In genere

  • Nell’ipotesi in cui la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, o le dimissioni (riferibili ad un diritto disponibile del lavoratore e quindi sottratte alla disciplina dell’art. 2113 c.c.) siano poste in essere nell’ambito di un contesto negoziale complesso, il cui contenuto investa anche altri diritti del prestatore derivanti da disposizioni inderogabili di legge o dall’autonomia collettiva, il precetto posto dall’art. 2113 c.c. cit. trova applicazione in relazione all’intero contenuto dell’atto (che è quindi soggetto a impugnazione), sempre che la clausola relativa alle dimissioni non sia autonoma ma strettamente interdipendente con le altre e che i diritti inderogabili transatti siano noti e specificati, non potendosi desumere da una formula generica contenuta in una clausola di stile. (Corte app. Catanzaro 29/10/2020, in Lav. nella giur. 2021, 207)
  • La clausola contenuta nel verbale di conciliazione stipulato in sede aziendale che ne subordina l'efficacia alla formalizzazione in sede sindacale, facendo riferimento a un fatto volontario il cui compimento dipende dalla mera volontà e arbitrio di una delle parti negoziali, integra una condizione meramente potestativa, come tale nulla ai sensi dell'art. 1355 c.c. La nullità di tale clausola è idonea a travolgere la validità dell'intero accordo se riferibile al nucleo essenziale del verbale e se risulta fondata sul primario interesse del datore di lavoro a rendere inoppugnabile l'accordo raggiunto con il lavoratore. (Trib. Vigevano 1/10/2009 n. 163, Giud. Scarzella, in Riv. it. dir. lav. 2010, con nota di Giorgio Bolego, "Osservazioni in tema di conciliazioni negoziali dirette e 'formalizzazione' innanzi ai conciliatori", 329) 
  • Perchè l'accordo tra il lavoratore e il datore di lavoro possa qualificarsi atto di transazione è necessario che contenga lo scambio di reciproche concessioni, sicché, ove manchi l'elemento dell'"aliquod datum, aliquid retentum", essenziale a integrare lo schema della transazione, questa non è configurabile. (Nella specie, la S.C. ha cassato per vizio di motivazione la sentenza di merito che aveva ritenuto la natura transattiva dell'atto recante dichiarazione di voler transigere ogni diritto derivante dall'intercorso rapporto di lavoro senza considerare nella motivazione che la somma corrisposta al lavoratore nel preteso atto di transazione corrispondeva esattamente a quanto a lui spettante per trattamento di fine rapporto). (Cass. 4/10/2007 n. 20780, Pres. Senese Est. Stile, in Lav. nella giur. 2008, 311 e in Dir. e prat. lav. 2008, 1528)
  • L’art. 2113 c.c., il quale ha valore di norma ellitticamente riferita ai diritti di natura retributiva e risarcitoria derivanti al lavoratore dalla lesione di fondamentali diritti della persona, non comprende che le pretese patrimoniali maturate dal lavoratore in conseguenza del mancato godimento di tali diritti, rimanendo invece soggetti al più radicale regime della nullità ex art. 1418 c.c., gli atti dimissori degli stessi. (Cass. 3/2/2006 n. 2360, Pres. Mileo Est. Curcuruto, in D&L 2006, con n. Francesca Verdura, “Brevi riflessioni sul regime delle transazioni in materia di lavoro”, 570)
  • La quietanza a caldo sottoscritta dal lavoratore, che contenga una dichiarazione di rinuncia a maggiori somme riferita, in termini generici, ad una serie di titoli di pretese in astratto ipotizzabili in relazione alla prestazione di lavoro subordinato e alla conclusione del relativo rapporto, può assumere il valore di rinuncia o di transazione, che il lavoratore ha l’onere di impugnare nel termine di cui all’art. 2113 c.c., alla condizione che risulti accertato, sulla base dell’interpretazione del documento o per il concorso di altre specifiche circostanze desumibili aliunde, che essa sia stata rilasciata con la consapevolezza di diritti determinati ed obiettivamente determinabili e con il cosciente intento di abdicarvi o di transigere sui medesimi; infatti enunciazioni di tale genere sono assimilabili alle clausole di stile e non sono sufficienti di per sé a comprovare l’effettiva sussistenza di una volontà dispositiva dell’interessato. (Cass. 11/10/2004 n. 20123, Pres. Ravagnani Rel. Minichiello, in Lav. e prev. oggi 2005, 366)
  • Con riferimento alla disciplina dettata in tema di rinunce e transazioni, di cui all’art. 2113 c.c. (disponente l’invalidità di tali atti quando hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivante da disposizioni inderogabili della legge o dei contratti ed accordi collettivi concernenti i rapporti i rapporti di cui all’art. 409 c.p.c.), diritti di natura retributiva o risarcitoria indisponibili da parte del lavoratore non devono ritenersi soltanto quelli correlati alla lesione di diritti fondamentali della persona, atteso che la ratio dell’art. 2113 c.c. consiste nella tutela del lavoratore, quale parte più debole del rapporto di lavoro, la cui posizione in via ordinaria viene disciplinata attraverso norme inderogabili, salvo che vi sia espressa previsione contraria. Ne consegue che è annullabile la transazione riguardante diritti di natura retributiva come il compenso per il plus orario e relativi accessori. (Cass. 12/2/2004 n. 2734, Pres. Mattone Rel. De Renzis, in Lav. nella giur. 2004, 759, con commento di Gianluigi Girardi, 761)
