In genere

  • Nel previgente disposto di cui agli artt. 61 ss., D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, l’esistenza di uno specifico progetto non vale a impedire la conversione iussu iudicis in un ordinario rapporto di lavoro subordinato ove l’attività del collaboratore, riguardante mansioni elementari e ripetitive, sia svolta con modalità analoghe a quella dei dipendenti del committente. (Cass. 26/11/2020 n. 27076, ord., Pres. Raimondi Rel. Negri della Torre, in Lav. nella giur. 2021, 314)
  • È illegittima l’abusiva reiterazione di diciassette contratti di collaborazione coordinata e continuativa a progetto su base mensile in un arco temporale di diciassette mesi in un call center con modalità outbound, con conseguente accertamento della natura subordinata di un unico rapporto. (Trib. Catanzaro 18/4/2018, Est. Ionta, in Riv. It. Dir. lav. 2018, con nota di R. Diamanti, “Abuso e reiterazione di contratti di collaborazione nei call center”, 743)
  • In tema di obbligazioni contributive nei confronti delle gestioni previdenziali e assistenziali, l’accertamento dell’esistenza tra le parti di un contratto di lavoro subordinato in luogo di uno di lavoro a progetto per la mancanza di uno specifico progetto, benché regolarmente denunciato e registrato, concretizza l’ipotesi di “evasione contributiva” di cui alla l. n. 388/2000, art. 116, c. 8, lett. b, e non la meno grave fattispecie di “omissione contributiva” di cui alla lett. a della medesima norma. La stipulazione di un contratto a progetto privo dei requisiti prescritti dalla legge costituisce occultamento dei rapporti o delle retribuzioni o di entrambi e fa presumere l’esistenza della volontà del datore di lavoro di realizzare tale occultamento allo specifico fine di non versare i contributi o i premi dovuti. (Cass. 13/3/2017, n. 6405, Pres. D’Antonio Est. D’Oronzo, in Riv. Giur. Lav. prev. soc. 2017, con nota di R. Barletta, “L’evasione contributiva mediante la simulazione contrattuale come ipotesi speciale di evasione fiscale”, 663)
  • L’art. 1, c. 25 [della l. n. 92/12], nella parte in cui limita la applicazione anche del c. 24 ai contratti stipulati dopo l’entrata in vigore della legge, non può che riferirsi, non alla natura della presunzione dettata dall’art. 69, c. 1, del d.lgs. n. 276/2003, rispetto alla quale la norma assume valenza interpretativa, bensì alle conseguenze della mancanza dei requisiti del progetto, così come delineato nel nuovo art. 61, sempre che non vengano in rilievo elementi formali già indispensabili sulla base della precedente normativa. (Corte app. Roma 12/6/2014, Pres. Gallo Rel. Bonanni, in Lav. nella giur. 2014, con commento di Roberta Nunin, 993)
  • Ai sensi dell’art. 67 D.Lgs. n. 276/03 la facoltà di recesso con preavviso in data anteriore al termine di scadenza del contratto a progetto può essere pattuita nell’ambito del contratto di lavoro solo in favore del collaboratore. La mancata analoga previsione in favore della controparte impone l’esclusione di una valida pattuizione in tal senso. Ne discende che in difetto di giusta causa (…) spettano al collaboratore, a fronte dell’illegittimo esercizio del diritto di recesso da parte del committente in data anteriore alla scadenza del contratto, le somme di cui il collaboratore avrebbe avuto diritto in esecuzione del contratto. (Trib. Milano 21/3/2014, Giud. De Carlo, in Lav. nella giur. 2014, 720)
  • Nel caso in cui committente e collaboratore abbiano previsto il pagamento di una penale a carico della parte che receda in anticipo dal contratto a progetto, tale somma non deve essere erogata dal committente che receda anticipatamente per giusta causa. (Cass. 1/10/2013 n. 22396, Pres. Miani Canevari Rel. Venuti, in Lav. nella giur. 2014, 82)
  • Ai sensi di quanto previsto dall’art. 61 d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276 il contratto di lavoro a progetto è una forma particolare di lavoro autonomo, caratterizzata dall’assenza del vincolo di subordinazione e, anzi, da rapporto di collaborazione coordinata e continuativa prevalentemente personale, riconducibile a uno o più progetti specifici determinati da committenti e gestiti autonomamente dal collaboratore in vista del conseguimento di un determinato risultato finale. (Cass. 25/6/2013 n. 15922, Pres. Lamorgese Rel. Curzio, in Lav. nella giur. 2013, 955)
  • La proroga di cui all’art. 66 d.lgs. n. 276 del 2003 della durata del rapporto in caso di gravidanza deve e può giustificarsi purché permanga l’interesse delle parti alla prosecuzione del progetto e/o del programma e ancora purché tale progetto sia ancora perseguibile, non potendo in caso contrario la proroga medesima avere alcuna efficacia. (Trib. Milano 11/2/2013, Giud. Lualdi, in Lav. nella giur. 2013, 621)
  • È legittimo il contratto di lavoro a progetto stipulato da una società cooperativa per l’affidamento di attività di assistenza domiciliare a persone non autosufficienti, ove sia specificatamente indicato il nominativo del beneficiario e siano elencate, a titolo esemplificativo, le prestazioni assistenziali, rimettendo agli accordi tra il collaboratore e l’assistito la scelta quotidiana delle attività da svolgere e la determinazione dei tempi della presenza del collaboratore presso l’abitazione dell’assistito entro un limite massimo giornaliero predefinito dalla committente, con corrispondente correlato alle ore di lavoro effettivamente svolte. (Corte app. Bologna 29/10/2012, Pres. Rel. Brusati, in Riv. It. Dir. lav. 2012, con nota di Federico Martelloni, “Semaforo alle badanti ‘a progetto’: un’interpretazione osteggiata dalla riforma Fornero”, 361)
