Ripetizione dell'indebito

  • Nel giudizio promosso dal pensionato per l'accertamento dell'illegittimità della ripetizione dell'indebito avanzata dall'ente previdenziale a seguito della avvenuta corresponsione di somme non dovute, spetta a detto ente fornire la prova dei fatti costitutivi che fondano la pretesa restitutoria e non già al pensionato provare il suo diritto ai pagamenti la cui debenza è stata successivamente contestata dall'ente medesimo e ciò in quanto, in riferimento ad azioni di accertamento negativo, nell'applicare le regole di distribuzione dell'onere probatorio poste dall'art. 2697 c.c. occorre dare rilievo non al criterio dell'iniziativa processuale, bensì al criterio di natura sostanziale relativo alla posizione delle parti riguardo ai diritti oggetto del giudizio, là dove, appunto, grava su chi invoca la ripetizione dell'indebito l'onere di dimostrare non solo l'esecuzione del pagamento, ma anch la mancanza di una causa che lo giustifichi. (Nella specie, la S.C. enunciando l'anzidetto principio, ha confermato l'impugnata sentenza che aveva accolto la domanda di accertamento negativo proposta da un assicurato in relazione alla pretesa dell'Inps di conseguire la restituzione di ratei pensionistici che si assumevano indebitamente corrisposti, in difetto della prova dell'asserito indebito da parte dell'ente previdenziale). (Cass. 17/7/2008 n. 19762, Pres. Mattone Est. Toffoli, in Lav. nella giur. 2009, 79, e in Orient. giur. lav. 2008, 772, e in Dir. e prat. lav. 2009, 458)
  • Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 260 e 261 legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure per la razionalizzazione della finanza pubblica) nella parte in cui prevedono che nei confronti di chi abbia percepito indebitamente prestazioni pensionistiche a carico degli enti pubblici di previdenza obbligatoria, per periodi anteriori al 1° gennaio 1996, non si fa luogo al recupero dell’indebito qualora il suo reddito personale imponibile ai fini dell’Irpef per l’anno 1995 sia pari o inferiore a lire 16 milioni di lire e che, in caso di reddito superiore, l’indebito è irripetibile nei limiti di un quarto dell’importo riscosso. Non sono vulnerati gli artt. 3 e 38 della Costituzione, poiché restano pur sempre tutelati i pensionati a basso reddito e perché la sostituzione del regime di tutela dell’affidamento del pensionato con un altro criterio, diverso, seppur sotto certi aspetti meno favorevole, trova sufficiente giustificazione nel carattere straordinario ed eccezionale dell’intervento legislativo volto a porre ordine nella materia dell’indebito previdenziale. Quanto invece ai commi 7 e 8 dell’art. 38 della legge 28 dicembre 2001 n. 448 (Legge finanziaria 2002) – i quali prevedono che nei confronti di chi abbia percepito indebitamente prestazioni pensionistiche a carico dell’Inps, per il periodo anteriore al 1°gennaio 2001, non si fa luogo al recupero dell’indebito qualora il suo reddito personale imponibile ai fini dell’Irpef per l’anno 2000 sia pari o inferiore a  8263,31€  e che, in caso di reddito superiore, l’indebito è irripetibile nei limiti di un quarto dell’importo riscosso - la questione non si pone, atteso che gli indebiti di cui si controverte in giudizio sono tutti afferenti a periodi anteriori al 1°gennaio 1996. (Corte Cost. 9/01/2006 n. 1, Pres. Marini Red. Bile, in Dir. e prat. lav. 2006, 339)
  • In tema di ripetizione di indebito previdenziale, e con riguardo alla normativa applicabile agli indebiti pensionistici Inps maturati anteriormente al primo gennaio 1996, e non ancora recuperati totalmente, ovvero recuperati solo in parte, prima della entrata in vigore della legge 28 dicembre 2001, n. 448, la nuova disciplina dettata da quest’ultima legge con l’art. 38, settimo e ottavo comma (ai cui sensi “nei confronti dei soggetti che hanno percepito indebitamente prestazioni pensionistiche o quote di prestazioni pensionistiche o trattamenti di famiglia, a carico dell’Inps, per periodi anteriori al primo gennaio 2001, non si fa luogo al recupero dell’indebito qualora i soggetti medesimi siano percettori di un reddito imponibile