Scarso rendimento

  • I giudici di merito, chiamati a valutare la legittimità di un licenziamento per giusta causa intimato al dipendente di una banca in relazione a diverse contestazioni disciplinari, avendo constatato la fondatezza del solo addebito di scarso rendimento, avevano convertito il recesso in licenziamento per giustificato motivo soggettivo, riconoscendo al lavoratore l’indennità di mancato preavviso. La Cassazione, nel rigettare il ricorso del lavoratore, osserva che: (i) per costante giurisprudenza, in caso di licenziamento per scarso rendimento, il datore di lavoro non può limitarsi a provare solo il mancato raggiungimento del risultato atteso, ma deve anche dimostrare che la causa di esso è costituita dal negligente inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore nell’espletamento della sua normale prestazione lavorativa; (ii) nel caso di specie, lo scarso rendimento e la sua gravità risultano adeguatamente dimostrati dalla palese sproporzione tra l’attività svolta dal lavoratore nel periodo oggetto di contestazione (poco più di una decina di visite a clienti nell’arco di un intero trimestre e un solo cliente acquisito) e i dati di produzione dei colleghi nel medesimo periodo, che erano risultati enormemente superiori. (Cass. 6/4/2023 n. 9453, Pres. Doronzo Rel. Caso, in Wikilabour, Newsletter n. 8/23)
  • In tema di licenziamento individuale, deve escludersi la sussistenza di un giustificato motivo oggettivo quando, al di là di ogni riferimento a ragioni dell’impresa, il licenziamento si fondi su un comportamento riconducibile alla sfera volitiva del lavoratore e lesivo dei suoi doveri contrattuali integrante un inadempimento, implicante, da parte del datore di lavoro, un giudizio negativo nei suoi confronti. Pertanto, il licenziamento per scarso rendimento costituisce un’ipotesi di recesso per notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore. (Cass. 22/11/2016, n. 23735, Pres. Di Cerbo Est. Amendola, in Riv. Giur. Lav. prev. soc. 2017, con nota di D. Calderara, “L’autoqualificazione del datore di lavoro nel licenziamento per giustificato motivo oggettivo non ha rilevanza”, 272)
  • Ai fini dell’esonero definitivo dal servizio dei lavoratori autoferrotranvieri dipendenti da aziende esercenti il pubblico servizio di trasporti in regime di concessione, la fattispecie dello scarso rendimento previsto dall’art. 27, lett. d, del Regolamento attuativo, all. A, al r.d. n. 148 del 1931, è ipotesi diversa e separata da quella previsto dallo stesso art. 27, lett. b, che disciplina invece la malattia. Conseguentemente, le ripetute assenze per malattia non possono considerarsi come utili ai fini della configurabilità dello scarso rendimento idoneo a giustificare l’esonero dal servizio dell’agente. (Cass. 2/9/2015 n. 17436, ord., Pres. Stile Est. Manna, in Riv. giur. lav. prev. soc. 2016, con nota di Michelangelo Salvagni, “Scarso rendimento ed eccessiva morbilità nel rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri”, 39)
  • In senso generale, l’ipotesi dell’esonero per scarso rendimento nell’area delle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo, presuppone una prova in positivo sul colpevole e negligente inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore nell’espletamento delle mansioni; conseguentemente, ai fini dell’esonero per scarso rendimento, non si dovrebbe tenere in considerazione delle ipotesi di assenza del lavoratore dovuta a malattia. (Trib. Firenze 6/11/2014, Giud. Taiti, in Lav. nella giur. 2015, 420)
