Prescrizione

  • Dalla mancata opposizione alla cartella di pagamento o all’avviso di addebito discende il consolidarsi dell’importo indicato a titolo di credito previdenziale. Ciò non produce, invece, alcun effetto sul termine di prescrizione che resta quinquennale, stante l’inapplicabilità dell’art. 2953 c.c. a ipotesi in cui “l’irretrattabilità” del credito ha fonte diversa dall’accertamento compiuto dall’organo giurisdizionale. Né può invocarsi, a tal fine, il subentro dell’Agenzia delle Entrate quale concessionario del potere di riscossione: fenomeno successorio che non incide sulla natura del credito né determina un effetto novativo. (Cass. 17/3/2020 n. 7409, Pres. Curzio Rel. Marchese, in Riv. It. Dir. lav. 2020, con nota di P.Perinu, “Sulla mancata opposizione agli atti della riscossione e i relativi effetti sul credito previdenziale”, 542)
  • Il nuovo termine di prescrizione decennale per i crediti previdenziali della Cassa forense previsto dalla l. n. 247/2012 si applica soltanto a partire dal 2 febbraio 2013. Precedentemente continua a operare la disciplina di cui all’art. 3 l. n. 335/95: per i contributi destinati alle gestioni diverse da quelle pensionistiche il termine diventa immediatamente quinquennale alla data di entrata in vigore della legge (17 agosto 1995); invece, per i contributi dovuti alle gestioni pensionistiche, la prescrizione resta decennale fino al 31 dicembre 1995 e diventa quinquennale dal primo gennaio 1996, ma soltanto se entro il 31 dicembre 1995 l’ente previdenziale non abbia posto in essere atti interruttivi oppure iniziato procedure nel rispetto della normativa preesistente, altrimenti rimane decennale. (Cass. 9/9/2014 n. 18953, Pres. Roselli Rel. Balestrieri, in Lav. nella giur. 2014, 1129)
  • In materia di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza e di assistenza obbligatoria, la disciplina posta dall'art. 3, comma 9 e 10, l. n. 335 del 1995 comporta che, per i contributi relativi a periodi precedenti alla data di entrata in vigore di detta legge - salvi i casi di denuncia del lavoratore, o dei suoi superstit, di atti interruttivi già compiuti o di procedure di recupero iniziate nel rispetto della normativa preesistente - il termine di prescrizione è quinquennale a decorrere dal 1 gennaio 1996, potendo, però, detto termine, in applicazione della regola generale di cui all'art. 252 Disp. Att. Cod. Civ., essere inferiore se tale è residuo del più lungo termine determinato secondo il regime precedente. (Cass. Sez. Un. 7/3/2008 n. 6173, Pres. Vittoria Rel. Miani Canevari, in ADL 2008, con nota di Andrea Rondo, "Le Sezioni Unite sulla prescrizione dei contributi previdenziali", 1189)
  • In tema di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai contributi dovuti dai lavoratorie dai datori di lavoro, ai sensi dell'art. 3, commi 9 e 10, l. n. 335 del 1995, il termine di prescrizione dei contributi relativi a periodi precedenti l'entrata in vigore della legge (17 agosto 1995) resta decennale nel caso di atti interruttivi compiuti dall'Inps nel periodo tra la data suddetta e il 31 dicembre 1995, i quali - tenuto conto dell'intento del legislatore di realizzare un "effetto annuncio" idoneo a evitare la prescrizione dei vecchi crediti - valgono a sottrarre a prescrizione i contributi maturati nel decennio precedente l'atto interruttivo e a determinare la decorrenza di un nuovo termine decennale di prescrizione. (Cass. Sez. Un. 4/3/2008 n. 5784, Pres. Vittoria Rel. Miani Canevari, in ADL 2008, con commento 1186)
  • In materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro, la disciplina di cui all'art. 3 comma nono della L. n. 335 del 1995 sostituisce il termine quiquennale a quello decennale, a partire dal primo gennaio 1996, e il successivo comma 10 estende tale abbreviazione alle contribuzioni precedenti l'entrata in vigore della legge (17 agosto 1995), ma fa eccezione per i casi di atti interruttivi o di procedure iniziate nel rispetto della normativa preesistente alla stessa entrata in vigore. Con ciò il legislatore ha escluso che atti interruttivi o di inizio di procedure di recupero dei contributi, compiuti dopo il 17 agosto 1995, abbiano potuto conservare il termine decennale dopo il primo gennaio 1996. (Cass. 15/2/2007 n. 3484, Pres. Mattone Est. Roselli, in Lav. nella giur. 2007, 1023)