ai fini dell’Irpef  per l’anno 2000 di importo pari o inferiore a 8263,31 euro”, e ove tale soglia sia superata, “non si fa luogo al recupero dell’indebito nei limiti di un quarto dell’importo riscosso”), non si applica quando il titolare del trattamento pensionistico godeva di un reddito, per l’anno 1995, inferiore ai sedici milioni di lire, soglia alla quale faceva riferimento la precedente disciplina sul recupero dell’indebito previdenziale (non solo Inps) dettata, per il periodo, appunto, anteriore al primo gennaio 1996, dall’art. 1, duecentosessantesimo e duecentosessantunesimo comma, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, dovendo escludersi, sotto questo profilo, un effetto abrogativo implicito di quest’ultima disciplina determinato dal sopraggiungere dal citato art. 38 della legge n. 448 del 2001, atteso che, secondo la regola generale operante nel caso di successione di norme nel tempo, il rapporto debitorio concernente l’indebito deve considerarsi estinto – con conseguente insensibilità allo ius superveniens – quando si sia perfezionata la fattispecie legale che, ai sensi della disciplina dell’indebito vigente all’atto della sua formazione, lo rendeva irripetibile. Viceversa, e sempre con riguardo agli indebiti maturati anteriormente al primo gennaio 1996, perché il titolare godeva nell’anno 1995 di un reddito superiore a sedici milioni di lire, la ripetibilità deve essere verificata anche alla luce della legge n. 448 del 2001, e quindi il recupero è consentito solo in caso di titolarità, nell’anno 2000, di un reddito superiore alla soglia individuata da quest’ultima legge. L’operatività di entrambe le discipline ricorre anche quando, al momento di entrata in vigore della legge n. 448 del 2001, sia in corso il recupero rateale (consentito dalla legge n. 662 del 1996): in tal caso l’Istituto previdenziale dovrà accertare se la restante porzione (alla data di inizio del processo, posto che il tempo della causa non deve essere di pregiudizio alla parte) sia ancora ripetibile, alla luce della legge n. 448 del 2001, verificando cioè la misura del reddito del 2000, ed astenendosi dal recuperare ulteriormente allorchè tale reddito sia inferiore alla soglia di legge. (Cass. 7/3/2005 n. 4809, Pres. Carbone Rel. La Terza , in Dir. e prat. lav. 2005, 1575)
  • In tema di ripetizione di indebito pensionistico, nei confronti di soggetti che hanno percepito indebitamente prestazioni pensionistiche o quote di prestazioni pensionistiche a carico dell’Inps, per periodi anteriori al 1° gennaio 1996, non si fa luogo, attesa l’irretroattività dell’art. 38 della legge n. 448 del 2001 e salva l’ipotesi del dolo del pensionato, al recupero dell’indebito qualora i soggetti medesimi siano percettori di un reddito personale imponibile ai fini dell’Irpef per l’anno 1995 di un importo pari a lire sedici milioni, mentre se detto reddito, per il medesimo anno, è superiore a detto importo, non si fa luogo al recupero dell’indebito nei limiti di un quarto delle somme riscosse. (Cass. 22/9/2004 n. 19020, Pres. Senese Rel. Lamorgese, in Dir. e prat. lav. 2005, 845)
  • Le prestazioni previdenziali indebitamente erogate dall’Inps in data anteriore al 1° gennaio 1996 sono ripetibili secondo i criteri indicati dell’art. 1, commi duecentosessanta ss., L. n. 662/1996, che trova applicazione anche con riferimento alle controversie in corso alla data di entrata in vigore della nuova disciplina ex art. 38, commi 7 e ss., L. n. 448/2001, in quanto l’applicazione di detta legge all’indebito formatosi nel periodo precedente la entrata in vigore della stessa darebbe adito a dubbi di costituzionalità, comportando disparità di trattamento in situazioni identiche sulla base di un discrimine accidentale quale la durata dei processi. (Cass. 4/6/2004 n. 10676, Pres. Ciciretti Rel. Cataldi, in Lav. nella giur. 2004, 1201 e in Dir. E prat. Lav 2004, 2787)
