Indennità di maternità

  • È costituzionalmente illegittimo l’art. 72 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), nella versione antecedente alle novità introdotte dall’art. 20 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80 (Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, in attuazione dell’art. 1, commi 8 e 9, della legge 10 dicembre 2014, n. 183), nella parte in cui, per il caso di adozione nazionale, prevede che l’indennità di maternità spetti alla madre libera professionista solo se il bambino non abbia superato i sei anni di età. (Corte Cost. 7/10/2015 n. 205, Pres. Criscuolo, Est. Sciarra, in Riv. it. dir. lav. 2016, con nota di Roberta Nunin, “La Consulta, il Jobs Act e le tutele previste per i genitori liberi professionisti”, 204)
  • L’indennità di maternità dovuta alle libere professioniste esercenti la professione legale, per lo stato di gravidanza nel periodo antecedente al 29 ottobre 2003, data di entrata in vigore della legge 15 ottobre 2003, n. 289, che ha modificato – senza efficacia retroattiva – l’art. 70 del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, soggiace al più favorevole regime reddituale previsto dall’originaria formulazione di tale norma. (Cass. 3/12/2013 n. 27068, Pres. Roselli Rel. Mancino, in Lav. nella giur. 2014, 288)
  • L’art. 71, D.Lgs. n. 151/2001, non consente alla Cassa forense di erogare il trattamento di maternità allorché la lavoratrice abbia goduto, per lo stesso titolo di un trattamento a carico di altro ente previdenziale. (Cass. 17/6/2013 n. 15072, Pres. Napoletano Rel. Bronzini, in Lav. nella giur. 2013, 957)
  • I principi che regolano la materia di indennità di maternità, come modificata dagli interventi della Corte Costituzionale, possono essere sintetizzati in quello della alternatività tra i due genitori e della loro fungibilità e ciò è espressamente previsto per le coppie composte da entrambi i genitori dipendenti, ma non vi sono ragioni per discostarsene in caso di coppie in cui un genitore è libero professionista, trattandosi di situazioni omogenee nelle quali l’interesse primario da tutelare è e rimane quello della prole e quello di facilitare il suo inserimento nella nuova famiglia. (Cass. 15/1/2013 n. 809, Pres. Lamorgese Rel. D’Antonio, in Lav. nella giur. 2013, 310)
  • Non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 70 del d.lgs. 26 marzo 2001 n. 151, in riferimento agli artt. 3, 29 e 31 della Costituzione, nella parte in cui non prevede la possibilità per il padre di percepire, in alternativa alla madre biologica, l'indennità di maternità, giacché il fine perseguito dal legislatore mediante l'istituto dell'astensione obbligatoria, cui è connessa l'indennità di maternità, è quello di tutelare la salute della donna nel periodo immediatamente precedente e successivo al parto. (Corte Cost. 28/7/2010 n. 285, Pres. Amirante Est. Saulle, in Riv. it. dir. lav. 2011, con nota di Nicoletta De Angelis, "La Corte Costituzionale esclude il diritto all'indennità di maternità per il padre libero professionista", 12)
  • Il criterio di commisurazione dell’indennità di maternità spettante alle libere professioniste ai sensi dell’art. 1, 2° comma, L. 379/90, che riferisce l’indennità al reddito percepito e denunciato dall’interessata nel secondo anno precedente a quello della domanda, senza ulteriori qualificazioni circa la natura e la forma in cui viene in concreto esercitata l’attività professionale, deve trovare applicazione anche nell’ipotesi in cui l’attività sia svolta da parte di una farmacista in regime di collaborazione a impresa familiare nella farmacia di proprietà di un familiare. (Cass. 4/5/2010 n. 10709, Pres. Sciarelli Est. Mammone, in D&L 2010, con nota di Nadia Marina Gabigliani, “Indennità di maternità per le libere professioniste”, 869)
