Criteri di scelta

  • Per la scelta dei lavoratori da porre in cassa integrazione, la l. n. 223 del 1991, art. 1, comma 7, prescrive che il datore di lavoro comunichi alle OO.SS. i criteri di scelta dei lavoratori da sospendere, in relazione a quanto previsto dalla l. n. 164 del 1975, art. 5. Tale disposizione tutela, nella gestione della cassa integrazione, i diritti dei singoli lavoratori e le prerogative delle OO.SS. anche dopo l’entrata in vigore della disciplina del d.P.R. 10 giugno 2000, n. 218, la quale non abroga o modifica le suddette disposizioni ma solo regola diversamente il procedimento amministrativo, di rilevanza pubblica, di concessione di integrazione salariale. (Cass. 16/9/2013 n. 21076, Pres. Miani Canevari Est. Mammone, in Lav. nella giur. 2014, 84)
  • La ripartizione dei lavoratori di un’azienda in tre aree, denominate A, B o C a seconda di un criterio storico, oggettivo e trasparente (il fatto di essere stati i lavoratoti effettivamente adibiti alle attività descritte nelle singole aree per almeno sei mesi) è del tutto legittimo e non discriminatorio, ove tale criterio sia stato adottato in sede di accordo sindacale. (Trib. Roma 6/5/2013 Giud. Monterosso, in Lav. nella giur. 2014, con commento di Nicola Petracca, 168)
  • È illegittima la collocazione in cassa integrazione guadagni straordinaria laddove la comunicazione di apertura della procedura, in violazione dell’art. 1, co. 7, l. 223/1991, sia assolutamente generica in ordine ai criteri in base ai quali pervenire all’individuazione dei dipendenti interessati alla sospensione e non consenta una valutazione coerente tra criteri indicati e la selezione dei lavoratori da sospendere. Né il vizio inficiante la comunicazione può ritenersi sanato dall’accordo sindacale successivamente raggiunto, perché il sindacato, a causa dei vizi della comunicazione, non era a conoscenza del contenuto specifico dei dati da trattare e perché in ogni caso l’accordo non dà conto di alcun criterio tale da consentire di valutare, in modo oggettivo, quali lavoratori dovessero essere sospesi. (Cass. 22/3/2012 n. 4807, Pres. Stile Est. Napoletano, in Riv. It. Dir. lav. 2013, con nota di Chiara Tomiola, “Criteri di scelta dei lavoratori da sospendere alternativi alla rotazione: necessità di specificazione e obiettiva applicazione”, 390)
  • In caso di intervento straordinario della cassa integrazione guadagni per l’attuazione di un programma di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale che implichi temporanea eccedenza di personale, il provvedimento di sospensione dell’attività lavorativa è illegittimo nel caso in cui il datore di lavoro ometta di comunicare alle organizzazioni sindacali, ai fini dell’esame congiunto, gli specifici criteri, eventualmente diversi anche dalla rotazione, di individuazione dei lavoratori che devono essere sospesi; tale illegittimità può essere fatta valere davanti al giudice ordinario per ottenere il pagamento della retribuzione piena e non integrata. (Cass. 17/5/2011 n. 10825, Pres. Miani Canevari Rel. Tria, in Lav. nella giur. 2011, 954)
  • Quando il giustificato motivo oggettivo di licenziamento si identifica nella generica esigenza di riduzione di personale assolutamente omogeneo e fungibile, ai fini del controllo della conformità della scelta dei lavoratori da licenziare ai principi di correttezza e buona fede di cui all’art. 1175 c.c. non essendo utilizzabili né il normale criterio della “posizione lavorativa” da sopprimere in quanto non più necessaria, né tanto meno il criterio della impossibilità di repechage (in quanto tutte le posizioni lavorative sono equivalenti e tutti i lavoratori sono potenzialmente licenziabili), ben può farsi riferimento, pur nella diversità dei rispettivi regimi, ai criteri che l’art. 5 l. n. 223 del 1991 ha dettato per i licenziamenti collettivi per l’ipotesi in cui l’accordo sindacale ivi previsto non abbia indicato criteri di scelta diversi e, conseguentemente, prendere in considerazione in via analogica i criteri dei carichi di famiglia e dell’anzianità. (Cass. 28/3/2011 n. 7046, Pres. Foglia Est. Mammone, in Orient. Giur. Lav. 2011, 189)
