la previsione di cui all'art. 3, comma 6 del citato c.c.n.l. (che autorizza gli enti a una collocazione autonoma dei profili professionali non individuati nell'allegato A del c.c.n.l. o comunque aventi contenuti diversi), la cui operatività è espressamente rimessa alle derminazioni dei singoli enti in relazione al rispettivo modello organizzativo, dovendosi conseguentemente escludere la possibilità per il giudice di sostituire la proprie determinazioni a quelle dell'ente. (Cass. 9/9/2008 n. 22928, Pres. Celentano Est. Curcuruto, in Lav. nella giur. 2009, 197) 
  • L'interpretazione di una norma contrattuale contenuta in un contratto collettivo di diritto comune si sostanzia in un accertamento di fatto, riservato al giudice di merito e incensurabile in cassazione, se non per vizi attinenti ai criteri legali di ermeneutica o a una motivazione carente o contraddittoria nella relativa applicazione. (Nella specie, la S.C. nell'affermare il richiamato principio, ha confermato l'impugnata sentenza che aveva ritenuto che, sebbene l'art. 5 del C.C.N.G. qualificasse "redattore" il corrispondente operante nell'ufficio di corrispondenza di New York, ai fini della definizione del trattamento economico dei redattori ivi residenti dovesse essere riconosciuta l'equiparazione al "capo servizio" come indicato dall'art. 11 del medesimo contratto, avendo le parti collettive valutato che, in ragione dell'esperienza professionale occorrente e della natura della prestazione svolta, fosse congruo equiparare quoad mercedem il corrispondente presso taluni uffici di corrispondenza - delle principali capitali estere o grandi metropoli, come appunto New York - al capo servizio, pur senza automatica attribuzione della corrispondente qualifica). (Cass. 4/6/2008 n. 14784, Pres. Sciarelli Est. Cuoco, in Lav. nella giur. 2008, 1164)
  • Lo speciale procedimento ex art. 420 bis c.p.c. di accertamento pregiudiziale sull’efficacia, validità e interpretazione dei contratti e accordi collettivi, è finalizzato ad assicurare l'uniforme applicazione delle relative clausole e presuppone perciò un'idonea istruttoria al fine della soluzione della questione pregiudiziale con portata generale ed esaustiva, capace cioè di definire in termini chiari e univoci ogni possibile questione in materia; ove la necessaria istruttoria da parte del giudice di merito sia mancata, non essendo tale lacuna rimediabile in sede di legittimità, ne deriva l'accoglimento del ricorso per cassazione proposto ai sensi del 3° comma della norma, con cassazione dell'impugnata sentenza e rimessione degli atti al giudice di merito (fattispecie in tema di disciplina delle sostituzioni per assenza nel periodo feriale contenuta nel c.c.n.l. del personale dipendente di società concessionarie di autostrade e trafori). (Cass. 24/1/2008 n. 1578, Pres. Ciciretti Est. Vidiri, in Riv. it. dir. lav. 2009, con nota di Passanante, "Un precedente in cerca di identità? Nuovi arrêts della Cassazione sull'art. 420 bisc.p.c.", 135)
  • L'interpretazione dei contratti collettivi di diritto comune è riservata al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione o per violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale. (Nella specie, relativa all'interpretazione dell'art. 111 del contratto collettivo per i dipendenti delle Ferrovie dello Stato del 1998, la S.C., nel confermare la sentenza impugnata ha rilevato che, in caso di impugnazione del licenziamento disciplinar, il diritto all'attribuzione di un assegno alimentare può sorgere solo successivamente al decorso di sessanta giorni dalla data della cessazione del rapporto; ne consegue che, nell'ipotesi in cui sia stato proposto, e definito non favorevolmente, un procedimento d'urgenza entro il sessantesimo giorno e, successivamente, sia stata esercitata l'azione ordinaria di impugnazione del licenziamento, l'assegno resta comunque attribuibile a far data dal sessantunesimo giorno dalla fine del rapporto). (Cass. 10/1/2008 n. 282, Pres. Mattone Est. Roselli, in Lav. nella giur. 2008, 519, e in Dir. e prat. lav. 2008, 1877)
