Questioni di procedura

  • Nella controversia avenete a oggetto il demansionamento o la qualificazione del lavoratore, si applica il principio generale in tema di prova dell'inadempimento delle obbligazioni secondo cui il creditore deve provare la fonte negoziale o legale del suo diritto e il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fattoe estintivo, ossia dell'avvenuto adempimento; ne consegue che, allorquando il lavoratore alleghi una dequalificazione o un demansionamento o comunque un inesatto adempimento dell'obbligo del datore di lavoro ex art. 2103 c.c., è su quest'ultimo che incombe l'onere di provare l'esatto adempimento dell'obbligo del datore di lavoro ex art. 2103 c.c., è su quest'ultimo che incombe l'onere di provare l'esatto adempimento del suo obbligo o attraverso la prova della mancanza in concreto di una qualsiasi dequalificazione o demansionamento, ovvero mediante la prova che l'uno e l'altro siano stati giustificati dal legittimo esercizio dei poteri imprenditoriali o disciplinari o, comunque, da un'impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile. (Trib. Milano 20/3/2007, ord., Est. Di Leo, in D&L 2007, 842) 
  • Anche in ipotesi di lavoro pubblico privatizzato è applicabile il principio del divieto di mutatio in peius, quando da parte di un lavoratore sia allegata una dequalificazione o venga dedotto un demansionamento riconducibili a un inesatto adempimento dell'obbligo gravante sul datore ai sensi dell'art. 2103 c.c., è su quest'ultimo che incombe l'onere di provare l'esatto adempimento del suo obbligo, o attraverso la prova della mancanza in concreto di qualsiasi dequalificazione o demansionamento, ovvero attraverso la prova che l'una o l'altro siano giustificati dal legittimo esercizio dei poteri imprenditoriali o disciplinari e, comunque, in base al principio generale risultante dall'art. 1218 c.c., da un'impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile. (App. Ancona 6/7/2006 Pres e Rel. Taglienti, in Lav. nella giur. 2007, 633)
  • In tema di dequalificazione di un rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, è sindacabile in cassazione la sola individuazione dei criteri generali e astratti che presiedono alla differenziazione delle contrapposte figure, mentre è questione di fatto, come tale rimessa al giudice di merito e incensurabile in sede di legittimità se immune da vizi logici e giuridici, l’accertamento in concreto dell’effettiva natura del rapporto. (Cass. 5/12/2005 n. 26349, Pres. Mileo Est. D’Agostino, in Orient. Giur. Lav. 2005, 786)
  • In caso di assegnazione a mansioni diverse, ma astrattamente equivalenti in quanto ricomprese in uno stesso livello di categoria, è onere del lavoratore che contesti l’esistenza in concreto dell’equivalenza di allegare e dimostrare che le nuove mansioni determinano, in relazione al particolare tipo di specializzazione conseguito, l’impossibilità di utilizzare la professionalità acquisita. (Trib. Roma 7/7/2004, Est. Leo, in Lav. nella giur. 2005, 87)
  • Alla transazione con la quale il lavoratore rinuncia ad ogni domanda di diverso inquadramento in relazione a determinate mansioni, non può attribuirsi-ai sensi dell'art. 1965 c.c.-un effetto ricognitivo tale da precludere al giudice l'accertamento della qualifica spettante al lavoratore in forza delle medesime mansioni, purchè svolte nel periodo successivo alla transazione. (Cass. 26/9/2003 n. 14386, Pres. Mattone Est. Stile, in D&L 2003, 963, con nota di Roberto Muggia-Marco Orlando, "Transazione e diritto alla qualifica superiore")
  • La professionalità acquisita dal dipendente, specie nel settore del giornalismo televisivo, una volta lesa dal demansionamento non trova forme di ristoro adeguate in provvedimenti successivi a contenuto patrimoniale; per prevenire tale lesione è pertanto ammissibile il ricorso alla procedura di urgenza. (Trib. Roma 9/12/2002, ord., Est. Paglierini, in D&L 2003, 99, con nota di Maurizio Borali, "Il caso Santoro e la tutela della dignità professionale del giornalista")
  • L'ordine di reintegrazione nelle precedenti mansioni emesso in sede cautelare è incoercibile e quindi non sono determinabili attraverso la procedura prevista dall'art. 669-duodecies c.p.c. le modalità attuative del provvedimento d'urgenza emanato, non potendo essere attuato coattivamente un facere infungibile, con la conseguente inammissibilità sia della nomina di un commissario ad acta - che, tra l'altro, è istituto tipico ed esclusivo della giurisdizione amministrativa - sia della nomina di un ufficiale giudiziario che assista e verbalizzi le operazioni di reintegra (Trib. Benevento 22/3/01 ordinanza, pres. e est. Piccone, in Lavoro nelle p.a. 2001, pag. 383, con nota di Pisani, Azione cautelare e dequalificazione nel rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione)
