Rito Fornero

  • Nel vigore della L. n. 92 del 2012 in tema di licenziamento disciplinare, nella nuova disciplina prevista dall’art. 18 Stat. lav. riformulato, il giudice deve preliminarmente accertare se ricorrano gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, quali presupposti condizionanti la legittimità del recesso secondo previsioni legali non modificate dalla riforma e, solo ove ravvisi la mancanza della causa giustificativa, deve provvedere a selezionare la tutela applicabile ed in particolare se si tratti di quella generale ex comma 5 ovvero quella ex comma 4, operante nei soli casi ivi previsti. (Corte App. Firenze 7/12/2020, Pres. D’Amico Rel. Rugiu, in Lav. nella giur. 2021, 426)
  • Nel rito c.d. “Fornero”, il termine di sessanta giorni per la proposizione del ricorso per cassazione, di cui all’art. 1, comma 62, L. n. 92 del 2012, decorre dalla semplice comunicazione del provvedimento. Si tratta infatti di una previsione speciale, su cui non incide la modifica dell’art. 133, comma 2, c.p.c., nella parte in cui stabilisce, come regola generale, che “La comunicazione non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’art. 325 c.p.c.”. (Cass. 9/10/2020, Pres. Doronzo Rel. Leone, in Lav. nella giur. 2021, 196)
  • Nel rito di cui all’art. 1, commi 48 ss., L. n. 92 del 2012 (c.d. rito Fornero), l’attività istruttoria svolta in entrambe le fasi del giudizio di primo grado va valutata unitariamente, senza che si possano scindere per fasi gli adempimenti richiesti alle parti in tema di formazione della prova, sicché nel giudizio di opposizione la parte conserva integra ogni opzione istruttoria, a prescindere dalle scelte processuali in precedenza operate (Nella specie, la S.C. ha ritenuto non preclusa la produzione nella fase di opposizione dell’originale del documento prodotto in fotocopia in fase sommaria, ancorché in quest’ultima, a seguito della contestazione di non attendibilità del predetto documento, la parte avesse rinunciato ad avvalersene). (Cass. 14/7/2020 n. 14976, Pres. Nobile Rel. Negri della Torre, in Lav. nella giur. 2021, 83)
  • Appartiene alla cognizione del rito speciale anche la questione dell’accertamento di una certa anzianità di servizio, conseguente ad un trasferimento d’azienda, ove la circostanza sia rilevante per giungere ad una decisione circa la legittimità o meno del licenziamento, il quale non può che essere impugnato con il procedimento previsto dalla L. n. 92 del 2012, ove sia richiesta la tutela ivi prevista. (Cass. 31/1/2020 n. 2315, Pres. Di Cerbo Rel. Amendola, Lav. nella giur. 2021, con nota di L. M. Dentici, L’accertamento del trasferimento d’azienda in caso di cambio d’appalto nel rito “Fornero”, 256)
  • Il lavoratore, licenziato per perdita dell’appalto con diritto all’assunzione da parte dell’impresa subentrante, conserva il diritto di impugnare il licenziamento della cessante. (Cass. 31/1/2020 n. 2315, Pres. Di Cerbo Rel. Amendola, Lav. nella giur. 2021, con nota di L. M. Dentici, L’accertamento del trasferimento d’azienda in caso di cambio d’appalto nel rito “Fornero”, 256)
  • Nell’ambito del cd. rito Fornero, la possibilità per le parti di proporre con il ricorso in opposizione domande nuove, nonché di svolgere nuove attività probatorie ed eccezioni in deroga a preclusioni processuali, deve attuarsi all’interno del perimetro costituito dalla causa petendi dell’azione di impugnazione già esercitata, ossia in relazione ai motivi di illegittimità del licenziamento dedotti nel ricorso originario di cui all’art. 1, c. 48, l. n. 92/2012. (Corte app. Torino 19/5/2017, Pres. Girolami Est. Biasi, in Riv. Giur. Lav. prev. soc. 2017, con nota di M. Tufo, “Il rapporto tra il dedotto e il deducibile nella fase di opposizione del rito Fornero”, 602)
  • Il deposito per via telematica, tutte le volte che la trasmissione dell’atto abbia generato la c.d. 3° ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della Giustizia, consente al deposito medesimo di produrre i suoi effetti tipici impeditivi di ogni decadenza anche qualora venga erroneamente effettuato all’interno di un fascicolo telematico ormai definito (fase sommario Fornero) con conseguente produzione di 4° ricevuta di rifiuto da parte della competente Cancelleria e mancato inserimento nei registri informatizzati dell’ufficio giudiziario. (Corte app. L’Aquila 1/12/2016 n. 1020, Pres. Sannite Est. Ciangola, in Lav. nella giur. 2017, con commento di M. Frediani, 185)
  • È legittima una pronuncia di merito, emessa nell’ambito del procedimento ex art. 1, commi 47 e ss. L. n. 92/2012 (rito Fornero), che, riconosciuta la contitolarità del rapporto di lavoro in capo a più datori, ha ritenuto applicabile l’art. 18 Stat. Lav., ha annullato il recesso per giustificato motivo oggettivo in quanto motivato con riferimento a uno solo di essi e ha respinto l’eccezione di inammissibilità della domanda, perché la natura giuridica del rapporto, così come l’individuazione del soggetto che si assume essere datore di lavoro e destinatario dei provvedimenti di tutela ex art. 18 Stat. Lav., integrano questioni che il giudice dovrà affrontare e risolvere necessariamente all’interno del percorso per giungere alla decisione di merito sulla domanda concernente la legittimità o meno del licenziamento; principio che trova conferma nell’art. 1, comma 47, L. n. 92/2012, la cui forma è esplicativa della “volontà del legislatore di non precluderne l’utilizzo per barriere imposte dall’apparenza della forma”. (Cass. 8/9/2016 n. 17775, Pres. Di Cerbo Rel. Amendola, in Lav. nella giur. 2017, con commento di F. M. Giorgi, 172)