  • E' rimesso alla decisione del giudice di merito non promuovere il procedimento interpretativo di cui al d.lgs. n. 165 del 200, art. 64, qualora l'apprezzamento della questione interpretativa della norma collettiva deponga nel senso di non ritenerla di spessore tale da doverne rimettere la soluzione alle parti stipulanti. (Cass. 15/9/2008 n. 23696, Pres. De Luca Rel. Mammone, in Lav. nelle P.A. 2008, 885)
  • L'interpretazione di una norma contrattuale contenuta in un contratto collettivo di diritto comune si sostanzia in un accertamento di fatto, risrvato al giudice di merito e incensurabile in cassazione, se non per vizi attinenti ai criteri legali di ermeneutica o a una motivazione carente e contraddittoria nella reltiva applicazione. (Nella specie, la S.C., nell'affermare il richiamato principio, ha confermato l'impugnata sentenza che aveva ritenuto che, sebbene l'art. 5 del c.c.n.g. qualificasse "redattore" il corrispondente operante nell'ufficio di corrispondenza di New York, ai fini della definizione del trattamento economico dei redattori ivi residenti dovesse essere riconosciuta l'equiparazione al "capo servizio" come indicato dall'art. 11 del medesimo contratto, avendo le parti collettive valutato che, in ragione dell'esperienza professionale occorrente e della natura della prestazione svolta, fosse congruo equiparare quod mercedem il corrispondente presso taluni uffici di corrispondenza - delle principali capitali estere o grandi metropoli, come appunto New York - al capo servizio, pur senza automatica attribuzione della corrispondente qualifica). (Rigetta, App. Roma, 24 giugno 2004). (Cass. 4/6/2008 n. 14784, Pres. Sciarelli Est. Cuoco, in Dir. e prat. lav. 2008, 2660)
  • La sentenza di accertamento pregiudiziale sull'interpretazione di un contratto collettivo, resa in grado di appello, nonn essendo riconducibile nel paradigma dell'art. 420 bis c.p.c., non incorre in un vizio che inficia la pronuncia, bensì nel rimedio impugnatorio proprio, risultante dal combinato disposto dell'art. 360, terzo comma, e 361, primo comma, c.p.c.; laddove, tuttavia, il giudice di appello abbia frazionato la domanda unica in due o più domande e abbia deciso una di esse con sentenza non definitiva, si verifica una violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, che vizia la sentenza non definitiva, immediatamente ricorribile per cassazione (Nella specie la S.C. ha rilevato che le parti non si erano dolute di tale vizio, accettando il frazionamento dell'originaria domanda, sia pure irrituale, operato dalla sentenza di appello). (Cass. 24/9/2007 n. 19695, Pres. Mattone Est. Amoroso, in Lav. nella giur. 2008, 185, e in Dir. e prat. lav. 2008, 1528)
  • Nell'ambito dei canoni di interpretazione delineati dagli artt. 1362 ss. c.c. e, in particolar modo, nell'interpretazione delle norme dei contratti collettivi di lavoro di diritto comune, non esiste un principio di gerarchia tra i canoni ermaneutici, nè tantomeno un preteso principio dell'autosufficienza del criterio letterale in ragione di una affermata chiarezza delle espressioni adottate nel testo contrattuale. La lettera, infatti, costituisce solo una preliminare presa di cognizione (di cui all'art. 1362 segnala l'insufficienza con la precisazione che l'interprete non deve "limitarsi al senso letterale delle parole"), che deve essere integrata attraverso gli ulteriori strumenti previsti dall'art. 1363, quali la connessione delle singole clausole e il senso che risulta dal complesso dell'atto, atteso che la lettera (il senso letterale), la connessione (il senso coordinato) e l'integrazione (il senso complessivo) sono strumenti legati da un rapporto di necessità e sono tutti necessari all'esperimento del procedimento interpretativo della norma contrattuale. (Cass. 8/3/2007 n. 5287, Pres. Mercurio Est. Cuoco, in Lav. nella giur. 2007, 1139)
