Sanzioni disciplinari in genere

 

  • In ossequio al principio stabilito dall’art. 2106 c.c. e dall’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori, l’esercizio del potere disciplinare da parte dell’imprenditore è regolato da precisi limiti circa le sanzioni da irrogare: la sussistenza e imputabilità del fatto e l’adeguatezza della sanzione. (Trib. Milano 20/8/2014, Giud. Dossi, in Lav. nella giur. 2014, 1133)
  • L’accertamento di un danno subito dal datore di lavoro non implica necessariamente l’accertamento sul contenuto della responsabilità in tutti i suoi elementi e sul grado della responsabilità, e può richiedere accertamenti ulteriori: pertanto, solo dopo l’accertamento di tutti i suddetti profili sorge l’obbligo della contestazione disciplinare. (Cass. 20/6/2014 n. 14103, Pres. Miani Canevari Rel. Buffa, in Lav. nella giur. 2015, con commento di Fabio Massimo Galli, 69)
  • In caso di sospensione cautelare di un lavoratore sottoposto a procedimento penale, la definitiva contestazione disciplinare e il licenziamento per i relativi fatti ben possono essere differiti in relazione alla pendenza del procedimento penale stesso, anche in ragione del rispetto del segreto istruttorio. (Cass. 20/6/2014 n. 14103, Pres. Miani Canevari Rel. Buffa, in Lav. nella giur. 2015, con commento di Fabio Massimo Galli, 69)
  • La comunicazione della contestazione di addebito disciplinare deve ritenersi regolarmente effettuata allorché sia avvenuta presso l’indirizzo indicato dal lavoratore e sia stata ricevuta dalla figlia di questi, la quale si sia esplicitamente impegnata a consegnarla al padre. (Cass. 30/5/2014 n. 12195, Pres. Vidiri Rel. Berrino, in Lav. nella giur. 2014, 924)
  • In tema di sanzioni disciplinari, la convocazione in orario lavorativo e nel luogo di lavoro non rientra tra i diritti del lavoratore, purché la convocazione in orari o luoghi diversi non si traduca, per le difficoltà della sua attuazione, in una violazione del diritto di difesa. Infatti, in caso di irrogazione di sanzione disciplinare, il lavoratore ha diritto, qualora ne abbia fatto richiesta, a essere sentito oralmente dal datore di lavoro; tuttavia, ove il datore, a seguito di tale richiesta, abbia convocato il lavoratore, questi non ha diritto a un diverso incontro limitandosi ad addurre una mera disagevole o sgradita possibilità di presenziare, poiché l’obbligo di accogliere la richiesta del lavoratore sussiste solo ove la stessa risponda a un’esigenza difensiva non altrimenti tutelabile (nella specie, la Corte ha escluso che la convocazione presso gli uffici preposti alla gestione del procedimento disciplinare e fissata mezz’ora dopo la conclusione del turno lavorativo fosse tale da rendere difficile o gravoso l’esercizio del diritto di difesa). (Cass. 1/6/2012 n. 8845, Pres. Miani Canevari Est. Balestrieri, in Orient. Giur. Lav. 2012, 349)
  • Il datore di lavoro che intenda adottare una sanzione disciplinare nei confronti del dipendente non può omettere l'audizione del lavoratore incolpato che ne abbia fatto espressa e inequivocabile richiesta contestualmente alla comunicazione - nel termine di cui all'art. 7, 5° comma, l. 20 maggio 1970 n. 300 - di giustificazioni scritte, anche se queste appaiano già di per sé ampie ed esaustive. (Cass. 22/3/2010 n. 6845, Pres. Roselli Est. Amoroso, in Orient. giur. lav. 2010, 507)
  • Ai sensi dell'art. 7, 2° comma, SL - applicabile anche in caso di procedimento disciplinare promosso nei confronti di un dirigente - il lavoratore ha diritto di scegliere le forme della propria difesa, sicché è illegittima la sanzione disciplinare che sia stata applicata negando al dirigente, che ne abbia fatto espressa richiesta, l'audizione orale. (Cass. 1/3/2010 n. 5864, Pres. Sciarelli Est. Meliadò, in D&L 2010, con nota di Andrea Bordone, "Procedimento disciplinare: anche il dirigente ha diritto all'audizione", 565)