  • Il termine breve per la proposizione del reclamo previsto dall’art. 1, comma 58, L. n. 92 del 2012 non può farsi decorrere dalla lettura in udienza del dispositivo e della contestuale motivazione della sentenza del tribunale ex art. 429, comma 1, c.p.c. (Cass. 19/8/2016 n. 17211, Pres. Di Cerbo Rel. Ghinoy, in Lav. nella giur. 2016, 1118)
  • Nell’ambito del procedimento disciplinato all’art. 1, commi 48 ss., della L. n. 92 del 2012, l’attività istruttoria assunta in entrambe le fasi di giudizio di primo grado va valutata unitariamente, senza che si possano scindere per fasi gli adempimenti richiesti alle parti in tema di formazione della prova. (Cass. 6/7/2016 n. 13788, Pres. Nobile Rel. Esposito, in Lav. nella giur. 2016, 1017)
  • La domanda di tutela avverso licenziamento nelle ipotesi regolate dall’art. 18 Stat. Lav. e quella avente ad oggetto l’impugnativa del medesimo recesso cui possa essere, in via subordinata, riconosciuta la tutela di cui all’art. 8 della L. n. 604 del 1966, possono essere proposte in unico ricorso, con rito ex art. 1, comma 48, L. n. 92 del 2012, in quanto fondate sugli stessi fatti costitutivi, poiché la dimensione dell’impresa non è un elemento costitutivo della domanda del lavoratore e, la prospettata interpretazione estensiva della disciplina di cui alla L. n. 92 del 2012, consente di evitare la parcellizzazione dei giudizi in modo che da un’unica vicenda estintiva del rapporto di lavoro possa scaturire un unico processo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, a fronte di un’impugnativa di licenziamento di una lavoratrice, assunta formalmente con contratto di associazione in partecipazione, aveva riconosciuto la tutela di cui all’art. 8 della L. n. 604 del 1966, richiesta in via subordinata. (Cass. 13/6/2016 n. 12094, Pres. Venuti Rel. Amendola, in Lav. nella giur. 2017, con commento di G. Treglia, 78)
  • La fase dell’opposizione ai sensi dell’art. 1, c. 51, l. n. 92/2012, non costituisce un grado diverso rispetto alla fase sommaria ex art. 1, c. 48, l. n. 92 cit., non integrando una revisio prioris instantiae, ma solo una prosecuzione del giudizio di primo grado in forma ordinaria e non più urgente; conseguentemente è da escludere che possa determinare un obbligo di astensione o la facoltà della parte di richiedere la ricusazione del magistrato (persona fisica) che abbia conosciuto della fase sommaria, al pari di quanto affermato dalla Corte costituzionale riguardo alla legittimità dell’art. 51, c. 1, n. 4 c.p.c., ove non preveda un obbligo di astensione del medesimo giudice che abbia previamente concesso una misura cautelare ante causam. (Cass. 16/4/2016 n. 7782, Pres. Lamorgese Rel. Tria, in Riv. giur. lav. prev. soc. 2016, con nota di Enrico Maria Terenzio, “Il giudizio di opposizione nel rito cd. ‘Fornero’ non riveste natura impugnatoria”, 60)
  • Non è un giudizio di impugnazione quello instaurato ex art. 1, comma 51, della l. n. 92/2012, per cui non può applicarsi la normativa relativa alle impugnazioni, compresa quella concernente la possibilità di proporre impugnazione incidentale da parte del soggetto parzialmente soccombente che abbia scelto di non proporre autonomamente ricorso in opposizione. (Trib. Roma 2/7/2015 n. 6562, Est. Vincenzi, in Riv. it. dir. lav. 2016, con nota di Barbara Tabasco, “Rito Fornero: gli stretti rapporti tra le due fasi”, 178)
  • La parte che subisce l’opposizione può proporre domande riconvenzionali a mezzo delle quali può chiedere anche un nuovo esame di domande od eccezioni che nella fase sommarie o non sono state trattate, perché ritenute assorbite da altre, o sono state respinte. In questo caso la parte che propone domanda riconvenzionale deve chiedere lo spostamento dell’udienza. (Trib. Roma 2/7/2015 n. 6562, Est. Vincenzi, in Riv. it. dir. lav. 2016, con nota di Barbara Tabasco, “Rito Fornero: gli stretti rapporti tra le due fasi”, 178)
  • Non è fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 51, c. 1, n.4, c.p.c., e 1, c. 51, l. n. 92/2012 (cd. “legge Fornero”) in quanto, con il disporre – quest’ultima norma – che contro l’ordinanza di accoglimento o di rigetto di cui al c. 49 può essere proposta opposizione con ricorso contenente i requisiti di cui all’art. 414 c.p.c., da depositare innanzi al tribunale che ha emesso il provvedimento opposto, e nel contemplare – la prima norma – l’obbligo di astensione in capo al magistrato che abbia conosciuto della causa in altro grado, risulterebbero lesivi degli artt. 3, 24 e 111 Cost., nella parte in cui non prevede l’obbligo di astensione per l’organo giudicante (persona fisica) investito del giudizio di opposizione ex art. 1, c. 51, l. n. 92/2012, che abbia pronunciato l’ordinanza ex art. 1, c. 49, della stessa l. n. 92; le dette previsioni, che si differenziano infatti dal reclamo nel procedimento cautelare ex art. 669-terdecies, c. 2, c.p.c., non vulnerano il principio dell’imparzialità del giudice e non limitano, anzi accrescono, la tutela del lavoratore. (Corte Cost. 13/5/2015 n. 78, Pres. Criscuolo Est. Morelli, in Riv. giur. lav. prev. soc. 2016, con nota di Enrico Maria Terenzio, “Il giudizio di opposizione nel rito cd. ‘Fornero’ non riveste natura impugnatoria”, 59)
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  • La fase dell’opposizione, ai sensi dell’art. 1, comma 51, L. 28 giugno 2012, n. 92, non costituisce un grado diverso rispetto quella che ha preceduto l’ordinanza, ma solo una prosecuzione del medesimo giudizio in forma ordinaria, sicché non è configurabile alcuna violazione riconducibile all’art. 51, n. 4, nel caso in cui lo stesso giudice-persona fisica abbia conosciuto della causa in entrambe le fasi. (Cass. 17/2/2015 n. 3136, Pres. Roselli Rel. Roselli, in Lav. nella giur. 2015, 633)