  • L'art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del 1995, prevedendo che le contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria si prescrivono in dieci anni per quelle di pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie - termine ridotto a cinque anni con decorrenza 1° gennaio 1996 (lettera a) - e in cinque anni per tutte le altre contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria (lettera b), ha regolato l'intera materia della prescrizione dei crediti contributivi degli enti previdenziali, con riferimento a tutte le forme di previdenza obbligatoria, comprese quelle per i liberi professionisti, con conseguente abrogazione per assorbimento, ai sensi dell'art. 15 delle preleggi, delle previgenti discipline differenziate, sicchè è venuta meno la connotazione di specialità in precedenza sussistente per i vari ordinamenti previdenziali di categoaria. La nuova disciplina, pur riducendo il termine da decennale a quinquennale per tutti i tipi di contributi previdenziali, opera però una distinzione: per i contributi destinati alle gestioni diverse da quelle pensionistiche (comma 9, lettera b) il termine diventa immediatamente quinquennale alla data di entrata in vigore della legge (17 agosto 1995); invece, per i contributi dovuti alle gestioni pensionistiche (comma 9, lettera a) la prescrizione resta decennale fino al 31 dicembre 1995 e diventa quinquennale dal primo gennaio 1996, ma soltanto se entro il 31 dicembre 1995 l'ente previdenziale non abbia posto in essere atti interruttivi oppure iniziato procedure nel rispetto della normativa preesistente, altrimenti rimane decennale. La sistemazione organica e completa del regime transitorio comporta, pertanto, una deroga all'art. 252 disp. att. cod. civ., escludendone l'applicazione in via sussidiaria o integrativa. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione della corte territoriale che aveva applicato la nuova normativa ai contributi dovuti all'Inarcassa rigettando le censure di quest'ultima secondo cui doveva continuare ad applicarsi la norma speciale prevista per i contributi alla Cassa - l'art. 18 della legge n. 6 del 1981, e la prescrizione decennale ivi prevista -, in forza del principio "lex specialis derogat legi generali"). (Rigetta, App. Campobasso, 7 marzo 2003). (Cass. 13/12/2006 n. 26621, Pres. Sciarelli Est. Monaci, in Dir. e prat. lav. 2007, 1935)
  • A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 206/1988, il dies a quo per la decorrenza del termine triennale di prescrizione dell'azione per conseguire dall'Inail la rendita per inabilità permanente va ricercato e individuato con riferimento al momento in cui uno o più fatti concorrenti diano certezza dell'esistenza dello stato morboso e della normale conoscibilità di essa da parte dell'assicurato, ciò che generalmente coincide con l'accertamento medico dei postumi consolidati e definitivi dell'incapacità lavorativa determinata da tale stato in relazione alla sua eziologia professionale. Tale principio va poi armonizzato con l'ulteriore sentenza della Corte Costituzionale n. 116/1969, secondo la quale occorre tener conto anche del raggiungimento della soglia minima per l'indennizzabilità della malattia, sicchè a questo va riferito il dies a quo di decorrenza della prescrizione, e non a quello della effettiva manifestazione della patologia, ove i due momenti non coincidano sotto il profilo temporale e il primo (soglia di indennizzabilità) si verifichi successivamente al secondo. (Cass. 26/6/2006 n. 14717, Pres. Ciciretti Est. Stile, in Lav. nella giur. 2006, 1127)
  • In materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai contributi dovuti dai lavoratori ai datori di lavoro il nuovo termine quinquennale di prescrizione dei contributi previdenziali previsto dall’art. 3 commi 9 e 10 della legge n. 335 del 1995 trova applicazione anche ai crediti maturati anteriormente, con eccezione per i crediti accertati entro il 31 dicembre 1995 e per i quali l’Ente creditore abbia interrotto i termini o avviato procedure di recupero. (Cass. 12/5/2005 n. 9962, Pres. Mercurio Est. D’Agostino, in Orient. Giur. Lav. 2005, 423)
