Indennità ex art. 18 c. 5 SL

  • In caso di licenziamento illegittimo, ove il lavoratore opti per l’indennità sostitutiva della reintegrazione, avvalendosi della facoltà prevista dall’art. 18, comma 5, L. 300 del 1970, il rapporto di lavoro, con la comunicazione al datore di lavoro di tale scelta, si estingue senza che debba intervenire il pagamento dell’indennità stessa, e senza che permanga alcun obbligo contributivo. Cass. 17/11/2016 n. 23435, Pres. Amoroso Rel. Ghinoy, in Lav. nella giur. 2017, con commento di F. Di Martino, 125)
  • Qualora il licenziamento venga dichiarato illegittimo e, a fronte dell’ordine di reintegra, il lavoratore opti per il pagamento dell’indennità sostitutiva della reintegrazione, l’ammontare del risarcimento in caso di ritardata corresponsione dell’indennità in questione deve essere pari alle retribuzioni perdute fino a che il lavoratore non venga effettivamente soddisfatto. (Cass. 17/9/2012 n. 15519, Pres. De Renzis Rel. Bronzini, in Lav. nella giur. 2012, 1217)
  • La richiesta del lavoratore illegittimamente licenziato di ottenere, in luogo della reintegrazione nel posto di lavoro, l'indennità prevista dall'art. 18, 5° comma, SL, è da intendere come una comunicazione di dimissioni per giusta causa con quantificazione legislativa in quindici mensilità dell'indennità sostitutiva del preavviso, per cui, successivamente all'esercizio dell'opzione il lavoratore non ha diritto al pagamento di retribuzioni ulteriori, a nulla rilevando la tardiva corresponsione degli emolumenti da parte del datore. (Trib. Milano 30/3/2010, est. Di Leo, in D&L 2010, con nota di Alberto Vescovini, "Opzione sostitutiva della reintegrazione: continua il contrasto tra la giurisprudenza di merito e di legittimità", 592)
  • L'indennità sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro ai sensi dell'art. 18 SL deve ritenersi erogazione di tipo reddituale soggetta a ritenuta fiscale e deve essere sottoposta a tassazione separata. (Cass. 25/1/2010 n. 1349, ord., Pres. Lupi Est. Iacobellis, in D&L 2010, 563)
  • Il lavoratore che, dopo aver ottenuto l'annullamento del licenziamento, opta per l'indennità sostitutiva della reintegrazione, ha diritto a percepire la retribuzione fino al momento in cui l'indennità gli viene versata. (Cass. 16/11/2009 n. 24200, Pres. Roselli Est. De Renzis, in D&L 2009, 1059) 

  • La richiesta del lavoratore illegittimamente licenziato di ottenere, in luogo della reintegrazione nel posto di lavoro, l’indennità prevista dall’art. 18, 5° comma, l. n. 300 del 1970, costituisce esercizio di un diritto derivante dall’illegittimità del licenziamento, riconosciuto al lavoratore secondo lo schema dell’obbligazione con facoltà alternativa ex parte creditoris; pertanto, l’obbligo di reintegrazione nel posto di lavoro facente carico al datore di lavoro si estingue soltanto con il pagamento dell’indennità sostitutiva della reintegrazione, per la quale abbia optato il lavoratore, non già con la semplice dichiarazione da questi resa di scegliere detta indennità in luogo della reintegrazione e, conseguentemente, il risarcimento del danno, il cui diritto è dalla legge fatto salvo anche nel caso di opzione per la succitata indennità, va commisurato alla retribuzione che sarebbero maturate fino al giorno del pagamento dell’indennità sostitutiva e non fino alla data in cui il lavoratore ha già operato la scelta. (Cass. 16/3/2009 n. 6342, Pres. Mattone Est. Meliadò, in Orient. Giur. Lav. 2009, 184) 

  • In caso di reintegra nel posto di lavoro, il termine di trenta giorni per la ripresa del servizio (ovvero per la richiesta dell'indennità sostitutiva) da parte del lavoratore decorre, ai sensi dell'art. 18, quinto comma, legge n. 300 del 1970, dal ricevimento dell'invito del datore di lavoro o dalla comunicazione del deposito della sentenza contenente l'ordine di reintegra. Ne consegue che, ove il datore di lavoro abbia formalmente comunicato l'invito a riprendere il servizio, l'inutile decorso del termine comporta la risoluzione del rapporto, dovendosi considerare insufficiente una generica adesione all'invito da parte del lavoratore non seguita dall'effettiva ripresa dell'attività lavorativa, salvo che ciò non sia stato possibile a causa di forza maggiore o di legittimo impedimento, nel qual caso le circostanze giustificative addotte dal lavoratore medesimo ineriscono non al termine, sospendendolo, ma unicamente all'obbligo del lavoratore subordinato di prestare la sua opera in costanza di rapporto. (Cass. 6/6/2008 n. 15075, Pres. De Luca Est. Celentano, in Dir. e prat. lav. 2009, 120) 