  • La fase dell’opposizione ai sensi dell’art. 1, c. 51, l. n. 92/2012 non costituisce un grado diverso rispetto alla fase sommaria ex art. 1, c. 48, l. n. 92 cit., ma solo una prosecuzione del giudizio di primo grado in forma ordinaria e non più urgente; conseguentemente non sussiste incompatibilità tra il giudice che aveva emesso l’ordinanza di cui all’art. 1, c. 49, l. n. 92, e quello competente per la trattazione del successivo giudizio di opposizione. (Cass. 17/2/2015 n. 3136, Pres. ed Est. Roselli, in Riv. giur. lav. prev. soc. 2016, con nota di Enrico Maria Terenzio, “Il giudizio di opposizione nel rito cd. ‘Fornero’ non riveste natura impugnatoria”, 60)
  • Tra la causa proposta con il rito di cui all’art. 1, cc. 47 ss., l. n. 92/2012, per l’accertamento della legittimità del recesso del datore di lavoro, pendente in fase di opposizione, e quella concernente l’impugnativa del medesimo licenziamento, pendente nella fase sommaria dello stesso rito avanti a diverso tribunale, pure in astratto territorialmente competente, sussiste un rapporto di continenza, sicché, ai fini della determinazione del giudice competente, occorre aver riguardo esclusivamente al criterio della prevenzione – avuto riguardo alla data di deposito del ricorso – a prescindere dall’individuazione della causa contente e di quella contenuta, nonché dall’esame di profili processuali relativi alla domanda proposta davanti al giudice preventivamente adito. (Cass. 20/11/2014 n. 24790, ord., Pres. Curzio Est. Garri, in Riv. giur. lav. prev. soc. 2016, con nota di Enrico Maria Terenzio, “Il giudizio di opposizione nel rito cd. ‘Fornero’ non riveste natura impugnatoria”, 61)
  • La fase introduttiva del giudizio di cui all’art. 1, cc. 47 ss., l. n. 92/12 ha natura sommaria, non cautelare; qualificazione da ricondursi alla natura “semplificata” dell’attività istruttoria consentita al giudice di questa fase, paragonabile a quella di cui al procedimento sommario di cognizione, nonché alla mancanza di formalità conseguente all’inapplicabilità delle decadenze e delle preclusioni di cui agli artt. 414 e 416 c.p.c. L’ordinanza conclusiva di questa fase ha, tuttavia, efficacia di giudicato sostanziale, così come quella di cui all’art. 702-quater c.p.c. L’opposizione all’ordinanza non è una revisio prioris instantiae, ma una prosecuzione del giudizio di primo grado. (Cass. 20/11/2014 n. 24790, ord., Pres. Curzio Est. Garri, in Riv. giur. lav. prev. soc. 2016, con nota di Enrico Maria Terenzio, “Il giudizio di opposizione nel rito cd. ‘Fornero’ non riveste natura impugnatoria”, 61)
  • Le domande di pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso, delle differenze retributive, degli emolumenti per licenziamento derivanti da accordi collettivi, nonché di risarcimento dei danni connessi al recesso, proposte attraverso il rito Fornero unitamente all’impugnazione del licenziamento, devono essere dichiarate inammissibili, non potendosi dar luogo a conversione del rito ex artt. 426 e 427 c.p.c., ovvero ex art. 4 del d.lgs. n. 150/2011, insuscettibili di applicazione analogica. (Trib. Roma 23/10/2014, ord., Est. Marrocco, in Riv. it. dir. lav. 2015, con nota di Daniela Schiuma, “Licenziamento del dirigente, accordi aziendali e rito Fornero: una decisione controversa”, 427)
  • Deve ritenersi che, con il rito speciale di cui all’art. 1 comma 48, L. n. 92/2012, la domanda proposta dal ricorrente in via subordinata, non riguardante l’illegittimità del recesso datoriale ma solo la sua decorrenza, si fondi su fatti costitutivi non identici rispetto alle domande ex art. 18, L. n. 300/1970. Tale domanda va dichiarata improponibile. (Trib. Roma 2/10/2014 Giud. Buconi, in Lav. nella giur. 2015, 423)
  • Essendo ammissibile la domanda del datore di lavoro, il quale, con le forme del c.d. rito Fornero, chieda l’accertamento della legittimità del licenziamento intimato al lavoratore, deve ritenersi che, ove il lavoratore abbia già impugnato in giudizio il medesimo licenziamento, ricorre la litispendenza ai sensi dell’art. 39 c.p.c., in quanto tra i due giudizi sussiste identità, oltre che di soggetti, anche del petitum e della causa petendi, a nulla rilevando che il datore assuma formalmente in un giudizio la qualità di attore e nell’altro quella di convenuto. (Trib. Bari 30/9/2014, ord. Giud. Minervini, in Riv. it. dir. lav. 2015, con nota di Donato Marino, “Decidibilità di questioni pregiudiziali nella fase sommaria del rito Fornero e fruibilità del rito da parte del datore di lavoro: questioni ancora controverse”, 518)
  • La fase introduttiva del primo grado del nuovo rito per l’impugnazione dei licenziamenti di cui alla L. n. 92 del 2012 ha natura sommaria non cautelare, qualificazione da ricondursi alla natura “semplificata” dell’attività istruttoria consentita al Giudice di questa fase, paragonabile a quella di cui al procedimento sommario di cognizione, nonché alla “mancanza di formalità” conseguente all’inapplicabilità delle decadenze e delle preclusioni di cui agli artt. 414 e 416 c.p.c. L’ordinanza conclusiva di questa fase ha, tuttavia, efficacia di giudicato sostanziale, così come quella di cui all’art. 702 quater c.p.c. L’opposizione all’ordinanza non è una revisio prioris istantiae, ma una prosecuzione del giudizio di primo grado. (Cass. S.U. 18/9/2014 n. 19674, ord., Pres. Rovelli Est. Amoroso, in Lav. nella giur. 2015, con commento di Filippo Maria Giorgi, 269)
  • Nel caso in cui sia esclusa l’applicabilità della tutela reintegratoria, deve ritenersi rilevata l’inammissibilità del ricorso proposto ai sensi dell’art. 1, comma 48, della legge n. 92 del 2012 e, conseguentemente, si deve pronunciare il rigetto del ricorso stesso. (Trib. Milano 22/2/2014, Giud. Martello, in Lav. nella giur. 2014, 617)