  • In presenza di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa ad tempus, è illegittima la risoluzione del contratto prima della sua scadenza naturale se il committente che ha incaricato il collaboratore non dimostra la sussistenza di un inadempimento di non scarsa importanza e, altresì, il rapporto di proporzionalità tra il suddetto inadempimento e il recesso, ai sensi delle norme generali in tema di contratti a prestazioni corrispettive e in specifico degli artt. 1453 e 1455 c.c. Ne consegue il diritto del collaboratore al risarcimento del danno in misura non inferiore ai compensi previsti fino alla scadenza prefissata dal contratto di collaborazione. (Cass. 18/4/2012 n. 6039, Pres. Vidiri Est. Manna, in D&L 2012, con nota di Giuseppe Bulgarini d’Elci, “Sulle conseguenze del recesso ingiustificato da co.co.co.”, e con nota di Enrico U. M. Cafiero, “Nuove problematiche relative alla risoluzione ante tempus nell’ambito del contratto di co.co.co.”, 547)
  • Il legislatore utilizza l’espressione “sono considerati” da cui si ricava che la conversione prevista dall’art. 69, comma 1, d.lgs. n. 276/2003 opera di diritto e la pronuncia del giudice ha valore di accertamento. La conversione non si pone, quindi, come presunzione ma come vero e proprio imperativo. Nessuna prova dunque può fornire il committente, essendo chiaro che si parla di rapporti inizialmente autonomi, che si trasformano in rapporti di lavoro subordinato indeterminato come sanzione per la violazione del divieto di stipulare contratti di collaborazione coordinata e continuativa al di fuori del contratto a progetto. (Trib. Milano 20/3/2012, Giud. Porcelli, in Lav. nella giur. 2012, 727)
  • Il progetto non può coincidere con la mera attribuzione di mansioni rientranti nella normale attività di impresa, posto che, già sul piano logico, non è concepibile che tali mansioni siano destinate a cessare per il raggiungimento del risultato finale. (Trib. Bergamo 15/3/2012, Est. Cassia, in D&L 2012, con nota di Matteo Paulli, “Il contratto di lavoro a progetto alla luce della riforma del lavoro”, 483)
  • Con riferimento all’art. 69, comma 2, d.lgs. n. 276/2003 si ritiene preferibile la tesi della presunzione assoluta, nel senso che la violazione del divieto di instaurare collaborazione coordinate e continuative prive dei requisiti specializzanti viene sanzionata con l’applicazione della disciplina dettata per il rapporto di lavoro subordinato. Tale interpretazione è la più coerente alla ratio della nuova disciplina, individuata nella volontà del legislatore di reprimere l’utilizzo fraudolento delle collaborazioni coordinate e continuative per eludere la tutela del lavoro subordinato. (Trib. Trieste 23/3/2011, Giud. Rigon, in Lav. nella giur. 2011, 744)
  • Nel contratto a progetto, il progetto (o il programma) deve essere del collaboratore, non dell’azienda; spetta al collaboratore realizzarlo, non all’imprenditore. Il committente determina il progetto (un obiettivo imprenditoriale) sulla base della propria strategia, ma dovrebbe essere il collaboratore, con la propria attività, a determinare in concreto la propria attività. (Trib. Milano 14/1/2011, Giud. Mariani, in Lav. nella giur. 2011, 417)
  • Procedendo con un’indagine ermeneutica di tipo teleologico sul significato dei termini progetto e programma appare evidente come il legislatore intendesse perseguire l’obiettivo antifrodatorio propostosi (il fine) tramite l’introduzione dell’obbligo per le parti di individuare, al momento dell’instaurazione del rapporto, “un progetto o programma o una fase di esso” (il mezzo). L’unica accezione delle parole “progetto” o programma”, che possa essere conforme alla finalità antifraudolenta, senza eccedere in elementi aggiuntivi o in significanti che alla medesima non appartengono, riporta semplicemente al concetto di “trasparenza” di quale sia la volontà delle parti al momento del perfezionamento del vincolo contrattuale. Adottando tale soluzione ermeneutica risulta chiaro come il progetto o programma (termini che appaiono un’endiadi) costituisce un elemento formale di carattere descrittivo che non muta la sostanza delle precedenti co.co.co. dovendo solo rendere “trasparente” quale sia il concreto “incarico” affidato al collaboratore “con una descrizione” onerata da forma “ad probationem”. (Trib. Milano 3/11/2010, Est. Di Leo, in Lav. nella giur. 2011, con commento di Anna Piovesana, 601)
  • L’introduzione del progetto/programma risponde all’intento di perseguire una “duplice finalità antielusiva” collegata al generale “scopo ultimo” di evitare, in ottica di trasparenza, la simulazione dei rapporti subordinati sotto l’apparenza di collaborazioni. Si può considerare: una prima finalità antifrodatoria di carattere “extraprocessuale” che obbliga le parti a ben focalizzare ex ante il contenuto del contratto, in modo da permettere al collaboratore di conoscere sin dall’inizio in modo dettagliato quale sia l’incarico affidatogli e operare con un’autonomia reale; una seconda finalità antifrodatoria di carattere “processuale” desumibile dall’esigenza di una forma scritta ad probationemper attestare l’esistenza del progetto/programma e il suo contenuto, pena la trasformazione del rapporto in a tempo indeterminato sin dall’inizio ai sensi dell’art. 61, comma 1. Inoltre il progetto, se sufficientemente dettagliato, consente di delineare in modo certo i contorni del giudizio e dell’istruttoria di cui all’art. 69, comma 2, atteso che quest’ultima non è ammissibile oltre l’ambito definito dal progetto/programma. (Trib. Milano 3/11/2010, Est. Di Leo, in Lav. nella giur. 2011, con commento di Anna Piovesana, 601)