  • È irripetibile, qualora il formale provvedimento di revoca della pensione sia stato adottato al di fuori del termine di cui all’art. 4, comma 3 ter, D.L. 20 giugno 1996, n. 323 (convertito in L. 8 agosto 1996, n. 425), quanto erroneamente ed indebitamente pagato dall’Inps successivamente alla visita di verifica, che abbia accertato il venir meno dei requisiti di legge per il pagamento della pensione di invalidità. (Trib. Ravenna 11/2/2004, Est. Riverso, in Lav. nella giur. 2004, con commento di Cosimo Damiano Cisternino, 984)
  • Le prestazioni previdenziali indebitamente erogate dall'Inps in data anteriore al 1° maggio 1996 sono ripetibili secondo i criteri indicati dall'art. 1, commi 270 e segg., della legge n. 662 del 1996, che trova applicazione anche con riferimento alle controversie in corso alla data di entrata in vigore della nuova disciplina ex art. 38, commi 7 e segg., della legge n. 448 del 2001, in quanto l'applicazione di detta legge all'indebito formatosi nel periodo precedente all'entrata in vigore della stessa darebbe adito a dubbi di costituzionalità, comportando disparità di trattamento in situazioni identiche sulla base di un discrimine accidentale quale la durata dei processi. (Cass. 19/1/2004 n. 746, Pres. Putaturo Donati Rel. Cataldi, in Dir. e prat. lav. 2004, 1246)
  • In forza del disposto di cui all’art. 9, 1° comma, D. Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, applicabile ai procedimenti in corso secondo la previsione di cui al 5° comma dello stesso articolo, l’Inail decade –decadenza di ordine pubblico e rilevabile d’ufficio- dalla possibilità di ritenere non dovute o di ridurre le prestazioni all’esito di riesame dei suoi comportamenti precedenti, ove non comunichi all’interessato la rettifica dell’errore commesso entro il termine di dieci anni dalla data di comunicazione della determinazione iniziale erronea, salva l’ipotesi di dolo o colpa grave dell’assicurato, non rilevando le eventuali successive conferme del medesimo errore in sede di revisione. (Cass. 4/3/2003 n. 3209, Pres. D’Angelo Rel. La Terza , in Giur. It. 2004, 304)
  • In materia di restituzione delle rendite di inabilità a seguito di rettifiche, da parte dell’Inail, di pregressi errori di valutazione, a far luogo dall’entrata in vigore del D. Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38 (immediatamente applicabile ai giudizi in corso ai sensi dell’art. 9, 5° comma, dello stesso decreto), l’ente assistenziale è da considerarsi decaduto –decadenza di ordine pubblico e pertanto rilevabile anche d’ufficio- dalla possibilità di ritenere non dovute, o di ridurre, le prestazioni all’esito del riesame, qualora non abbia notificato all’interessato la rettifica dell’errore commesso entro il termine di dieci giorni dalla data di comunicazione della determinazione iniziale erronea, salva l’ipotesi di dolo o colpa grave dell’assicurato. (Cass. 10/1/2003, n. 254, Pres. Sciarelli Rel. Castaldi, in Giur. It. 2004, 304)
  • Le prestazioni previdenziali indebitamente erogate dagli enti di previdenza obbligatoria prima del 1/1/96 sono ripetibili secondo i criteri posti dall'art. 1, commi 260, 261, 263, 265, della legge 23/12/96, n. 662, che al riguardo sostituiscono per intero la precedente disciplina, con la conseguenza che la ripetizione non è subordinata alla sussistenza anche dei relativi presupposti secondo la disciplina precedentemente applicabile. Nondimeno la normativa sopravvenuta non si applica ai recuperi già avvenuti, e quindi non giustifica, riguardo agli stessi, azioni di ripetizioni in favore degli assicurati (Cass. S.U. 21/2/00, n. 30, pres. Panzarani, in Riv. Giur. Lav. 2000, pag. 571, con nota di Boer, L'indebito previdenziale nella giurisprudenza della Cassazione e in Dir. lav. 2001, pag. 63)
  • L'art. 1, commi 260 e seguenti, della l. n. 662/96, attraverso il generale riferimento agli "enti pubblici di previdenza obbligatoria", si applica ai pagamenti non dovuti, effettuati nei periodi anteriori al 1/1/96 anche dall'Enasarco, che in quei periodi era ancora qualificato come ente pubblico di previdenza obbligatoria; né la generalità della previsione ivi contenuta è cancellata dal successivo comma 265, ove il riferimento all'INPS e all'INAIL soltanto ha un valore meramente esemplificativo (Cass. S.U. 21/2/00, n. 30, pres. Panzarani, est. Roselli, in Dir. lav. 2001, pag. 63)