  • Nel caso in cui sia esclusa l’applicabilità della tutela reintegratoria, deve ritenersi rilevata l’inammissibilità del ricorso proposto ai sensi dell’art. 1, comma 48, della legge n. 92 del 2012 e, conseguentemente, si deve pronunciare il rigetto del ricorso stesso. (Trib. Milano 22/2/2014, Giud. Martello, in Lav. nella giur. 2014, 617)

  • Va disposta la trasmissione degli atti al primo presidente per l’eventuale assegnazione alle sezioni unite in relazione alle questioni di massima di particolare importanza relative a) all’ammissibilità nella fase sommaria del c.d. rito Fornero del rilievo e della decisione di questioni di rito; b) all’ammissibilità, proponibilità o fruibilità del medesimo rito da parte del datore di lavoro per l’accertamento della legittimità del licenziamento intimato, questione dalla cui risoluzione dipende anche l’esito dell’ulteriore concernente l’ammissibilità in fase sommaria della domanda riconvenzionale proposta dal lavoratore. (Cass. 18/2/2014 n. 3838, Pres. Mammone Est. Blasutto, in Riv. It. Dir. lav. 2014, con nota di Domenico Dalfino, “Obbligatorietà del c.d. rito Fornero (anche per il datore di lavoro) e decisioni di questioni nella fase sommaria”, e di Dino Buoncristiani, “Successivo o anche preventivo controllo di validità di un licenziamento”, 380)
  • Coloro che intendano contestare le parti di una pronuncia cautelare a loro sfavorevole hanno una duplice facoltà: o proporre opposizione “in via principale”, prospettandosi, in tal caso, la necessità di riunione dei giudizi; ovvero attendere (l’eventuale) notifica del ricorso in opposizione e proporre rituale domanda riconvenzionale, secondo le forme procedurali dettate dall’art. 416 c.p.c., richiamato dal comma 53 della l. n. 92/2012. (Corte app.Torino 10/2/2014, Pres. Girolami Est. Milani, in Riv. it. dir. lav. 2016, con nota di Barbara Tabasco, “Rito Fornero: gli stretti rapporti tra le due fasi”, 178)
  • Il nuovo rito per l’impugnazione dei licenziamenti non prevede che, in primo grado, il giudice delle due fasi debba essere diverso e a una diversa conclusione non può pervenirsi nemmeno per via interpretativa, trattandosi di un procedimento bifasico (nel quale l’ordinanza opposta costituisce un mero provvedimento interinale non suscettibile di giudicato), al quale non si applica l’obbligo di astensione per aver “conosciuto” la causa “in altro grado”, procedimento che appare privo di affinità con quello ex art. 28 Stat. Lav. (rispetto al quale la Corte Cost. ha affermato l’applicabilità dell’art. 51, comma 1, n. 4, c.p.c.) e che “nasce ab origine come affidato al medesimo giudice per una scelta precisa del Legislatore”. Ciò nonostante, dalla considerazione che la seconda fase può assumere valore impugnatorio, con contenuto sostanziale di revisio prioris instantiae, deriva il rilevante e non manifestamente infondato sospetto di incostituzionalità di tale disciplina per violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost. (Trib. Milano 27/1/2014, ord., Pres. ed Est. Manfredini, in Lav. nella giur. 2014, con commento di Filippo Maria Giorgi, 577)

  • È rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 51, comma 1, n. 4 c.p.c. e 1, comma 51, legge 28 giugno 2012, n. 92 (disposizioni materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita), nella parte in cui non prevedono l’obbligo di astensione per l’organo giudicante (persona fisica) investito del giudizio di opposizione ex art. 51, comma 1, l. n. 92/2012 che abbia pronunciato l’ordinanza ex art. 1, comma 49, l. n. 92/2012, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione. (Trib. Milano 27/1/2014, Pres. e Rel. Manfredini, in Lav. nella giur. 2014, 293)

  • La legge 28 giugno 2012, n. 92, meglio nota come riforma Fornero, di immediata applicabilità al pubblico impiego privatizzato limitatamente alle norme di azione e di carattere processuale, pur introducendo un rito speciale per l’impugnativa dei licenziamenti individuali, anche disciplinari, non preclude il ricorso all’azione monitoria ordinaria prevista dall’art. 700 c.p.c., soggetta, tuttavia, ad un controllo giudiziale più stringente in ordine all’allegazione dei presupposti del fumus boni iuris e del periculum in mora). (Trib. Napoli 9/1/2014, G.U. Barbato, in Lav. nella giur. 2014, con commento di Paola Cosmai, 787)

  • La sentenza emessa nell’ambito del procedimento ex art. 1, comma 51, L. 28 giugno 2012, n. 92 deve essere dichiarata nulla ai sensi degli artt. 158 e 161 c.p.c. se emessa dallo stesso giudice che ha giudicato nella prima fase conclusasi con ordinanza ai sensi dell’art. 1, comma 49, legge cit. (Corte app. Milano 13/12/2013, Pres. Sala Rel. Pizzi, in Lav. nella giur. 2014, 190)

  • Nel procedimento disciplinato dal cd. “rito Fornero” non possono essere proposte domande fondate su fatti costitutivi diversi rispetto a quelli rilevanti ai fini della decisione sulla legittimità del licenziamento ex art. 18 l. n. 300/1970; esse devono quindi essere dichiarate improponibili, senza che si possa provvedere alla separazione dei procedimenti ed al mutamento del rito. (Trib. Roma 9/12/2013, ord., in Lav. nella giur. 2014, con commento di Luigi Andrea Cosattini, 799)

