Casistica

  • Un caso di violazione di standard socialmente condivisi riconducibili alla nozione di giusta causa di licenziamento. Un lavoratore era stato licenziato per giusta causa quando il datore di lavoro era venuto a conoscenza della sua condanna definitiva per violenza sessuale nei confronti di una minorenne avvenuta 13 anni prima. Nel giudizio di impugnazione del licenziamento, la Corte di appello aveva accolto le domande del dipendente, valorizzando l’unicità dell’episodio, il tempo trascorso da esso e il fatto che fosse avvenuto al di fuori del rapporto di lavoro. Cassando la decisione della Corte d’appello, la Cassazione osserva che la violenza sessuale ai danni di una minorenne è, secondo uno standard socialmente condiviso, una condotta che, per quanto estranea al rapporto di lavoro, è idonea a ledere il vincolo fiduciario e ciò a prescindere dal contesto in cui la stessa è stata commessa e dal tempo trascorso dal fatto, a maggior ragione ove, come nel caso di specie, il lavoratore svolga un’attività che lo pone a diretto contatto col pubblico. Essa pertanto concreta un’ipotesi di giusta causa di licenziamento. (Cass. 23/5/2023 n. 14114, ord., Pres. Doronzo Rel. Garri, in Wikilabour, Newsletter n. 11/23)
  • Giusta causa di licenziamento dare della lesbica in pubblico a una collega.
    Un autista di mezzi pubblici fermo sotto una pensilina in attesa di prendere servizio su di un mezzo, vedendo una collega, anch’essa in attesa di prendere servizio e sapendo che era incinta, le si era rivolto in tono di scherno, fingendosi stupito che una lesbica fosse incinta e chiedendole come avesse fatto. Il tutto, mentre ambedue erano in divisa e in presenza di alcuni utenti in attesa del mezzo pubblico. Su denuncia della donna all’azienda, l’autista era stato licenziato e nel giudizio conseguentemente promosso aveva ottenuto dalla Corte d’appello, che aveva valutato l’episodio in termini di violazione di regole di buona educazione, una pronuncia di sproporzione della sanzione espulsiva, con applicazione della tutela indennitaria. La sentenza viene annullata dalla Cassazione che rileva nell’episodio una grave violazione della riservatezza relativamente a uno dei principali dati sensibili della persona, quello relativo all’orientamento sessuale, compiuta in presenza di altre persone e con modalità moleste e discriminatorie, con compromissione anche dell’immagine pubblica dell’azienda, come tale riconducibile a uno dei valori che connotano la nozione di giusta causa di licenziamento. 
    (Cass. 9/3/2023 n. 7029, Pres. Doronzo Rel. Pagetta, in Wikilabour, Newsletter n. 6/23)
  • Recarsi ad un evento sportivo durante la malattia non è di per sé un inadempimento tanto grave da inficiare il rapporto fiduciario tra le parti.
    Nel caso di specie, parte datoriale ha innanzitutto omesso di segnalare la condotta del lavoratore agli organi ispettivi dell’INPS, al fine di dimostrarne la non genuinità; la mera contestazione del valore probatorio della certificazione medica è, infatti, insufficiente a dimostrare l’insussistenza della malattia e l’infedele attestazione da parte del medico, poste a fondamento del licenziamento per giusta causa. La condotta del lavoratore non è stata ritenuta illecita, non esistendo un obbligo di riposo assoluto in pendenza di malattia ed essendosi lo stesso recato all’evento non in fascia di reperibilità per la visita fiscale. D’altro canto, non è stato neanche provato che lo stato patologico potesse essere aggravato dalla partecipazione all’evento, da momento che il lavoratore è rientrato al lavoro al termine del periodo di malattia. (Trib. Arezzo 7/3/2023, in Wikilabour, Newsletter n. 7/23)
  • Va confermata la legittimità del licenziamento intimato al dipendente di un istituto di vigilanza al quale era stato contestato l’allontanamento per almeno venti minuti dalla propria postazione (tempo ritenuto compatibile, con la necessità di percorrere a piedi 100 metri, raggiungere il luogo ove l’auto era posteggiata, trovare un’altra area di parcheggio e ritornare alla propria postazione) e il mancato utilizzo del giubbotto antiproiettile. (Cass. 15/3/2021 n. 7223, Pres. Raimondi Est. Lorito, in Lav. nella giur. 2021, 658)
  • È legittimo il licenziamento del dipendente, a ciò delegato, che ometta di versare le ritenute di uno studio professionale e che viene così condannato - oltre che a risarcire il danno patrimoniale per oltre 90.000 euro - anche a rifondere il danno all’immagine subito dal datore di lavoro. (Cass. 8/2/2021, ord., Pres. Berrino Rel. Lorito, in Lav. nella giur. 2021, 554)
  • La piena conferma della condotta addebitata, e gli evidenti caratteri di violenza, aggressività, minacciosità ed intimidazione, in un contesto reso estremamente pericoloso dall’utilizzo di uno strumento come il taglierino, hanno determinato la irrimediabile rottura del vincolo fiduciario, per cui il provvedimento di recesso adottato dall’azienda appare proporzionato. (Corte App. Torino 29/1/2021, Pres. e Rel. Milani, in Lav. nella giur. 2021, 558)
  • La condotta censurata da parte datoriale (consistente nell’avere il lavoratore rifiutato la transazione in cassa al cliente privo di mascherina) è inidonea a ledere definitivamente la fiducia alla base del rapporto di lavoro, così non integrando violazione del dovere di fedeltà posto dall’art. 2105 c.c. né, tantomeno, giusta causa di licenziamento. (Trib. Arezzo 13/1/2021, Giud. Rispoli, in Lav. nella giur. 2021, 559)
  • È legittimo il licenziamento per giusta causa di un dipendente che, oltre a pronunciare epiteti ingiuriosi nei confronti di alcune colleghe, ne molesti sessualmente una ed effettui un accesso non autorizzato sul conto corrente del coniuge di quest’ultima. (Cass. 16/11/2020 n. 25977, Pres. Nobile Rel. Cinque, in Lav. nella giur. 2021, 198)
  • Configura una giusta causa di licenziamento la condotta della dipendente di un istituto di credito che si rende responsabile di ammanchi di somme di denaro, a nulla rilevando la disponibilità successivamente manifestata a coprire il danno subito dalla datrice di lavoro. (Cass. 20/10/2020 n. 22787, Pres. Berrino Rel. De Marinis, in Lav. nella giur. 2021, 85)
  • È legittimo il licenziamento del funzionario di Poste italiane, a seguito del patteggiamento di una condanna per violenza privata e molestie telefoniche, anche se nel corso del procedimento abbia ricevuto una promozione a direttore di filiale, considerato che non aveva informato la società dell’imputazione. Difatti, l’avanzamento di carriera non può essere valutato come rinuncia al procedimento disciplinare da parte del datore di lavoro, rimasto ignaro della vicenda penale. (Cass. 13/10/2020 n. 22075, Pres. Nobile Est. Blasutto, in Lav. nella giur. 2021, 200)
  • Il rinvenimento di circa 2 chilogrammi di corrispondenza non consegnata è idoneo a configurare la giusta causa di licenziamento del portalettere, configurando grave violazione degli obblighi contrattuali e ledendo gli interessi e l’immagine del datore di lavoro, ciò a prescindere dal fatto che la contestazione disciplinare debba essere ritenuta tardiva. (Cass. 22/9/2020 n. 19845, Pres. Nobile Rel. Garri, in Lav. nella giur. 2021, 86)
  • Il licenziamento per giusta causa, motivato da assenze ingiustificate dal lavoro per più giorni consecutivi, è legittimo, laddove il lavoratore che si trovi in malattia, scaduto il periodo di comporto, si collochi autonomamente in ferie senza formulare alcuna richiesta al datore di lavoro, essendo venuto meno il titolo giustificativo dell’assenza. (Cass. 27/3/2020 n. 7566, Pres. Di Cerbo Est. Negri Della Torre, in Riv. It. Dir. lav. 2020, con nota di M. Tufo, “Il diritto di convertibilità della malattia in ferie e l’obbligo datoriale di disporre la visita di idoneità alla mansione”, 529)
  • È legittimo il licenziamento intimato per giusta causa al lavoratore che utilizzi in modo abusivo i permessi retribuiti ex art. 33 l. n. 104/92, quando, valutata in concreto l’intensità e la gravità della condotta, risulti irrimediabilmente leso l’elemento fiduciario in ordine alla futura correttezza dell’adempimento della prestazione lavorativa. (Trib. Bari 30/4/2019, Est. Vernia, in Riv. it. dir. lav. 2019, con nota di C. Manolio, “Ancora sull’utilizzo improprio dei permessi retribuiti ex art. 33, L. n. 104/1992”, 600)