  • La disposizione dell'art. 7 St. Lav. impone al datore di lavoro l'audizione orale del dipendente non come dovere autonomo di convocazione del dipendente, ma come obbligo correlato alla manifestazione tempestiva della volontà del lavoratore di essere sentito di persona. La circostanza che tale volontà sia dal lavoratore accompagnata dalla richiesta di una garanzia difensiva non consentita (nella specie: assistenza di un legale), non esclude l'obbligo di sentirlo nei limiti e con le garanzie difensive offerte dalla norma di legge, atteso che detto art. 7 subordina in maniera rigorosa l'irrogazione della sanzione all'audizione, ove richiesta. (Cass. 11/12/2009 n. 26023, Pres. Ravagnani Est. Mammone, in Riv. it. dir. lav. 2010, con nota di Enrico Barraco, "procedimento disciplinare: l'audizione del dipendente (privato) avviene senza avvocato", 765) 
  • Il datore di lavoro, una volta esercitato validamente il potere disciplinare nei confronti del prestatore di lavoro in relazione a determinati fatti costituenti infrazioni disciplinari, non può esercitare una seconda volta, per quegli stessi fatti, il detto potere, ormai consumato, essendogli consentito soltanto di tenere conto delle sanzioni eventualmente applicate, entro il biennio, ai fini della recidiva, nonché dei fatti non tempestivamente contestati o contestati ma non sanzionati - ove siano stati unificati con quelli ritualmente contestati - ai fini della globale valutazione, anche sotto il profilo psicologico, del comportamento del lavoratore e della gravità degli specifici episodi addebitati. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione impugnata, che aveva annullato il licenziamento disciplinare e dichiarato l'inidoneità a sorreggere la sanzione espulsiva, per contrasto con il principio del ne bis in idem, delle ulteriori contestazioni di addebito per fatti pregressi, recapitate al lavoratore ma non seguite da sanzione, neppure dedotte come circostanze aggravanti). (Cass. 27/3/2009 n. 7523, Pres. Sciarelli Est. Meliadò, in Lav. nella giur. 2009, 832)
  • La durata della sospensione cautelare coincide con il tempo necessario ad acquisire la certezza della sussistenza dei fatti addebitati - sia nel corso di un concorrente giudizio penale, sia nell'ambito degli eventuali accertamenti esperiti in sede aziendale - nonché a effettuare la valutazione del materiale raccolto in sede di istruttoria disciplinare, ai fini dell'adozione, da parte del datore di lavoro, di una decisione che ponga fine al procedimento. (Trib. Roma, sez. lavoro, ord. 28/7/2008, Pres. Petrucci est. Delle Donne, in Riv. it. dir. lav. 2008,  con nota di L. Di Paola, "Esercizio del potere disciplinare e sospensione cautelare dal servizio del dipendente: brevi considerazioni sualcune questioni problematiche", 872) 
  • Spetta al datore di lavoro dimostrare i fatti posti a fondamento della contestazione di scarso rendimento e a tal fine questi non può limitarsi a provare solo il mancato raggiungimento del risultato atteso o l'oggetiva sua esigibilità, ma deve anche dimostrare che la causa di esso derivi da colpevole e negligente inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore nell'espletamento della sua normale prestazione. A tal fine dovrà tenersi conto del grado di diligenza normalmente richiesto per la prestazione lavorativa e di quello effettivamente usato dal lavoratore, nonché dell'incidenza della organizzazione complessiva del lavoro nell'impresa e dei fattori socio-ambientali. (Trib. Milano 1/7/2008, d.ssa Beccarini, in Lav. nella giur. 2009, 97, e in Orient. della giur. del lav. 2008, con nota di Valentina Aniballi, "Scarso rendimento e sanzioni disciplinari conservative", 698)