  • Non è proponibile con il procedimento di cui all’art. 1, commi 47 e ss., l. n. 92/2012 la domanda con la quale il lavoratore licenziato chiede al Giudice di accertare che il datore di lavoro “sostanziale” è diverso da quello “formale” (nel caso di specie, pluralità di società facenti capo ad un unico centro di imputazione di interessi). La questione può essere invece affrontata incidentalmente e la decisione su di essa va assunta nell’ambito di un provvedimento di merito che statuisca sulla fondatezza o meno della domanda riguardante la legittimità del licenziamento. (Trib. Roma 9/12/2013, ord., in Lav. nella giur. 2014, con commento di Luigi Andrea Cosattini, 799)

  • L’articolo 1 della legge n. 92/2012 prevede che con il tiro introdotto dai commi 47 e ss. della medesima legge possano essere affrontate tutte le questioni pregiudiziali rispetto alle domande ex art. 18 della legge n. 300/1970. Poiché tale disposizione parla di “questioni” e non di domande, deve ritenersi che non sia consentito proporre in via principale con il ricorso ex art. 1, comma 48, le domande di accertamento del carattere subordinato del rapporto in generale, né quelle di accertamento della titolarità del rapporto in capo a un datore di lavoro diverso da quello formalmente risultante (NDR nel caso di specie sulla sussistenza di un unico centro di imputazione del rapporto). (Trib. Roma 9/12/2013, Giud. Buconi, in Lav. nella giu. 2014, 191)

  • L’art. 134 c.p.c. non si applica solo alle ordinanze istruttorie ma a qualsiasi tipo di ordinanza emessa in udienza, perché la conoscibilità del provvedimento deriva appunto dalla circostanza della pronunzia in udienza e dell’inserimento nel relativo verbale (tale principio è riferibile anche all’ordinanza che definisce la prima fase del c.d. rito Fornero NDR). (Da ciò discende che l’ordinanza, laddove emessa in udienza, non necessita di comunicazione da parte della Cancelleria, pertanto il termine per l’opposizione decorre dalla data dell’udienza stessa NDR). (Corte app. Roma 21/11/2013, in Lav. nella giur. 2014, 88)

  • La l. n. 92/2012, nei commi 47 e seguenti dell’art. 1, disciplina un modello procedimentale, non certamente nuovo nel processo civile, c.d. bifasico, costituito da una fase preliminare e necessaria, prettamente sommaria, e una fase successiva ed eventuale, non soltanto a cognizione, ma anche a istruttoria piena. Il rapporto tra le due fasi è quello tipico di un momento di cognizione sommaria – previsto dal legislatore principalmente a scopi acceleratori – e una fase successiva, eventuale, a cognizione piena, non sovrapponibile per quanto attiene ai profili soggettivi, oggettivi e procedimentali alla prima, e quindi non comportante la necessità di dover ripercorrere, entro stretti e già delimitati binari, l’itinerario logico già seguito per pervenire all’adozione del provvedimento opposto. (Corte app. Brescia 25/9/2013, Pres. Nuovo Rel. Finazzi, in Lav. nella giur. 2013, con commento di Filippo Collia, 1066)

  • Non sussiste l’interesse ad agire del datore di lavoro, il quale, con le forme del cd. rito Forneo, proponga domanda di accertamento della legittimità del licenziamento intimato al lavoratore. (Trib. Palermo 10/6/2013, ord., in Riv. It. Dir. lav. 2014, con nota di Domenico Dalfino, “Obbligatorietà del c.d. rito Fornero (anche per il datore di lavoro) e decisioni di questioni nella fase sommaria”, e di Dino Buoncristiani, “Successivo o anche preventivo controllo di validità di un licenziamento”, 380)

  • Nella fase sommaria del cd. rito Fornero è inammissibile la domanda riconvenzionale (nella specie, relativa alla legittimità del licenziamento, alla reintegrazione nel posto di lavoro e al risarcimento dei danni, proposta dal lavoratore nei confronti del datore di lavoro, che, a sua volta, aveva chiesto accertarsi la legittimità del licenziamento intimato. (Trib. Palermo 10/6/2013, ord., in Riv. It. Dir. lav. 2014, con nota di Domenico Dalfino, “Obbligatorietà del c.d. rito Fornero (anche per il datore di lavoro) e decisioni di questioni nella fase sommaria”, e di Dino Buoncristiani, “Successivo o anche preventivo controllo di validità di un licenziamento”, 380)

  • Lo speciale rito descritto dall’art. 1, commi da 48 a 68, l. n. 92 del 2012, ha natura sommaria ma non cautelare, sicché esso non appare astrattamente incompatibile con la procedura di cui all’art. 700 c.p.c. La tutela sommaria stabilita dal c.d. rito Fornero può essere anticipata da una tutela urgente ex art. 700 c.p.c. in presenza di un periculum qualificato, quando vengono in gioco questioni che attengono alla dignità umana e alla sopravvivenza libera e dignitosa della persona e della sua intera famiglia. (Trib. Ravenna 18/3/2013, Giud. Riverso, in Lav. nella giur. 2013, con commento di Maria Dolores Ferrara, 567)

  • Rilevato che la determinazione del rito utilizzabile è diretta conseguenza della prospettazione della domanda, ove questa abbia a oggetto l’accertamento dell’illegittimità di un contratto di somministrazione e del termine a esso apposto e l’attuale esistenza del rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze dell’utilizzatore, deve escludersi che la controversia abbia a oggetto l’impugnativa di un licenziamento regolato dall’art. 18 Stat. Lav. e che possa, quindi, essere utilizzato lo speciale procedimento di cui all’art. 1, comma 47 ss. l. n. 92 del 2012, con conseguente necessità di disporre il mutamento del rito in quello ordinario previsto per le controversie di lavoro. (Trib. Roma 21/2/2013, ord., Giud. Leone, in Lav. nella giur. 2013, con commento di Filippo Maria Giorgi, 924)