  • È illegittimo il licenziamento intimato a un lavoratore per aver lavorato, durante un periodo di assenza per infortunio sul lavoro, presso l’esercizio commerciale del figlio: se non c’è aggravamento della patologia, va esclusa la violazione degli obblighi di diligenza e fedeltà non sussistendo ritardo alla guarigione. (Cass. 19/9/2017, n. 21667, Pres. Macioce Est. Tricomi, in Riv. Giur. Lav. prev. soc. 2018, con nota di F. Lamberti, “Lo svolgimento di attività lavorativa durante la malattia o l’infortunio e il licenziamento per giusta causa”, 17)
  • È legittimo il licenziamento intimato a un lavoratore per aver lavorato, durante un periodo di assenza per infortunio sul lavoro, presso l’esercizio commerciale della moglie. Il certificato medico rilasciato dall’Inail non è atto fidefacente nei sensi contemplati dall’art. 2700 c.c. (Cass. 1/8/2017, n. 19089, Pres. Nobile Est. De Gregorio, in Riv. Giur. Lav. prev. soc. 2018, con nota di F. Lamberti, “Lo svolgimento di attività lavorativa durante la malattia o l’infortunio e il licenziamento per giusta causa”, 17)
  • Il rifiuto da parte del lavoratore di eseguire un provvedimento illegittimo di distacco non costituisce insubordinazione grave. Perciò, ove tale condotta gli sia addebitata e posta a fondamento del licenziamento per giusta causa, il lavoratore ha diritto alla reintegrazione per insussistenza del fatto addebitatogli.  (Corte app. Bologna 4/5/2017, Pres. Ed Est. Bruscati, in Riv. Giur. Lav. prev. soci. 2018, con nota di S. Donà, “Il rifiuto di eseguire un distacco illegittimo è autotutela del lavoratore (non insubordinazione)”, 40)
  • In tema di esercizio del diritto di cui all’art. 33, comma 3, L. n. 104/1992, la fruizione del permesso da parte del dipendente deve porsi in nesso causale diretto con lo svolgimento di un’attività identificabile come prestazione di assistenza a favore del disabile per il quale il beneficio è riconosciuto in quanto la tutela offerta dalla norma non ha funzione meramente compensativa e/o di ristoro delle energie impiegate dal dipendente per un’assistenza comunque prestata. L’uso improprio del permesso può integrare, secondo le circostanze del caso, una grave violazione intenzionale degli obblighi gravanti sul dipendente, idonea a giustificare anche la sanzione espulsiva. (Cass. 13/9/2016 n. 17968, Pres. Macioce Rel. Blasutto, in Lav. nella giur. 2016, con commento di Annamaria Minervini, 975)
  • Il comportamento del lavoratore, responsabile di un ufficio postale, che indebitamente effettui il prelievo di una somma dal libretto di risparmio di una cliente configura la irrimediabile lesione del vincolo fiduciario e, pertanto, legittima il licenziamento per giusta causa. (Cass. 15/7/2016 n. 14581, Pres. Nobile Rel. Lorito, in Lav. nella giur. 2016, 1021)
  • È legittimo il licenziamento del dipendente che timbra il cartellino per il collega assente: il comportamento, infatti, rompendo il vincolo di fiducia che lega il lavoratore alla società è idoneo a configurare la giusta causa di recesso. (Cass. 23/3/2016 n. 5777, Pres. Venuti Rel. Berrino, in Lav. nella giur. 2016, con commento di Stefano Iacobucci, 904)
  • È legittimo il licenziamento intimato per giusta causa al dipendente che, violando i limiti della continenza sostanziale e formale, ha esercitato incondizionatamente il diritto di critica ledendo in via irreversibile il vincolo fiduciario tra le parti. (Trib. Nola 4/6/2015, decr., Giud. D’Antonio, in Riv. it. dir. lav. 2015, con nota di Vincenzo del Gaiso, “In scena l’impiccagione del datore: legittimo il licenziamento”, 962)
  • Configura giusta causa di licenziamento, in quanto è gravemente lesiva del vincolo fiduciario, la condotta tenuta dal dipendente di una casa di cura il quale, all’insaputa del datore di lavoro e senza osservare le procedure di rettifica previste per gli errori, sottragga dalla cartella clinica il referto sanitario riguardante una paziente, sostituendolo con altro da lui rifatto. (Cass. 3/3/2015 n. 4243, Pres. Roselli Rel. Tricomi, in Lav. nella giur. 2015, 636)
  • Il dipendente ha prelevato un mezzo aziendale per fini personali senza esserne autorizzato e lo ha guidato nei vari spostamenti, pur sprovvisto di patente, con il rischio di provocare danni sia al veicolo, che alle persone (veicolo che è stato sequestrato e che la datrice di lavoro ha riottenuto solo a seguito del pagamento di una sanzione) (…) non esistendo la prassi di usare mezzi aziendali per recarsi a cena. Questo comportamento, seppur realizzato al di fuori della prestazione lavorativa, è idoneo a compromettere la fiducia del datore di lavoro nella corretta esecuzione del rapporto e a giustificare il licenziamento de quo. (Corte app. Bologna 2/2/2015, Pres. Brusati Rel. Mantovani, in Lav. nella giur. 2015, 643)
  • Poiché l’obbligo di fedeltà imposto al lavoratore dall’art. 2015 c.c. va integrato con i principi generali di correttezza e buona fede sanciti dagli artt. 1175 e 1375 c.c. è idoneo a ledere irrimediabilmente il rapporto fiduciario il comportamento del dipendente che, già assegnato per ragioni di salute a mansioni ridotte e diverse rispetto a quelle precedenti, continui a svolgere attività sportiva potenzialmente idonea ad aggravare le sue condizioni fisiche. (Cass. 9/1/2015 n. 144, Pres. Vidiri Rel. Napoletano, in Lav. nella giur. 2015, con commento di Fabio Massimo Gallo, 599)
  • È configurabile il licenziamento per giusta causa nel caso in cui il dipendente bancario effettui prelievi sui conti correnti dei clienti all’insaputa dei titolari e conceda sconfinamenti senza richiedere l’apposita autorizzazione ai propri superiori. (Cass. 10/12/2014 n. 26039, Pres. Stile Rel. Tria, in Lav. nella giur. 2015, 309)
  • È legittimo il licenziamento per giusta causa intimato al lavoratore che abbia insultato il proprio datore di lavoro su Facebook in quanto l’insulto non può essere considerato uno sfogo inelegante o intercalare di routine, ma una condotta idonea a incrinare il vincolo di fiducia tra le parti del rapporto, soprattutto quando, data la pubblicità del profilo Facebook, lo stesso risulti visibile a un numero significativo di contatti e senz’altro a tutti coloro che, conoscendo il lavoratore, siano in grado di comprendere a chi sia rivolto il turpiloquio. (Trib. Milano 1/8/2014, ord., Giud. Colosimo, in Riv. it. dir. lav. 2015, con nota di F. Iaquinta e A. Ingrao, “Il datore di lavoro e l’inganno di Facebook”, 75)
  • L’espletamento di altra attività da parte del lavoratore durante lo stato di malattia è idoneo a violare i doveri contrattuali di correttezza e buona fede nell’adempimento dell’obbligazione e a giustificare il recesso del datore di lavoro, laddove – con onere della prova a carico del datore di lavoro – si riscontri che l’attività espletata costituisce indice di una scarsa attenzione del dipendente alla propria salute e ai doveri di cura e di non ritardata guarigione, oltre a essere dimostrativa dell’inidoneità dello stato di malattia a impedire comunque l’espletamento di un’attività ludica o lavorativa. (Cass. 28/2/2014 n. 4869, Pres. Miani Canevari Rel. Maisano, in Lav. nella giur. 2014, 608)
  • In ipotesi di sviamento di clientela rileva l’idoneità della condotta tenuta dal lavoratore a porre in dubbio la futura correttezza dell’adempimento della prestazione lavorativa in quanto sintomatica di un certo atteggiarsi del lavoratore rispetto agli obblighi assunti, mentre è irrilevante l’assenza o speciale tenuità del danno a carico del datore di lavoro. (Cass. 27/2/2014 n. 4723, Pres. Vidiri Est. Ghinoy, in Lav. nella giur. 2014, con commento di Annamaria Pedroni e Andrea Stanchi, 669)
  • È illegittimo per violazione del principio di proporzionalità il licenziamento intimato per giusta causa a un lavoratore per aver pubblicato sulla propria pagina Facebook una critica alla clientela del proprio datore di lavoro, quando questa costituisca uno sfogo, pur volgare e inelegante, e risulti visibile soltanto a un numero ristretto di persone e per un breve lasso di tempo. (Trib. Ascoli Piceno 19/11/2013, Giud. Pocci, in Riv. it. dir. lav. 2015, con nota di F. Iaquinta e A. Ingrao, “Il datore di lavoro e l’inganno di Facebook”, 75)
  • È legittimo il licenziamento irrogato al dipendente che abbia reiteratamente rifiutato di indossare dispositivi di protezione durante lo svolgimento della prestazione lavorativa, così come previsto dal documento di valutazione dei rischi e da specifica disposizione aziendale. (Cass. 12/11/2013 n. 25392, Pres. Maisano Rel. Filabozzi, in Lav. nella giur. 2014, 181)