  • Nel caso del lavoro a progetto, il decreto delegato ha previsto nell’art. 62 semplicemente una forma ad probationem per ciascuno dei requisiti del contratto, ivi incluso il progetto, come chiarito dall’inciso “ai fini della prova” menzionato nella stessa previsione. Ciò comporta che ai sensi dell’art. 2725 c.c. “quando secondo la legge (…) un contratto deve essere provato per iscritto, la prova per testimoni è ammessa soltanto nel caso indicato dal n. 3” dell’art. 2724 c.c., ovvero unicamente nell’ipotesi in cui “il contraente ha senza sua colpa perduto il documento che gli forniva la prova”, restando, quindi, limitata la possibilità di avvalersi della prova testimoniale. Tuttavia, per la parte interessata alla dimostrazione di quanto sia sottoposto a detto onere formale, risulta pur sempre possibile avvalersi della concorde ammissione dei contendenti che, sulla base del principio di non contestazione, ponga al di fuori delle questioni controverse in causa l’esistenza dell’elemento di cui si tratti. (Trib. Milano 3/11/2010, Est. Di Leo, in Lav. nella giur. 2011, con commento di Anna Piovesana, 601)
  • Solo allorché, nel processo, si ritenga esistente un programma/progetto conforme alla legge e non trovi, dunque, applicazione la sanzione di cui al primo comma dell’art. 69, stabilita per la carenza nelle fattispecie di detto elemento formale, può trovare applicazione il secondo comma della stessa disposizione che statuisce che “qualora venga accertato dal giudice che il rapporto instaurato ai sensi dell’art. 61 sia venuto a configurare un rapporto di lavoro subordinato, esso si trasforma in un rapporto di lavoro subordinato corrispondente alla tipologia negoziale di fatto realizzatasi tra le parti”, potendosi, unicamente in tal caso, esperire un’istruttoria sulla natura del rapporto”. Infatti, una fase probatoria sulla sostanza del vincolo posto in essere tra le parti risulta concepibile solo qualora il giudice riconosca l’esistenza di una ordinaria collaborazione “riconducibile a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso” (di cui al comma 1 dell’art. 61) oppure di una delle eccezionali e tassative “ipotesi escluse”. (Trib. Milano 3/11/2010, Est. Di Leo, in Lav. nella giur. 2011, con commento di Anna Piovesana, 601)
  • L'art. 69, D.Lgs. 276 del 2003 impone alle parti, ed in particolar modo al committente, un onere descrittivo rigoroso nel senso che, mancando un'adeguata individuazione del progetto, programma di lavoro o fase di esso il rapporto deve presumersi subordinato, con spostamento a carico del committente dell'onere di provare che esso si è svolto con modalità proprie del lavoro autonomo. (Trib. Trapani 22/7/2010, Giud. Antonelli, in Lav. nella giur. 2010, 1142)
  • Nel lavoro a progetto la piena coincidenza tra progetto e oggetto sociale del committente integra la presunzione di subordinazione di cui all'art. 69 del d.lgs. n. 276 del 2002, a nulla rilevando la certificazione effettuata dalla commissione di certificazione istituita presso una sede universitaria. (Trib. Bergamo 20/5/2010, Est. Bertoncini, in Orient. giur. lav. 2010, con nota di Stefano Malandrini, "Procedure di certificazione e limiti del sindacato giudiziario", 43, in Lav. Nella giur. 2011, con commento di Annamaria Minervini, 301)
  • Ai fini della legittimità di un contratto a progetto ex art. 61 D.Lgs. 10/9/03 n. 276, il progetto – costituendo l’oggetto del contratto – deve avere i requisiti di determinatezza di cui all’art. 1346 c.c. e non può essere identificato con l’obiettivo aziendale nel suo complesso (nella specie è stata ritenuta insufficiente l’identificazione del risultato con “l’obiettivo aziendale nel suo complesso” e con l’ottenimento del “massimo tornaconto possibile per l’azienda committente unitamente alla minore conflittualità sul posto di lavoro durante il periodo lavorativo”). (Corte app. Firenze 12/2/2010, Est. Schiavone, in D&L 2010, con nota di Anna Rota, “Lo stato dell’arte del contratto di lavoro a progetto (senza specificazione del progetto e del risultato”), 762)

  • Il disposto di cui all'art. 69 del D.Lgs. 10/9/03 n. 276 configura una presunzione legale che rende superfluo, in mancanza di progetto, l'accertamento in concreto della sussistenza della subordinazione, qualora le mansioni siano tipiche di tale tipologia di rapporto, mentre ogni altra ipotesi negoziale costituisce eccezione da provarsi rigorosamente, nei presupposti formali e sostanziali, da parte del datore di lavoro. (Corte app. Firenze 26/1/2010, Pres. Amato Est. Nisticò, in D&L 2010, con nota di Irene Romoli, "Rapporto di lavoro a progetto e riforma Biagi: presunzione legale della subordinazione e inversione dell'onere della prova", 419)
  • L'art. 69, D.Lgs. n. 276/2003 prevede che i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa instaurati senza l'individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso ai sensi dell'art. 61, comma 1, sono considerati rapporti di lavoro subordinato sin dalla data di costituzione del rapporto. Tale norma non implica una trasformazione automatica del rapporto di lavoro da autonomo a subordinato, nel caso di assenza o non specificità del progetto. A tal fine è infatti necessaria la prova degli indici di subordinazione da parte del lavoratore. In ogni caso, è sempre ammessa, in capo al datore di lavoro, la prova contraria circa la natura autonoma e non subordinata del rapporto. (Trib. Roma 11/2/2009, Giud. Micciché, in Lav. nella giur. 2009, 632)