  • La sospensione cautelare dal servizi, essendo una misura provvisoria e strumentale all'accertamento dei fatti addebitati al lavoratore,  è strettamente connessa al procedimento disciplinare, tanto da trovarsi rispetto a esso in una sorta di dipendenza funzionale. Ne consegue che la sospensione cautelare ha carattere temporaneo e cessa di avere efficacia qualora la fase dell'accertamento dei fatti sia conclusa (nella specie il Tribunale ha sospeso gli effetti del provvedimento di sospensione cautelare applicato al dipendente e ha ordinato al datore di lavoro la riammissione in servizio del dipendente medesimo nel ruolo precedentemente svolto). (Trib. Roma 30/6/2008, ord., Giud. Vetritto, in Riv. it. dir. lav. 2008, con nota di L. Di Paola, "Esercizio del potere disciplinare e sospensione cautelare dal servizio del dipendente: brevi considerazioni sualcune questioni problematiche", 872)
  • Il datore di lavoro è obbligato a dare seguito alle richieste del lavoratore di essere sentito personalmente e di ottenere copia di tutta la documentazione su cui si fondano le contestazioni solo allorquando le stesse rispondano a effettive esigenze di difesa non altrimenti tutelabili e non quando invece esse appaiono dettate da fini meramente dilatori o siano avanzate in modo equivoco, generico, o motivato, spettando comunque al giudice di merito stabilire se nella singola fattispecie si sia o meno verificata una concreta violazione del diritto di difesa dell'incolpato. (Trib. Milano 23/4/2008, Est. Porcelli, in Lav. nella giur. 2008, 1284)
  • Nell'ambito del procedimento disciplinar, il lavoratore che presenti giustificazioni ma intenda anche essere ascoltato a difesa ai sensi dell'art. 7, comma 2°, SL ha l'onere di comunicare detta volontà in termini univoci a tutela dell'affidamento del datore di lavoro e quest'ultimo ha l'onere di formalizzare le modalità di audizione in termini chiari e inequivocabili; conseguentemente è nulla la sanzione disciplinare comminata allorché il datore di lavoro si limiti a dichiarare genericamente la propria disponibilità all'audizione senza indicare un giorno e un'ora, nei quali tale audizione possa avvenire. (Trib. Bergamo 29/10/2007, Est. Trosi, in D&L 2008, 982)
  • I doveri di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175, 1366, 1375, 1377 c.c., costituendo canone giuridico di interpretazione del contratto e di valutazione del comportamento reciproco delle parti, impediscono che possa essere irrogata un'unica sanzione espulsiva per più comportamenti che avrebbero potuto essere singolarmente sanzionati con provvedimenti graduali e conservativi. (Trib. Milano 23/7/2007, decr., Est. Martello, in D&L 2007, con nota di Alberto Vescovini, "Sul licenziamento discriminatorio: considerazioni in materia di cooperative di lavoro ed elementi indiziari della natura antisindacale", 1031)
  • Il potere di infliggere sanzioni disciplinari e di proporzionarne la gravità all'illecito accertato rientra nel potere di organizzazione dell'impresa quale esercizio della libertà di iniziativa economica di cui all'art. 41 Cost.; esso è pertanto riservato esclusivamente al titolare e, neppure quanto alla riduzione della gravità della sanzione, può essere esercitato dal Giudice, salvo il caso in cui l'imprenditore abbia superato il massimo edittale e la riduzione consista perciò soltanto in una riconduzione al limite. Nel caso in cui, però, lo stesso datore di lavoro, convenuto in giudizio per l'annullamento della sanzione, chieda nell'atto di costituzione la riduzione della sanzione per l'ipotesi in cui il Giudice, in accoglimento della domanda del lavoratore, ritenga eccessiva la sanzione già inflitta, l'applicazione di una pena minore è legittima, non sottraendo autonomia all'imprenditore e realizzando l'economia di un nuovo ed eventuale giudizio, avente a oggetto la stessa. (Cass. 13/4/2007 n. 8910, Pres. Mercurio Est. Roselli, in Riv. it. dir. lav. 2007, con nota di Nicola Ghirardi, "Il Giudice può applicare una sanzione disciplinare meno grave di quella irrogata, se vi presta consenso il datore di lavoro convenuto", 885 e in Dir. e prat. lav. 2008, 427)