  • La costante, ingiustificata e rilevante prestazione inferiore rispetto a quella dei colleghi e il rifiuto di abbandonare il posto di lavoro nonostante la preventiva notificazione della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio e dalla retribuzione costituiscono condotte idonee a legittimare il recesso per giusta causa. (Cass. 11/10/2013 n. 23172, Pres. Stile Rel. Balestrieri, in Lav. nella giur. 2014, 81)
  • La concessione di fidi e crediti a un cliente, che poi non onori gli impegni presi con l’istituto di credito datore di lavoro, costituisce giusta causa di recesso nel caso in cui il direttore della filiale abbia omesso di attivare le procedure di controllo prescritte dai regolamenti interni; in tal caso è legittima la condotta del datore di lavoro che, a fronte dell’accertamento di un danno patrimoniale di rilevantissima entità, procede a trattenere le competenze di fine rapporto mediante compensazione. (Cass. 30/9/2013 n. 22333, Pres. Roselli Rel. D’Antonio, in Lav. nella giur. 2013, 1124)
  • È fondato sotto il profilo della proporzionalità, ed è conseguentemente legittimo, il licenziamento del lavoratore che rifiuti senza valida giustificazione di dare corso al provvedimento di trasferimento che sia stato adottato da parte del datore di lavoro per accertati motivi di compatibilità ambientale. (Cass. 13/5/2013 n. 11414, Pres. Napoletano Rel. Blasutto, in Lav. nella giur. 2013, 738)
  • Nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato, il comportamento del dipendente finalizzato a occultare una non corretta contabilizzazione di alcune operazioni, è gravemente lesivo del vincolo fiduciario in relazione ad attività svolte nell’ambito di un settore riconducibile al credito. Pertanto è da considerarsi sorretto da giusta causa il conseguente recesso operato dall’azienda. (Cass. 22/4/2013 n. 9696, Pres. Napoletano Rel. Garri, in Lav. nella giur. 2013, 741)
  • Costituisce giusta causa di licenziamento il comportamento del lavoratore dipendente di un ente pubblico che acquisti un bene di notevole valore al prezzo di listino senza valutare offerte alternative e che, poi, travalicando il diritto di critica, emetta giudizi squalificanti nei confronti di un assessore diffondendo tale lettera al di fuori della catena gerarchica di riferimento. (Cass. 28/12/2012 n. 24003, Pres. Vidiri Rel. Amoroso, in Lav. nella giur. 2013, 312)
  • È fondato il licenziamento per giusta causa della dipendente di un istituto di credito, svolgente mansioni di direttore di filiale, la quale modifichi di propria iniziativa le condizioni di prenotazione di un lotto di obbligazioni di elevato valore economico, violando le condizioni poste dalla banca ed esponendola a possibili contestazioni da parte della Consob. (Cass. 12/12/2012 n. 22798, Pres. Roselli Rel. Arienzo, in Lav. nella giur. 2013, 195)
  • Costituisce giusta causa di licenziamento l’appropriazione di somme di denaro, anche se di modesta entità, da parte del dipendente addetto alla cassa. E le verifiche effettuate dal datore di lavoro avvalendosi di guardie giurate esterne all’azienda sono legittime, in quanto rivolte alla tutela del patrimonio aziendale e non al controllo della diligenza del prestatore di lavoro nell’adempimento dei propri compiti. (Cass. 22/11/2012 n. 20613, Pres. Lamorgese Est. Berrino, in Lav. nella giur. 2013, 197)
  • Non integra la violazione dell’obbligo di fedeltà l’utilizzazione di documenti aziendali finalizzata all’esercizio di diritti (nella specie, la Corte ha confermato l’illegittimità del licenziamento intimato a un lavoratore che aveva usato documenti riservati della società per fare causa al proprio datore). (Cass. 16/11/2012 n. 20163, Pres. De Renzis Est. Morcavallo, in Lav. nella giur. 2013, 198)
  • In caso di svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente durante il periodo di malattia, il licenziamento è legittimo allorché risultino violati i generali doveri di correttezza e buona fede e gli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà, oltre che nell’ipotesi in cui tale attività esterna sia di per sé sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia, anche nel caso in cui la medesima attività, valutata con giudizio ex ante in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione e il rientro in servizio. (Cass. 26/9/2012 n. 16375, Pres. Roselli Rel. Filabozzi, in Lav. nella giur. 2012, 1216)
  • Configura giusta causa di licenziamento il comportamento, debitamente e compiutamente accertato da parte del datore di lavoro, tenuto da alcuni dipendenti i quali, inviati in trasferta, presentino al fine di ottenerne il rimborso note spese nelle quali risultino importi doppi rispetto a quelli effettivamnte pagati. (Cass. 11/7/2012 n. 11663, Pres. De Renzis Rel. Toffoli, in Lav. nella giur. 2012, 1112)
  • Sussiste la giusta causa di licenziamento qualora un dipendente comunale, con funzioni e posizione apicale all’interno dell’ente, svolga attività privata a favore di un terzo negli orari in cui egli risulti regolarmente presente in ufficio o in missione e, pertanto, vega regolarmente retribuito. (Cass. 30/5/2012 n. 8648, Pres. Lamorgese Rel. Berrino, in Lav. nella giur. 2012, 821)
  • Quando la prova addotta sia costituita da presunzioni – le quali anche da sole possono formare il convincimento del giudice del merito – rientra nei compiti di quest’ultimo il giudizio circa l’idoneità degli elementi presuntivi a consentire illazioni che ne discendano secondo il criterio dell’”id quod plerumque accidit”, essendo il relativo apprezzamento sottratto al controllo in sede di legittimità se sorretto da motivazione immune da vizi logici o giuridici e, in particolare, ispirato al principio secondo il quale i requisiti della gravità, della precisione e della concordanza, richiesti dalla legge, devono essere ricavati in relazione al complesso degli indizi, soggetti a una valutazione globale, e non con riferimento singolare a ciascuno di questi, pur senza omettere un apprezzamento così frazionato, al fine di vagliare preventivamente la rilevanza dei vari indizi e di individuare quelli ritenuti significativi e da ricomprendere nel suddetto contesto articolato e globale (nella specie, la Corte ha cassato la decisione dei giudici del merito, ritenuta non adeguatamente motivata, con la quale era stata esclusa la violazione del vincolo fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore in seguito alla detenzione da parte di quest’ultimo di sostanze stupefacenti). (Cass. 26/4/2012 n. 6498, Pres. Lamorgese Rel. Tricomi, in Lav. nella giur. 2012, 718)
  • Configura giusta causa di licenziamento il comportamento del dipendente di una compagnia di telecomunicazioni che viene sorpreso, lontano dalla sua postazione di lavoro assegnatagli, mentre si connette a numeri telefonici a pagamento in danno delle utenze dei clienti della società. (Cass. 21/12/2011 n. 28072, Pres. Napoletano Rel. Balestrieri, in Lav. nella giur. 2012, 304)
  • Integra un’ipotesi di violazione rilevante dell’obbligo di fedeltà del lavoratore la sua presenza sul luogo in cui si è verificato un furto di materiale di proprietà del datore di lavoro. Anche se il lavoratore non ha concretamente partecipato all’azione delittuosa, l’aver mantenuto oscuri rapporti con le persone coinvolte nella sottrazione è condotta sufficiente a far venir meno il vincolo fiduciario. (Cass. 10/11/2011 n. 23422, Pres. Vidiri Rel. Bronzini, in Lav. nella giur. 2012, 89)
  • L’appropriazione del controvalore monetario di alcuni beni dati a pegno da parte di clienti terzi configura grave violazione dei doveri fondamentali del lavoratore, con conseguente irrilevanza della mancata preventiva affissione del codice disciplinare, irrimediabile lesione del vincolo fiduciario e legittimità del licenziamento per giusta causa. (Cass. 20/5/2011 n. 11190, Pres. Lamorgese Rel. Berrino, in Lav. nella giur. 2011, 845)
  • Il recesso intimato al lavoratore accusato di aver intascato il prezzo di merci di proprietà del datore di lavoro, cedute a clienti senza emettere regolare ricevuta fiscale, comporta che sia fornita la piena prova dei fatti contestati, in difetto di che il licenziamento deve essere annullato. (Cass. 18/4/2011 n. 8832, Pres. Vidiri Rel. Amoroso, in Lav. nella giur. 2011, 740)