  • È legittimo il licenziamento intimato al lavoratore per scarso rendimento qualora sia provata, sulla scorta della valutazione complessiva dell’attività resa dal lavoratore stesso e in base agli elementi dimostrati dal datore di lavoro, una evidente violazione della diligente collaborazione dovuta dal dipendente – e a lui imputabile – in conseguenza dell’enorme sproporzione tra gli obiettivi fissati dai programmi di produzione per il lavoratore e quanto effettivamente realizzato nel periodo di riferimento, tenuto conto della media di attività tra i vari dipendenti e indipendentemente dal conseguimento di una soglia minima di produzione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva affermato la legittimità del licenziamento intimato, sul presupposto che le reiterate assenze effettuate dal lavoratore, comunicate all’ultimo momento e “agganciate” ai giorni di riposo, determinavano uno scarso rendimento e una prestazione lavorativa non sufficientemente e proficuamente utilizzabile per il datore di lavoro, incidendo negativamente sulla produzione aziendale). (Cass. 4/9/2014 n. 18678, Pres. Roselli Est. I. Tricomi, in Lav. nella giur. 2015, con commento di Enrico Gragnoli, 40, e in in Lav. nella giur. 2015, con commento di Giovanna Pastore, 167)
  • È illegittimo il licenziamento intimato al lavoratore per scarso rendimento qualora sia risultata provata una evidente violazione della diligente collaborazione dovuta dal dipendente – e a lui imputabile – in conseguenza dell’enorme sproporzione fra gli obiettivi fissati dai programmi di produzione per il lavoratore e quanto effettivamente realizzato nel periodo di riferimento, avuto riguardo al confronto dei risultanti dati globali riferiti a una media di attività tra i vari dipendenti ed indipendentemente dal conseguimento di una soglia minima di produzione. (Cass. 1/12/2010 n. 24361, Pres. Vidiri Est. Stile, in Lav. nella giur. 2011, 214)
  • Secondo un'interpretazione letterale e logica della norma, l'ipotesi di esonero dal servizio per scarso rendimento prevista dall''art. 27, comma 1, lett. d), All. A, R.D. 8 gennaio 1931, n. 148-che regola il rapporto di lavoro degli autoferrotranviari-non è una misura disciplinare, dal momento che si riferisce all'organizzazione del lavoro ed al buon andamento del servizio; infatti i comportamenti del lavoratore-che, pure, singolarmente considerati, potrebbero avere anche una valenza disciplinare-vengono tuttavia in rilievo sotto l'aspetto oggettivo dell'incidenza sulla regolarità del servizio. (Trib. Milano 3/4/2003, Est. Vitali, in Lav. nella giur. 2003, 1166)
  • Lo scarso rendimento rilevante ai fini del licenziamento per giustificato motivo oggettivo sussiste soltanto allorché esso cagioni la perdita totale dell'interesse del datore di lavoro alla prosecuzione del rapporto (nel caso specifico è stata confermata la sentenza di merito che aveva ritenuto insufficiente a giustificare il licenziamento l'impedimento fisico di una cameriera d'albergo, dal quale era derivata una mera difficoltà nello svolgimento delle mansioni contrattuali e in particolare la riduzione del numero di stanze che la lavoratrice era in grado di riassettare giornalmente). Lo scarso rendimento del lavoratore può essere addotto, a seconda delle circostanze, come giustificato motivo di licenziamento, oppure come giustificato motivo soggettivo, quando esso sia l'effetto di un inadempimento degli obblighi contrattuali. Alla valutazione della sussistenza e gravità di tale inadempimento deve concorrere l'apprezzamento di tutte lecircostanze del caso concreto (Cass. 5/3/2003, n. 3250, Pres. Ciciretti, Est. Picone, in Riv. it. dir. lav. 2003, 689, con nota di Pietro Ichino e Luigi Cavallaro, Un caso interessante per la riflessione sulla nozione di giustificato motivo oggettivo di licenziamento: due opinioni)