  • Qualora il mancato pagamento dell'indennità sostitutiva della reintegrazione prevista dall'art. 18 c. 5 SL dia luogo ad altro giudizio (nella fattispecie di opposizione a decreto ingiuntiv), tale giudizio non è soggetto né a sospensione obbligatoria ex art. 295 c.p.c., né a sospensione facoltativa ex art. 337 c.p.c., in attesa dell'esito definitivo del giudizio sul licenziamento, poiché ciò equivarebbe a sospendere la provvisoria esecutività della sentenza di reintegrazione. (Cass. 12/11/2007 n. 23483, Pres. Ciciretti Est. Celentano, in D&L 2008, 292)
  • Il diritto alla reintegrazione di cui all'art. 18, c. 5°, SL rientra nello schema civilistico dell'obbligazione con facoltà alternativa dal lato del creditore, ragion per cui la prestazione principale del datore di lavoro che licenzi illegittimamente il lavoratore è quella di reintegrarlo nel posto di lavoro, mentre la prestazione indennitaria è a essa accessoria e si sostituisce alla prima solo nel caso in cui venga esercitato il diritto di opzione per le quindici mensilità sostitutive. (Trib. Genova 5/3/2007 Est. Melandri, in D&L 2007, con nota di Giuseppe Bulgarini D'Elci, "Esercizio del diritto di opzione ex art. 18, 5° comma, SL e mancato pagamento dell'indennità sostitutiva: prosegue il contrasto giurisprudenziale", 914)
  • Una volta comunicata l'opzione per l'indennità sostitutiva della reintegrazione il rapporto di lavoro si estingue e il lavoratore non può più pretendere di essere reintegrato nel caso di mancato pagamento delle quindici mensilità, con conseguente cessazione della maturazione delle retribuzioni a titolo di danno. (Corte App. Roma 29/3/2007, Pres. Cataldi Est. Cocchia, in D&L 2007, con nota di Emanuela Fiorini, "Società con sede all'estero, numero dei dipendenti e tutela reale", 905)
  • In caso di opzione per l'indennità sostitutiva della reintegrazione ex art. 18, 5° comma, SL, il momento di effettiva cessazione del rapporto coincide non già con la semplice dichiarazione di scelta, ma soltanto con il pagamento dell'indennità, sicchè il risarcimento del danno complessivamente dovuto al lavoratore va commisurato alle retribuzioni che sarebbero maturate fino al giorno dell'adempimento dell'obbligazione alternativa alla reintegrazione. (Cass. 9/2/2007 n. 2898, Pres. Mattone Est. Di Nubila, in D&L 2007, con nota di Ferdinando Perone, "Indennità sostitutiva della reintegrazione: la retribuzione di riferimento e il momento di cessazione del rapporto", 203)
  • L'art. 18 della L. n. 300 del 1970, nel testo risultante dalla novellazione introdotta con L. n. 108 del 1990, fa riferimento, nei commi 4 e 5, al medesimo parametro - la "retribuzione globale di fatto" - sia per il risarcimento del danno che per la determinazione dell'indennità sostitutiva della reintegrazione, ancorchè nel primo caso si risarcisca un danno provocato dal comportamento illegittimo del lavoratore, mentre nel secondo si quantifica un'indennità legata a una scelta del lavoratore. Tanto nell'uno che nell'altro caso per retribuzione globale di fatto deve intendersi quella che il lavoratore avrebbe percepito se avesse lavorato, a eccezione di quei compensi legati non già all'effettiva presenza in servizio ma solo eventuali e dei quali non vi è prova della certa percezione, nonchè quelli legati a particolari modalità di svolgimento della prestazione e aventi normalmente carattere indennitario. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione della corte territoriale che, con riferimento a dipendente postale, in controversia cui non era applicabile, ratione temporis, il Ccnl 11 gennaio 2001, aveva incluso, nell'indennità sostitutiva della reintegrazione, sia il premio di produzione, corrisposto non solo al personale presente in servizio ma anche a quello assente per ferie o per altri motivi tutelati dalla legge, sia l'indennità di funzione, erogata con carattere di continuità e predeterminatezza, in quanto correlata alla natura stessa delle mansioni svolte dal dipendente). (Cass. 29/1/2007 n. 1833, Pres. Mattone Est. Celentano, in Lav. nella giur. 2007, 1029)