  • La violenta aggressione nei confronti di un superiore gerarchico per ragioni lavorative è idonea a comportare ripercussioni nell’ambiente lavorativo e a minare radicalmente la fiducia del datore di lavoro nel proprio dipendente, il quale abbia dimostrato di essere persona violenta, priva di autocontrollo e irrispettosa degli elementari valori di convivenza civile. In tal caso ricorre la giusta causa di licenziamento per essere stati violati i doveri di fedeltà e obbedienza del lavoratore. (Cass. 12/4/2011 n. 8351, Pres. Foglia Rel. Filabozzi, in Lav. nella giur. 2011, 628)
  • In tema di licenziamento per giusta causa, la mancata prestazione lavorativa in conseguenza dello stato di malattia del dipendente trova tutela nelle disposizioni contrattuali e codicistiche – in ispecie, nell’art. 2110 c.c. – in quanto questo non sia imputabile alla condotta volontaria del lavoratore medesimo, il quale scientemente assuma un rischio elettivo particolarmente elevato che supera il livello della “mera eventualità” per raggiungere quello della “altissima probabilità”, tenendo un comportamento non improntato ai principi di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 c.c. e 1375 c.c. che debbono presiedere all’esecuzione del contratto e che, nel rapporto di lavoro, fondano l’obbligo in capo al lavoratore subordinato di tenere, in ogni caso, una condotta che non si riveli lesiva dell’interesse del datore di lavoro all’effettiva esecuzione della prestazione lavorativa. (Nella specie, il lavoratore, dirigente di un istituto di credito, si era recato ripetutamente in Madagascar, dove era stato soggetto a ripetuti attacchi di malaria, con conseguente assenze dal posto di lavoro per lunghi periodi; la S.C., nel rigettare il ricorso, ha sottolineato che non veniva in discussione la libertà del lavoratore di utilizzare il periodo di ferie nella maniera ritenuta più opportuna, ma solo che il lavoratore non aveva tenuto una condotta prudente e oculata essendo “prevedibilissima” l’insorgenza di attacchi della malattia, tant’è che, in una occasione, aveva motivato la richiesta di fruizione delle ferie, poi trascorse nel paese straniero, con le esigenze di cure della madre malata). (Cass. 25/1/2011 n. 1699, Pres. Foglia Est. Zappia, in Orient. Giur. Lav. 2011, 147)
  • La timbratura del cartellino, nell’apposito apparecchio marcatempo, effettuata falsamente in favore di altro collega di lavoro, configura il deliberato e volontario tentativo di trarre in inganno il datore di lavoro. Tale condotta è idonea a ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario caratterizzante il rapporto di lavoro fra le parti e legittima il recesso per giusta causa. (Cass. 7/12/2010 n. 24796, Pres. Miani Canevari Est. De Renzis, in Lav. nella giur. 2011, 214)
  • Le molestie sessuali sul luogo di lavoro, costituendo fatti idonei a incidere negativamente sulla salute e la serenità (anche professionale) del lavoratore, determinano l'insorgere a carico del datore di lavoro, dell'obbligo ex art. 2087 c.c. di adottare i provvedimenti che risultino idonei a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori, tra i quali rientra il licenziamento per giusta causa dell'autore/dipendente. (Cass. 18/9/2010 n. 20272, Pres. Ianniruberto Est. Balletti, in Riv. it. dir. lav. 2010, con nota di Daniela Comande, "Prima di tutto l'ambiente di lavoro: giusta causa di licenziamento per i 'molestatori'", 349) 
  • Le forme di critica politico-sindacale, anche se svolte con uso di linguaggio pungente e incisivo, devono essere riconosciute legittime in quanto socialmente utili, sempreché non trasmodino in forme eccedenti il collegamento strumentale alla manifestazione di un dissenso ragionato per risolversi in un'aggressione gratuita e distruttiva dell'immagine dell'impresa sul mercato. (Trib. Roma 26/10/2009, Est. Conti, in Riv. it. dir. lav. 2010, con nota di V. Papa, "Il diritto di critica del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza: una lettura costituzionalmente orientata", 799) 
  • L'inottemperanza all'obbligo di controllare la completezza e l'esattezza del contenuto delle cartelle cliniche, oggettivamente, inadempienza di particolare gravità tale da legittimare il recesso per giusta causa del medico responsabile. Tale estrema conseguenza, tuttavia, va esclusa laddove una prassi datoriale abbia ingenerato nello stesso dipendente un affidamento di tolleranza della sua indebita condotta. (Cass. 13/3/2009 n. 6218, Pres. Roselli Rel. Bandini, in Lav. nella giur. 2009, con commento di Pasquale Regina, 801)
  • È legittimo il licenziamento per giusta causa, nella accezione di sopravvenuta inidoneità morale, irrogato alla lavoratrice che formi e inserisca in siti internet materiale pornografico e annunci contenenti offerte di prestazioni sessuali che identifichino la propria qualità di hostess e la compagnia aerea datrice di lavoro. (Trib. Roma 28/1/2009, Est. Boghetich, in Orient. Giur. Lav. 2009, 189)
  • L'esercizio da parte del lavoratore del diritto di critica nei confronti del datore di lavoro, con modalità tali che, superando i limiti del rispetto della verità oggettiva, si traducono in una condotta lesiva del decoro dell'impresa datoriale, suscettibile di provocare con la caduta della sua immagine anche un danno economico in termini di perdita di commesse e di occasioni di lavoro, è comportamento idoneo a ledere definitivamente la fiducia che sta alla base del rapporto di lavoro, integrando la violazione del dovere scaturente dall'art. 2105 c.c., e può costituire giusta causa di licenziamento. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva riconosciuto la legittimità del licenziamento irrogato a un proprio dipendente da una impresa che svolgeva servizio di smaltimento rifiuti, per avere costui reso affermazioni - come privato cittadino in tre distinte assemblee pubbliche, con successiva ampia eco sulla stampa locale - ritenute gravemente lesive dell'immagine e del prestigio dell'azienda datrice di lavoro, in quanto si assumeva che questa non aveva inviato del materiale derivante dalla raccolta differenziata al recupero, al riciclaggio e allo smaltimento differenziato, ma l'aveva destinato all'inceneritore). (Cass. 10/12/2008 n. 29008, Pres. Ianniruberto Rel. Stile, in Lav. nella giur. 2009, 408) 
  • La condotta di un caporeparto che, nell'esercizio del potere gerarchico, usi un tono alto di voce, nelle immediate vicinanze degli spazi frequentati dalla clientela del negozio, per richiamare i dipendenti all'osservanza delle loro obbligazioni e si spinga a utilizzare espressioni scurrili e triviali, idonee a ferire la dignità e l'amor proprio, costituisce giusta causa di licenziamento, anche in considerazione dell'obbligo del datore di lavoro di tutelare la personalità morale dei dipendenti. (Cass. 19/2/2008 n. 4067, Pres. ed est. Mattone, con nota di Alessandro Failla, "Licenziamento per uso di espressioni triviali nei confronti dei sottoposti", 910)
  • Ciò che costituisce indamepimento di tale gravità da far venir meno il vincolo fiduciario non è l'addebito derivante dall'utilizzo per ragioni personali del telefono aziendale, in effetti non particolarmente rilevante, ma l'utilizzo assolutamente sistematico del cellulare per ragioni estranee a quelle di servizio e tale da distogliere e distrarre il dipendente dallo svolgimento dell'attività lavorativa. La reiterazione della condotta rileva anche sotto il profilo dell'elemento psicologico e quale dimostrazione della pervicace inosservanza degli obblighi propri del lavoratore, sia sotto il profilo dell'osservanza delle disposizioni aziendali, specificatamente di quelle in merito all'utilizzo del mezzo fornit, certamente non per ragioni serie e degne di considerazione, sia sotto il profilo della diligenza nell'esecuzione della prestazione lavorativa. (Trib. Milano 11/1/2008, Rel. Beccarini, in Lav. nella giur. 2008, 741)
  • Il possesso di volantini riportanti le frasi "governo di guerra e di sfruttamento, la lotta non si arresta, non ci mettete paura, la lotta continua" la notte successiva all'arresto del convivente e di altri soggetti accusati per il reato di associazione sovversiva e banda armata, la posizione assunta pubblicamente di ammissibilità, in certe situazioni della lotta armata, sono condotte atte a minare il vincolo fiduciario e l'immagine di una società di telefonia mobile che ha come prima preoccupazione la tutela della privacy dei suoi clienti. (Trib. Milano 23/5/2007, ord., Est. Tanara, in D&L 2007, 1239)