  • In caso di intervento straordinario di integrazione salariale per l’attuazione di un programma di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale che implichi una temporanea eccedenza di personale, il provvedimento di sospensione dell’attività lavorativa è illegittimo qualora il datore di lavoro, sia che intenda adottare il meccanismo della rotazione sia in caso contrario, ometta di comunicare alle organizzazioni sindacali, ai fini dell’esame congiunto, gli specifici criteri, eventualmente diversi dalla rotazione, di individuazione dei lavoratori che debbono essere sospesi (in base al combinato disposto degli artt. 1, comma 7, legge 23 luglio 1991 n. 223 e 5, commi 4 e 5, legge 20 maggio 1975, n. 164); a tal fine, la specificità dei criteri di scelta, che si possono definire generali in quanto rivolti a una collettività di lavoratori, consiste nella idoneità dei medesimi a operare la selezione eliminando apprezzamenti discrezionali del datore di lavoro e nel contempo a consentire la verifica della corrispondenza della scelta dei criteri. (Trib. Milano 6/12/2010, Giud. Ravazzoni, in Lav. nella giur. 2011, 220)
  • Il criterio di scelta dei dipendenti da porre in cassa integrazione e in mobilità, determinato nel rispetto delle procedure previste dagli artt. 4 e 5 della L. 23 luglio 1991, n. 223, non può essere successivamente disapplicato o modificato, travalicando gli ambiti originariamente previsti, non essendo consentito che in tale spazio temporale l'individuazione dei singoli destinatari dei provvedimenti datoriali venga lasciata all'iniziativa e al mero potere discrezionale dell'imprenditore, in quanto ciò pregiudicherebbe l'interesse dei lavoratori a una gestione trasparente e affidabile della mobilità e della riduzione del personale. (Cass. 22/3/2010 n. 6841, Pres. ed Est. Vidiri, in Lav. nella giur. 2010, con commento di Gianluigi Girardi, 901)  
  • L'art. 2 del DPR n. 218/2000 non ha abrogato l'art. 1, comma 7, della L. n. 223/1991, che prevede l'obbligo di esplicitazione, nella comunicazione di apertura della procedura, dei criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere nonché le modalità della rotazione. Pertanto, la mancata esplicitazione dei criteri di scelta è causa di illegittimità del provvedimento finale di concessione della CIGS. (Corte app. Torino 15/1/2008, Pres. Peyron e Rel. Mancuso, in Lav. nella giur. 2008, 1169) 
  • Deve escludersi che l’art. 2, D.P.R. n. 218/2000 abbia abrogato i commi 7 e 8 dell’art. 1, L. n. 223/1991, con riferimento all’obbligo di comunicare i criteri di scelta dei lavoratori da sospendere, posto che l’art. 1 non può essere considerata solo una norma che regola il procedimento amministrativo per la concessione del trattamento di CIGS e conseguentemente non può rientrare nella delega data al governo per la semplificazione dei procedimenti amministrativi in materia. (Trib. Milano 20/7/2004, Est. Ravazzoni, in Lav. nella giur. 2005, 290)
  • Sono in violazione delle regole procedurali di cui all'art. 1, 7° comma, L. 123/7/91 n. 223 e quindi illegittime le sospensioni in Cigs adottate dal datore di lavoro qualora la comunicazione circa i criteri di scelta dei lavoratori da sospendere sia mancata ovvero i criteri siano stati indicati genericamente, impedendo così la prescritta verifica in sede sindacale; ne consegue il diritto dei lavoratori sospesi al risarcimento del danno, nella misura della differenza tra retribuzione piena e trattamento di Cigs. La tardiva contestazione da parte dei lavoratori delle sospensioni in Cigs per mancanza ovvero genericità della comunicazione dei criteri di scelta, violazione dell'art. 2, 7° comma, L. 23/7/91 n. 223, non integra una concausa del danno ex art. 1227 c.c. e quindi non determina una riduzione del risarcimento dovuto. (Trib. Milano 13/3/2003, Est. Marasco, in D&L 2003, 724)