  • Il canone costituzionale della ragionevole durata del processo (art. 111, secondo comma, Cost., coniugato con quello dell'immediatezza della tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.), orienta l'interpretazione dell'art. 420-bis c.p.c. nel senso di ritenere che tale disposizione trovi applicazione solo nel giudizio di primo grado e non anche in grado di appello. Questa opzione interpretativa è poi in sintonia con le scelte del legislatore delegato (d.lgs. n. 40/2006), che più in generale ha limitato la possibilità di ricorso immediato per Cassazione avverso sentenze non definitive rese in grado d'appello, lasciando invece inalterata la disciplina dell'impugnazione immediata delle sentenze definitive rese in grado di appello. (Cass. 19/2/2007 n. 3770, Pres. Ianniruberto Est. Amoroso, in Riv. it. dir. lav. 2008, con nota di Raffaele Galardi, "La lettura costituzionalmente orientata dell'art. 420-bis c.p.c., in materia di accertamento pregiudiziale sulla validità e interpretazione dei contratti collettivi", 218)
  • L'interpretazione dei contratti collettivi di diritto comune è riservata al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per vizi di motivazione e per violazione dei canoni ermeneutici. (Nella specie, la Corte ha cassato la sentenza di merito che, in relazione alla configurabilità o meno del diritto del ricorrente di percepire l'incentivo per la redditività previsto da accordo aziendale di azienda municipale di trasporto - AMAT di Palermo -, aveva interpretato la locuzione "personale in forza", contenuta nell'accordo, come comprensiva anche del personale non ancora in servizio alla data indicata in un precedente accordo, senza dare adeguata motivazione di tale interpretazione estensiva e senza esaminare l'accordo nella sua interezza). (Cass. 22/6/2006 n. 14463, Pres. Sciarelli Est. La Terza, in Lav. nella giur. 2006, 1221, e in Dir. e prat. lav. 2007, 436)
  • L’interpretazione dei contratti collettivi di diritto comune è riservata alla valutazione del giudice di merito ed è incensurabile in cassazione salvo che per violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale e per vizio di motivazione. (Nella specie, la S.C. ha escluso la configurabilità di alcun vizio nella sentenza di merito che, in relazione al Ccnl per i medici convenzionati con il Servizio Sanitario Nazionale, ne aveva interpretato l’art. 5, che prevede il riconoscimento di una indennità di esclusività in favore di chi abbia prestato un’attività lavorativa esclusiva a tempo determinato o indeterminato per oltre cinque anni in favore del S.s.n., come facente riferimento esclusivamente ad attività inerenti a un rapporto di lavoro subordinato, e non anche a forme di collaborazione autonoma, quali quelle del professionista che eserciti, fuori dall’orario di servizio, attività professionale inframuraria). (Cass. 20/3/2006 n. 6148, Pres. Mattone Rel. Vigolo, in Lav. Nella giur. 2006, 910)
  • Nell’interpretazione dei contratti collettivi, l’art. 1362 c.c. prescrive, in sede ermeneutica, la prevalenza della comune intenzione dei contraenti sul senso letterale delle parole, ossia la ricerca del significato più attendibile in relazione alle loro posizioni giuridiche ed economiche; inoltre, seppure nell’ambito dell’impresa privata non operi il principio costituzionale di eguaglianza, il dubbio interpretativo deve essere superato realizzando l’uniformità di trattamento dei lavoratori, salve deroghe specificatamente giustificate. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che, nel dubbio interpretativo, aveva escluso che un accordo collettivo inteso, attraverso l’assunzione di una nuova impresa, a evitare la disoccupazione di lavoratori già dipendenti da imprese in liquidazione potesse produrre, per loro, un ingiustificato privilegio rispetto ai colleghi dipendenti della nuova impresa). (Cass. 12/1/2006 n. 434, Pres. Mercurio rel. Roselli, in Lav. Nella giur. 2006, 698)
  • L’interpretazione del contratto collettivo di diritto comune (a prescindere dal livello, sia cioè esso aziendale o nazionale), è riservata al giudice del merito. (Cass. 27/10/2005 n. 20860, Pres. Mileo Rel. De Luca, in Lav. Nella giur. 2006, 595)