  • Il lavoratore che sia fatto oggetto di un procedimento disciplinare ha diritto di conoscere, ai sensi dell'art. 7, 1° comma, lett. a) e lett. b), D.Lgs. 30/6/03 n. 196, l'origine e le modalità di trattamento dei dati che lo riguardano e sui quali si fonda il procedimento disciplinare stesso (nella specie il lavoratore, addetto a un call center, al quale era stato contestato un comportamento negligente nei confronti di un cliente, aveva chiesto di conoscere sulla base di quali dati il datore di lavoro aveva ritenuto di associare il suo nome a una determinata utenza telefonica interna. (Garante per il trattamento dei dati personali 12/4/2007, Pres. Pizzetti Rel. Fortunato, in D&L 2007, con nota di Luce Bonzano, "Procedimento disciplinare e accesso ai dati", 790)
  • In caso di richiesta del dipendente di conoscere i dati personale sulla base dei quali il datore di lavoro ha formulato una contestazione disciplinare, quest'ultimo ha diritto di differire dette informazioni per il tempo necessario a far valere i propri diritti in un procedimento giudiziario, ai sensi dell'art. 8, 2° comma, lett. e) D.Lgs. 30/6/03 n. 196, solo qualora il pregiudizio derivante dalla rivelazione dei dati sia effettivo e concreto, non essendo a tal fine sufficiente l'allegazione dei vantaggi che il dipendente potrebbe ottenere dalla anticipata conoscenza degli elementi di prova. (Garante per il trattamento dei dati personali 12/4/2007, Pres. Pizzetti Rel. Fortunato, in D&L 2007, con nota di Luce Bonzano, "Procedimento disciplinare e accesso ai dati", 790)
  • In caso di richiesta del dipendente di conoscere i dati personali sulla base dei quali il datore di lavoro ha formulato una contestazione disciplinare, il datore di lavoro può legittimamente soddisfare la richiesta indicando i ruoli le categorie e gli uffici aziendali dai quali sono pervenute le segnalazioni, senza indicare anche l'identità delle persone fisiche che materialmente le hanno effettuate, non sussistendo il diritto del richiedente di accedere ai dati personali riferiti a terzi. Garante per il trattamento dei dati personali 12/4/2007, Pres. Pizzetti Rel. Fortunato, in D&L 2007, con nota di Luce Bonzano, "Procedimento disciplinare e accesso ai dati", 790)
  • In materia di sanzioni disciplinari, la valutazione della condotta del lavoratore in riferimento agli obblighi di diligenza e fedeltà deve essere compiuta tenendosi conto anche del disvalore ambientale che la condotta stessa assume e, viceversa, della funzione di dissuasione contro il ripetersi di mancanze dello stesso tipo, peculiarmente svolta dal procedimento disciplinare. (Cass. 23/10/2006 n. 22708, Pres. Sciarelli Est. Nobile, in Riv. it. dir. lav. 2007, con note di Muggia e Cannati, 464)