  • Qualora il datore sia solo parzialmente inadempiente a causa di una assegnazione a mansioni inferiori, le quali non implichino però un totale svuotamento della posizione lavorativa, e la corresponsione della retribuzione non venga interrotta, non è legittimo il rifiuto del dipendente di adempiere la propria prestazione lavorativa (nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso contro il licenziamento per giusta causa del medico che si era rifiutato di continuare a prestare la propria opera presso il servizio di pronto soccorso della ASL datrice). (Cass. 9/5/2007 n. 10547, Pres. de Luca Est. Balletti, in Lav. nelle P.A. 2007, 736)
  • La mancata corrispondenza con le finalità dell'erogazione della richiesta anticipazione di Tfr non costituisce di per sé inadempimento di un obbligo del lavoratore, poichè il rapporto di lavoro rappresenta solo un "titolo" per la sua concessione, anche se tale oggettiva estraneità non esclude un riflesso che il comportamento del dipendente può assumere sul piano del generale rapporto di fiducia che si pone alla base del contratto di lavoro. Allo scopo, però, della configurabilità di tale condotta come causa giustificativa del licenziamento è necessario che essa sia qualificabile in termini di notevole gravità, dovendo risultare idonea a non consentire, neppure provvisoriamente, la prosecuzione del rapporto di lavoro. Tale valutazione è rimessa al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se sorretta da adeguata motivazione. (Cass. 29/1/2007 n. 1827, Pres. De Luca Est. Cuoco, in Dir. e prat. lav. 2007, 2596)
  • Non può concretare la condizione della giusta causa legittimante il licenziamento di un lavoratore il contenuto della memoria difensiva depiositata dallo stesso per resistere in un giudizio instaurato nei suoi confronti dal datore di lavoro, ancorchè esso ponga riferimento a espressioni sconvenienti od offensive, le quali sono soggette, invero, alla disciplina prevista nell'art. 89 c.p.c. Tale documento giudiziario costituisce, del resto, un atto riferibile all'esercizio del diritto di difesa, oggetto dell'attività del difensore tecnico, al quale si applica la causa di non punibilità stabilita dall'art. 598 c.p. per le offese contenute negli scritti presentati dinanzi all'A.G. qualora esse concernano l'oggetto della causa, che costituisce applicazione estensiva del più generale principio posto dall'art. 51 c.p. (individuante la scriminante dell'esercizio di un diritto o adempimento di un dovere) applicabile anche alle offese rinvenibili negli atti difensivi del giudizio civile, a condizione, però, che riguardino sempre l'oggetto del processo in modo diretto e immediato. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso e confermato la sentenza impugnata con la quale era stata correttamente esclusa, in base ai richiamati principi, la sussistenza della giusta causa di licenziamento nel contenuto della memoria difensiva presentata dal lavoratore per tutelare le proprie ragioni in una causa intentata nei suoi riguardi, in cui si poneva riferimento, in modo anche offensivo, a fatti riguardanti una vicenda penale in cui era stato coinvolto l'istituto di credito datore di lavoro, i quali erano comunque risultati collegati all'oggetto di giudizio, senza che, peraltro, si potessero configurare quantomeno i presupposti del giustificato motivo soggettivo, non rilevandosi l'idoneità delle frasi criticate a ledere, di per sé, il vincolo fiduciario tra lo stesso istituto e il lavoratore). (Cass. 26/1/2007 n. 1757, Pres. de Luca Est. Amoroso, in Lav. nella giur. 2007, 1034, e in Dir. e prat. lav. 2007, 2595, e in Riv. it. dir. lav. 2007, con nota di Lucia D'Arcangelo, "Le offese al datore di lavoro contenute nella memoria difensiva giustificano il licenziamento", 941)
  • E' illegittimo il licenziamento motivato esclusivamente con l'intervenuta sentenza di condanna penale (nella specie, per spaccio di sostanze stupefacenti) adottato a sei anni di distanza dalla commissione dei fatti e senza alcuna valutazione circa l'incidenza di tali fatti sul rapporto di lavoro e sulle mansioni svolte, specie allorchè dette mansioni non comportino rapporto con il pubblico. (Trib. Roma 22/10/2006, ord., Est. Mucci, in D&L 2007, con nota di Stefano Muggia, "Rassegna di giurisprudenza su tossicodipendenza, spaccio e rapporto di lavoro, 516)
  • Posto che la malattia considerata dall'art. 2110 c.c. corrisponde non a uno stato che comporta l'impossibilità assoluta di svolgere qualsiasi attività, ma a una condizione impeditiva delle normali prestazioni lavorative, nei confronti del lavoratore assente per malattia continuano a operare i doveri di correttezza, buona fede e diligenza di cui agli artt. 1175, 1375 e 2104 c.c., salva l'esistenza di una patologia tale da rendere inesigibile l'osservanza di tali obblighi; ne consegue che deve ritenersi giustificato il licenziamento intimato al dipendente il quale, nel periodo di assenza per malattia, abbia rifiutato, in violazione di tali obblighi, ogni comunicazione con il datore di lavoro, rendendosi irreperibile e non dando riscontro a una richiesta di informazioni, senza esserne impedito materialmente dallo stato di malattia (fattispecie relativa al rapporto di lavoro dirigenziale). (Cass. 20/11/2006 n. 24591, Pres. De Luca Est. Miani Canevari, in D&L 2007, 245)
  • Il comportamento del lavoratore che diffonde all'esterno dati (le password personali) idonei a consentire a terzi di accedere a una gran massa di informazioni attinenti l'attività aziendale e destinate a restare riservate costituisce un inadempimento di gravità tale da integrare la giusta causa di licenziamento. (Cass. 13/9/2006 n. 19554, Pres. Ciciretti Est. De Matteis, in D&L 2007, con nota di Roberto Murgia, "Licenziamento per giusta causala difficile ricerca di una nozione unitaria", 197 e in Lav. e prev. oggi 2007, 856)
  • Il comportamento del cassiere di cinema che dichiara falsamente a un'ispettrice di non avere staccato quattro biglietti d'ingresso a uno spettacolo cinematografico, appropiandosi della relativa somma, pur essendo degno di sanzione disciplinare, non costituisce necessariamente giusta causa di licenziamento. (Nella specie la Corte ha ritenuto sproporzionato il licenziamento considerando che le mansioni di cassiere, pur stabili, erano accessorie mentre principali erano quelle di guardiano notturno e che, in trent'anni di lavoro, il dipendente non aveva ricevuto sanzioni disciplinari). (Cass. 12/9/2006 n. 19491, Pres. Ciciretti Est. Roselli, in D&L 2007, con nota di Roberto Muggia, "Licenziamento per giusta causa: la difficile ricerca di una nozione unitaria", 197)
  • Il rifiuto immotivato, opposto da un insegnate di scuola media all'invito, rivolto dalle autorità scolastiche, a sottoporsi ad accertamento dell'idoneità psico-fisica allo svolgimento dell'attività scolastica costituisce atto in grave in contrasto con i doveri inerenti alla funzione di insegnante (ex art. 498, lett. a, D. Lgs. 16/4/94 n. 297) e giustifica perciò il provvedimento di destituzione. Deve essere infatti considerato non solo l'interesse dell'amministrazione al regolare svolgimento del servizio, ma anche l'interesse degli studenti a ricevere un insegnamento di qualità adeguata alle loro esigenze, in ambiente sano e sereno. (Cass. 9/8/2006 n. 17969, Pres. Ravagnani Est. Maiorano, in D&L 2007, con nota di Robarto Muggia, "Licenziamento per giusta causa: la difficile ricerca di una nozione unitaria", 196)
  • Se correttamente motivata e non affetta da vizi logici o giuridici, non è censurabile in sede di legittimità la decisione del giudice di merito per la quale non costituisce giusta causa di licenziamento l'aggressione perpetrata da un dipendente ai danni di un collega, qualora essa sia stata indotta da un comportamento provocatorio e sia stata posta in essere con modalità tali da non arrecare pericolo o disturbo allo svolgimento dell'attività produttiva. (Cass. 9/8/2006 n. 17956, Pres. Mercurio Est. Stile, in ADL 2007, con nota di Valentina D'Oronzo, "L'uso della violenza nel lugo di lavoro è censurabile, ma non sempre punibile", 240)