  • Il comma 5 dell’art. 18 St. Lav., nell’attribuire al lavoratore reintegrato la facoltà di chiedere, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, il pagamento di una indennità sostitutiva, configura un’obbligazione con facoltà alternativa nella quale è prevista un’obbligazione principale (la reintegrazione) con facoltà per il creditore di richiedere una diversa prestazione; pertanto, una volta comunicata, la scelta diviene irrevocabile e il datore di lavoro non può più liberarsi eseguendo la prestazione principale. (Trib. Roma 10/1/2006, Rel. Trementozzi, in Lav. Nella giur. 2006, con commento di Gianluigi Girardi, 905)
  • La dichiarazione di avvalersi del diritto di opzione per il pagamento della indennità sostitutiva della reintegrazione previsto dall’art. 18, comma quinto, legge 300 del 1970, comporta l’estinzione dell’obbligo di reintegrazione del lavoratore gravante sul datore di lavoro a seguito della pronuncia di inefficacia, nullità o annullamento del licenziamento. Ne consegue che il risarcimento del danno previsto dalla stessa norma va commisurato alle retribuzioni che il lavoratore abbia maturato sino al giorno dell’esercizio del diritto di opzione, potendo il ritardato pagamento dell’indennità sostitutiva trovare sanzione esclusivamente negli ordinari rimedi previsti dall’ordinamento per il ritardo nell’adempimento. (Trib. Torino 12/11/2005 n. 4787, Est. Ciocchetti, in Orient. Giur. Lav. 2005, con nota di Ilaria Alvino, “Licenziamento e indennità sostitutiva della reintegrazione: si può prescindere dal nesso di sinallagmaticità tra le prestazioni dovute dalle parti del rapporto di lavoro?”, 875)
  • La domanda del lavoratore al pagamento dell'indennità sostitutiva della reintegra, correlandosi ad una obbligazione con facoltà alternativa, della quale l'unico oggetto è costituito dalla reintegrazione, presuppone necessariamente l'attualità dell'obbligo di reintegra. (Trib. Treviso 4/11/2003, Est. De Luca, in Lav. nella giur. 2004, 141, con commento di Francesca Marchesan)
  • L'obbligo di reintegrazione nel posto di lavoro, facente carico al datore di lavoro a norma dell'art. 18, L. n. 300/1970, si estingue soltanto con il pagamento della indennità sostitutiva della reintegrazione (introdotta in sede di novellazione dell'art. 18 da parte dell'art. 1, L. n. 108/1990), prescelta dal lavoratore illegittimamente licenziato, e non già con la semplice dichiarazione, proveniente da quest'ultimo, di scegliere tale indennità in luogo della reintegrazione. Ne consegue che, anche nel caso in cui già con la domanda giudiziale il lavoratore abbia chiesto il pagamento della indennità sostitutiva, il risarcimento del danno, il cui diritto è dalla legge fatto salvo anche nel caso di opzione per l'indennità sostitutiva della reintegrazione, va commisurato alle retribuzioni che sarebbero maturate fino al giorno del pagamento dell'indennità sostitutiva. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza d'appello, impugnata dal datore di lavoro, con cui era stato riconosciuto un risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni completate fino al momento in cui era stata offerta l'indennità e non fino alla data della comunicazione dell'opzione da parte del lavoratore). (Cass. 6/3/2003, n. 2280, Pres. Senese, Rel. Curcuruto, in Lav. nella giur. 2003, 679)
  • Nell'ipotesi in cui il lavoratore, licenziato e successivamente reintegrato con provvedimento d'urgenza, non riprende il lavoro nel termine di trenta giorni dal ricevimento dell'invito in tal senso rivoltogli dal datore di lavoro (ovvero nel diverso termine indicato nel suddetto provvedimento), il rapporto deve ritenersi risolto, con preclusione dell'esercizio di opzione per l'indennità sostitutiva, dovendo la disposizione dell'art. 18, L. n. 300/1970, stabilita per le sentenze che dispongono la reintegrazione, intendendosi analogicamente estesa anche ai provvedimenti cautelari di eguale contenuto, non rilevando in senso contrario, la circostanza che ad essi non sia seguito il giudizio di merito. (Cass. 28/1/2003, n. 1254, Pres. Putaturo Donati, Rel. Mercurio, in Lav. nella giur. 2003, 572)