  • Il potere del datore di lavoro di scegliere i lavoratori da sospendere in Cig, pur discendendo direttamente dall'art. 41, 1° comma, Cost., deve pur sempre essere esercitato individuando criteri oggettivi, razionali e coerenti con le finalità del trattamento di integrazione salariale e dei principi di non discriminazione e di correttezza e buona fede, e può essere autolimitato dal datore di lavoro mediante le intese raggiunte con le 00.SS. (Cass. sez. un. 11 maggio 2000 n. 302, pres. Vela, est. Prestipino, in D&L 2000, 691, n. Muggia)
  • E' legittima la scelta del datore di lavoro di sospendere in cassa integrazione guadagni straordinaria, in applicazione del criterio stabilito da accoro sindacale, i lavoratori prossimi al raggiungimento die limiti di età e di contribuzione per fruire di un trattamento di quiescenza (Cass. 7/12/99 n. 13691, pres. De Tommaso, in Foro it. 2000, pag. 2842)
  • Nella scelta dei lavoratori da collocare in Cigs il datore di lavoro deve attenersi ai principi di correttezza e buona fede, risultando pertanto illegittimo il comportamento del datore di lavoro che, dopo aver indicato i reparti nell'ambito dei quali sarebbero stati individuati i lavoratori da sospendere, abbia effettuato numerosi trasferimenti dei lavoratori addetti a tali reparti, di fatto modificando la situazione in cui i criteri di scelta dovevano applicarsi (Trib. Milano 5 novembre 1999, est. Vitali, in D&L 2000, 143)
  • Nella scelta dei lavoratori da collocare in Cigs, il datore di lavoro deve attenersi ai criteri individuati ai sensi dell’art. 1, 7° comma, L. 23/7/91 n. 223, da applicarsi nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, risultando pertanto illegittimo, per contrasto con tali principi, il comportamento del datore di lavoro che, dopo aver indicato i reparti nell’ambito dei quali sarebbero stati individuati i lavoratori da sospendere, abbia effettuato numerosi trasferimenti dei lavoratori addetti a tali reparti, di fatto modificando la situazione cui i suddetti criteri dovevano essere applicati (Pret. Milano 31/10/98, est. Negri della Torre, in D&L 1999, 87)
  • È ammessa la verifica in sede giudiziale del corretto uso del potere imprenditoriale nella scelta dei lavoratori da sospendere, sia in riferimento ai c.d. "limiti interni" che a quelli "esterni" (Trib. Milano 15/3/97, pres. Gargiulo, est. de Angelis, in D&L 1997, 567)
  • L’onere probatorio circa l’applicazione dei criteri di scelta concordati per la sospensione in Cigs grava sul datore di lavoro, spettando al dipendente solo di provare l’esistenza dell’accordo con i criteri relativi e, attraverso la sospensione, l’alterazione del fisiologico funzionamento del rapporto; il mancato assolvimento di tale onere da parte dell’imprenditore rileva sul piano dell’inadempimento delle obbligazioni scaturenti dall’accordo e comporta un risarcimento del danno da quantificarsi nella differenza tra retribuzione che sarebbe stata percepita e integrazione salariale (Trib. Milano 15/3/97, pres. Gargiulo, est. de Angelis, in D&L 1997, 567)
  • In ipotesi di intervento della CIGS, ove non sussistano accordi sindacali circa i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere, il datore di lavoro deve rispettare, al riguardo, le esigenze di correttezza e buona fede; tali esigenze risultano violate – e a ciò consegue la condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno nella misura delle relative differenze retributive – qualora non siano stati applicati, in concorso tra di loro, i criteri di scelta previsti dall'art. 5 c. 1 L. 223/91, esprimenti un ponderato bilanciamento dei contrapposti interessi dell'impresa e dei lavoratori anche in tema di collocazione in CIGS (Pret. Milano 8/1/96, est. Negri della Torre, in D&L 1996, 393)
  • Ai fini dell'emanazione di un provvedimento d'urgenza ex art. 700 cpc richiesto avverso la sospensione in CIGS di un lavoratore, sussiste il fumus boni iuris nel caso in cui il datore di lavoro non abbia assolto all'obbligo, che grava sullo stesso, di provare la corretta applicazione dei criteri di scelta dei lavoratori da sospendere individuati in sede di accordo sindacale (Trib. Roma 31/3/95, pres. Zecca, est. Pecora, in D&L 1995, 907, nota BORALI)