Processo esecutivo

  • Non costituisce titolo esecutivo la sentenza di appello che si limiti a riformare la sentenza di primo grado senza contenere una statuizione di condanna alla restituzione degli importi pagati in esecuzione della sentenza riformata. (Cass. 8/6/2012 n. 9287, Pres. Uccella Est. Amendola, in D&L 2012, con nota di Paolo Provenzali, “Riforma in appello e obblighi risarcitori”, 843)
  • Ai sensi dell'art. 618 bis c.p.c., nelle esecuzioni forzate promosse in base a provvedimenti giurisdizionali emessi dal giudice del lavoro in materia previdenziale le opposizioni all'esecuzione rientrano nella competenza per materia dello stesso giudice, in considerazione della natura previdenziale del credito, con conseguente attrazione della competenza del medesimo giudice, ai sensi dell'art. 40 c.p.c., delle richieste del procuratore distrattario delle somme esposte in precetto, stante la loro stretta correlazione con le spettanze di natura previdenziale. (Cass. 3/10/2008 n. 24584, Presc. Sciarelli Est. Stile, in Lav. nella giur. 2009, 195) 
  • La sentenza di condanna del datore di lavoro al pagamento di quanto dovuto al lavoratore a seguito dell'accertamento dell'illegittimità della risoluzione del rapporto di lavoro costituisce valido titolo esecutivo, che non richiede ulteriori interventi del giudice diretti all'esatta quantificazione del credito. sicché, a seguito della reintegrazione e della condanna al pagamento di un determinato numero di mensilità oppure delle retribuzioni dovute in virtù del rapporto, il lavoratore non può chiedere in separato giudizio che tale condanna sia espressa in termini monetari più precisi. Ne consegue che, in tal caso, a integrare il requisito della liquidità, richiamato nell'art. 474 c.p.c., è sufficiente che alla determinazione del credito possa pervenirsi per mezzo di un mero calcolo aritmetico sulla base di elementi certi e posititivi contenuti tutti nel titolo fatto valere, i quali sono da identificarsi nei dati che, pur se non menzionati in sentenza, sono stati assunti dal giudice come certi e oggettivamente già determinati, anche nel loro assetto quantitativo, perchè così presupposti dalle parti e pertanto acquisibili al processo, sia pure per implicito. (Cass. 15/6/2007 n. 14000, Pres. ed Est. Ianniruberto, in Riv. it. dir. lav. 2008, con nota di Giuseppe Maria Monda, "Licenziamento illegittimo e condanna al risarcimento del danno: i presupposti per l'attivazione della tutela esecutiva", 702)
  • La sentenza di condanna del datore di lavoro al pagamento di un determinato numero di mensilità di retribuzione costituisce valido titolo esecutivo per la realizzazione del credito anche quando, nonostante l'omessa indicazione del preciso ammontare complessivo della somma oggetto dell'obbligazione, la somma stessa sia quantificabile per mezzo di un mero calcolo matematico, semprechè, dovendo il titolo esecutivo essere determinato e delimitato, in relazione all'esigenza di certezza e liquidità del diritto che ne costituisce l'oggetto, i dati per acquisire la necessaria certezza possano essere tratti dal contenuto del titolo medesimo e non da elementi esterni, non desumibili da esso, ancorchè presenti nel processo che ha condotto alla sentenza di condanna, in conformità con i principi che regolano il processo esecutivo. (Nella specie, la S.C., in controversia in cui il titolo esecutivo era rappresentato dal semplice dispositivo della sentenza, ha ritenuto che ciò impedisse in radice la più ampia possibilità ermeneutica estesa alla motivazione della sentenza). (Cass. 21/11/2006 n. 24649, Pres. Vidiri Rel. Stile, in Dir. e prat. lav. 2007, 1733 e in Lav. nella giur. 2007, 521)
  • È costituzionalmente illegittimo, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. l'art. 22 L. n. 24/11/81 n. 689, che disciplina il ricorso in opposizione all'ordinanza-ingiunzione che commina una sanzione amministrativa, nella parte in cui non consente l'utilizzo del servizio postale per la proposizione dell'opposizione. (Corte Cost. 18/3/2004 n. 98, Pres. Zagrebelsky, Rel. Marini, in D&L 2004, 289)
  • Nell'ipotesi di opposizione all'esecuzione proposta dopo che questa sia iniziata, ai sensi del secondo comma dell'art. 615 c.p.c., il giudice dell'esecuzione, se la causa non rientra nella competenza per valore del'ufficio giudiziario al quale appartiene, è competente limitatamente alla prima fase, e cioè per l'esercizio dei poteri ordinatori di direzione del processo, dovendo invece rimettere la cognizione del merito al giudice competente, e, ove si tratti di rapporto la cui cognizione sia riservata al giudice del lavoro, a quest'ultimo giudice. (Cass. 8/8/2002, n. 11995, Pres. Ciciretti, Rel. Lamorgese, in Lav. nella giur. 2003, 78)
  • E' dichiarata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 545 c.p.c., nella parte in cui predetermina la pignorabilità dello stipendio o salario nella misura di un quinto, sollevata, in relazione all'art. 32, comma 1, Cost., dal Tribunale di Ancona, sezione distaccata di Fabriano, con l'ordinanza di cui in epigrafe.(Corte Cost. ordinanza 22/5/02, n. 225, pres. Ruperto,est. Chiappa, in Lavoro giur. 2002, pag. 627)
  • Nelle cause di opposizione agli atti esecutivi, quando il titolo di formazione giudiziale è stato emesso dal giudice del lavoro, la competenza a decidere il merito spetta al giudice del lavoro del luogo ove si svolge l'esecuzione, per il richiamo operato dall'art. 618 c.p.c. (Trib. Salerno ordinanza 8/3/02, pres. e est. De Stefano, in Lavoro giur. 2002, pag. 642, con nota di Rossi, Riflessioni sui procedimenti in materia esecutiva su sentenza in tema di licenziamento)
  • La sentenza di condanna alla riammissione in servizio di lavoratori illegittimamente sospesi costituisce in capo al datore di lavoro, nei cui confronti è emessa, un’obbligazione di pati consistente nel consentire il rientro in azienda dei lavoratori estromessi; essa è, dunque, coattivamente eseguibile, ove non spontaneamente adempiuta, a mezzo di ausiliari del giudice e/o della forza pubblica (nel caso di specie il Pretore ha disposto l’accompagnamento dei lavoratori nei locali della società datrice di lavoro a opera di un ufficiale giudiziario adiuvato, ove necessario e a sua richiesta, dalla forza pubblica) (Pret. Milano 25/6/98 (ord.), est. Chiavassa, in D&L 1998, 1093)