  • Nell’interpretazione della disciplina contrattuale collettiva dei rapporti di lavoro, censurabile in cassazione solo per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale e per vizi di motivazione, deve farsi applicazione, oltre che del criterio dell’interpretazione letterale di cui all’art. 1362 c.c., anche del principio di coerenza con l’ordinamento statale, comportate la necessità che gli accordi stessi siano letti in coerenza con gli istituti legali su cui vengano a incidere, con il consequenziale rifiuto di opzioni dirette a contraddire la disciplina legale. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che, interpretando l’art. 33 del CCNL dei giornalisti – nel senso che l’anzianità contributiva che consente, in caso di crisi aziendale, il licenziamento al raggiungimento di una determinata età anagrafica è solo quella maturata presso l’I.N.P.G.I. (Istituto Nazionale Previdenza Giornalisti Italiani) e non anche quella complessiva risultante dal cumulo con i contributi maturati presso l’INPS – aveva trascurato, senza motivazione, il dato letterale e non aveva tenuto conto del carattere unitario del trattamento pensionistico risultante da contribuzioni differenti, quale risultante dalla disciplina dettata dall’art. 3 della legge n. 1122 del 1955, valorizzando, invece, una norma regolamentare emanata dall’I.N.P.G.I. (Cass. 4/7/2005 n. 14158, Pres. Ciciretti Est. Spanò, in Orient. Giur. Lav. 2005, 513)
  • In considerazione della natura contrattuale delle clausole dei contratti collettivi del settore pubblico, valgono per la loro interpretazione i criteri fissati dagli art. 1362 ss. C.c. e non già quelli posti in tema di interpretazione della legge dall’art. 12 disp. prel. (Cass. 5/5/2005 n. 9342, in Giust. Civ. 2006, 1012)
  • In considerazione della natura contrattuale delle clausole dei contratti collettivi del settore pubblico e in mancanza di una previsione legislativa in tal senso, non può trovare applicazione alle norme contenute nelle suddette clausole il principio iura novit curia; tuttavia, nell’interpretazione di tali clausole, la Corte di cassazione non può essere condizionata dal comportamento delle parti che abbiano riprodotto in tutto o in parte le clausole da interpretare, potendo ricercarle aliunde, al pari di tutte le altre norme contrattuali ritenute utili alla interpretazione, nei limiti del fascicolo processuale nella sua interezza e, dunque, dei documenti prodotti dinanzi al giudice di merito o dallo stesso acquisiti. Gli art. 30, commi 2 e 7, e 32-bis c.c.n.l. comparto autonomie locali 14 settembre 2000 (c.d. “code contrattuali”) devono essere interpretati nel senso che è consentito all’amministrazione esigere dagli insegnanti delle scuole comunali, durante il periodo estivo e al di fuori del periodo di ferie, la partecipazione a corsi di formazione e aggiornamento professionale; tale richiesta è legittima, anche in assenza di preventiva concertazione sindacale, se l’attività di formazione e aggiornamento si mantiene nei limiti delle venti ore mensili, o nel diverso e più ristretto limite, individuato su base annua, non inferiore alle centoventi ore (nella specie, la Corte suprema non ha escluso l’impugnabilità con ricorso immediato per Cassazione ex art. 64 d.lgs. n. 165 del 2001 della sentenza di primo grado che abbia deciso solo sull’interpretazione delle clausole di contratto collettivo nazionale nell’ambito del procedimento per la repressione della condotta antisindacale ai sensi dell’art. 28 St. lav. (Cass. 5/5/2005 n. 9342, in Giust. Civ. 2006, 1012)
  • L’interpretazione dei contratti collettivi di diritto comune è riservata al giudice di merito, le cui valutazioni soggiacciono, in sede di legittimità, a un sindacato che è limitato alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica contrattuale ed al controllo di una motivazione coerente e logica. Pertanto, sia la denuncia della violazione delle regole di ermeneutica che la denuncia del vizio di motivazione esigono una specifica indicazione, e cioè la precisazione del modo attraverso il quale si è realizzata la violazione anzidetta e delle ragioni dell’obiettiva deficienza e contraddittorietà del ragionamento del giudice, non potendo le censure risolversi, in contrasto con la qualificazione loro attribuita dalla parte ricorrente, nella mera contrapposizione di un’interpretazione diversa da quella criticata. (Nella specie, la Corte Cass. ha confermato la sentenza impugnata che, con motivazione logica e coerente, aveva individuato nel DM 14 maggio 1985, n. 1085 e nelle declaratorie di carattere generale successive (Ccnl 1987/1989), le norme applicabili per l’inquadramento del personale ferroviario nel periodo controverso, riferendo puntualmente le previsioni che descrivono le mansioni del capo stazione sovrintendente (ottava categoria) e del capo settore stazioni (nona categoria) ed aveva ritenuto di dover affermare, dalla comparazione tra le mansioni svolte e quelle previste, che le mansioni espletate dal dipendente, sin dall’aprile 1988, andavano ricondotte alla nona categoria). (Cass. 18/4/2005 n. 7936, Pres. Ianniruberto Rel. Stile, in Dir. e prat. lav. 2005, 2060)