  • In assenza di specifica disciplina sul punto, non risulta possibile, nemmeno nella fase di cui al comma 49 dell’art. 1 l. n. 92 del 2012, convertire il rito (instaurato ex comma 48 art. 1 cit.) nelle forme di cui agli artt. 413 e ss. c.p.c., tale conversione è ancor più da escludersi che possa avvenire nella fase di opposizione, introdotta proprio sul presupposto che la domanda ex art. 18 Stat. Lav. sia fondata e debba essere azionata nelle forme processuali previste dalla l. n. 92 del 2012 e non con ricorso ex art. 414 c.p.c., la cui proposizione non era certo preclusa dalla dichiarazione, per ragioni di mero rito, di inammissibilità/improponibilità adottata dal Tribunale con l’ordinanza ex art. 1 comma 49 l. n. 92 del 2012. (Trib. Milano 15/2/2013 Giud. Greco, in Lav. nella giur. 2013, 525)

  • A fronte di un ricorso che abbia i requisiti di cui all’art. 125 c.p.c., atteso che spetta al giudice di qualificare la domanda e per il principio di conservazione degli atti processuali, resta irrilevante l’omessa indicazione della l. n. 92 del 2010 nell’atto introduttivo, dovendosi avere riguardo alla domanda e applicare il rito di cui alla l. n. 92 del 2012 tutte le volte in cui la controversia abbia a oggetto l’impugnativa dei licenziamenti nelle ipotesi regolate dall’art. 18 Stat. Lav., in quanto deve escludersi la “facoltatività” del rito. (Trib. Reggio Calabria 6/2/2013, ord., Giud. Picari, in Lav. nella giur. 2013, con commento di Alberto Piccinini, 373)

  • La domanda riconvenzionale del lavoratore volta a ottenere la pronuncia della illegittimità del licenziamento e il riconoscimento della conseguente tutela di legge è ammissibile anche nella prima fase del cd. rito Fornero che sia stato instaurato dal datore di lavoro per il giudiziale accertamento della legittimità del licenziamento, attenendo agli stessi fatti costitutivi. (Trib. Reggio Calabria 6/2/2013, ord., Giud. Picari, in Lav. nella giur. 2013, con commento di Alberto Piccinini, 373)

  • Laddove sia proposta la domanda con il c.d. rito Fornero ma l’oggetto del contendere non sia invia immediata “l’impugnativa di licenziamento nell’ipotesi regolate dall’art. 18 della l. n. 300/1970” come previsto dall’art. 1 comma 47 l. n. 92 del 2012, il Giudice propone il mutamento del rito assegnando alle parti dei termini per l’integrazione dei rispettivi atti. (Trib. Palermo 15/1/2013, Giud. Barone, in Lav. nella giur. 2013, 526)

  • La comunicazione datoriale di scadenza del contratto di apprendistato per mancato raggiungimento della qualifica non può qualificarsi come licenziamento, trovando applicazione i principi in materia di disdetta da un contratto a termine; ne consegue l’inapplicabilità del rito speciale di cui all’art. 1, commi 47 ss. l. n. 92 del 2012 e, in mancanza di una specifica disposizione, l’applicazione del principio generale, desumibile dall’art. 702-ter c.p.c., che impone, in caso di errore nella scelta del rito, di dichiarare la inammissibilità della domanda. (Trib. Roma 14/1/2013, ord., Giud. Nunziata, in Lav. nella giur. 2013, con commento di Filippo Maria Giorgi, 925)

  • La riforma Fornero non ha inciso sull’orientamento giurisprudenziale di legittimità che ha sempre affermato l’interesse ad agire, con azione di mero accertamento, da parte del datore di lavoro ogni qualvolta ricorra una pregiudizievole situazione di incertezza relativa a diritti o rapporti giuridici, la quale, anche con riguardo ai rapporti di lavoro subordinato, non sia eliminabile senza l’intervento del giudice, sicché è ammissibile la domanda del datore di lavoro diretta all’accertamento della legittimità del licenziamento, ancorché questo risulti essere già stato impugnato dal lavoratore con l’instaurazione di un precedente giudizio. (Trib. Genova 9/1/2013, ord., Giud. Ravera, in Lav. nella giur. 2013, con commento di Alberto Piccinini, 367)

  • Il rito Fornero non è finalizzato alla reintegrazione o a evitare risarcimenti lievitanti nel tempo, ma a dare pronta certezza proprio ai rapporti di lavoro anche dove l’azienda per la fattispecie solutoria può da subito prevedere l’entità del risarcimento non destinato a crescere nel tempo per effetto della durata del processo. (Trib. Genova 9/1/2013, ord., Giud. Ravera, in Lav. nella giur. 2013, con commento di Alberto Piccinini, 367)

  • La chiarezza della disposizione “procedimento giudiziario specifico per accelerare la definizione” delle controversie in materia di licenziamenti e la sua collocazione all’inizio dell’art. 1, indicano che ogni volta che l’interpretazione letterale o sistematica del testo possa dare luogo a più soluzioni, bisognerà privilegiare quella che risponde meglio alla finalità della normativa. (Trib. Genova 9/1/2013, ord., Giud. Ravera, in Lav. nella giur. 2013, con commento di Alberto Piccinini, 367)

  • L’esecutività dell’ordinanza che chiude la fase sommaria vale anche per l’ordinanza di rigetto del ricorso introdotto dal lavoratore e quindi tale esecutività non è finalizzata alla stabilità della reintegra ma a dare certezza al complessivo rapporto di lavoro, secondo la ratio di fondo del nuovo rito processuale. (Trib. Genova 9/1/2013, ord., Giud. Ravera, in Lav. nella giur. 2013, con commento di Alberto Piccinini, 367)

  • L’azione proposta dal lavoratore non è tecnicamente una impugnativa di licenziamento ma una azione di accertamento negativo della sua legittimità, con conseguente domanda di reintegra e di risarcimento del danno, così come specularmente, l’azione proposta dal datore di lavoro, è un’azione di accertamento positivo della sua legittimità e implicita (e consequenziale) domanda che il lavoratore non ha diritto alla reintegra e al risarcimento. (Trib. Genova 9/1/2013, ord., Giud. Ravera, in Lav. nella giur. 2013, con commento di Alberto Piccinini, 367)