  • Sono illegittimi i contratti di lavoro a progetto, stipulati tra una Cooperativa e i soci lavoratori, qualora il progetto consista nell'attività coincidente con l'oggetto sociale della Cooperativa, sicché i progetti consistono nella mera descrizione dell'attività che la Cooperativa senza alcun riferimento al risultato da raggiungere attraverso il progetto né alla realizzazione di un preciso piano di lavoro. In tal caso, mancando il progetto, il rapporto tra le parti deve essere considerato un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. (Trib. Monza 23/1/2009, d.ssa Pizzi, in Lav. nella giur. 2009, 417) 
  • Si deve dichiarare l'illegittimità costituzionale dell'art. 86, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003 per violazione del principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. per contraddittorietà della norma con la sua ratio. Il primo periodo dell'art. 86, comma 1, del D.Lgs. n. 276 del 2003, stabilisce infatti l'anticipata cessazione dell'efficacia delle collaborazioni coordinate e continuative già instaurate alla data della sua entrata in vigore. Ma una normativa che lo stesso legislatore definisce come finalizzata "ad aumentare [...] i tassi di occupazione e a promuovere la qualità e la stabilità del lavoro" (art. 1, comma 1, D.Lgs. n. 276 del 2003) non può ragionevolmente determinare l'effetto esattamente contrario (perdita del lavoro) a danno di soggetti che, per aver instaurato rapporti di lavoro autonomo prima della sua entrata in vigore nel pieno rispetto della disciplina all'epoca vigente, si trovano penalizzati senza un motivo plausibile. Quest'ultimo non può essere individuato nella mera esigenza di evitare la prosecuzione nel tempo di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa difformi dalla nuova previsione legislativa, poiché l'intento del legislatore di adeguare rapidamente la realtà dei rapporti economici ai modelli contrattuali da esso introdotti non può giustificare, di per se stesso, il pregiudizio degli interessi di soggettin che avevano regolato i loro rapporti in conformità alla precedente disciplina giuridica. Conseguentemente, le collaborazioni coordinate e continuative già stipulate alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 276 del 2003 mantengono efficacia sino alla scadenza pattuita dalle parti. (Corte Cost. 5/12/2008 n. 399, Pres. Flick, Rel. Mazzella, in Lav. nella giur. 2009, con commento di Nicola Di Leo, 247)    
  • Nei contratti di lavoro a progetto, qualora il programma o progetto, invece di essere individuato come realizzazione di un preciso e circostanziato piano di lavoro o risultato, consista semplicemente nella messa a disposizione dell'attività lavorativa del collaboratore lo stesso è da ritenersi assolutamente generico. In tal caso si realizza l'ipotesi di cui all'art. 69 del D.Lgs. n. 276/03, con la conseguenza che il rapporto tra le parti deve essere considerato un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. (Trib. Milano 28/8/2008, D.ssa Ravazzoni, in Lav. nella giur. 2009, 92) 
  • Il progetto, oltre a dover essere necessariamente predeterminato ed elaborato per iscritto in modo e in termini sufficienti ad individuare il risultato che il prestatore deve dare e che il committente si attende, non può evidentemente coincidere con il concreto espletamento dell'attività aziendale genericamente intesa ma deve caratterizzarsi e connotarsi puntualmente rispetto ad essa, seppure evidentemente coordinandosi ed armonizzandosi con l'attività aziendale complessivamente intesa. (Trib. Milano 16/7/2008, Est. Lualdi, in Orient. della giur. del lav. 2008, 585)
  • L'art. 69, d.lgs. n. 276 del 2003 sembra dare corso a una vera e propria norma precettiva e non a una mera presunzione vincibile dalla prova contraria eventualmente destinata ad accertare la sussistenza di un sotteso progetto caratterizzato da specificità, caratterizzazione, collegamento al risultato, durata limitata. (Trib. Milano 16/7/2008, Est. Lualdi, in Orient. della giur. del lav. 2008, 585)
  • In caso di mancata formale individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, il rapporto di collaborazione si deve considerare lavoro subordinato a tempo indeterminato fin dalla data di costituzione del rapporto; tale presunzione può essere superata qualora il committente fornisca in giudizio prova dell'esistenza di un rapporto di lavoro effettivamente autonomo ma, come è noto, la mancata deduzione del progetto nel contratto preclude la possibilità di dimostrarne l'esistenza e la consistenza con prova testimoniale. (Trib. Milano 28/6/2008, Est. Mariani, in Orient. della giur. del lav. 2008, 650)
  • Poiché la ratio legis che ha ispirato la riforma del "decreto Biagi" è l'intento di evitare l'utilizzazione delle co.co.co. "in funzione elusiva o frodatoria della legislazione a tutela del lavoro subordinato", la novella non intendeva mutare in modo sensibile il concetto di collaborazioni coordinate e continuative - alle quali fa espresso riferimento nell'art. 61 del D.Lgs. n. 276/2003 - ma solo aggiungere elementi per la configurazione dell'istituto (il progetto o programma e il termine) idonei a evitare, unitamente alle misure di cui all'art. 69, l'abuso della figura. Il "progetto o programma di lavoro o fasi di esso" è così un elemento formale aggiuntivo alla nota struttura della tipologia negoziale. (Trib. Milano 21/6/2008 n. 2841, Est. Di Leo, in Lav. nella giur. 2008, con commento di Alessandro Ripa, 1027)