  • L'opzione sostitutiva della reintegrazione formulata dal lavoratore a seguito dell'ordine di reintegrazione emesso dal giudice di primo grado, essendo indissolubilmente legata alla statuizione ex art. 18 SL, non esprime l'indisponibilità del dipendente alla prestazione; conseguentemente il giudice di secondo grado, ove decida di fare applicazione non dell'art. 18 SL ma dei principi di diritto comune, deve comunque disporre la riattivazione del rapporto ed il pagamento delle retribuzioni maturate dalla cessazione del rapporto. (Corte d'Appello Milano 5/10/2001, Pres. Ruiz Est. De Angelis, in D&L 2002, 96)
  • La revoca del licenziamento, preordinata a impedire la pronuncia dell'ordine di reintegrazione, e l'invio a riprendere servizio - ove non seguiti dalla ricostituzione del rapporto per adesione del lavoratore - non vale a escludere la facoltà del lavoratore di rivendicare l'indennità ex art. 18, 5° comma, SL (nel caso di specie, la revoca era pervenuta al lavoratore dopo il deposito del ricorso di impugnazione del licenziamento e lo stesso lavoratore si era riservato di optare per l'indennità sostitutiva all'esito del giudizio di primo grado (Cass. sez. lav. 16 settembre 2000 n. 12260, pres. De Musis, est. Foglia, in D&L 2000, 1003)
  • A seguito della sentenza di reintegrazione nel posto di lavoro, il lavoratore licenziato ha facoltà di pretendere, ai sensi dell'art. 18, 5° comma, l. n. 300/70 (nuovo testo), anziché la reintegrazione, una indennità sostitutiva; tale prestazione patrimoniale, peraltro, trovando la sua unica giustificazione nell'ordine di reintegra, deve essere restituita al datore di lavoro in caso di riforma della sentenza di reintegra, ai sensi dell'art. 336, 2° comma, c.p.c. (Cass. 17/6/00, n. 8263, pres. Prestipino, in Orient. giur. lav. 2000, pag. 767)
  • In caso di riforma in appello dell'ordine di reintegrazione, il lavoratore illegittimamente licenziato, il quale abbia optato in favore dell'indennità sostitutiva della reintegrazione, è tenuto a restituire tutto quanto percepito a titolo d'indennità risarcitoria anche per il periodo dalla pronuncia dell'ordine medesimo fino alla comunicazione dell'opzione stessa. (Cass. 17/6/00, n. 8263, pres. Prestipino, est. Mammone, in Dir. lav. 2001, pag. 338, con nota di Cerreta, Riforma in appello della sentenza di reintegrazione e qualificazione risarcitoria di tutte le indennità dovute medio tempore)
  • L'indennità prevista nell'art. 18, 5° comma, l. 20/5/70, n. 300, nel testo modificato dall'art.1, l. 11/5/90, n. 108, è configurata come prestazione che si inserisce, in connessione con il diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro, in un rapporto obbligatorio avente la struttura di una obbligazione con facoltà alternativa dal lato del creditore. Ne deriva che la facoltà del prestatore non può essere arbitrariamente vanificata dal datore di lavoro revocando il licenziamento in corso di giudizio allo scopo di impedire la pronuncia giudiziale di condanna alla reintegra; onde l'invito a riprendere il lavoro, non seguito da una ricostituzione di fatto del rapporto, non è sufficiente a far venir meno l'attualità dell'obbligo di reintegrazione e a sottrarre il diritto di opzione, il cui esercizio verrebbe altrimenti rimesso di fatto al datore di lavoro (Cass. 12/6/00, n. 8015, pres. prestipino, in Riv. it. dir. lav. 2001, pag. 358, con nota di Notaro, Revoca del licenziamento e opzione del lavoratore per l'indennità sostitutiva della reintegrazione)