  • Il rito c.d. Fornero è obbligatorio per entrambe le parti e deve trovare applicazione per tutte le controversie nelle quali si discuta della legittimità di un licenziamento venga richiesta o meno l’applicazione dell’art. 18 l. n. 300 del 1970 come modificato: il rito non è infatti funzionale alla reintegrazione ma alla certezza dei rapporti cui deve pervenirsi per mezzo della celerità del rito. (Trib. Genova 9/1/2013, ord., Giud. Ravera, in Lav. nella giur. 2013, con commento di Alberto Piccinini, 367)

  • In ogni caso sussiste un interesse concreto e attuale del datore di lavoro che riceve una richiesta di costituzione del collegio di conciliazione e arbitrato previsto dall’art. 7 l. n. 300 del 1970 ad agire in prevenzione, operando così il trasferimento della sede arbitrale a quella giudiziale. (Trib. Genova 9/1/2013, ord., Giud. Ravera, in Lav. nella giur. 2013, con commento di Alberto Piccinini, 367)

  • Il nuovo speciale procedimento ex l. n. 92 del 2012 dovrà essere attivato dal giudice ogni qual volta, impugnando il licenziamento, l’attore chieda la reintegra, salvo che si tratti di prospettazione palesemente strumentale, abnorme, errata. Qualora invece tali situazioni limite non ricorrano, il giudice aprirà il nuovo procedimento; se poi, nel contraddittorio tra le parti ma in limine litis (ossia prima della trattazione istruttoria), egli rileverà che non ricorrono i presupposti della reintegra, si pronunzierà immediatamente, o dichiarando inammissibile la domanda o disponendo il mutamento di rito ex art. 4 d.lgs. n. 150 del 2011 (ovvero ex artt. 426 s., c.p.c.). Se, invece, l’insussistenza del requisito dimensionale per la reintegra emergerà a seguito dell’istruttoria (ricordando che l’onere grava sul datore di lavoro), pare preferibile che il giudice si pronunci ormai nel merito. (Trib. La Spezia 7/1/2013, Giud. Panico, in Lav. nella giur. 2013, 313)

  • Con il ricorso ex art. 1, commi 47 ss. l. n. 92 del 2012 non possono essere proposte domande diverse da quelle di impugnativa del licenziamento e di tutela ex art. 18 Stat. Lav. novellato (comma 48), salvo che siano fondate sugli identici fatti costitutivi. Nel caso di errore nella scelta del rito che emerga sin dall’atto introduttivo del giudizio deve, pertanto, emettersi un provvedimento con il quale si disponga la conversione del rito, assegnando un termine per la regolarizzazione degli atti, in aderenza al principio di conservazione degli atti. Devono viceversa essere dichiarate inammissibili le domande riconvenzionali, anche se fondate su fatti costitutivi identici, non essendo prevista nella fase sommaria la possibilità della loro proposizione, trattandosi di determinazione legislativa chiaramente connessa alle esigenze di celerità che la caratterizzano. (Trib. Taranto 30/11/2012, Giud. Magazzino, in Lav. nella giur. 2013, con commento di Simona Santaroni, 587)

  • Caratteristica fondamentale del nuovo procedimento risiede nel fatto che, per le controversie alle quali esso è applicabile, il rito di cui all’art. 1 l. n. 92 del 2012 costituisce l’unica modalità di esercizio dell’azione giudizile. In altri termini, non è concessa alla parte interessata la facoltà di scelta tra l’ordinario rito del lavoro di cui al codice di procedura civile e quello introdotto dal legislatore del 2012, essendo il ricorrente tenuto a seguire questo secondo. (Trib. Roma 28/11/2012, Giud. Sordi, in Lav. nella giur. 2013, 314, e in Riv. It. Dir. lav. 2013, con nota di Giovanna Pacchiana Parravicini, “Il rito Fornero: un labirinto senza uscita?”, 288)

  • L’individuazione delle controversie soggette al rito speciale si deve procedere senza alcun riguardo alla circostanza che i licenziamenti che vi hanno dato origine siano poi in concreto assoggettati alla disciplina contenuta nella nuova versione dell’art. 17 St. lav: quest’ultima, infatti, si applicherà ratione temporis solo ai licenziamenti a far data dal 18 luglio 2012, mentre – secondo quanto previsto dall’art. 1 comma 67 l. n. 92 del 2012 – il nuovo rito si applica alle “controversie instaurate successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge”. (Trib. Roma 31/10/2012, Giud. Pucci, in Lav. nella giur. 2013, 315)

  • Nel caso di recesso ante tempus da un contratto a tempo determinato intimato a una lavoratrice in stato di gravidanza antecedentemente al 18 luglio 2012, esclusa l’applicabilità dell’art. 18 Stat. Lav. come modificato dalla l. n. 92 del 2012, deve ritenersi l’erroneità del ricorso al rito speciale introdotto da detta legge e, nel silenzio del legislatore in ordine alle conseguenze dell’erronea adozione del nuovo rito piuttosto che di quello lavoristico, può farsi riferimento all’art. 4 d.lgs. 1 settembre 2011, n. 150, che conferma l’individuabilità nell’ordinamento di un principio generale di “mutamento del rito”. (Trib. Roma 31/10/2012, ord., Giud. Pucci, in Lav, nella giur. 2013, con commento di Filippo Maria Giorgi, 926)