  • L’interpretazione dei contratti collettivi di diritto comune è incensurabile in sede di cassazione se sorretta da adeguata motivazione e conforme ai criteri soggettivi di ermeneutica contrattuale. (Cass. 18/4/2005 n. 7936, Pres. Ianniruberto Rel. Stile, in Lav. nella giur. 2005, 789)
  • In tema di accertamento pregiudiziale sull'efficacia, validità e interpretazione dei contratti collettivi per il settore pubblico (di cui all'art. 64, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165), il sub-procedimento che si instaura nel corso del processo relativo a controversie individuali (di cui all'art. 63) è appunto volto a "risolvere in via pregiudiziale" questioni concernenti clausole di un contratto o accordo collettivo nazionale sottoscritto dall'ARAN (ex artt. 40 ss.), ogniqualvolta, per la definizione della controversia, risulti "necessario" risolvere una di tali questioni. Pertanto, quando venga meno la clausola contrattuale che costituisce oggetto dell'accertamento pregiudiziale, in quanto sostituita, sin dall'inizio della vigenza, dal sopravvenuto accordo di interpretazione autentica, ovvero di modifica della stessa clausola con effetto retroattivo, si verifica - in qualsiasi stato e grado dello stesso subprocedimento - la cessazione della materia del contendere. (Cass. 22/3/2005 n. 6113, Pres. Sciarelli Est. De Luca, in Riv. it. dir. lav. 2007, con nota di Chiara Ianniruberto, "Riflessioni sull'interpretazione del contratto collettivo", 449)
  • Poiché il procedimento speciale disciplinato dall’art. 64 d.lgs. n. 165 del 2001 è diretto esclusivamente all’accertamento pregiudiziale della corretta interpretazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro del pubblico impiego privatizzato, è inammissibile il ricorso per Cassazione avverso la sentenza non definitiva che decida questioni di diritto non attinenti all’interpretazione della clausola controversa e che, quindi, non rientrano nell’accertamento pregiudiziale. L’art. 64 d.lgs. n. 65 del 2001, nell’ambito dello speciale procedimento di accertamento pregiudiziale ivi disciplinato, attribuisce alla Corte di cassazione un potere-dovere di interpretare direttamente i contratti o accordi collettivi nazionali dei pubblici dipendenti, che non è ricollegabile alla natura delle clausole da interpretare, atteso che a tali disposizioni contrattuali non è possibile riconoscere forza e valore di norma giuridiche secondarie, trattandosi di disposizioni che trovano la loro fonte nella volontà delle parti collettive che le stipulano; dalla natura negoziabile dei contratti collettivi dei pubblici dipendenti discende che l’interpretazione di tali atti debba avvenire secondo i criteri di cui agli art. 12 e 14 disp. prel. Il c.c.n.l. del comparto ministeri 16 febbraio 1999 (all. A) non ricomprende tra le mansioni proprie del profilo lavorativo relativo alla posizione economica “C3” le funzioni di reggenza della posizione lavorativa dirigenziale, che presuppone la vacanza nella titolarità dell’ufficio (mentre la sostituzione è prevista solo temporaneamente per il caso di assenza o impedimento del titolare), atteso che, - in base alle parole ed espressioni utilizzate nel contratto – deve ritenersi che i contraenti, omettendo l’indicazione della reggenza tra le mansioni proprie della qualifica della posizione economica “C3”, abbiano inteso consapevolmente escludere tale figura dalla relativa declaratoria. (Cass. 17/3/2005 n. 5892, Pres. Ravagnani Est. D’Agostino, in Giust. Civ. 2006, 1015)