  • In materia di proposizione dell’azione per far valere il diritto a prestazioni previdenziali, la decadenza cosiddetta sostanziale – prevista con norma interpretativa dall’art. 6, comma primo, del D.L. n. 103 del 1991, convertito dalla legge n. 166 del 1991, in riferimento all’art. 47 del D.P.R. n. 639 del 1970 – ha efficacia retroattiva, ma non si applica ai processi in corso alla data di entrata in vigore del D.L., secondo quanto disposto dal successivo comma 2 dello stesso art., che disciplina anche l’ipotesi in cui il processo sia stato proposto durante la precaria vigenza dei decreti legge non convertiti (n. 338 del 1990 e n. 28 del 1991), senza che in senso contrario rilevi l’art. 1, comma secondo, della legge di conversione n. 166 suddetta (a norma del quale restano validi gli atti e i provvedimenti e sono fatti salvi gli effetti prodotti e i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti legge non convertiti). Conseguentemente, qualora la decadenza, verificatasi a norma dell’art. 47 suddetto, riguardi una domanda giudiziale proposta durante la vigenza dei decreti legge non convertiti, la stessa ha carattere procedimentale e viene meno la rilevanza ai fini del giudizio della originaria domanda amministrativa, determinandosi l’improponibilità della domanda giudiziale. (Cass. 11/4/2005 n. 7363, Pres. Mercurio Rel. Toffoli, in Dir. e prat. lav. 2005, 1896)
  • Nella materia previdenziale, a differenza che in quella civile, il regime della prescrizione già maturata è sottratto alla disponibilità delle parti – ai sensi dell’art. 3, nono comma, L. n. 335/1995 – anche per le contribuzioni relative a periodi precedenti la entrata in vigore della stessa legge (decimo comma del medesimo art. 3) e con riferimento a qualsiasi forma di previdenza obbligatoria. Ne consegue che, una volta esaurito il termine, la prescrizione ha efficacia estintiva (non già preclusiva) – poiché l’ente previdenziale creditore non può rinunziarvi -, opera di diritto ed è rilevabile d’ufficio. Pertanto, deve escludersi il diritto dell’assicurato a versare i contributi previdenziali prescritti e ad ottenere la retrodatazione dell’iscrizione alla Cassa (nella specie, dei geometri liberi professionisti) per il periodo coperto da prescrizione, senza che possa rilevare la eventuale inerzia della Cassa stessa nel provvedere al recupero delle somme corrispondenti alle contribuzioni, avendo il credito contributivo una sua esistenza autonoma, che prescinde dalla richiesta di adempimento fattane dall’ente previdenziale, ed insorgendo nello stesso momento in cui si perfeziona il rapporto (o, comunque, l’attività) di lavoro, che ne costituisce il presupposto, momento dal quale decorre, altresì, il termine prescrizionale dello stesso credito contributivo. (Cass. 24/3/2005 n. 6340, Pres. Sciarelli Rel. De Luca, in Lav. nella giur. 2005, 689)
  • Il termine di decadenza stabilito dall’art. 16 L. 889/71 in materia di prestazioni previdenziali in favore degli autoferrotranvieri decorre dal momento della comunicazione al dipendente, a opera del datore di lavoro, degli elementi pensionabili, come prevista dal 2° comma, della medesima norma; l’operatività della decadenza ex art. 47 DPR 639/70 presuppone invece che siano stati comunicati dall’Inps al dipendente i gravami esperibili e i termini per l’esercizio dell’azione giudiziaria. (Trib. Milano 7/2/2005, Est. Di Leo, in D&L 2005, con nota di Tiziana Laratta, “Termine di decadenza o di prescrizione in materia previdenziale”, 259)
  • In materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali alla riscossione dei contributi, è insuperabile il dato testuale dell'art. 3, decimo comma, l. 8 agosto 1995, n. 335, che non consente di limitare il richiamo dei termini fissati nel nono comma alla sola disciplina introdotta per il futuro, ma impone di estenderlo anche alla norma transitoria che dispone la retroattività, con la conseguenza che il nuovo termine quinquiennale di prescrizione trova applicazione anche ai crediti maturati anteriormente, salvi gli effetti degli atti interruttivi già compiuti. (Cass. 12/1/2005 n. 418, Pres. Senese Est. Spanò, in Riv. it. dir. lav. 2006, con nota di M.M. Mutarelli, "Le (in)certezze della giurisprudenza in materia di prescrizione dei contributi pensionistici", 164)
  • In assenza di sottoscrizione della ricevuta da parte del destinatario, si presume l'arrivo a destinazione della raccomandata in considerazione dei particolari doveri del servizio postale in ordine al suo inoltro e alla sua consegna. Tale presunzione non opera nei riguardi dei provati che forniscono analoghe prestazioni, a ciò autorizzati ma non delegati. (Cass. 12/1/2005 n. 418, Pres. Senese Est. Spanò, in Riv. it. dir. lav. 2006, con nota di M.M. Mutarelli, "Le (in)certezze della giurisprudenza in materia di prescrizione dei contributi pensionistici", 164)