  • Un'indagine ermeneutica di tipo teleologico sul significato dei termini progetto e programma mostra come il legislatore intendesse perseguire l'obiettivo antifrodatorio propostosi (il fine) tramite l'introduzione dell'obbligo per le parti di individuar, al momento dell'instaurazione del rapporto, "un progetto o programma o una fase di esso" (il mezzo). L'unica accezione delle parole "progetto" e4 "programma", che possa essere conforme alla finalità antifraudolenta senza eccedere in elementi aggiuntivi o in significati che alla medesima non appartengono, riporta semplicemente al concetto di "trasparenza" di quale sia la volontà delle parti al momento del perfezionamento del vincolo. (Trib. Milano 21/6/2008 n. 2841, Est. Di Leo, in Lav. nella giur. 2008, con commento di Alessandro Ripa, 1027)
  • L'introduzione del progetto/programma risponde all'intento di evitare la simulazione dei rapporti subordinati e di perseguire una "duplice finalità antielusiva": una prima di carattere "extraprocessuale" che obbliga le parti a ben focalizzare ex ante il contenuto del contratto, in modo da permettere al collaboratore di conoscere sin dall'inizio in modo dettagliato quale sia l'incarico affidatogli e operare con un'autonomia reale; una seconda di carattere "processuale" desumibile dall'esigenza di una forma scritta ad probationem per attestare l'esistenza del progetto/programma e il suo contenuto, e dalla necessità di una necessaria corrispondenza tra il progetto/programma scritto e la prestazione effettivamente resa; pena, per l'attività svolta non riconducibile al progetto/programma, il difetto dello stesso, con le conseguenze di cui all'art. 69, comma 1, (presunzione de iuris et de iure di subordinazione). Nel caso di specie, non vi sono motivi per reputare eccessivamente generico il progetto affidato alla lavoratrice, Art Director dell'"impaginazione e realizzazione grafica della rivista M." per l'edizione di undici numeri all'anno della rivista, come in effetti descritto nel contratto. Esclusa l'applicabilità della sanzione di cui all'art. 69, comma 1, si deve accertare la natura del rapporto ai sensi del secondo comma dello stesso, nell'ambito del quale è previsto l'ordinario regime di cui all'art. 2697 c.c., con i relativi consueti oneri gravanti su chi intenda sostenere una domanda in giudizio. (Trib. Milano 21/6/2008 n. 2841, Est. Di Leo, in Lav. nella giur. 2008, con commento di Alessandro Ripa, 1027)
  • In mancanza di elementi quali l'inserimento nella struttura aziendale del datore di lavoro ed il controllo e la direzione dell'attività lavorativa, non è sufficiente a qualificare il lavoro a progetto come lavoro subordinato il mero obbligo di osservare e rispettare un orario di lavoro, non essendo l'orario di lavoro un elemento decisivo, ma piuttosto un indice sintomatico della subordinazione. (Trib. Benevento 29/5/2008, Est. Chiarotti, in Orient. della giur. del lav. 2008, 588)  
  • Per la mancata individuazione del progetto si deve intendere sia la mancata individuazione formale del contenuto del progetto o programma sia la non configurabilità di un effettivo progetto (...). Appara evidente come il progetto non possa rietenersi adeguatamente descritto, consistendo nella semplice descrizione del contenuto delle mansioni attribuite al lavoratore, con l'indicazione generica dell'obiettivo che si intende raggiungere e senza alcun cenno alle attività prodromiche al progetto e funzionali al suo conseguimento. (Trib. Milano 30/4/2008, Est. Procelli, in Lav. nella giur. 2008, 1280) 
  • L'art. 69, comma 1, del D.Lgs. n. 276/03 pone la presunzione della natura di rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato del contratto "a progetto" nell'ipotesi della mancata individuazione del progetto. (Trib. Grosseto 29/1/2008, Est. Ottati, in Lav. nella giur. 2008, 848)
  • Una volta confermata la carenza dei requisiti di forma (e di sostanza) indicati dall'art. 62 del D.Lgs. n. 276 e particolarmente quello di cui alla lett. b), la questione posta al vaglio del Collegio riguarda le conseguenze di siffatta carenza, ossia se sia ineluttabile quella stabilita dall'art. 69, comma 1, oppure resti aperta la possibilità per il datore di lavoro di provare che - pur in assenza di un vero e proprio progetto - il rapporto di lavoro si sia comunque svolto con modalità riconducibili a prestazioni di collaborazione autonoma di altro tipo. (App. Firenze 29/1/2008 n. 100, in Dir. e prat. lav. 2008, 2107)
  • L'interpretazione teologica e sistematica del decreto n. 276/2003 rende incongrua la tesi della presunzione relativa di subordinazion: le garanzie relative alla forma e le sanzioni a essa collegate non possono che venire interpretate in senso rigoroso come strumento principale di dissuasione degli abusi e dell'uso strumentale della nuova figura di lavoro flessibile introdotta nell'ordinamento positivo, al fine di orientare in questo modo e con tali strumenti le scelte datoriali8 verso la "genuinità" delle collaborazioni a progetto. (App. Firenze 29/1/2008 n. 100, in Dir. e prat. lav. 2008, 2107)
  • La mancanza del progetto, inteso come genuino apporto del prestatore di lavoro al committente di una capacità specialistica per la soddisfazione di esigenze ben individuate e puntuali dell'andamento del ciclo di produzione ovvero in occasione di riassetto/miglioramento di esso, comporta l'immediata conversione del contratto a progetto in lavoro subordinato, a norma dell'art. 69, d.lgs. n. 276/03, essendo irrilevante l'eventuale prova, offerta dal committente, della natura autonoma della prestazione. (Corte app. Firenze 22/1/2008, Pres. ed Est. Amato, in Riv. it. dir. lav. 2009, con nota di Giovanni Spinelli, "Collaborazioni senza progetto e conversione automatica: si rafforza la linea rigorista", 75)