  • Deve essere confermata la sentenza di merito la quale, valutate le circostanze del caso concreto, ha ritenuto illegittimo per mancanza di giusta causa il licenziamento irrogato a lavoratore a seguito di diverbio seguito da vie di fatto. (Cass. 21/6/2006 n. 14305, Pres. Mercurio Est. Miani Canevari, in D&L 2007, con nota di Roberto Muggia, "Licenziamento per giusta causa: la difficile ricerca di una nozione unitaria", 195)
  • Il divieto di controllo a distanza dell'attività lavorativa, previsto dall'art. 4 SL, è posto a suprema garanzia dei lavoratori, e pertanto le eventuali risultanze di un'apparecchiatura di controllo installata e utilizzata in assenza del preventivo accordo sindacale, o dell'autorizzazione amministrativa, richiesto dal 2° comma dell'art. 4 SL, sono del tutto inutilizzabili a fini disciplinari, a nulla rilevando il fatto che il datore avrebbe potuto provare il comportamento dei lavoratori anche attraverso diversi mezzi istruttori (nel caso di specie il datore di lavoro aveva licenziato alcuni dipendenti, giustificando tale decisione espulsiva partendo dai dati emersi da un software installato e utilizzato senza il preventivo accordo sindacale, che consentiva alla società di rilevare la data, l'ora e la durata di ogni chiamata effettuata dai lavoratori addetti a un call center). (Trib. Milano 18/3/2006, Est. Porcelli, in D&L 2006, con nota di Angelo Beretta)
  • L'acquisizione indebita di punti su una fidelity card non è un inadempimento di tale gravità da ledere l'elemento fiduciario, costituente il presupposto fondamentale della collaborazione tra le parti del rapporto di lavoro, al punto da configurare una giusta causa di recesso. (Trib. Grosseto 31/12/2005, Est. Dott. Ottati, in Lav. nella giur. 2006. 1029)
  • È legittimo il licenziamento del dipendente che abbia sottratto materiale di proprietà aziendale, sebbene destinato a stoccaggio e smaltimento, in quanto tale condotta si atteggia come irrimediabilmente lesiva dell’elemento fiduciario. Atteso l’inequivoco disvalore che caratterizza tale condotta, non è rilevante al fine di valutare la legittimità del licenziamento l’indagine circa l’avvenuta pubblicazione del codice disciplinare. (Trib. Milano 17/10/2005, Est. Tanara, in Orient. Giur. Lav. 2005, 915)
  • È illegittimo, per violazione dell'art. 4 SL, il licenziamento inflitto a seguito della rilevazione (effettuata tramite un programma di controllo informatico) del reiterato collegamento a siti internet non lavorativi e a una casella di posta elettronica persoanle, nel caso in cui l'utilizzazione del citato programma non sia stato autorizzato preventivamente da un accordo sindacale o dall'Ispettorato del Lavoro (nel caso di specie, è stato anche ritenuto che il monitoraggio continuativo degli accessi internet del singolo dipendete e la conservazione dei dati acquisiti possono concretizzare un'ipotesi di trattamento dei dati sensibili ex artt. 1, 2° comma, lett. b e 22, 1° comma, L. 31/12/96 n. 675, vigente all'epoca dei fatti - ora art. 4 lett. a) e d) D.Lgs. 30/6/03 n. 196 - offrendo altresì al datore di lavoro la possibilità di ricavare indicazioni su fatti estranei alla sfera dell'attitudine professionale, in violazione dell'art. 8 SL). (Corte app. Milano 30/9/2005, Pres. Castellini Est. Trogni, in D&L 2006, con nota di Stfano Chiusolo, "Abuso di internet e licenziamento: la Corte d'Appello di Milano passa in rassegna i molteplici profili di illegittimità", 899)
  • È sproporzionato, e pertanto, illegittimo, il licenziamento inflitto a seguito della rilevazione del reiterato collegamento a siti internet non lavorativi ma senza contestazione in ordine al tipo di sito visitato e alla potenziale dannosità per il sistema informatico aziendale e, comunque, senza aver specificatamente contestato il tempo che sarebbe stato sottratto alla prestazione lavorativa. (Corte app. Milano 30/9/2005, Pres. Castellini Est. Trogni, in D&L 2006, con nota di Stfano Chiusolo, "Abuso di internet e licenziamento: la Corte d'Appello di Milano passa in rassegna i molteplici profili di illegittimità", 899)
  • È illegittimo il licenziamento per giusta causa che costituisca una sanzione più grave di quella (conservativa) prevista dal contratto collettivo applicabile in relazione a una determinata infrazione. (Cass. 29/9/2005 n. 19053, Pres. Senese Est. Di Cerbo, in Orient. Giur. Lav. 2005, 918)
  • Il legittimo esercizio del diritto di critica nell’ambito del rapporto di lavoro, anche quando si tratti di un rappresentante sindacale, presuppone il rispetto del principio della continenza formale (secondo cui l’esposizione dei fatti deve avvenire misuratamente) e quella della continenza sostanziale (secondo cui i fatti narrati devono rispondere a verità). Pertanto è da ritenere legittimo il licenziamento del dipendente/rappresentante sindacale il quale in un’intervista rilasciata ad una trasmissione televisiva abbia reso dichiarazioni di carattere diffamatorio e lesivo dell’immagine aziendale, riferendo circostanze alcune delle quali non corrispondenti al vero. (Trib. Milano 23/3/2005 Est. Porcelli, in Lav. nella giur. 2005, 1100)
  • Non costituisce giusta causa di licenziamento (ma può giustificare il recesso del datore di lavoro) il comportamento del dirigente che critichi anche duramente l’operato dei suoi superiori, se tali critiche non superano i limiti della correttezza e non si traducano in un atto illecito, quale l’ingiuria o la diffamazione. (Cass. 17/1/2005, Pres. Sciarelli Est. Lamorgese, in Orient. Giur. Lav. 2005, 38)
  • Con riferimento ad un’assenza ingiustificata dal servizio di una dipendente pubblica per causa di forza maggiore (determinata dal rischio incombente sull’incolumità della lavoratrice in ragione della sua condizione personale di ex-convivente di un pentito e testimone in alcuni processi contro la criminalità organizzata), il giudice di merito ha rilevato l’illegittimità del provvedimento di decadenza dell’impiego adottato dall’amministrazione stessa. (Trib. Cosenza 22/11/2004, Est. Ferrentino, in Lav. nella giur. 2005, con commento di Roberta Nunin, 785)
  • Ai fini della configurabilità di una violazione dell’obbligo di fedeltà previsto dall’art. 2105 c.c., che si specifica nel divieto di concorrenza nei confronti del prestatore di lavoro subordinato – divieto che riguarda non già la concorrenza che il prestatore, dopo la cessazione del rapporto, può svolgere nei confronti del precedente datore di lavoro, ma quella svolta illecitamente nel corso del rapporto di lavoro, attraverso lo sfruttamento di conoscenze tecniche e commerciali acquisite per effetto del rapporto stesso – non sono sufficienti gli atti che esprimano il semplice proposito del lavoratore di intraprendere un’attività economica concorrente con quella del datore di lavoro, essendo invece necessario che almeno una parte dell’attività concorrenziale sia stata compiuta, così che il pericolo per il datore di lavoro sia divenuto concreto durante la pendenza del rapporto. (Cass. 19/7/2004 n. 13394, Pres. Senese Rel. Balletti, in Lav. nella giur. 2005, con commento di Gianluigi Girardi, 135)
  • Costituisce giusta causa di licenziamento il comportamento del dipendente il quale, in orario d’ufficio, utilizzando il personal computer di un collega assente, divulga informazioni riservate estraendo dal sistema informatico aziendale dei dati relativi a un premio aziendale in assenza del consenso dell’interessato. (Trib. Firenze 25/6/2004, Est. Bazzoffi, in D&L 2005, con nota di Filippo Pirelli, “Utilizzo fraudolento di strumenti informatici e licenziamento”, 245)
  • L’esercizio da parte del lavoratore del diritto di critica (manifestata, nella specie, attraverso un articolo di stampa) nei confronti del datore di lavoro, con modalità tali che, superando i limiti del rispetto della verità oggettiva, si traducono in una condotta lesiva del decoro dell’impresa datoriale, suscettibile di provocare con la caduta della sua immagine anche un danno economico in termini di perdita di commesse e di occasioni di lavoro, è comportamento idoneo a ledere definitivamente la fiducia che sta alla base del rapporto di lavoro, integrando la violazione del dovere scaturente dall’art. 2105 c.c., e può costituire giusta causa di licenziamento. Il relativo accertamento costituisce giudizio di fatto, incensurabile in sede di legittimità se correttamente e congruamente motivato. (Cass. 14/6/2004 n. 11220, Pres. Sciarelli Rel. Stile, in Lav. nella giur. 2004, 1292)
