Sospensione cautelare in genere

  • In tema di sospensione cautelare obbligatoria dal servizio prevista dall’art. 15 della legge 19 marzo 1990, n. 55, nei confronti di pubblici dipendenti che abbiano riportato condanna, anche non definitiva, per delitti di criminalità organizzata o per determinati delitti contro la pubblica amministrazione, la Corte ha rilevato che tale misura non ha natura sanzionatoria, bensì meramente cautelare, essendo “collegata alla pendenza di un’accusa penale nei confronti di un funzionario pubblico”, che di per sé espone l’amministrazione “ad un pregiudizio direttamente derivante dalla permanenza dell’impiegato nell’ufficio” e “risponde a esigenze proprie della funzione amministrativa e della pubblica amministrazione presso cui il soggetto colpito presta servizio” (sentenza n. 206 del 1999). Deve pertanto escludersi che la meno incisiva misura del provvisorio trasferimento di sede o dell’assegnazione ad altro incarico, prevista dalla disposizione censurata, costituisca effetto penale della sentenza di condanna per determinati fatti di reato, e sia perciò inscrivibile nella materia dell’ordinamento penale. Le finalità che la norma intende perseguire, significativamente inserita in una legge intitolata “Norme per la trasparenza dell’attività amministrativa regionale”, sono ravvisabili nell’esigenza di tutelare l’immagine, la credibilità e, appunto, la trasparenza dell’amministrazione regionale; interessi che, anche prima dell’eventuale pronuncia di una sentenza definitiva di condanna, possono risultare pregiudicati dalla permanenza nell’ufficio del dipendente che abbia commesso nell’esercizio delle sue funzioni un reato contro la pubblica amministrazione. (Cost. 2-4/5/2005 n. 172, Pres. Contri Est. Neppi Modona, in Lav. e prev. oggi 2005, 1559)
  • Il rinvio a giudizio di un pubblico dipendente per uno dei reati di cui all’art. 3, L. n. 97/2001 non può comportare in via automatica e, quindi, a prescindere da qualsivoglia valutazione sull’opportunità del provvedimento datoriale, l’adozione della misura cautelare del trasferimento d’ufficio o della sospensione dal servizio del dipendente. (Trib. Vigevano 10/8/2004, ord., Est. Scarsella, in Lav. nella giur. 2005, con commento di Marco Dibitonto, 466) 
  • E' incostituzionale l'art. 4, secondo comma, l. 27 marzo 2001, n.97, nella parte in cui prevede che la sospensione cautelare dal servizio del pubblico dipendente che abbia subito una condanna non definitiva per i delitti di cui all'art. 3, primo comma, stessa legge perde efficacia decorso un periodo di tempo pari a quello di prescrizione del reato. (Corte Cost. 3/5/2002, n. 145, Pres. Vari, Est. Marini, in Foro it. 2003, parte prima, 1666)
  • E' infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, primo comma, l. 27 marzo 2001, n. 97, nella parte in cui prevede la sospensione cautelare obbligatoria dal servizio del pubblico dipendente che abbia subito una condanna non definitiva per i delitti di cui all'art. 3, primo comma, stessa legge, in riferimento agli artt. 3, 4, 27, 35, 36 e 97 Cost. (Corte Cost. 3/5/2002, n. 145, Pres. Vari, Est. Marini, in Foro it. 2003, parte prima, 1666)
  • Il pubblico dipendente, nei cui confronti sia sta disposta prima la sospensione cautelare dal servizio per l'instaurazione di un processo penale, definito con sentenza di condanna, e poi la sanzione disciplinare della sospensione della qualifica, ha diritto alla restitutio in integrum per il periodo di sospensione cautelare sofferto in eccedenza rispetto alla durata della sanzione disciplinare. (Consiglio di Stato 2/5/2002, n. 4, Pres. De Roberto, Est. Zaccardi, in Foro it. 2003, parte terza, 371)
  • E'manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 l. 27 marzo 2001, n. 97, nella parte in cui prevede la sospensione cautelare dal servizio del pubblico dipendente che abbia subito una condanna non definitiva per i delitti previsti dall'art. 3, primo comma, della legge, in quanto, da un lato, la natura cautelare della sospensione esclude il contrasto con il principio di presunzione di non colpevolezza previsto dall'art. 27 Cost. e, dall'altro, la norma realizza un ragionevole bilanciamento tra esigenza cautelare, esigenze del dipendente ed interessi dell'amministrazione, in riferimento agli artt. 27, 54, 97 e 98 Cost. La natura cautelare ed automatica della sospensione obbligatoria dal servizio prevista dall'art. 4 della legge 97/01 esclude l'applicabilità degli artt. 7 e 8 l. 241/90. (Consiglio di Stato 28/8/2001, n. 4745, Pres. Giovannini, Est. Garofoli, in Foro it. 2003, parte terza, 372)  
  • L'art. 40 del D.P.R. n. 221/50 per l'esercizio della professione sanitaria, prevedendo fra le sanzioni disciplinari la sospensione, fa "salvo quanto è stabilito dal successivo art. 43" che contempla i casi di sospensione meramente cautelativa dall'esercizio della professione. Dal combinato disposto di queste due norme si desume, bensì, il principio secondo cui l'applicazione della misura cautelativa della sospensione del medico dall'esercizio della professione non osta alla successiva erogazione allo stesso medico della sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio della professione, ma non è dato desumere anche l'ulteriore principio (che il ricorrente parrebbe prospettare) secondo cui la misura cautelativa precedentemente applicata non potrebbe essere detratta dalla sanzione disciplinare successivamente inflitta, onde all'una dovrebbe sempre aggiungersi l'altra. In realtà, trattandosi di misure omogenee (vedasi sul punto Cass. 3/6/85, n. 3282), la detrazione della misura cautelativa dalla sanzione disciplinare non soltanto non risulta vietata dal contesto normativo fin qui esaminato, ma risponde ad un più generale principio di ragionevolezza che trova la sua più evidente espressione nell'art. 137, comma 1, c.p. (Cass. 17/1/01, n. 592, pres. Triduccia, est. Limongelli, in Lavoro e prev. oggi 2001, pag. 374)