  • Qualora manchi il requisito della personalità, inteso come prevalenza del lavoro personale del preposto sull'opera svolta dai collaboratori e sull'utilizzazione di una struttura materiale, deve essere esclusa la riconduzione del rapporto di lavoro nell'ambito delle collaborazioni coordinate e continuative, di cui all'art. 61, D.Lgs. n. 276 del 2003, con conseguente impossibilità di invocare la sanzione della conversione di cui all'art. 69, comma 1. (Trib. Milano 14/1/2008, Est. Scudieri, in Orient. della giur. del lav. 2008, con nota di Orsola Razzolini, 570) 
  • Ai sensi dell'art. 62 D.Lgs. 10/9/03 n. 276 l'indicazione del "progetto, programma di lavoro o fase di esso" è elemento essenziale del contratto e la mancanza di esso, alla quale viene equiparata la genericità o l'indeterminatezza dello stesso, viene sanzionata con la qualificazione ab origine del rapporto come di lavoro subordinato a tempo indeterminato (nel caso di specie, non è stato ritenuto adeguatamente enunciato il progetto, consistente nella semplice descrizione del contenuto delle mansioni della lavoratrice, senza alcun accenno all'obiettivo che si intendeva raggiungere e alle attività prodromiche e funzionali al suo conseguimento). (Trib. Milano 12/10/2007, Est. Ravazzoni, in D&L 2008, 145)
  • La mancanza di specificità del progetto contenuto dal contratto determina che il rapporto tra le parti deve ritenersi sorto come rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato fin dalla sottoscrizione del contratto, indipendentemente dalle concrete modalità con le quali si è di fatto svolto il rapporto di lavoro. (Trib. Milano 10/10/2007, Est. Ravazzoni, in Lav. nella giur. 2008, 197)
  • Rientra nel campo di applicazione dell'art. 409 n. 3 c.p.c. un'attività che comporti per il lavoratore un impegno costante a favore del committente, con protratto inserimento del prestatore nell'organizzazione aziendale e prevalenza della sua opera personale sul lavoro svolto da collaboratori e sull'utilizzazione di una struttura materiale. (Trib. Milano 4/10/2007, Est. Ravazzoni, in D&L 2008, con nota di Giuseppe Cordedda, "Sui criteri per la quantificazione del compenso spettante al lavoratore autonomo", 148)
  • In un rapporto qualificabile come collaborazione coordinata e continuativa, qualora manchi l'accordo tra le parti circa la determinazione del corrispettivo, questo viene stabilito dal Giudice in via equitativa, facendo ricorso ai parametri stabiliti dall'art. 2225 c.c. (nella fattispecie, è stata assunta come criterio la retribuzione percepita dal collaboratore per altre prestazioni rese nello stesso periodo in relazione  attività equivalente per il lavoro svolto e il risultato conseguito). (Trib. Milano 4/10/2007, Est. Ravazzoni, in D&L 2008, con nota di Giuseppe Cordedda, "Sui criteri per la quantificazione del compenso spettante al lavoratore autonomo", 148)
  • Il lavoro a progetto non costituisce un tertium genus tra lavoro subordinato e lavoro autonomo, ma è riconducibile all'ambito concettuale del lavoro autonomo. (Trib. Milano 17/11/2007, Est. Martello, in D&L 2008, con nota di Sara Huge, "Requisiti di genuinità del lavoro a progetto", 194)
  • Requisiti fondamentali del lavoro a progetto sono: la specificità del progetto, programma o fase di essi, che devono essere dettagliati in modo sufficiente a individuare un risultato; l'autonomia della gestione del progetto, programma o fase di essi in funzione di un risultato, nel senso che grava sul lavoratore il rischio del lavoro, ossia l'alea tecnico-economica; il coordinamento di tale gestione autonoma con l'organizzazione del committente, fermo restando che le indicazioni e disposizioni del committente devono essere isolate nel tempo, circoscritte nella durata e limitate nel contenuto. (Trib. Milano 17/11/2007, Est. Martello, in D&L 2008, con nota di Sara Huge, "Requisiti di genuinità del lavoro a progetto", 194)
  • L'art. 69, d.lgs. n. 276/2003 stabilisce una presunzione relativa e non assoluta: pur mancando il progetto, la conversione in rapporto di lavoro subordinato non opera automaticamente, dovendosi consentire al committente la prova contraria, avente a oggetto la dimostrazione dell'autonomia del rapporto e non la mera natura coordinata e continuativa della prestazione. (Trib. Torino 23/3/2007, Giud. Malanetto, in Riv. it. dir. lav. 2007, con nota di Francesca Chiantera, "Meccanismi di conversione delle collaborazioni prive di progetto e criteri di liceità degli appalti ad alta intensità di lavoro", 809)
  • Il contratto di lavoro a progetto ex art. 61 D.Lgs. 10/9/03 n. 276 non costituisce un tertium genus  tra lavoro autonomo e lavoro subordinato, ma rientra a pieno titolo nell'ambito del lavoro autonomo, ove il progetto o programma non costituiscono l'oggetto dell'obbligazione, ma dati estrinseci alla stessa o mera modalità organizzativa della prestazione lavorativa. (Trib. Pavia 13/2/2007, Est. Balba, in D&L 2007, 433)
  • Qualora un rapporto di lavoro autonomo nasca in assenza di un progetto specifico (tale dovendosi intendere un obiettivo o un risultato estraneo all'ordinaria attività aziendale) trova applicazione l'art. 69, c. 1°, D.Lgs. 10/9/03 n. 276 che fonda una presunzione non assoluta, ma sola relativa circa l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato; in tale ipotesi il convenuto datore di lavoro ha l'onere di fornire la prova non che il rapporto, pur in assenza di progetto/programma/fase di esso, si è comunque estrinsecato in una collaborazione coordinata e continuativa (posto che detta figura è stata espunta dall'ordinamento) ma che si è estrinsecato come contratto d'opera ex art. 222 c.c. (Trib. Pavia 13/2/2007, Est. Balba, in D&L 2007, 433)