  • La disponibilità di documenti aziendali in relazione alla funzione che il lavoratore svolge in azienda non comporta né legittima il loro uso fuori dal contesto aziendale e per finalità diverse da quelle per le quali sono stati formati. Pertanto costituisce grave violazione dell’obbligo di fedeltà di cui all’art. 2105 c.c. – sanzionabile con licenziamento – l’utilizzazione di detti documenti per la difesa in giudizio, posto che la loro esibizione può essere richiesta al giudice che ha la possibilità do ordinare la produzione con le cautele richieste dalle esigenze di segretezza, evitando così l’esposizione del patrimonio aziendale al grave pregiudizio che può derivare dalla divulgazione di notizie riservate e destinate a restare tali. (Trib. Milano 15/5/2004, Est. Martello, in Lav. nella giur. 2005, 191)
  • L’obbligo di fedeltà imposto al lavoratore si specifica nel divieto di concorrenza con riferimento a quella attività illecita svolta durante il servizio. È, peraltro, ragionevole pensare che una società che voglia operare da una certa data in poi presuppone il compimento di una serie di operazioni preparatorie necessarie a porla in grado di funzionare realmente. Tra gli atti sicuramente rilevanti a tal fine vi è lo storno di clienti da datore di lavoro alla nuova società costituita dal dipendente che gli permette di intraprendere immediatamente l’attività economica concorrente. Tale condotta è evidentemente in violazione degli obblighi di fedeltà di cui all’art. 2105 c.c. (Corte d’appello Milano 20/2/2004, Pres. Mannacio Rel. Sbordone, in Lav. nella giur. 2004, 1009)
  • Integra la giusta causa di licenziamento l’assenza ingiustificata del dipendente che, a seguito di accertamento da parte dell’Inps, non si presenti sul luogo di lavoro alla scadenza dell’accertata malattia. (Trib. Roma 18/2/2004, Est. Maraschi, in Lav. nella giur. 2004, 805)
  • All’interno del rapporto di lavoro subordinato, non è legittimo il rifiuto del lavoratore di eseguire la prestazione lavorativa nei modi e nei termini precisati dal datore di lavoro in forza del suo potere direttivo a causa di una ritenuta dequalificazione delle mansioni, quando il datore di lavoro da parte sua adempia a tutti gli obblighi derivantigli dal contratto (pagamento della retribuzione, copertura previdenziale ed assicurativa, etc.), essendo giustificato il rifiuto di adempiere alla propria prestazione, ex art. 1460 c.c., solo se l’altra parte sia totalmente inadempiente, e non vi sia una controversia su una non condivisa scelta organizzativa aziendale, che non può essere sindacata da lavoratore ove essa non incida sulle sue immediate esigenze vitali. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto passibile di licenziamento per giusta causa la dipendente, con qualifica di fisioterapista, di una associazione di assistenza ai portatori di handicap che aveva rifiutato di accompagnare a casa a piedi, con un percorso non di breve durata, il proprio paziente dopo il trattamento giornaliero). (Cass. 23/12/2003 n. 19689, Pres. Prestipino Rel. Balletti, in Lav. nella giur. 2004, con commento di Mauro Dallacasa, 1169)
  • Sussiste la giusta causa di licenziamento nel caso in cui il lavoratore abbia trascorso il tempo destinato al lavoro, e come tale retribuito, a collegarsi per scopi personali ad Internet ed a consultare i documenti scaricati, con la rete telefonica pagata dall'azienda, integrando tale comportamento una grave violazione degli obblighi contrattuali. (Corte d'appello Ancona 1/8/2003, Pres. Bandini, in Lav. Nella giur. 2004, 135, con commento di Georgia Baschemi)
  • Deve essere dichiarato illegittimo per violazione del principio di proporzionalità il licenziamento irrogato ad un dipendente, che aveva accreditato i punti, derivanti da una serie di acquisti effettuati in volo, su di una tessera "mille miglia" intestata ad un nominativo che non risultava presente tra i passeggeri del volo, qualora: a) il datore di lavoro non abbia impartito precise disposizioni circa l'utilizzo di tali tessere, con connessi divieti e sanzioni; b) gli episodi in contestazione siano di ridotto numero; c) il danno economico arrecato all'azienda sia di modesta entità. (Trib. Milano 30/5/2003, Est. Ianniello, in D&L 2003, 772, con nota di Lorenzo Franceschinis, "Sul codice disciplinare: vuote formule e casi concreti")
  • E' legittimo il licenziamento di un dipendente di un istituto di credito per aver posto in essere una serie di comportamenti agevolativi della violazione della normativa antiriciclaggio. In particolare, un comportamento connotato da un'opzione di collateralità rispetto agli interessi della banca, e quindi di coinvolgimenti in operazioni oggettivamente non rientranti nella tipicità e normalità dell'attività bancaria, è tale da determinare una più che giustificata rottura del rapporto di fiducia tra lavoratore e datore di lavoro. (Cass. 22/8/2002, n. 12414, Pres. Ciciretti, Rel. Guglielmucci, in Giur. italiana 2003, 646, con nota di Ranieri Razzante, Osservazioni in tema di normativa antiriciclaggio e doveri di fedeltà dei dipendenti bancari)
  • La perdita d'appalto non costituisce di per sé giusta causa di licenziamento, permanendo comunque l'onere del datore di lavoro di dimostrare l'impossibilità di utilizzare altrimenti il lavoratore. (Trib. Roma 21/2/2002, Est. Cocchia, in Lav. nella giur. 2003, 87)
  • E' corretta la motivazione della sentenza che abbia ritenuto legittimo il licenziamento di un dipendente bancario che, abusando del conto corrente di cui fruiva alle condizioni di favore riservate ai dipendenti, abbia svolto una rilevante attività finanziaria consentendo il ricorso al credito ad una pluralità di soggetti, non riscontrandosi nella sentenza violazione di norme giuridiche sotto il profilo dell'erronea formulazione del giudizio di valore effettuato ai fini della qualificazione del comportamento del lavoratore in termini di giusta causa del recesso, atteso che non si è in presenza di una clausola generale che richieda un'attività di integrazione da parte del giudice idonea a dare concretezza a precetti normativi a contenuto indeterminato, come tale denunziabile direttamente in Cassazione sotto il profilo della violazione della legge, ma di un tipico giudizio di fatto da formulare con esclusivo riferimento alla concreta fattispecie contrattuale ed alle obbligazioni che ne discendono. (Cass. 15/11/2001, n. 14229, Pres. Santojanni, Est. Lupi, in Foro it. 2003, parte prima, 1845)
  • Nel lavoro bancario l'elemento fiduciario proprio di ogni rapporto di lavoro assume il massimo rilievo e - in riferimento all'accertamento della sussistenza della giusta causa del licenziamento - esso deve essere considerato con un ulteriore e particolare rigore nei confronti di chi riveste le mansioni di cassiere il cui comportamento scorretto, a prescindere dal verificarsi di un effettivo danno di natura patrimoniale, può ledere l'affidamento che non solo il datore di lavoro ma anche il pubblico devono riporre nella lealtà e correttezza dei dipendenti bancari (Cass. 14/7/01, n. 9576, pres. Ianniruberto, est. Stile, in Lavoro giur. 2002, pag. 237, con nota di Girardi, Controlli del datore di lavoro sui propri dipendenti)
  • Non costituisce giusta causa di licenziamento il comportamento di un infermiere dipendente da un istituto di cura di diritto privato, il quale, usando espressioni scurrili e facendosi udire anche da altri colleghi e pazienti, invita uno di questi ultimi a farsi curare altrove per non rischiare gravi danni, presentando l'istituto stesso come incapace di effettuare correttamente determinati interventi terapeutici (nel caso specifico il lavoratore non aveva allegato in giudizio alcun elemento che potesse suffragare la grave accusa mossa all'istituto datore di lavoro). Non è sufficiente a determinare una decisione in senso contrario la recidiva disciplinare specifica entro l'ultimo biennio. Il comportamento processuale scorretto tenuto dal lavoratore rileva soltanto ai fini delle spese (Trib. Milano, 8/2/01, pres. e est. Ianniello, in Riv. it. dir. lav. 2001, pag. 599, con nota di Ichino, Sull'indeterminatezza delle nozioni di giusta causa e di giustificato motivo di licenziamento)