  • Una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 24, commi 2 e 3, D.Lgs. n. 151/2001, consente di includere il congedo non retribuito per assistere un familiare affetto da grave infermit, tra le eccezioni (espressamente previste) del congedo parentale, del congedo per malattia del figlio ovvero del congedo per accudire minori in affidamento che sono escluse dal periodi di sessanta giorni dall'inizio della sospensione o dall'assenza, entro cui permane il diritto all'indennità giornaliera di maternità per la lavoratrice che si trovi sospesa, assente dal lavoro senza retribuzione o disoccupata all'inizio del periodo di congedo di maternità. (Trib. Bologna 18/11/2008 n. 585, Giud. Molinaro, in Lav. nella giur. 2009, con commento di Anna Montanari, 615)
  • Ai fini dell'indennità di maternità spettante alle libere professioniste, a norma dell'art. 1, comma 2, della legge n. 379 del 1990, recepito, senza modifiche, dall'art. 70, comma 2, del D.Lgs. n. 151 del 2001, va preso in esame soltanto il reddito professionale "percepito e denunciato a fini fiscali" nel secondo anno precedente a quello della domanda, corrispondente all'utile derivato dall'esercizio dell'attività professionale, e non i soli compensi percepiti, dovendosi ritenere una diversa interpretazione, oltre che in contrasto con il chiaro tenore letterale della norma, illogica, atteso che, ove le spese fossero superiori ai compensi, non vi sarebbe reddito da assoggettare a imposta. Né è configurabile, al riguardo, la violazione dei valori costituzionali sottesi agli artt. 3, 24 e 31 Cost., dovendosi escludere, da un lato, che la misura dell'indennità sia irrisoria, venendo la stessa commisurata all'entità del reddito (nel periodo considerato) senza che siano comunque trascurate le esigenze primarie di tutela - non potendo il relativo importo essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione calcolata nella misura pari all'ottanta per cento del salario minimo giornaliero stabilito, per la qualifica di impiegato, dall'art. 1 del d.l. n. 402 del 1981, tabella A, e successivi decreti ministeriali di integrazione - mentre, dall'altro, la normativa (come rilevato dalla Corte Cost. n. 3 del 1998) consente alla professionista, a differenza della lavoratrice subordinata, di scegliere liberamente modalità di lavoro compatibili con il prevalente interesse del figlio, attesa l'attribuzione del diritto all'indennità anche in assenza di astensione dal lavoro (fattispecie in materia di riconoscimento dell'indennità di maternità a una notaia). (Cass. 9/9/2008 n. 23090, Pres. Ianniruberto Est. Celentano, in Lav. nella giur. 2009, 303)
  • L'art. 32, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 151/01, nel prevedere - in attuazione della legge-delega 8 marzo 2000, n. 53 - che il lavoratore possa astenersi dal lavoro nei primi otto anni di vita del figlio, percependo dall'ente previdenziale un'indennità commisurata a una parte della retribuzione, configura un diritto potestativo che il padre-lavoratore può esercitare nei confronti del datore di lavoro, nonché dell'ente tenuto all'erogazione dell'indennità, onde garantire con la propria presenza il soddisfacimento dei bisogni affettivi del bambino e della sua esigenza di un pieno inserimento nella famiglia; pertanto, ove si accerti che il periodo di congedo viene invece utilizzato dal padre per svolgere una diversa attività lavorativa, si configura un abuso per sviamento dalla funzione propria del diritto, idoneo a essere valutato dal giudice ai fini della sussistenza di una giusta causa di licenziamento, non assumendo rilievo che lo svolgimento di tale attività contribuisca a una migliore organizzazione della famiglia (fattispecie in cui un lavoratore aveva utilizzato il congedo parentale per aiutare la moglie nel gestire una pizzeria di sua proprietà). (Cass. 16/6/2008 n. 16207, Pres. De Luca Est. Balletti, in Riv. it. dir. lav. 2009, con nota di Laura Calafà, "Congedo parentale e cura del minore. Limiti funzionali al diritto potestativo del padre", 277) 