  • È ammissibile e fondata la richiesta di provvedimento d'urgenza, volta a ripristinare lo status quo ante, avanzata dal lavoratore che assuma e dimostri di essere stato adibito a mansioni non equivalenti alle precedenti, bensì rispetto a queste ultime inferiori (Trib. Pordenone 21/10/00 (ord.), est. Costa, in Lavoro giur. 2001, pag. 363, con nota di Piovesana, Demansionamento e trasferimento con tutela d'urgenza)
  • In caso di demansionamento o, comunque, di mancata adibizione alle mansioni corrispondenti al bagaglio professionale acquisito dal lavoratore ex art. 2103 c.c., il pregiudizio irreparabile che legittima un provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c. è ravvisabile ove sia presente una lesione di diritti di natura strettamente personale, come quello all'elevazione e alla formazione professionale (art. 35 Cost.) o quelli attinenti alla personalità dell'individuo (art. 2 Cost.) di cui siano dal ricorrente forniti sufficienti e concreti elementi di valutazione; con la doverosa precisazione che il danno alla professionalità può assurgere al requisito di ammissibilità allorché la situazione cautelanda ne comprometta lo sviluppo ovvero ne pregiudichi i risultati acquisiti, ad esempio per la rapida obsolescenza derivante dall'inattività o dall'adibizione illegittima a mansioni affatto differenti ovvero per il rapido evolversi delle tecnologie necessario allo svolgimento dell'attività lavorativa (Trib. Pordenone 21/10/00 (ord.), est. Costa, in Lavoro giur. 2001, pag. 363, con nota di Piovesana, Demansionamento e trasferimento con tutela d'urgenza)
  • E' configurabile il pericolo del pregiudizio grave ed irreparabile nel ritardo, a prescindere dalla durata di espletamento delle mansioni proprie del profilo professionale di appartenenza, in quanto la perdita di quelle mansioni priva il soggetto che la subisce di quella quotidiana crescita professionale, che costituisce un patrimonio non risarcibile patrimonialmente e, in quanto tale, meritevole di tutela cautelare. Tuttavia, in materia di controversie individuali di lavoro alle dipendenze della P.A., il provvedimento di accoglimento della domanda cautelare comporta la disapplicazione dell'atto amministrativo presupposto che si assume illegittimo, con riferimento alla sola posizione del soggetto interessato, ma non la ricostituzione del modulo organizzativo che quell'atto ha eliminato (Trib. Roma 24/11/99, pres. Zecca, est. Cecere, in Dir. lav. 2001, pag. 83, con nota di Ranaldi, Lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, tutela cautelare della professionalità acquisita e disapplicazione dell'atto amministrativo presupposto)
  • La domanda, volta ad ottenere tutela in via cautelare del diritto a svolgere le mansioni di assunzione, non può essere accolta per difetto del pericolo del pregiudizio nel ritardo, quando l'espletamento di quelle mansioni abbia avuto una durata tale da non consentire, per la sua brevità, la completa e definitiva acquisizione della professionalità ad esse connessa, poiché in tal caso non può neppure sussistere il pericolo che quella professionalità venga definitivamente dispersa durante il periodo di tempo necessario per la definizione del giudizio di merito (Trib. Roma 24/9/99, est. Fiorioli, in Dir. lav. 2001, pag. 83, con nota di Ranaldi, Lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, tutela cautelare della professionalità acquisita e disapplicazione dell'atto amministrativo presupposto)
  • L’assegnazione al lavoratore, in violazione al disposto dell’art. 2103 c.c., di mansioni inferiori a quelle da ultimo svolte può dar luogo a un pregiudizio grave e irreparabile che, ai sensi dell’art. 700 c.p.c., legittima la concessione del provvedimento di urgenza, qualora, per effetto della dequalificazione, si realizzi una perdita delle possibilità di crescita professionale del lavoratore (Trib. Campobasso 12/6/99 (ord.), est. Valle, in D&L 1999, 870)
  • Sussiste il periculum in mora nel caso di asserita dequalificazione, con conseguente paventata lesione della professionalità (Pret. Milano 26/5/98 (ord.), est. Marasco, in D&L 1998, 977, nota Chiusolo, La dequalificazione del redattore ordinario)
  • In ipotesi di dequalificazione sussiste il periculum in mora, che legittima un provvedimento d’urgenza di reintegrazione nelle precedenti mansioni, qualora si tratti di mansione altamente specializzate, che necessitano per la loro natura di un continuo aggiornamento, con applicazione pratica a casi concreti, e il cui mancato esercizio dia quindi luogo a una perdita di professionalità (Trib. Roma 12/3/97, pres. Lanzellotto, est. Garri, in D&L 1997, 794)