  • Il contrasto esistente in ordine alla natura subordinata o meno del rapporto di lavoro costituisce un impedimento di fatto e non di diritto all’esercizio, da parte del datore di lavoro, del diritto alla ripetizione dei contributi già versati all’ente previdenziale e, pertanto, non incide sulla decorrenza della relativa prescrizione. (Cass. 5/11/2004 n. 21220, Pres. Mileo Rel. Cataldi, in Dir. e prat. lav. 2005, 961)
  • Ai fini del calcolo del termine di prescrizione del reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali sulle retribuzioni di lavoratori dipendenti di cui all'art. 2, legge 11 novembre 1983 n. 638, occorre tener conto della sospensione ex lege stabilita dall'art. 1 D. Lgs. 24 marzo 1994 n. 211, che consente al datore di lavoro di sanare la sua posizione debitoria nei confronti dell'Inps nel termine di tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell'avvenuto accertamento della violazione con conseguente estinzione del reato, sospensione che si applica in ogni caso, come previsto espressamente dalla legge, e non soltanto quando sia stata presentata, da parte dell'interessato, la domanda di condono. (Cass. 29/1/2004 n. 3359, Pres. Zumbo Est. Grillo, in Dir. e prat. lav. 2004, 967)
  • Il termine triennale di prescrizione dell'azione di regresso dell'Inail nei confronti del datore di lavoro, nelle ipotesi in cui non sia stato iniziato alcun procedimento penale a carico del datore di lavoro per non essere mai stato investito il giudice penale della cognizione dell'infortunio, decorre dalla data della prescrizione o di altra causa estintiva del reato, e non dalla data dell'infortunio, in quanto, fino a tale momento, è sempre possibile la instaurazione del processo penale, senza che rilevi in contrario la circostanza che, a seguito dell'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, è venuto meno il principio della necessaria pregiudizialità del procedimento penale rispetto a quello civile, atteso che, in tema di azione di regresso dell'Inail, dal combinato disposto degli artt. 10, 11, 111 e 112 del D.P.R. n. 1124 del 1965 e dagli interventi della Corte Costituzionale è ricavabile un sistema dei rapporti tra giudizio civile e giudizio penale che si pione in rapporto di specialità rispetto ai principi generali desumibili dal codice di procedura penale, per effetto del quale l'Inail non può esercitare l'azione di regresso prima del passaggio in giudicato della sentenza penale di proscioglimento o di condanna dell'escusso, ovvero prima dell'estinzione del reato per una delle varie ipotesi previste dalla legge penale per il caso in cui la notizia di reato non sia mai pervenuta al pubblico ministero. (Cass. 21/1/2004 n. 968, Pres. Dell'Anno Rel D'Agostino, in Dir. e prat. lav. 2004, 1314)
  • Nell’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, la facoltà di costituire una rendita vitalizia a norma dell’art. 13 della L. 12 agosto 1962, n. 1338, non è soggetta a prescrizione decorrente dal momento in cui, a seguito della prescrizione dei contributi non versati, la facoltà avrebbe potuto essere esercitata; deve altresì escludersi che la prescrizione cominci a decorrere dal momento in cui, in caso di regolare versamento dei contributi, sarebbe maturato il diritto alla pensione, oppure dal momento in cui, in base ai contributi già versati, il soggetto abbia conseguito la pensione, atteso che il citato art. 13 è chiaro nel non attribuire a tali eventi incidenza preclusiva della facoltà di costituire, con effetti ex novo, la rendita vitalizia. (Cass. 19/5/2003 n. 7853, Pres. Mileo Rel. Toffoli, in Giur. It. 2004, 749)
  • E' applicabile il termine di prescrizione triennale previsto dall'art. 12 t.u. n. 1124 del 1965, all'azione con la quale i superstiti residenti in Italia di cittadino italiano, che abbia contratto la silicosi nelle miniere belghe, intendano ottenere l'integrazione della prestazione erogata dall'ente previdenziale del Belgio con quota a carico dell'Inail che garantisca livelli non inferiori alle prestazioni assicurate dalla legislazione italiana. (Cass. 17/3/2003, n. 3909, Pres. Vigolo, Est. Cellerino, in Foro it. 2003, parte prima, 1727)
  • Il diritto del lavoratore alla rendita vitalizia ex art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338 è soggetto a prescrizione ordinaria decennale, decorrente dal momento della maturazione della prescrizione del credito dell'Inps nei confronti del datore di lavoro per l'omissione contributiva che ha determinato la scopertura assicurativa cui la rendita deve sopperire. (Cass. 13/3/2003, n. 3756, Pres. Sciarelli, Est. Mazzarella, in Foro it. 2003, parte prima, 1735)