  • L'indennità di maternità prevista per i liberi professionisti dall'art. 70 Capo XII del d.lgs. n. 151/2001, così come modificato dall'art. 1 l. n. 289/2003, deve essere riconosciuta, in paritaria alternativa rispetto alla madre, anche a favore dei padri liberi professionisti. (Trib. Firenze 29/5/2008 Giud. Muntoni, in Riv. it. dir. lav. 2009, con nota di Francesca Savino, "Congedo di paternità e tutela dei diritti dei padri liberi professionisti", 363)
  • In tema di indennità di maternità spettante a un'avvocatessa nel regime di cui all'art. 70 del D.Lgs. n. 151 del 2001 (precedente alle modificazioni introdotte, con disposizioni innovative e non retroattive, dalla L. n. 289 del 2003), occorre fare riferimento all'intero reddito professionale percepito e denunciato ai fini fiscali, non trovando applicazione il massimale previsto dalle successive norme quale tetto di reddito professionale pensionabile, il quale rileva solo ai fini del calcolo della pensione a carico della cassa di previdenza categoriale. (Cass. 17/12/2007 n. 26568, Pres. Ciciretti Est. Picone, in Lav. nella giur. 2008, 422) 
  • L'indennità di maternità, prevista dagli artt. 70 e 72, 1° comma, D.Lgs. 26/3/01 n. 151 in favore della libera professionista, deve essere accordata anche in caso di affidamento provvisorio del minore. (Trib. Pistoia 12/3/2007, Est. De Marzo, in D&L 2007, con nota di Lisa Amoriello, "Affidamento provvisorio del minore a libera professionista e indennità di maternità", 1256) 
  • Ai fini del riconoscimento del diritto di indennità di maternità per astensione facoltativa alle lavoratrici agricole, è sufficiente l'esistenza dei requisiti costitutivi del rapporto assicurativo nell'anno precedente all'evento assicurato, anche se l'astensione dal lavoro, sia obbligatoria che facoltativa, si protragga nell'anno suuccessivo all'evento stesso. (Trib. Grosseto 12/12/2006, Dott. Ottati, in Lav. nella giur. 2007, 631)
  • L’indennità giornaliera di maternità di cui alla legge n. 546 del 1987, spettante per i due mesi antecedenti alla data “presunta” del parto, nonché per i tre mesi successivi alla data “effettiva” del parto, non può essere erogata a partire da una data anteriore a quella in cui è stata proposta la domanda di iscrizione negli elenchi, ovvero da una data ancora precedente che tenga conto dei termini di legge entro i quali detta domanda è consentita, salva, in questo secondo caso, la prova dell’assenza di ogni attività lavorativa svolta dalla lavoratrice madre prima della domanda di iscrizione. (Cass. 12/10/2005 n. 19792, Pres. Ianniruberto Rel. Foglia, in Dir. e prat. lav. 2006, 804)
  • Con riferimento al pagamento dell’indennità di maternità, il datore di lavoro costituisce un mero adiectus solutionis causa, restando al contrario l’Inps l’unico debitore effettivo della prestazione assistenziale (…). Non di meno, qualora il datore di lavoro non ottemperi alla delegazione di pagamento disposta per legge, la lavoratrice può agire direttamente nei confronti dell’Inps per soddisfare il diritto alla prestazione assistenziale. Vi è però incompatibilità processuale tra l’azione d’urgenza intrapresa e le modalità di erogazione dell’indennità di maternità, poiché, trattandosi di una prestazione in materia di previdenza e assistenza obbligatoria, la domanda giudiziale “non è procedibile se non siano esauriti i procedimenti prescritti dalle leggi speciali per la composizione in sede amministrativa o siano decorsi i termini ivi fissati per il compimento dei procedimenti stessi o siano, comunque, decorsi 180 giorni dalla data in cui è stato proposto il ricorso amministrativo”. La procedura d’urgenza appare perciò inconciliabile con la tempistica imposta dai termini di cui sopra. (Trib. Salerno 8/5/2006, Pres. Cavaliero Rel. Mancuso, in Lav. Nella giur. 2006, 824)
  • In riferimento agli articoli 3, 29, secondo comma, 30, primo comma, e 31 della Costituzione sono costituzionalmente illegittimi gli articoli 70 e 72 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo, n. 53), nella parte in cui non consentono al padre libero professionista, affidatario in preadozione di un minore, di beneficiare – in alternativa alla madre – dell’indennità di maternità durante i primi tre mesi successivi all’ingresso del bambino nella famiglia. (Cost. 11-14/10/2005 n. 385, Pres. Capotosti Rel. Contri, in Lav. e prev. oggi 2005, 1994)
