Art. 2087 c.c

  • Una condotta vessatoria di tipo episodico integra la fattispecie di straining, fonte di responsabilità datoriale ex art. 2087 c.c., allorché il lavoratore subisca una modificazione negativa e permanente della propria situazione lavorativa, anche in caso di mancata prova di un preciso intento persecutorio (nella specie, la S.C. ha considerato straining un demansionamento disposto con finalità emarginatoria unito ad alcune isolate azioni ostili e di scherno). (Cass. 29/3/2018 n. 7844, Pres. Manna Rel. Piccone, in Riv. it. dir. lav. 2018, con nota di S. Renzi, “Lo straining e la progressiva emersione giurisprudenziale dei suoi connotati”, 564)
  • Nel caso di lavoratori esposti al rischio rapine, l’osservanza del generico obbligo di sicurezza di cui all’art. 2087 c.c. impone al datore di lavoro l’adozione delle correlative misure di sicurezza c.d. “innominate”, sicché incombe su quest’ultimo l’onere di far risultare l’adozione di comportamenti specifici che, pur non dettati dalla legge o da altra fonte equiparata, siano suggeriti da conoscenze sperimentali e tecniche, dagli standard di sicurezza normalmente osservati o trovino riferimento in altre fonti analoghe. (Cass. 28/10/2016 n. 21901, Pres. Macioce Rel. Blasutto, in Lav. nella giur. 2017, 197)
  • Deve escludersi l’applicabilità della norma di cui all’art. 2087 c.c., il quale fa carico al datore di lavoro di adottare le misure necessarie a tutelare l’integrità del dipendente, a un rapporto non riconducibile a quello di lavoro subordinato, ma basato su di una convenzione intercorsa tra l’Amministrazione Pubblica e il professionista. (Cass. 23/7/2013 n. 17896, Pres. Stile Est. D’Antonio, in Lav. nella giur. 2014, con commento di Francesco Barraca, 131)
  • Il comportamento imprudente del lavoratore che abbia subito un infortunio comporta il riconoscimento di un suo concorso di colpa, con il datore di lavoro, nella causazione dell’infortunio. (Cass. 23/4/2009 n. 9698, Pres. Ianniruberto Est. Stile, in Orient. Giur. Lav. 2009, 126) 
  • In tema di responsabilità del datore di lavoro per mancato rispetto dell’obbligo di prevenzione di cui all’art. 2087 c.c. è necessario che l’evento dannoso sia riferibile a sua colpa, non potendo essere ascritto al datore medesimo a titolo di responsabilità oggettiva; il relativo accertamento costituisce un giudizio di fatto riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se logicamente e congruamente motivato (nella specie, la suprema corte ha confermato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto che le lesioni subìte da un portalettere scivolato su una lastra di ghiaccio non fossero riferibili a colpa delle poste italiane spa, atteso che nessuna norma, legale o contrattuale, imponeva a detto datore di lavoro di dotare i portalettere di scarpe antiscivolo e che non risultavano violate le norme di comune prudenza, potendo le condizioni metereologiche e ambientali mutare anche nel corso della giornata lavorativa, senza che ciò fosse facilmente prevedibile in anticipo). (Cass. 17/2/2009 n. 3785, Pres. Sciarelli Est. D’Agostino, in Orient. Giur. Lav. 2009, 115)     
  • L'art. 2087 c.c. impone all'imprenditore un aggiornamento continuo delle misure da adottare per la tutela della salute dei suoi dipendenti con conseguente obbligo della loro individuazione e della loro attuazione, anche a integrazione della specifica normativa della sicurezza. Tale integrazione però si riferisce esclusivamente a quelle cautele suggerite dalla tecnica e dall'esperienza che fanno parte del patrimonio culturale diffuso in una determinata collettività, in un determinato momento. Pertanto la responsabilità del datore di lavoro, in ordine a infortuni o malattie professionali, non sussiste qualora egli abbia osservato tutte le misure prevenzionistiche previste dalla legge, nonché gli standard di sicurezza normalmente adottati dagli imprenditori. (Trib. Genova 13/10/2008, in Lav. nella giur. 2009, 208) 
  • La responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c. è di carattere contrattuale, atteso che il contenuto del contratto individuale di lavoro risulta integrato per legge, ai sensi dell'art. 1374 c.c., dalla disposizione che impone l'obbligo di sicurezza e lo inserisce nel sinallagma contrattuale. Ne consegue che il riparto degli oneri probatori nella domanda di danno da infortunio sul lavoro si pone negli stessi termini dell'art. 1218 c.c. circa l'inadempimento delle obbligazioni, da ciò discendendo che il lavoratore il quale agisca per il riconoscimento del danno differenziale da infortunio sul lavoro deve allegare e provare l'esistenza dell'obbligazione lavorativa, l'esistenza del danno e il nesso causale tra quest'ultimo e la prestazione, mentre il datore di lavoro deve provare la dipendenza del danno da causa a lui non imputabile e, cioè, di aver adempiuto interamente all'obbligo di sicurezza, apprestando tutte le misure per evitare il danno. (Cass. 13/8/2008 n. 21590, Pres. Senese Est. De Matteis, in Lav. nella giur. 2008, 1272, e in Lav. nella giur. 2009, 79)