  • La conversione del contratto di lavoro a progetto in lavoro subordinato, prevista dall'art. 69, d.lgs. n. 276/03, quale sanzione per il difetto dell'elemento essenziale del riferimento al progetto, opera automaticamente di diritto, non essendo data al committente la possibilità di fornire alcuna prova contraria. La norma configura, più che una presunzione, una vera e propria disposizione imperativa sostanziale, rispetto alla quale la pronuncia del giudice ha valore di mero accertamento (decisione relativa alla controversia su di un rapporto di lavoro in un call centre). (Trib. Milano 5/2/2007, Giud. Porcelli, in Riv. it. dir. lav. 2007, con nota di Francesca Chiantera, "Meccanismi di conversione delle collaborazioni prive di progetto e criteri di liceità degli appalti ad alta intensità di lavoro", 809)
  • Ai sensi degli artt. 61 ss. del D.Lgs. n. 276/2003, il contratto di lavoro a progetto integra una fattispecie di collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemente personale e senza vincolo di subordinazione, che è disciplinata soltanto dalle disposizioni in esso previste, cui possono essere aggiunte clausole pattizie, individuali o collettive, se più favorevoli al lavoratore (art. 61); il contratto può essere risolto al momento della realizzazione del progetto, del programma o della fase di esso che ne costituisce l'oggetto, oppure ante tempus  per giusta causa, ovvero secondo le diverse causali o modalità, incluso il preavviso, stabilite dalle parti (art. 67). Il patto di prova - disciplinato positivamente ex art. 2096 c.c. con riguardo all'antitetica fattispecie del rapporto di lavoro subordinato - non può certo considerarsi una norma vantaggiosa per il lavoratore, tale da legittimare l'applicazione anche alla fattispecie di contratto di lavoro a progetto, per il tramite dell'art. 61 citato: la norma indicata consente invero la libera recedibilità del datore di lavoro durante il periodo di esperimento della prova, mitigata peraltro da un correttivo che non muta il giudizio di svantaggiosità (onere di provare di aver consentito una prova fattiva). (Trib. Roma 6/12/2006, Est. Marrocco, in Lav. nella giur. 2007, 833, e in D&L 2007, con nota di Emanuela Fiorini, "Nullità del patto di prova nel contratto a progetto", 754)
  • Trova applicazione la sanzione disposta dall'art. 69 D.Lgs. 10/9/03 n. 276, con conseguente costituzione di un rapporto di lavoro subordinato, qualora l'indicazione del progetto di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa risulti assolutamente generica e indeterminata (nel caso di specie la società, nel formulare l'indicazione del progetto, si era limitata a conferire alla lavoratrice l'incarico di consulente in ambito commerciale). (Trib. Milano 24/10/2006, Est. Ravazzoni, in D&L 2007, con nota di Angelo Beretta, 115) 
  • L'indicazione non sufficientemente precisa del progetto di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa deve essere equiparata, al fine dell'applicazione della sanzione disposta dall'art. 69 D.Lgs. 10/9/03 n. 276, all'assenza del progetto stesso, il cui contenuto caratterizzante deve essere indicato ai sensi dell'art. 62 D.Lgs. 10/9/03 n. 276 (nel caso di specie, il Tribunale di Milano ha ritenuto non sufficiente la definizione di "procuratrice per immagine azienda presso fiere ed eventi nel centro-nord Italia in presenza di verbale di assemblea"). (Trib. Milano 18/8/2006, Est. Atanasio, in D&L 2007, 115)
  • Per mancata individuazione del progetto, che realizza l'ipotesi di cui all'art. 69, comma 1, D. Lgs. n. 276 del 2003, con la conseguenza che il rapporto tra le parti viene considerato un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, si deve intendere sia la mancata individuazione formale del contenuto delle mansioni attribuite alla lavoratrice, senza alcun accenno all'obiettivo che si intende raggiungere e alle attività a esso prodromiche e funzionali al suo conseguimento (fattispecie di progetto di monitoraggio delle opinioni, tendenze e grado di soddisfazione dei consumatori). (Trib. Milano 2/8/2006 n. 2655, Est. Porcelli, in Lav. nella giur. 2007, 67 e in Lav. nella giur. 2007, 632)
  • La stipulazione di un contratto a progetto privo del requisito dell’indicazione specifica del progetto comporta l’applicabilità dell’art. 69, comma 1, D.Lgs. 276/2003, sicché, in difetto della prova, da parte del datore di lavoro, dell’autonomia del lavoro, incompatibile in linea di principio con il meccanismo della turnazione, il rapporto deve ritenersi subordinato ed a tempo indeterminato (Nel caso di specie il Tribunale ha ritenuto di natura subordinata ed a tempo indeterminato il contratto di collaborazione a progetto privo dei requisiti di specificità del progetto, essendo tale presunzione legale superabile mediante l’assoluzione della prova dell’autonomia del rapporto da parte del datore di lavoro. Il Tribunale ha inoltre ribadito carattere vincolante dell’orario di lavoro, ovvero l’idoneità dello stesso a valere come indice di subordinazione del rapporto) (Trib. Torino 16/5/2006, est. Malanetto, in Guida al Lav. 2006, 29, 13, n. Bausardo, Contratto a progetto: forma, specificità e trasformazione)
  • La prestazione dedotta in un contratto a progetto priva di qualsivoglia riferimento ad un risultato, ancorché parziale, finisce per tradursi in mera messa a disposizione delle energie lavorative con onere di diligenza, caratteristiche che ne determinano la natura subordinata (Trib. Torino 10/5/2006, est. Malanetto, in Guida al Lav. 2006, 24, 12, n. Bausardo, Il contratto a progetto nella decisione del Tribunale di Torino)