  • Va cassata la sentenza che non abbia ritenuto sussistente la giusta causa di licenziamento di funzionario bancario il quale aveva consentito l'apertura e la gestione di conto corrente a persone non affidabili, senza esaminare se i fatti accertati consentissero o no la permanenza della fiducia che è alla base del rapporto di lavoro; fiducia che costituisce una specificazione del parametro normativo-quale la giusta causa-posto mediante clausola generale che va dal giudice adeguato alla realtà con modulazione in funzione della natura e della qualità del singolo rapporto, della posizione delle parti, dell'oggetto delle mansioni e del grado di affidamento che queste esigono. (Cass. 21/10/2000, n. 15004, Pres. Trezza, Est. Cuoco, in Foro it. 2003, parte prima, 1846)
  • Integra gli estremi della giusta causa di licenziamento l'utilizzo di certificati medici intrinsecamente inattendibili e recanti "prognosi" riferite a periodi pregressi rispetto alla data di rilascio degli stessi (Trib. Roma 2/6/00, pres. ed est. Mariani, in Riv. it. dir. lav .2000, pag. 695, con nota di Covi, "Prognosi retrospettiva" e sindacabilità del certificato medico)
  • Non può costituire, di per sé, giusta causa di licenziamento senza preavviso il comportamento del lavoratore, il quale, a tutela del suo diritto alla libertà e alla dignità del lavoro nei confronti dell'imprenditore, abbia denunciato quest'ultimo in sede penale sospettandolo di essere autore di un reato, ancorché la conoscenza negli altri dipendenti dei fatti denunciati arrechi al datore di lavoro un danno costituito dalla lesione della sua reputazione e del suo onore. La legittimità del comportamento del lavoratore deriva sia dal principio dettato dall'art. 24, 1° comma, Cost., sia dal più generale principio contenuto nell'art. 21, 1° comma, Cost. (Cass. 16/2/00, n. 1749, pres. De Musis, in Riv. Giur. Lav. 2000, pag. 463, con nota di Villa, Il diritto di critica del lavoratore e il licenziamento per giusta causa: una sottile linea di confine)
  • Il comportamento del datore di lavoro, che - mediante una lettera di diffida comunicata alla dirigenza aziendale e divulgata a mezzo stampa - rivolga al capo del personale accuse, poi non provate, di atteggiamenti persecutori nei suoi confronti, può configurare - in base ad una valutazione rimessa al giudice di merito incensurabile in sede di legittimità se congruamente e logicamente motivata - un fatto di tale gravità da minare il rapporto di fiducia esistente fra le parti e da legittimare quindi il licenziamento per giusta causa ex art. 2119 c.c.; è pertanto esente da vizi logici e sorretta da motivazione congrua e coerente la decisione del giudice di merito in base alla quale accuse non provate di "mobbing" giustificano il licenziamento ex art. 2119 c.c. per il venir meno del rapporto fiduciario tra le parti (Cass. 8/1/00, n. 143, pres. Trezza, est. Prestipino, in Dir. lav. 2001, pag. 3, con nota di Foglia, Danno da "mobbing" nel rapporto di lavoro: prime linee di sviluppo giurisprudenziale)
  • Si configura "una grave lesione del rapporto fiduciario" allorché la lavoratrice, approfittando della sua posizione all’interno dell’azienda che la sottraeva di fatto a un controllo diretto da parte dei suoi superiori, abbia effettuato dal posto di lavoro un gran numero di telefonate personali interurbane, anche di durata considerevole e quindi non giustificate, data la loro intensità e abitualità, da esigenze contingenti riconducibili ai problemi di salute della madre (Cass. 7/4/99 n. 3386, pres. Delli Priscoli, est. Stile, in D&L 1999, 387, n. Muggia, Giusta causa, inadempimento e uso corretto del potere disciplinare)
  • E’ illegittimo, per evidente difetto di proporzionalità rispetto alle mancanze contestate, il licenziamento per giusta causa di un vigile urbano che abbia invitato i propri colleghi a disobbedire al c.d. "decreto antilucciole" del sindaco, in quanto siffatto comportamento, partecipando di un più ampio movimento di opinione contrario a tale tipo di provvedimento, non può essere valutato come avente finalità denigratorie nei confronti del datore di lavoro (Trib. Milano 18/1/99 (ord.), pres. ed est. Mannacio, in D&L 1999, 381)
  • Non è censurabile in sede di legittimità la sentenza del giudice di merito che abbia ritenuto che l’erronea compilazione colposa da parte di un dipendente di una nota di carico di merce in arrivo non costituisca giusta causa di licenziamento (Cass. 26/11/98 n. 12022, pres. Sciarello, est. Mercurio, in D&L 1999, . Muggia, Una corretta applicazione della nozione di gusta causa e delle regole in materia di conversione del licenziamento)
  • È illegittimo il licenziamento di un funzionario di banca accusato di avere partecipato a finanziamenti irregolari, ove si accerti che i vertici della banca erano al corrente delle attività svolte e, anche se poteva e doveva rendersi conto dell’irregolarità delle operazioni poste in essere, il dipendente non era l’esclusivo e originario responsabile di tali operazioni, in quanto operava in sintonia con direttive aziendali, delle quali era l’esecutore materiale (Cass. 13/7/98 n. 6862, pres. De Tommaso, est. Vigolo, in D&L 1998, 1042, nota Muggia - Veraldi, Lavoratore bancario: responsabilità del dipendente e suo licenziamento; conoscenza da parte dell'istituto delle operazioni illecite: un difficile bilanciamento)
  • Il rifiuto da parte del lavoratore di svolgere mansioni che – in base a Ctu medico-legale – risultino controindicate in relazione alla sua invalidità lavorativa costituisce un comportamento di tutela della propria salute, e non può pertanto essere considerato inadempimento legittimante il recesso in tronco da parte del datore di lavoro (Trib. Milano 23/5/98, pres. Mannacio, est. Accardo, in D&L 1998, 1062)
  • Non sussiste giusta causa di licenziamento nel caso in cui un dipendente di un Istituto di credito svolga altra attività lavorativa extrabancaria, sia subordinata che autonoma, qualora essa non sia incompatibile e non vada quindi a incidere con pregiudizio sul rapporto di lavoro (Pret. Roma 23/9/97, est. Buonassisi, in D&L 1998, 459, n. ARAGIUSTO, In tema di doppio lavoro)
  • Non costituisce giusta causa di licenziamento il rivolgere a una guardia giurata addetta allo stabilimento frasi offensive, senza peraltro trascendere a vie di fatto (Trib. Venezia 9/1/96, pres. Gradella, est. Caprioli, in D&L 1996, 1023, nota Monaco)
  • La libertà di manifestazione del pensiero, costituzionalmente garantita tra i diritti fondamentali della persona, consente che il lavoratore possa esprimere il proprio pensiero e la propria critica all'operato del superiore gerarchico (nella specie il segretario generale dell'Ente convenuto) direttamente al datore di lavoro (nella fattispecie individuato nel Consiglio di amministrazione dell'ente medesimo) senza necessità di presentarli prima al superiore stesso e, di conseguenza, non configura giusta causa di licenziamento tale comportamento del dipendente (Pret. Verona 8/2/95, est, Mancini, in D&L 1995, 704)
  • E' assistito da giusta causa, configurandosi un'ipotesi di insubordinazione, il licenziamento di un dipendente, avente il grado di vicecapoufficio, che per protestare contro una trattenuta a suo avviso illegittima aveva inviato al direttore della società una lettere contenente espressioni offensive e denigratorie, inviandone una copia anche a tutti i colleghi (Pret. Verona, sez. Legnago, 7/12/94, in D&L 1995, 1032, nota DEL PUNTA, Un caso di licenziamento per "insubordinazione")
  • Il rifiuto del lavoratore di aderire al trasferimento legittimamente disposto costituisce giusta causa di licenziamento (Trib. Torino 19/11/94, pres. Gamba, est. Rossi, in D&L 1995, 642)
  • Non può ritenersi idoneo a configurare una giusta causa di licenziamento il ritardo nella comunicazione all'azienda, da parte del dipendente, dell'esercizio dell'azione penale promossa nei suoi confronti (comunicazione dovuta a norma dell'art. 34 CCNL per il settore del credito), ove essa intervenga a pochi giorni di distanza dalla scarcerazione del lavoratore colpito da misura cautelare e la violazione di tale obbligo, inoltre, non rivesta carattere doloso (Pret. Napoli 24/10/94, est. Manna, in D&L 1995, 406, nota MATTONE, Sull'obbligo di comunicazione da parte del lavoratore di circostanze penalmente rilevanti)