Mancata comunicazione dei motivi

  • In caso di rapporto di lavoro ricadente nell'area della c.d. tutela obbligatoria, il datore di lavoro, ove ometta, a seguito della richiesta del lavoratore licenziato, di comunicargli tempestivamente i motivi del suo recesso, con conseguente inefficacia del licenziamento, è obbligato a riassumere il dipendente o, in alternativa, a risarcirgli il danno nella misura stabilita dall'art. 8 L. n. 604/1966. Occorre infatti distinguere l'inefficacia quale conseguenza di una situazione di invalidità (nullità o annullabilità) dall'atto derivante da vizi o difetti che attengono agli elementi essenziali e costitutivi dello stesso dall'inefficacia quale conseguenza della mancanza di elementi esterni alla struttura negoziale, di per sé integra e completa, i quali condizionano però l'operatività del negozio. (Trib. Milano 17/7/2003, Est. Cincotti, in Lav. nella giur. 2004, 189)
  • Nei rapporti di lavoro sottratti al regime della tutela reale ai sensi dell'art. 18, l. 20/5/70, n. 300, come modificato dall'art. 1, l. 11/5/90, n. 108, qualora il datore di lavoro, a seguito di richiesta del lavoratore, non provveda ad indicare i motivi del licenziamento entro i termini previsti dall'art. 2, l. 15/7/66, n. 604, come modificato dall'art. 2, l. 11/5/90, n. 108, il recesso non produce effetti sulla continuità del rapporto ed il lavoratore ha diritto - trattandosi di contratto a prestazioni corrispettive - non già alle retribuzioni, ma al risarcimento del danno, da determinarsi secondo le regole generali dell'inadempimento delle obbligazioni. (Cass. 9/2/01, n. 1879, pres. Trezza, est. Celentano, in Orient. giur. lav. 2001, pag. 355)
  • Nell'area della tutela obbligatoria, l'inefficacia del licenziamento per mancata comunicazione dei motivi nell'ipotesi prevista dall'art. 2, 2° e 3° comma, L. 15/7/66 n. 604, comporta le conseguenze stabilite dall'art. 8 della medesima legge per il caso di licenziamento privo di giusta causa e giustificato motivo Trib. Milano 7 febbraio 2000, est. Negri della Torre, in D&L 2000, 467)
  • Qualora non ricorrano i presupposti di applicazione della tutela reale, il licenziamento inefficace per mancata comunicazione dei motivi (art. 2 L. 108/90) deve considerarsi come non intimato (tamquam non esset) con conseguente applicazione dei principi generali in materia di inadempimento contrattuale (nel caso di specie, il Pretore ha condannato la società datrice a corrispondere al lavoratore le retribuzioni maturate dalla data del licenziamento a quella dell'effettivo ripristino del rapporto) (Pret. Pordenone 6/2/95, est. Passannante, in D&L 1995, 1053)
  • Qualora il datore di lavoro non abbia comunicato, ai sensi dell'art. 2 L. 108/90, i motivi del licenziamento, la preventiva richiesta di conciliazione ai sensi dell'art. 5, legge citata, non costituisce condizione di procedibilità della domanda di accertamento giudiziale dell'inefficacia del recesso, in considerazione del fatto che la possibilità di comporre in una sede stragiudiziale la controversia presuppone, necessariamente, lo svolgimento di un confronto concreto circa la sussistenza d una giusta causa o di un giustificato motivo, confronto viceversa privo del suo oggetto nel caso di specie (nella fattispecie, infatti, il datore di lavoro aveva replicato alla richiesta dei motivi da parte del lavoratore, asserendo l'insussistenza di un obbligo di tale natura) (Pret. Pordenone 6/2/95, est. Passannante, in D&L 1995, 1053)
  • Al licenziamento inefficace per omessa comunicazione dei motivi si applicano le conseguenze previste dal diritto speciale e pertanto dall'art. 8 L. 604/66 (Trib. Milano 9/2/94, pres. ed est. Mannacio, in D&L 1995, 220, nota GURAISO, Licenziamenti nulli e inefficaci: crisi e resurrezione del diritto comune)