  • Ai sensi dell'art. 7, l. 241/90, la pubblica amministrazione ha l'obbligo di comunicare al dipendente l'avvio del procedimento per l'adozione della sospensione cautelare dal servizio in seguito alla pendenza di processo penale e di motivare il provvedimento, anche in relazione ai motivi d'urgenza (Consiglio di Stato 29/11/00, n. 6349, pres. Catallozzi, est. Poli, in Foro it. 2001, pag. 65 parte terza)  
  • Il pubblico dipendente, nel caso di procedimento penale conclusosi con formula non assolutoria, ove non venga adottata alcuna sanzione disciplinare o questa non assorba il periodo di sospensione cautelare patita, ha diritto alla restitutio in integrum per il periodo di sospensione cautelare sofferta in eccedenza ma con deduzione dei periodi di tempo corrispondenti alla pena detentiva inflitta, all'interdizione temporanea dai pubblici uffici (previa formale sospensione dalla qualifica ex art. 98 d.p.r. 3/57) ed alle altre pene accessorie che comunque incidano sul rapporto di servizio, ancorché tali pene non siano state in concreto scontate o siano state dichiarate estinte per indulto (Consiglio di Stato 20/11/00, n. 6181, pres. Catallozzi, est. Poli, in Foro it. 2001, pag.2, parte terza)
  • Una volta cessati automaticamente gli effetti della sospensione cautelare dal servizio del pubblico impiegato, disposta per pendenza del procedimento penale, alla conclusione di questo o per maturazione del periodo massimo di cinque anni, sorge per il dipendente il diritto soggettivo alla reintegra nel posto di lavoro, mentre l'amministrazione ha il potere-dovere di sottoporre il dipendente al procedimento disciplinare nel rispetto del termine perentorio di centottanta giorni di cui all'art. 9, 2° comma, l. 19/90, nel caso intenda irrogare la misura espulsiva (Consiglio di Stato 20/11/00, n. 6181, pres. Catallozzi, est. Poli, in Foro it. 2001, pag.2, parte terza)  
  • La sospensione cautelare di cui all'art. 95 del regolamento del personale del Banco di Sicilia non ha natura di sanzione disciplinare, essendo diretta a offrire al datore di lavoro uno strumento di "autotutela", consistente nell'estromissione temporanea del dipendente nei cui confronti sia stato promosso un procedimento penale; non è pertanto necessario in tale ipotesi il rispetto del procedimento previsto dall'art. 7 SL (Cass. sez. lav. 15 novembre 1999 n. 12631, pres. Amirante, est. Coletti, in D&L 2000, 415)
  • Qualora la sospensione cautelare sia prevista e consentita dalla disciplina legale o negoziale del rapporto - e non sia quindi una disposizione unilaterale del datore di lavoro - l'effetto sospensivo investe anche l'obbligazione retributiva (Cass. sez. lav. 15 novembre 1999 n. 12631, pres. Amirante, est. Coletti, in D&L 2000, 415)
  • La sospensione cautelare si configura come istituto i cui effetti permangono fin quando non intervenga l'accertamento demandato al procedimento penale e pertanto la riconoscibilità del diritto alle retribuzioni non corrisposte nel relativo periodo è condizionata - anche ai fini della decorrenza della prescrizione - alla conclusione di tale procedimento in senso favorevole al lavoratore, venendo definitivamente meno, con essa, la possibilità di realizzazione dell'evento risolutivo del rapporto di lavoro, in vista del quale la sospensione era stata disposta (Cass. sez. lav. 15 novembre 1999 n. 12631, pres. Amirante, est. Coletti, in D&L 2000, 415)
  • La sospensione cautelare di cui all’art. 33, 2° comma, del Ccnl per i dipendenti dell’Ente Poste italiane, prevista in ipotesi di gravi reati per i quali vi sia stato un intervento dell’autorità penale, non ha la funzione di punire il dipendente, ma quella – che ne legittima l’istituzione – di attendere l’esito dell’accertamento relativo a un fatto disciplinarmente rilevante, regolando in modo ragionevole gli opposti interessi nel tempo dell’attesa (Trib. Milano 9/5/98, pres. ed est. Mannacio, in D&L 1998, 696, n. BERNINI)  
  • L’obbligo di motivazione, in relazione alla sospensione cautelare prevista dall’art. 33, 2° comma, Ccnl per i dipendenti dell’Ente Poste italiane, è limitato alla comunicazione degli estremi del fatto che legittima l’adozione del provvedimento, con l’indicazione della relativa norma contrattuale (Trib. Milano 9/5/98, pres. ed est. Mannacio, in D&L 1998, 696, n. BERNINI)
  • Ai fini dell’adozione della sospensione cautelare prevista dall’art.33, 2° comma, Ccnl per i dipendenti dell’Ente Poste italiane, l’espressione "dipendente sottoposto a procedimento penale" deve interpretarsi utilizzando le regole dell’ermeneutica contrattuale; pertanto, in applicazione degli artt. 1362 e 1369 c.c., l’espressione sta a significare l’apertura di un procedimento penale nei confronti del dipendente, quale ne sia lo stadio formale (Trib. Milano 9/5/98, pres. ed est. Mannacio, in D&L 1998, 696, n. BERNINI)