  • Le clausole dei contratti collettivi del settore pubblico devono essere interpretate sulla base degli artt. 1362 ss. C.c. (Corte d’appello Venezia 29/6/2004, Pres. Pivotti Est. Santoro, in Lav. nelle P.A. 2005, con commento di Enrico Gragnoli, “Interpretazione del contratto collettivo, procedimento disciplinare ed esercizio dell’azione penale”, 93)
  • L'interpretazione dei contratti collettivi di diritto comune è riservata, salva l'eccezione dei contratti collettivi dell'ex pubblico impiego introdotta dall'art. 68, comma 5, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 23, aggiunto dall'art. 29 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, al giudice del merito ed è censurabile in sede di legittimità solo per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale o per vizi di motivazione. (Nella specie, la sentenza impugnata, confermata dalla S.C., aveva ritenuto che l'art. 34 del Ccnl del 1992 per il settore grafico, così come l'art. 36 del Ccnl del 1996, nel disporre che il Tfr si computa sommando per ciascun anno una quota di retribuzione, dovesse essere interpretato alla luce della nozione di retribuzione definita dai medesimi Ccnl come quanto complessivamente percepito per la prestazione lavorativa nell'orario normale, con conseguente esclusione della possibilità di computare nel Tfr il compenso per lavoro straordinario che, per definizione, non è percepito per la prestazione resa nell'orario normale). (Cass. 11/3/2004 n. 5004, Pres. Capitanio Rel. Celentano, in Dir. e prat. lav. 2004, 2157)
  • L'interpretazione dei contratti collettivi di diritto comune è rimessa al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione o per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che, in tema di rapporto di lavoro dei dipendenti delle Ff. Ss., aveva ritenuto dovuta nella misura massima della terza l'indennità di posizione prevista dall'accordo sindacale del 13 maggio 1993 per i Dirigenti centrali coordinatore trazione (Dcct) in favore del ricorrente, il quale aveva successivamente acquistato una diversa qualificazione rientrante nei Dirigenti centrali trasposto (Dct), sostenendo -con motivazione immune da vizi- la continuità tra le posizioni professionali Dcct e Dct sulla base dell'Accordo del 3 marzo 1995). (Cass. 26/1/2004 n. 1355, Pres. Ciciretti Rel. Cuoco, in Dir. e prat. lav. 2004, 1443)
  • L'interpretazione delle disposizioni collettive di diritto comune è riservata al giudice di merito, le cui valutazioni soggiacciono, in sede di legittimità, alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica contrattuale ed al controllo della sussistenza di una motivazione coerente e logica. (Nel caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto carente la motivazione del giudice di merito il quale, in relazione al contratto collettivo del 26 novembre 1994 dei postelegrafonici, aveva omesso di verificare se alle tre posizioni retributive differenziate esistenti all'interno dell'area operativa corrispondessero differenti qualifiche collegate a mansioni afferenti a distinti profili professionali, omissione rilevante in quanto, se così fosse risultato, la norma inderogabile contenuta nell'art. 2103 c.c. non avrebbe consentito di considerare equivalenti, ai fini dell'inquadramento, mansioni diverse, ciascuna corrispondente ad un diverso livello retributivo). (Cass. 17/3/2003, n. 3918, Pres. Sciarelli, Rel. Balletti, in Lav. nella giur. 2003, 675)
  • L'interpretazione dei contratti collettivi di diritto comune è devoluta al giudice di merito ed è censurabile in cassazione solo per vizi di motivazione e per violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale (nel caso di specie, la Suprema Corte ha confermato la sentenza del giudice di merito il quale, avendo ritenuto, sulla base dell'interpretazione letterale del Ccnl del 1994, che con esso le parti avessero inteso sopprimere retroattivamente i csompensi premiali previsti dalla precedente contrattazione collettiva nazionale, aveva riconosciuto il diritto dei ricorrenti-dipendenti delle Ferrovie dello Stato andati in pensione negli anni 1993-1994-a percepire gli elementi retributivi premiali previsti dall'art. 33, secondo comma, lettera n, del Ccnl del 1990-1992 dalla data di maturazione del diritto fino alla data del loro collocamento a riposo, ritenendo che il diritto al compenso premiale fosse già entrato nel patrimonio dei lavoratori al momento della cessazione del rapporto. (Cass. 3/2/2003, n. 1557, Pres. Sciarelli, Rel. Figurelli, in Lav. nella giur. 2003, 570)