  • Il rendimento lavorativo inferiore al minimo contrattuale, o d'uso, non integra ex se l'inesatto adempimento che, a norma dell'art. 1218 c.c., si presume, fino a prova contraria, imputabile a colpa del debitore, dato che, nonostante la previsione di minimi quantitativi, il lavoratore è obbligato ad un facere e non ad un risultato e la inadeguatezza della prestazione resa può essere imputabile alla stessa organizzazione dell'impresa o comunque a fattori non dipendenti dal lavoratore. Conseguentemente, in relazione al cosiddetto scarso rendimento, il datore di lavoro che intende farlo valere quale giustificato motivo soggettivo di licenziamento, ai sensi dell'art. 3, l. n. 604/66, non può limitarsi - neanche nei casi in cui il risultato della prestazione non è collegato ad elementi intrinsecamente aleatori - a provare il mancato raggiungimento del risultato atteso ed eventualmente la sua oggettiva esigibilità, ma è onerato della dimostrazione di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del lavoratore, quale fatto complesso alla cui valutazione deve concorrere anche l'apprezzamento degli aspetti concreti del fatto addebitato, tra cui il grado di diligenza richiesto dalla prestazione e quello usato dal lavoratore (Cass. 19/8/00, n. 11001, pres. Prestipino, in Orient. giur. lav.2000, pag. 752; in Riv. it. dir. lav. 2001, pag. 346, con nota di Bartalotta, Scarso rendimento e prova per presunzioni della sua imputabilità a condotte negligenti del lavoratore; in Dir. lav. 2001, pag. 200. In senso conforme, v. Cass. 10/11/00, n. 14605, pres. De Musis, in Orient. Giur. Lav. 2000, pag. 1070; in Lavoro e prev. oggi 2001, pag. 134)
  • Per poter essere ricondotto a un’ipotesi di giustificato motivo soggettivo di licenziamento, lo scarso rendimento, in quanto forma di inadempimento agli obblighi contrattuali, deve essere valutato non solo sulla base del mancato raggiungimento del risultato atteso e oggettivamente esigibile, ma anche e soprattutto alla luce del comportamento negligente del lavoratore che lo abbia determinato (Cass. 24/5/99 n. 5048, pres. Buccarelli, est. Mercurio, in D&L 1999, 921)
  • Al licenziamento per scarso rendimento, riconducibile in via generale alla categoria del licenziamento disciplinare, si applica la disciplina procedimentale stabilita per le sanzioni disciplinari dall’art. 7 SL (Pret. Milano 14/4/99, est. Ianniello, in D&L 1999, 681)
  • Nel caso di licenziamento per scarso rendimento il datore di lavoro deve dimostrare non solo il mancato raggiungimento degli obiettivi e l’esigibilità della prestazione attesa, ma anche la concreta e immotivata negligenza del lavoratore nell’adempimento dell’obbligazione lavorativa, con la conseguenza che, in assenza della prova della negligenza, si presume che l’inadeguatezza della prestazione fornita dipenda da fattori socio-ambientali oppure dall’incidenza dell’organizzazione dell’impresa e, comunque, da fattori non dipendenti dalla volontà del lavoratore (Pret. Voghera 26/2/99, est. Ferrari, in D&L 1999, 680)
  • Nel caso di licenziamento per scarso rendimento, il datore di lavoro non può limitarsi a provare solo il mancato raggiungimento del risultato atteso o l’oggettiva sua esigibilità, ma deve anche dimostrare che la causa di esso derivi da negligenza nell’espletamento della prestazione lavorativa (Trib. Roma 15/11/97, pres. Sorace, est. Filabozzi, in D&L 1998, 477)
  • E' illegittimo il licenziamento per scarso rendimento del lavoratore, determinato da una diminuzione del rendimento della durata di 4 mesi pari al 20%, in quanto il rapporto di lavoro deve considerarsi un'obbligazione di fare e non di risultato (Cass. 23/2/96 n. 1421, pres. Mollica, est. Mattone, in D&L 1996, 1019, nota Muggia)
  • Costituisce giustificato motivo soggettivo di licenziamento lo scarso rendimento nel caso in cui il datore di lavoro provi che il lavoratore ha lasciato inadempiuta in modo notevole la prestazione normalmente esigibile con riferimento alla media dei lavoratori e laddove il medesimo lavoratore non raggiunga la prova che tale inadempimento sia dipendente da cause a lui non imputabili (Trib. Torino 3/5/95, pres. Pernisari, est. Rossi, in D&L 1995, nota AMATO, Scarso rendimento e onere della prova)