  • In tema di sanzioni disciplinari di cui all’art. 7 della legge n. 300 del 1970, deve distinguersi tra illeciti relativi alla violazione di prescrizioni attinenti all’organizzazione aziendale e ai modi di produzione, conoscibili solamente in quanto espressamente previste, ed illeciti concernenti comportamenti manifestamente contrari agli interessi dell’impresa per i quali non è invece richiesta la specifica inclusione nel codice disciplinare, che è pertanto sufficiente che sia redatto in forma tale da rendere chiare le ipotesi di infrazione, sia pure dandone una nozione schematica e non dettagliata, e da indicare le correlative previsioni sanzionatorie, anche se in maniera ampia e suscettibile di adattamento secondo le effettive e concrete inadempienze. (Nell’affermare il suindicato principio, la S.C. ha ritenuto infondata la doglianza dei ricorrenti – in ordine al mancato accoglimento, da parte del giudice di merito, dell’impugnazione del provvedimento disciplinare di sospensione, per un giorno, dal lavoro adottato nei loro confronti per avere essi, nel corso di un’agitazione sindacale, attuato un “picchettaggio” all’esterno dell’ufficio impedendo ai colleghi non scioperanti di prendere servizio – basata sul rilievo che il datore di lavoro non aveva nel caso portato a conoscenza dei lavoratori, in luogo accessibile a tutti, le disposizioni concernenti le sanzioni disciplinari e le relative procedure – cosiddetto “codice disciplinare”). (Cass. 27/5/2004 n. 10201, Pres. Ciciretti Rel. Balletti, in Dir. e prat. lav. 2004, 2741)
  • La materia disciplinare rientra tra le materie disponibili dal lavoratore, per cui risulta inoppugnabile la conciliazione sul punto raggiunta in sede sindacale, e la mancata osservanza sui relativi impegni può assumere valore disciplinare, sanzionabile nella specie (vendita simulata delle quote sociali di società concorrente della datrice di lavoro) anche con il licenziamento per giusta causa. (Trib. Firenze 9/12/2003, Est. Bazzoffi, in D&L 2004, 400, con nota di Massimo Aragiusto, "In tema di affissione del codice disciplinare, violazione del dovere di fedeltà e conciliazione sindacale")
  • Il requisito dell'immediatezza della contestazione degli addebiti, quale principio che condiziona il procedimento disciplinare, si fonda sulla necessità di garantire il diritto di difesa del lavoratore e di consentire allo stesso di discriminare tra condotte irregolari e non permesse e condotte corrette e doverose. Non è consentito al datore di lavoro di cumulare gli addebiti e contestarli dopo un lungo periodo di tempo, sia per l'obbligo di garantire al lavoratore un'adeguata replica, obiettivamente pregiudicata a distanza di molti mesi dai fatti, sia al fine di evitare una sommatoria di addebiti che rendano complessivamente più grave la contestazione. (Trib. Milano 27/5/2003, Est. Marasco, in Lav. nella giur. 2004, 91)
  • Qualora, in sede di indagini preliminari dirette ad accertare la commissione di un illecito disciplinare, il datore di lavoro riceva la spontanea confessione da parte del lavoratore, non si verifica alcuna violazione dell'art. 7, Stat. lav. in ordine alla preventiva contestazione dell'addebito, atteso che detto atto presuppone la conoscenza dei fatti e l'individuazione del soggetto cui attribuirli e non può, quindi, precedere, ma solo, eventualmente, seguire il compimento e la valutazione degli accertamenti preliminari. Ne consegue che deve escludersi che l'avvio delle indagini preliminari, nel corso delle quali venga convocato il lavoratore, valga ad integrare anche l'inizio del procedimento disciplinare a carico dello stesso. (Cass. 20/1/2003, n. 772, Pres. Ianniruberto, Rel. Lamorgese, in Lav. nella giur. 2003, 579)
  • L'onere della prova circa i presupposti di fatto, oggettivi e soggettivi, che hanno portato all'irrogazione di una sanzione disciplinare conservativa grava sul datore di lavoro, in forza di un'applicazione estensiva dell'art. 5 L. 15/7/66 n. 604 e attiene anche al rispetto del principio di proporzionalità, che deve trovare applicazione anche per le sanzioni di non rilevante entità. (Cass. 17/8/2002 n. 11153, Pres. Sciarelli Est. Toffoli, in D&L 2002, 189, con nota di Stefano Muggia, "Ancora sull'assenza a visita domiciliare di controllo")