  • L'interpretazione dei contratti collettivi di diritto comune è devoluta al giudice di merito ed è censurabile in cassazione solo per vizi di motivazione e violazione dei canoni dei canoni di ermeneutica contrattuale. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto non sufficientemente né logicamente motivata la sentenza di merito che, escludendone la natura retributiva, aveva attribuito all'indennità di cantiere corrisposta ai lavoratori dipendenti dell'Enel natura di rimborso spese, essendosi detta sentenza fondata sul rilievo che l'indennità è prevista nella stessa disposizione contrattuale che prevede i rimborsi, senza considerare che ai lavoratori che operino in determinate condizioni possono essere corrisposti tanti rimborsi spese che indennità volte a compensare le particolari modalità della prestazione. La Corte ha inoltre ritenuto che non rileva la previsione della fissazione in sede locale dell'esatta misura dell'indennità stessa, tra il minimo ed il massimo previsto dal CCNL, giustificandosi tale variabilità con la possibilità di differenziazione delle condizioni di lavoro nei vari cantieri). (Cass. 27/8/2002, n. 12573, Pres. Ciciretti, Rel. Celentano, in Lav. nella giur. 2003, 73)
  • In tema d'interpretazione degli atti negoziali, l'art. 1362 c.c., nel prescrivere all'interprete di non limitarsi al senso letterale delle parole, non intende svalutare l'elemento letterale nell'interpretazione, ma anzi ribadire il valore fondamentale e prioritario che esso assume nella ricerca della comune intenzione delle parti, onde il giudice può ricorrere ad altri criteri ermeneutici solo quando le espressioni letterali non siano chiare, quando le suddette esporessioni si presentino univoche secondo il linguaggio corrente, il giudice può attribuire alle parti una volontà diversa da quella risultante dalle parole adoperate soltanto se individua ed esplicita le ragioni per le quali predette parti, pur essendosi espresse in un determinato modo, abbiano in realtà inteso manifestare una volontà diversa. (Cass. 2/8/2002, n. 11609, Pres. Ciciretti, Rel. Di Iasi, in Lav. nella giur. 2003, 73)
  • Nell'interpretazione del contratto collettivo è prioritario e prevalente il criterio di coerenza tra atto da interpretarsi e valori fondamentali del diritto vivente del lavoro la cui violazione è censurabile in sede di legittimità (nel caso di specie, il c.c.n.l. del 1995 per i dipendenti del Casinò di Sanremo disponeva l'automatica sospensione dal lavoro del dipendente colpito da ordinanza di custodia cautelare in carcere; una volta che questi era stato rimesso in libertà, il datore aveva rifiutato di riammetterlo in servizio; sulla base dell'art. 29 del citato c.c.n.l. la S.C. ha statuito l'onere del datore di lavoro di comunicare al dipendente le ragioni che ostano alla revoca della sospensione e alla ripresa dell'attività lavorativa). (Cass. 1/7/2002, n. 9538, Pres. Prestipino, Est. Guglielmucci, in Riv. it. dir. lav. 2003, 501, con nota di Andrea Pardini, Interpretazione della clausola collettiva ambigua secondo il criterio di armonizzazione)
  • In tema d'interpretazione dei contratti collettivi, l'individuazione della comune intenzione delle parti, in considerazione della loro peculiare natura e della specificità dell'oggetto della contrattazione, non è sempre facilmente individuabile facendosi ricorso al solo criterio letterale; in tal caso il canone ermeneutico dettato dall'art. 1363 c.c. assume una portata ancora più incisiva. (Cass. 9/5/2002, n. 6656, Pres. Mercurio, Est. Picone, in Riv. it. dir. lav. 2003, 14, con nota di Cristina Saisi, Clausole collettive in materia di contribuzione sindacale e criteri della relativa interpretazione)