  • Sono incostituzionali in riferimento agli artt. 3, 29, comma 2, 30, comma 1, e 31 Cost., gli artt. 70 e 72 del D.Lgs. 26 marzo 2001 n. 151 (Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’art. 15 della L. 18 marzo 2000 n. 53), nella parte in cui non prevedono il principio che al padre libero professionista spetti di percepire, in alternativa alla madre, l’indennità di maternità attribuita solo a quest’ultima; infatti l’esclusione rappresenta una lesione del principio di parità di trattamento sia tra le figure genitoriali, sia tra lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti. (Corte Cost. 11/10/2005 n. 385, Pres. Capotasti Rel. Contri, in Lav. Nella giur. 2006, con commento di Angela La carbonara, 870)
  • Le lavoratrici che hanno accettato, per conservare il posto di lavoro, di sottoscrivere con il datore di lavoro un contratto di solidarietà a zero ore della durata di oltre sessanta giorni non perdono il diritto all’indennità di maternità. (Cass. 16/2/2005 n. 3050, Pres. Ravagnani Est. Lamorgese, in Orient. Giur. Lav. 2005, 190)
  • L’indennità di maternità parametrata ai sensi dell’art. 1, secondo comma, della legge 11 dicembre 1990, n. 379, al reddito percepito e denunciato ai fini fiscali dall’interessata, spetta anche al titolare di farmacia, non rilevando la natura e la forma in cui viene in concreto esercitata la attività professionale che, pertanto, può essere svolta sia a mezzo di associazione o d’impresa professionale, sia in forma di collaborazione in regime d’impresa familiare. Né è prospettabile al riguardo il dubbio di illegittimità costituzionale in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., per un asserito trattamento di favore per le esercenti attività di tipo imprenditoriale, sia pur riservata a professionisti, rispetto a quanto svolgano la stessa attività nella forma del lavoro subordinato, poiché la stessa legge, all’art. 5 ammette che il contributo fissato può essere variato con D.M. al fine di garantire l’equilibrio delle gestioni, e, comunque, il reddito di impresa non è necessariamente superiore a quello ricavato da lavoro dipendente e viene a remunerare un’attività del tutto differente. Peraltro, il successivo intervento della legge 15 ottobre 2003, n. 289 la quale ha modificato l’art. 70, secondo comma della legge n. 379 del 1990 sostituendo alle parole “del reddito percepito e denunciato ai fini fiscali” le parole del “solo reddito da lavoro autonomo” – dimostra soltanto che diverso era il precedente regime, ma non può valere come criterio di interpretazione della precedente disciplina. (Cass. 20/1/2005 n. 1102, Pres. Mercurio Rel. Spanò, in Dir. e prat. lav. 2005, 1469)
  • Il diritto della bracciante agricola all’indennità di maternità non postula necessariamente che la minima attività lavorativa (oltre cinquantuno giornate) richiesta per l’iscrizione agli elenchi normativi sia stata svolta nello stesso anno cui si riferisce l’astensione predetta, dovendosi considerare sufficiente – alla luce dei principi sottesi alla legislazione di tutela della maternità – l’esistenza dei requisiti costitutivi del rapporto assicurativo nell’anno precedente all’evento assicurato, anche se l’astensione, sia obbligatoria che facoltativa, si protragga nell’anno successivo all’evento stesso. (Cass. 11/10/2004 n. 20114, Pres. Prestipino Rel. Cataldi, in Lav. nella giur. 2005, 482)
  • È costituzionalmente illegittimo, in riferimento agli artt. 3, 31 e 37 Cost., l'art. 72 D. Lgs. 26/3/01 n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di salute e sostegno della maternità e della paternità), nella parte in cui non prevede che in caso di adozione internazionale l'indennità materna spetti alla lavoratrice libero-professionista nei tre mesi successivi all'ingresso del minore adottato o affidato, anche se il minore abbia superato i sei anni di età. (Corte Cost. 23/12/2003 n. 371, Pres. Zsagrebelsky, Rel. Contri, in D&L 2004, con nota di Monica Rota, "Indennità di maternità ed adozione", 40)