  • Il diritto del lavoratore illegittimamente licenziato di ottenere, in luogo della reintegrazione nel posto di lavoro, l'indennità sostitutiva prevista dal quinto comma dell'art. 18 dello Statuto dei lavoratori (l. 20/5/70, n. 300, come modificato dalla l. 11/5/90, n. 108) non può essere arbitrariamente vanificato dal datore di lavoro revocando il licenziamento in corso di giudizio allo scopo di impedire, per intervenuta cessazione della materia del contendere, la pronuncia giudiziale di condanna alla reintegra; onde l'invito a riprendere il lavoro, non seguito da una ricostituzione di fatto del rapporto, non è sufficiente a far venire meno l'attualità dell'obbligo di reintegrazione e a sottrarre al prestatore il diritto di opzione, il cui esercizio verrebbe altrimenti ad essere rimesso di fatto al datore di lavoro. (Cass. 12/6/00, n. 8015, pres. e est. Prestipino, in Argomenti dir. lav. 2001, pag. 671)
  • La richiesta del lavoratore illegittimamente licenziato di ottenere, in luogo della reintegrazione, l'indennità prevista dal quinto comma dell'art. 18, L. n. 300/70, costituisce esercizio di un diritto derivante dall'illegittimità del licenziamento e riconosciuto al lavoratore dalla stessa norma di legge, secondo lo schema generale dell'obbligazione con facoltà alternativa ex parte creditoris; ne consegue che il lavoratore che in corso di causa chieda l'indennità de qua in sostituzione della reintegrazione richiesta con l'atto introduttivo non viola il principio dell'immutabilità della domanda, ma esercita una facoltà riconosciutagli dalla legge (Cass. 8/4/00 n. 4472, in Dir e pratica lav. 2000, pag.2237)
  • La facoltà per il lavoratore di optare, in luogo della reintegrazione, per un’indennità sostitutiva pari a quindici mensilità di retribuzione ha natura di obbligazione facoltativa e pertanto non ha rilievo l’impossibilità sopravvenuta della prestazione verificatasi successivamente all’opzione (nella fattispecie, dopo l’esercizio dell’opzione l’attività aziendale era cessata) (Trib. Monza 9/6/98, pres. ed est. Cella, in D&L 1998, 1050, nota Zezza)
  • Il lavoratore illegittimamente licenziato ha la facoltà di pretendere, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, l’indennità ex art. 18, 5° comma, SL anche nel caso in cui il richiamo in servizio consegua, anziché a un ordine giudiziale, all’unilaterale revoca del licenziamento da parte del datore di lavoro (Pret. Milano 22/1/98, est. Chiavassa, in D&L 1998, 758. In senso conforme, v. Pret. Milano 10/6/97, est. Marasco, in D&L 1998, 183)
  • La richiesta di corresponsione dell’indennità prevista dal 5° comma dell’art. 18 SL, configura un’ipotesi di dimissioni, determinando l’effetto legalmente predeterminato di sostituire alla reintegrazione l’obbligo di pagare l’indennità pari a quindici mensilità della retribuzione globale dsi fatto (Trib. Napoli 28/1/97, pres. Baccari, est. Panariello, in D&L 1997, 647)
  • La facoltà insindacabile di monetizzare il diritto alla reintegrazione in una prestazione pecuniaria di ammontare fisso (attribuita al lavoratore dal comma 5 dell'art. 18 SL) non può essere vanificata dalla revoca del licenziamento, da parte del datore di lavoro, in corso di giudizio, giacché tale revoca non può giungere a effetto se non vi è accettazione del dipendente. La tutela così approntata per il lavoratore non è in conflitto con gli artt. 3 e 41 Cost. (Corte cost. 22/7/96 n. 291, pres. Ferri, rel. Mengoni, in D&L 1997, 49, nota GUARISO, Revoca del licenziamento, mancata accettazione e "quindici mensilità". In senso conforme, v. Cass. 12/6/00, n. 8015, pres. Prestipino, in Argomenti dir. lav. 2001, pag. 671)
  • E' manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 18 c. 5 S.L., come modificato dall'art. 1 L. 108/90, nella parte in cui non subordina la facoltà del lavoratore di optare per l'indennità, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, alla sussistenza di giusti motivi da valutarsi caso per caso da parte del giudice (Corte cost. 15/3/96 n. 77, pres. Ferri, rel. Mengoni, in D&L 1996, 617)
  • L'ordine di reintegrazione costituisce presupposto necessario per l'indennità ex art. 18 SL; pertanto, qualora il giudice investito dell'impugnazione non abbia disposto la reintegrazione (nella specie, per intervenuta revoca del licenziamento) il lavoratore non può far valere il diritto alla predetta indennità (Trib. Milano 16/12/94, pres. ed est. Mannacio, in D&L 1995, 696, con nota redazionale. In senso conforme, v. Trib. Sassari 3/8/94, pres. Bagella, est. Di Florio, in D&L 1995, 696)