  • L'INPS, titolare del rapporto previdenziale, è l'unico soggetto obbligato al pagamento dell'integrazione salariale in favore dei lavoratori subordinati in Cassa integrazione guadagni, con la conseguenza che la prescrizione quinquennale del relativo diritto non è interrotta dalla domanda giudiziale proposta nei confronti del datore di lavoro (Cass. 11/12/2002, n. 17675, Pres. Trezza, Est. Filadoro, in Riv. it. dir. lav. 2003, 571, con nota di Severino Nappi, Sulla prescrizione della domanda di erogazione del trattamento di Cassa integrazione guadagni)
  • L'eventuale conoscenza da parte del contribuente Inps di essere debitore di una certa somma è idonea ad interrompere i termini prescrizionali anche in assenza di una valida e rituale messa in mora (il giudice ha ritenuto valida la messa in mora effettuata dall'Inps ancorché la stessa contenesse degli errori materiali). (Trib. Viterbo 22/11/2002, in Lav. nella giur. 2003, 489)
  • Ai sensi dell'art. 3, comma 9, l. 8/8/95, n.335, a decorrere dal 1/1/96 il termine di prescrizione per i contributi è ridotto a cinque anni ed ai sensi del successivo comma 10, stessa legge, i termini di prescrizione di cui al comma 9 si applicano anche alle contribuzioni relative a periodi precedenti la data di entrata in vigore della presente legge, fatta eccezione per i casi di atti interruttivi già compiuti o di procedure iniziate nel rispetto della normativa preesistente. Ne consegue, nei casi di specie, l'estinzione ed il rigetto delle pretese dell'INPS (avanzate nel 2001) per i contributi afferenti all'anno 1994 (e precedenti) (Trib. Genova 13/12/01, pres. e est. Scotto, in Lavoro e prev. oggi 2002, pag. 182)
  • La speciale azione di regresso nei confronti del datore di lavoro spettante ("iure proprio") all'Inail ai sensi degli artt. 10 ed 11 del d.P.R. 30/6/65, n. 1124, è soggetta a termine triennale di prescrizione solo per il caso in cui vi sia sentenza penale di condanna, mentre per ogni altra ipotesi il termine triennale è di decadenza (Trib. Latina 20/7/00, est. Catracchia, in Orient. giur. lav. 2001, pag. 188)
  • In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, dopo l'estinzione per prescrizione del credito dell'Inps, il lavoratore può chiedere al datore di lavoro, alternativamente, il risarcimento dei danni ex art. 2116 c.c. o la restituzione della somma versata all'Inps a titolo di riserva matematica per la costituzione della rendita vitalizia ex art. 13 L. 12/8/62 n. 1338 (Cass. 29 dicembre 1999 n. 14680, pres. Mercurio, est. Amoroso, in D&L 2000, 1031, n. Galdenzi; in Mass. giur. lav. 2000, pag. 400 con nota di Ciocca, L'automaticità delle prestazioni previdenziali e le azioni del lavoratore: un ulteriore contributo della giurisprudenza)
  • In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, l'azione risarcitoria ex art. 2116 c.c. si prescrive in dieci anni a partire dalla perdita totale o parziale del trattamento previdenziale e per la quantificazione del danno è possibile fare riferimento alla riserva matematica ex art. 13 L. 12/8/62 n. 1338 (Cass. 29 dicembre 1999 n. 14680, pres. Mercurio, est. Amoroso, in D&L 2000, 1031, n. Galdenzi; in Mass. giur. lav. 2000, pag. 400 con nota di Ciocca, L'automaticità delle prestazioni previdenziali e le azioni del lavoratore: un ulteriore contributo della giurisprudenza)
  • In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, l'azione restitutoria ex L. 12/8/62 n. 1338 si prescrive in dieci anni dalla data di prescrizione del credito dell'Inps nei confronti del datore di lavoro (Cass. 29 dicembre 1999 n. 14680, pres. Mercurio, est. Amoroso, in D&L 2000, 1031, n. Galdenzi; in Mass. giur. lav. 2000, pag. 400 con nota di Ciocca,L'automaticità delle prestazioni previdenziali e le azioni del lavoratore: un ulteriore contributo della giurisprudenza)
  • La prescrizione delle azioni per conseguire le prestazioni dall'Inail, oltre che con l'atto introduttivo del giudizio, può essere interrotta anche con atti stragiudiziali secondo le norme del codice civile e con la proposizione della domanda amministrativa che, avendo efficacia sospensiva, lascia permanere l'effetto interruttivo fino alla definizione del procedimento amministrativo (Cass. S.U. 16/11/99 n. 783, in Foro it. 2000, I, 82, con nota di Ferrari)