  • La libera professionista ha diritto all'indennità di maternità prevista dall'art. 1, 2° comma, L. 11/12/90 n. 379 anche qualora l'attività professionale sia esercitata in forma imprenditoriale. L'indennità di maternità spetta alla libera professionista indipendentemente dall'effettiva astensione dall'attività lavorativa. La misura dell'indennità di maternità spettante alla libera professionista ai sensi dell'art. 1, 2° comma, L. 11/12/90 n. 379 è rapportata al reddito percepito e denunciato ai fini fiscali nel secondo anno precedente a quello della domanda e non nel secondo anno precedente a quello della nascita del figlio. (Trib. Milano 11/6/2002, Est. Sala, in D&L 2002, 1043)
  • Qualora, in un periodo rilevante ai fini del calcolo dell'indennità di maternità, l'entità della prestazione della lavoratrice subisca una concordata trasformazione, la retribuzione base per il calcolo del suddetto importo corrisponde alla retribuzione più favorevole alla lavoratrice (Nel caso di specie, l'inizio dell'astensione obbligatoria per maternità ex art. 5, l. n. 1204/71 era avvenuto dopo due settimane dalla concordata ripresa del lavoro a tempo pieno dopo un periodo di lavoro part-time) (Cass. 16/2/00, n. 1729, pres. Castiglione, est. Filadoro, est. Cinque, in Riv. It. dir. lav. 2001, pag. 62, con nota di Ogriseg, Indennità di maternità e part-time)
  • Qualora il datore di lavoro e la dipendente concordino la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo parziale a tempo pieno e tale trasformazione si trovi ad avere effetto, a seguito dell’intervenuta gravidanza della lavoratrice, all’inizio o nel corso del periodo di aspettativa, l’indennità di maternità deve essere commisurata, dalla data della prevista trasformazione, al rapporto di lavoro a tempo pieno, in analogia con quanto avviene per il lavoro part time verticale; così interpretato l’art. 16, 1° comma, L. 1204/71, che stabilisce i criteri di determinazione dell’indennità di maternità, non contrasta con gli artt. 3, 31 e 37 Cost. e la relativa eccezione di incostituzionalità deve essere dichiarata infondata (Corte Cost. 30/6/99 n. 271, pres. Granata, rel. Santosuosso, in D&L 1999, 787, n. Paganuzzi)
  • Non è manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3, 31 e 37 Cost. la questione di legittimità costituzionale dell’art. 16, 1° comma, della L. 30/12/71 n. 1204 nella parte in cui non prevede che, nell’ipotesi di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, l’indennità di maternità per l’astensione obbligatoria iniziata dopo la trasformazione, debba essere determinata con riferimento alla retribuzione che sarebbe spettata in relazione al regime a tempo pieno (Cass. 18/3/97 n. 639, pres. Nuovo, est. Mattone, in D&L 1998, 139, n. PAGANUZZI, Indennità di maternità e lavoro part-time)
  • Nel caso di rapporto di lavoro a tempo parziale verticale, l’erogazione dell’indennità di maternità non può essere sospesa nei periodi coincidenti con quelli in cui il rapporto avrebbe dovuto restare sospeso a norma di contratto; infatti se tale indennità viene riconosciuta dalla legge anche qualora l’effetto sospensivo o interruttivo del rapporto si verifichi prima del giorno di inizio dell’astensione obbligatoria – purché questa intervenga entro i due mesi successivi –, a maggior ragione la medesima indennità spetta nel caso in cui l’evento sospensivo o interruttivo sia venuto in essere dopo che il diritto è già maturato (Pret. Milano 10/2/97, est. Atanasio, in D&L 1998, 139, n. PAGANUZZI, Indennità di maternità e lavoro part-time)
  • Spetta alla lavoratrice madre, apprendista disoccupata, l’indennità di maternità ancorché siano decorsi, al momento dell’inizio dell’astensione obbligatoria, più di sessanta giorni dalla risoluzione del rapporto e quantunque la lavoratrice apprendista sia esclusa dall’assicurazione contro la disoccupazione (Pret. Verona 9/11/95, est. Di Silvestro, in D&L 1997, 327)