  • L'art. 2113 c.c. - che consente l'impugnazione delle rinunzie e transazioni aventi ad oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi - non è applicabile alle manifestazioni di volontà negoziale relative alla risoluzione del rapporto di lavoro (ivi compresa la risoluzione consensuale del rapporto), in relazione, da un lato, alla libertà di recesso del lavoratore e, dall'altro, ai limiti legali del potere di recesso del datore di lavoro ed alla previsione dell'impugnazione del licenziamento entro un limite decadenziale. (Trib. Milano 24/7/2003, Est. Vitali, in Lav. nella giur. 2004, 191)
  • La rinuncia o la transazione conclusa tra dipendente e datore di lavoro, avente ad oggetto la risoluzione del rapporto di lavoro, non rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 2113 c.c. in quanto, anche quando è garantita la stabilità del posto di lavoro, questa garanzia dipende da leggi o disposizioni collettive, mentre l'ordinamento riconosce al lavoratore il diritto potestativo di disporre negozialmente e definitivamente del posto di lavoro stesso, in base all'art. 2118 c.c.. (Cass. 28/3/2003, n. 4780, Pres. Mileo, Rel. Picone, in Dir. e prat. 2003, 1987)
  • L'art. 2113 c.c. è applicabile anche nell'ipotesi in cui il lavoratore abbia già intrapreso un'azione giudiziaria, in quanto la sua posizione di soggezione nei confronti del datore di lavoro non viene meno per il fatto che egli abbia azionato un diritto o sia assistito da un legale; ne consegue che restano impugnabili ai sensi del citato art. 2113 c.c. nel termine di sei mesi tutte le rinunce e transazioni che non siano intervenute nella forma della conciliazione giudiziale o sindacale, a nulla rilevando che le suddette intervengano dopo che il lavoratore abbia già azionato il diritto in giudizio. (Cass. 17/9/2002, n. 13616, Pres. Sciarelli, Rel. Figurelli, in Lav. nella giur. 2003, 439, con commento di Gianluigi Girardi)
  • Un accordo per la risoluzione consensuale del contratto di lavoro è vincolante per le parti ex art. 1372 c.c. e rispetto ad essa è improduttiva di effetti la successiva revoca delle dimissioni comunicata dal prestatore al datore di lavoro, non essendo consentito alle parti di un contratto recedere unilateralmente fuori dalle ipotesi in cui un tale diritto potestativo sia attribuito dalla legge o sia stato espressamente pattuito. Deve essere altresì esclusa l'annullabilità di siffatto accordo ex art. 2113 c.c., posto che né la risoluzione consensuale del rapporto, né le dimissioni attengono ad un diritto previsto da norme inderogabili di legge e, quindi, il diritto al posto si configura quale diritto disponibile. (Trib. Milano 24/5/2002, Est. Di Ruocco, in Lav. nella giur. 2003, 286)
  • Va esclusa l’efficacia novativa di una transazione quando non risulta espressamente che le parti, con l’accordo transattivo, abbiano inteso sostituire un nuovo rapporto a quello precedente o un nuovo titolo obbligatorio a quello precostituito (Trib. Verona 12/11/97, pres. Chimenz, est. Caracciolo, in D&L 1998, 510)
  • Le somme previste in una transazione giudiziale sono imponibili solo ove la stessa sia stata stipulata successivamente all'entrata in vigore dell'art. 32 DL 23/2/95 n. 41, convertito con modificazioni nella L. 22/3/95 n. 85 (Trib. Milano 19/4/97, pres. Mannacio, est. Ruiz, in D&L 1997, 864, n. Dal Lago)
  • Alla dichiarazione del lavoratore di non aver più null'altro a pretendere dal datore di lavoro accompagnata dall'accettazione del licenziamento deve senz'altro riconoscersi valore di transazione con riferimento ai diritti del lavoratore derivanti dall'illegittimo licenziamento, in quanto l'accettazione dello stesso comporta il riconoscimento della legittimità del recesso da parte del datore di lavoro con la conseguente volontà di rinunciare alla tutela prevista per il caso di licenziamento illegittimo (Pret. Verona 21/12/94, est. Mancini, in D&L 1995, 979, nota SCORCELLI, Su alcune questioni in materia di rinunzie e transazioni)
  • Mentre rientrano nel disposto di cui all'art. 2113 c.c. le transazioni e le rinunzie aventi a oggetto il diritto del lavoratore alla retribuzione ex art. 36 Cost., alla qualifica, al riposo settimanale e feriale, al trattamento previdenziale nonché i fatti costitutivi dei diritti del lavoratore (con l'unica eccezione del licenziamento), sono escluse dall'ambito di operatività di tale norma le rinunzie e le transazioni riguardanti i diritti consistenti nelle conseguenze economiche derivanti in capo al datore di lavoro dalla violazione dei diritti del lavoratore, con la conseguenza che l'art. 2113 c.c. non è applicabile alla rinuncia avente a oggetto il pagamento dell'indennità supplementare prevista dal CCNL per il caso di ingiustificato licenziamento del dirigente (Pret. Verona 21/12/94, est. Mancini, in D&L 1995, 979, nota SCORCELLI, Su alcune questioni in materia di rinunzie e transazioni)