  • Le controversie di cui all’art. 1, comma 47 e 48 l. n. 92/2012 si caratterizzano per l’identità del rapporto di lavoro dedotto in giudizio con quello per cui si chiede la tutela reintegratoria ai sensi dell’art. 18 St. lav. con conseguente esclusione, a titolo esemplificativo, di tutte le domande, anche preliminari e incidentali, relative all’accertamento della costituzione di diversi e ulteriori rapporti di lavoro con soggetti terzi rispetto al formale datore di lavoro. L’accertamento di un rapporto di lavoro diverso da quello dedotto in causa richiede, infatti, un’indagine istruttoria che appare incompatibile con la sommatorietà del rito di cui all’art. 1 comma 48 L. 92/2012 e, pertanto, la relativa domanda è inammissibile. (Trib. Milano 25/10/2012, ord., Giud. Scarzella, in Riv. It. Dir. lav. 2012, con nota di Aldo Bottini, “Il nuovo processo per l’impugnazione dei licenziamenti: obbligatorietà e selezione all’ingresso”, 1086)

  • Nel caso in cui il ricorrente chieda l’accertamento del suo diritto a essere reintegrato presso un datore di lavoro diverso da quello da cui lo stesso era stato formalmente assunto, la controversia non rientra tra quelle ricomprese nel nuovi rito di cui all’art. 1 comma 47 ss. l. n. 92 del 2012, disciplina da interpretarsi restrittivamente e che non tollera indagini istruttorie incompatibili con la natura sommaria del procedimento; la conseguente inammissibilità del ricorso non rileva ai fini della configurabilità di una causa di decadenza ex art. 32 l. n. 183/2010, al qual fine rileva soltanto la data del deposito del ricorso presso la cancelleria del Tribunale funzionalmente e territorialmente competente. (Trib. Milano 23/10/2012, ord., in Lav. nella giur. 2013, con commento di Filippo Maria Giorgi, 928)

  • L’applicabilità del rito sommario ex art. 1, comma 47 e ss. l. n. 92/2012 è retta, al pari della competenza, dal principio della prospettazione, fatti salvi i casi in cui la prospettazione offerta dalla parte ricorrente appaia prima facie artificiosa e volta al solo fine di sottrarre la cognizione della causa al giudice predeterminato per legge. Il rito rimane legato al petitum a prescindere dalle evoluzioni di quest’ultimo nel corso del processo. (Trib. Napoli 16/10/2012, ord., Giud. Picciotti, in Riv. It. Dir. lav. 2012, con nota di Aldo Bottini, “Il nuovo processo per l’impugnazione dei licenziamenti: obbligatorietà e selezione all’ingresso”, 1085)

  • Nel caso in cui il lavoratore, con ricorso ex art. 1, comma 47 e ss. l. n. 92/2012, denunzi l’esistenza di un organico sufficiente all’applicazione dell’art. 18 St. Lav. o chieda l’applicazione dell’art. 18 deducendo trattarsi di licenziamento vietato o inefficace per difetto di forma, il nuovo rito sommario sarà applicabile e l’eventuale domanda subordinata di tutela debole (ex art. 8 della legge n. 604/1966) rientrerà per trascinamento nel rito speciale. (Trib. Napoli 16/10/2012, ord., Giud. Picciotti, in Riv. It. Dir. lav. 2012, con nota di Aldo Bottini, “Il nuovo processo per l’impugnazione dei licenziamenti: obbligatorietà e selezione all’ingresso”, 1085)

  • La lettura costituzionalmente orientata dell’espressione “questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro” utilizzata dal legislatore, impone di considerare rientranti tra dette questioni e quindi ammissibili ex art. 1, comma 47 e ss. l. n. 92/2012 anche le questioni nelle quali è in contestazione tra le parti l’esistenza di un qualunque vincolo sinallagmatico, nonché le ipotesi in cui è richiesto l’accertamento dell’esistenza di un rapporto di lavoro con un soggetto diverso da quello che formalmente ha rivestito tale posizione nel sinallagma contrattuale, ovverosia la fattispecie della interposizione fittizia di manodopera. L’accertamento sulle domande “relative alla qualificazione del rapporto di lavoro” deve arrestarsi a ciò che è necessario e sufficiente a reggere la domanda principale (l’impugnazione del licenziamento), essendo a questa pregiudiziali e non assurgendo ad autonomo capo di domanda. (Trib. Napoli 16/10/2012, ord., Giud. Picciotti, in Riv. It. Dir. lav. 2012, con nota di Aldo Bottini, “Il nuovo processo per l’impugnazione dei licenziamenti: obbligatorietà e selezione all’ingresso”, 1085)

  • Le domande ultronee che non trovano spazio nell’ambito di applicazione del nuovo processo sommario ex art. 1, comma 47 e ss., l. n. 92/2012 devono esere dichiarate improponibili in rito, con pronuncia che non incide sulla riproponibilità delle stesse con ricorso ordinario. (Trib. Napoli 16/10/2012, ord., Giud. Picciotti, in Riv. It. Dir. lav. 2012, con nota di Aldo Bottini, “Il nuovo processo per l’impugnazione dei licenziamenti: obbligatorietà e selezione all’ingresso”, 1085)

  • L’impugnativa di licenziamento con richiesta di applicazione dell’art. 18 l. n. 300 del 1970, depositata dopo il 18 luglio 2012, va trattata con il procedimento sommario previsto dall’art. 1, commi 48 ss. l. n. 92 del 2012, nel quale tuttavia non possono essere formulate domande diverse dall’impugnativa predetta limitatamente alle ipotesi regolate dal citato art. 18, a meno che siano “fondate sugli identici fatti costitutivi”; con l’effetto che, ove proposte, dette domande devono essere dichiarate inammissibili. (Nella specie, il Tribunale di Palermo ha dichiarato inammissibili le domande relative a mansioni superiori e pagamento di differenze retributive, anche in relazione a un inizio anticipato del rapporto rispetto alla sua regolarizzazione, nonché quelle di accertamento della temporanea sospensione degli effetti dell’intimazione di licenziamento fatta al lavoratore in malattia, in concreta rivolta al pagamento di retribuzioni sino all’effettiva cessazione del rapporto al termine della malattia, e di condanna al pagamento dell’indennità di malattia per il medesimo periodo spiegata nei confronti dell’INPS). (Trib. Palermo 15/10/2012, Giud. Marino, in Lav. nella giur. 2013, con commento di Simona Santaroni, 591)