  • In virtù dei principi di proporzionalità -intesa come progressività-, di tempestività, di correttezza e buona fede, la tolleranza del datore verso condotte sanzionabili (contestate ma non punite) comporta acquiescenza e preclude l'immediata irrogazione del provvedimento espulsivo per il medesimo addebito. (Tri. Milano 19/7/2002, Est. Marasco, in D&L 2002, 988, con nota di Matteo Paulli, "La tolleranza di condotte sanzionabili determina acquiescenza")
  • Il vincolo fiduciario si amplia in relazione alle specifiche mansioni svolte dal lavoratore e, conseguentemente, più elevato è l'affidamento e maggiormente severa è la valutazione di un illecito comportamento del dipendente. (Corte d'Appello Salerno 17/6/2002, Pres. Casale, Est. Vignes, in Lav. nella giur. 2003, 147, con commento diEdoardo Rossi)
  • Nel giudizio di legittimità sulla sanzione il giudice del merito ha il potere di convertire la sanzione "espulsiva" in una sanzione "conservativa" qualora ritenga la sanzione comminata dal datore di lavoro non proporzionata rispetto all'infrazione contestata (Trib. Benevento 4/7/01 ordinanza, pres e est. Piccone, in Lavoro nelle p.a. 2001, pag. 1061, con nota di Salomone, Tre questioni sul procedimento disciplinare nella P.A.)
  • Nel comportamento del dipendente può essere configurabile al tempo stesso sia un fatto rilevante sotto il profilo disciplinare, sia una delle ragioni tecniche, organizzative e produttive che consentono, a norma dell'art. 2103 c.c., il trasferimento del dipendente o un mutamento di mansioni; se pertanto il datore di lavoro abbia optato per tale secondo tipo di provvedimento, qualora risulti supportato può legittimamente far ricorso all'uno o all'altro di detti provvedimenti senza che, se abbia optato per il secondo, questo possa essere ritenuto illegittimo in quanto sanzione atipica rispetto ai provvedimenti in materia disciplinare (Trib. Milano 9/11/00, est. Cincotti, in Orient. Giur. Lav. 2000, pag. 943)
  • La documentazione alla quale il lavoratore soggetto a procedimento disciplinare ha diritto di accedere per poter approntare un'adeguata difesa, in relazione alla contestazione disciplinare mossagli, è esclusivamente quella avente diretta e precisa connessione con gli addebiti oggetto della contestazione, e non altra e diversa documentazione che pure, a giudizio dello stesso lavoratore, potrebbe risultargli utile consultare (Cass. 27/10/00, n. 14225, pres. e est. Mercurio, in Lavoro giur. 2001, pag. 139, con nota di Mainardi, Contestazione e diritto di accesso ai documenti connessi agli addebiti disciplinari; in Riv. it. dir. lav. 2001, pag. 538, con nota di Borelli, Specificità della contestazione e obbligo di documentazione)
  • Il datore di lavoro, nel contestare l'addebito al lavoratore subordinato prima dell'intimazione del licenziamento disciplinare, può contestualmente anticipare il tipo di sanzione che intende applicare (Cass. 17/6/00, n. 8263, pres. Prestipino, est. Mammone, in Dir. lav. 2001, pag. 338, con nota di Cerreta, Riforma in appello della sentenza di reintegrazione e qualificazione risarcitoria di tutte le indennità dovute medio tempore)
  • Il datore di lavoro, una volta esercitato il potere disciplinare nei confronti del dipendente in relazione a determinati fatti ritenuti disciplinarmente rilevanti, non può esercitare una seconda volta, per i medesimi fatti, il detto potere, ormai esaurito (nel caso di specie, il datore di lavoro aveva contestato al lavoratore, comminandogli una sanzione conservativa, fatti già oggetto di una precedente contestazione che aveva portato al licenziamento del dipendente, poi dichiarato illegittimo in sede giudiziale (Pret. Milano 2/5/95, est. Negri della Torre, in D&L 1995, 959)