  • Ai fini dell'applicazione dell'art. 64, D.Lgs. n. 165/2001, relativo al rinvio pregiudiziale all'Aran in caso di questioni attinenti all'efficacia, validità od interpretazione di clausole di contratto collettivo, la normativa contrattuale sottoposta al vaglio del giudicante, poiché interamente pattizia e di tipo privatistico, deve essere innanzitutto interpretata dal giudice alla stregua delle ordinarie regole di ermeneutiche fissate dagli artt. 1362 ss. c.c. Soltanto ove, dopo aver applicato i criteri ermeneutici previsti dagli artt. 1362-1365 c.c., non si possa attribuire alla norma contrattuale un significato univoco, essendo la stessa priva di alcun significato o ammettendo una pluralità di significati tutti astrattamente conformi alla comune intenzione delle parti, deve ritenersi che il contenuto della norma sia oscuro con conseguente attivazione del meccanismo pregiudiziale. (Trib. Gorizia 8/1/2002, Est. Masiello, in Lav. nella giur. 2003, 254, con commento di Domenico Pizzonia)
  • Nell'interpretazione della disciplina contrattuale collettiva dei rapporti di lavoro - la quale spesso è articolata su diversi livelli (nazionale, provinciale, aziendale etc.), regola una materia vasta e complessa in ragione della interdipendenza dei molteplici profili della posizione lavorativa, e utilizza il linguaggio delle cosiddette relazioni industriali, non necessariamente coincidente con quello comune - assume un rilievo preminente il criterio, dettato dall'art. 1363 c.c., dell'interpretazione complessiva delle clausole, mentre il criterio letterale cui fa riferimento l'art. 1362 non deve essere utilizzato in contrasto con la finalità della ricerca della concorde volontà delle parti contraenti - secondo il medesimo articolo costituente l'obiettivo dell'attività ermeneutica -, e trascurando la frequente mancanza di una chiara corrispondenza tra il tenore testuale delle espressioni e la volontà delle parti (Cass. 9/8/00, n. 10500, pres. Ianniruberto, est. Vidiri, in Orient. giur. lav. 2001, pag. 30)
  • All'interpretazione della contrattazione collettiva, che, anche quando è di diritto comune, ha una funzione di "norma regolamentare settoriale", non sono automaticamente estensibili le regole ermeneutiche proprie dell'interpretazione dei negozi di diritto privato, e, ove si prospettino più interpretazioni, deve preferirsi quella rispondente al criterio dell'armonizzazione tra la clausola della disciplina settoriale - cioè della clausola contrattuale- e le regole di portata generale che connotano il diritto vivente del lavoro (Nella specie, con la sentenza impugnata era stato riconosciuto il diritto di un dipendente delle Ferrovie dello Stato all'inquadramento in una categoria superiore per lo svolgimento per oltre 90 giorni delle relative mansioni in sostituzione di dipendenti con diritto alla conservazione del posto di lavoro, poiché l'azienda, in violazione dell'art. 41 del contratto collettivo, non gli aveva comunicato, prima dell'inizio dello svolgimento delle mansioni superiori, i nominativi dei dipendenti sostituiti, con la specificazione dei corrispondenti incarichi; la S.C. ha confermato tale decisione, rilevando che il giudice di merito aveva interpretato la clausola contrattuale come impositiva di rigide garanzie, e cioè come diretta alla salvaguardia più piena della dignità del lavoratore in caso di esercizio dello "ius variandi", disattendendo invece l'ipotesi interpretativa formulata dal datore di lavoro, che prospettava l'esigenza di un contemperamento degli interessi delle parti, con il riconoscimento anche delle esigenze di funzionalità aziendale) (Cass. 18/7/0, n. 9430, pres. Trezza, in Orient. Giur. Lav. 2000, pag. 893)
  • Nell'interpretazione del contratto collettivo è utilizzabile anche il criterio del comportamento posteriore delle parti di cui all'art. 1362, secondo comma, c.c., quest'ultimo potendo essere integrato da un successivo contratto collettivo che presupponga una determinata interpretazione di una complessa ed organica disciplina di istituti contrattuali articolata nel tempo e nel corso di più contratti collettivi. (Cass. 5/2/00, n. 1311, pres. Santojanni, est. De Matteis, in Argomenti dir. lav. 2001, pag. 712)
  • Sulla base dei principi in tema di interpretazione dei contratti ex art. 1362 ss. c.c., non è ammissibile l’interpretazione analogica di un contratto integrativo aziendale (Pret. Parma 19/5/98, est. Ferraù, in D&L 1998, 999, nota Pavone)