  • I termini "progetto" e "programma" costituiscono un'endiadi avente la funzione di indicare segmenti dell'attività organizzata dal committente ben identificati e definiti sia sotto il profilo strutturale che sotto quello temporale, consentendo la stipulazione di contratti a progetto soltanto in presenza di situazioni produttive particolari e teleologicamente individuate, anche se non necessariamente uniche e irripetibili. Un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa privo del requisito del progetto non può essere considerato per ciò solo un rapporto di lavoro subordinato. L'art. 69, primo comma, d.lgs. n. 276/03 pone infatti una presunzione relativa e non assoluta e soltanto l'esistenza nei fatti della subordinazione giustifica l'applicazione delle garanzie e delle tutele previste dall'ordinamento per tale tipo di rapporto. (Trib. Genova 5/5/2006, Giud. Scotto, in Riv. it. dir. lav. 2007, con nota di Stefano Bartalotta, "Il lavoro a progetto senza progetto: una critica all'interpretazione "morbida" dell'art. 69 d.lgs. n. 276/03", 40)
  • La sanzione prevista dall’art. 69, comma 1, del D.Lgs. n. 276/2003 per l’ipotesi di omessa individuazione dello specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, di cui all’art. 61, comma 1, del D. Lgs. Cit., consistente nella declaratoria della natura subordinata e a tempo indeterminato del rapporto, va applicata anche nel caso in cui, pur essendo presente la suddetta indicazione, venga accertato che l’attività in concreto svolta dal lavoratore sia divergente con l’individuato progetto, programma di lavoro o fase di esso (Nel caso di specie il giudice ha accertato la natura subordinata di un rapporto di lavoro il cui progetto era stato indicato nel contratto ma che, di fatto, non era corrispondente all’attività in concreto svolta dal lavoratore) (Trib. Milano 23/3/2006, est. Porcelli, in Guida al Lav. 2006, 24, 15, n. Mordà, Il contratto a progetto (…) nella decisione del Tribunale di Milano)
  • Per mancata individuazione del progetto, che realizza l'ipotesi di cui all'art. 69, comma 1, D. Lgs. n. 276 del 2003, con la conseguenza che il rapporto tra le parti viene considerato un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, si deve intendere sia la mancata individuazione formale del contenuto del progetto o programma del contratto sia la mancanza, in concreto, di questi ultimi, per mancata corrispondenza dell'attività di fatto svolta a quanto previsto nel contratto (fattispecie di progetto di "tracciare le linee guida di un progetto di riorganizzazione della zona di Milano/Vigevano al fine di acquisire nuova clientela e mantenere in essere quella vecchia" a fronte di attività di "autista"). (Trib. Milano 23/2/2006 n. 822, Est. Porcelli, in Lav. nella giur. 2007, 68)
  • Non costituisce indice di subordinazione, che possa far dedurre simulato un contratto di lavoro a progetto, il fatto che il collaboratore a progetto lavorasse abitualmente in ufficio o che dovesse comunque avvertire in caso di assenza, che sono dati equivoci e spiegabili in ragione delle esigenze di coordinamento con la struttura aziendale e della necessità dello stesso ricorrente di utilizzare gli strumenti e l'apparato logistico messo a disposizione del datore di lavoro; né costituisce valida spia del potere gerarchico il fatto che alcune direttive fossero rivolte indifferentemente al collaboratore a progetto ed a un dipendente, in mancanza di contenuti di per sé idonei a rivelare un preciso meccanismo di eterodirezione; non appare di per sé significativa di subordinazione neppure la previsione di un "budget" di vendita e di relativi "bonus", che sono elementi non estranei al progetto e quindi al risultato richiesto al collaboratore; perché fosse accertato un lavoro subordinato sarebbe stato necessario allegare e provare un'effettiva ingerenza del committente sugli aspetti organizzativi e di gestione del progetto, come nella specie sulle decisioni quanto ai clienti da contattare, alle modalità per allacciare i rapporti commerciali, alle strategie di marketing poste in essere (Trib. Modena ord. 21/2/2006, est. Ponterio, in Guida al Lav. 2006, 14, 13, n. De Fusco, Legittimo il lavoro a progetto nelle reti commerciali)
  • L’art. 62, D.Lgs. 276/2003 richiede l’indicazione di un programma nel contratto di lavoro a progetto puntuale e specifica, senza che possa risolversi in una clausola di stile evanescente ed ermetica nei suoi contenuti, né in formule standardizzate. La prestazione del collaboratore a progetto è di natura autonoma e concreta un’obbligazione di risultato; la mancanza di uno specifico progetto o programma nel suo contenuto caratterizzante riconduce il rapporto, ex art. 69, comma 1, D.Lgs. n. 276/2003, nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato. (Trib. Piacenza 15/2/2006, in Lav. Nella giur. 2006, con commento di Alessia Muratorio, 885)
  • Vi è compatibilità tra lavoro a progetto e attività di assistenza continuativa, per cui è legittima l’individuazione di un orario di lavoro anche nell’ambito di una collaborazione a progetto, quando la costante presenza del lavoratore sul luogo di lavoro e per un preciso lasso di tempo giornaliero sia elemento essenziale e indefettibile per l’utile realizzazione del programma o del progetto (Nel caso di specie il Consiglio di Stato, affrontando una questione in tema di lavoro a progetto ha ritenuto che non sarebbe l’orario di lavoro, eventualmente pattuito, a qualificare il rapporto, bensì assumerebbe rilevanza giuridica l’obiettivo finale perseguito, indipendentemente dal tempo impegnato) (Consiglio di Stato 29/11/2005, n. 1743, pres. Santoro, est. Carlotti, in Guida al Lav. 2006, 18, 13, n. Falasca, L’orario di lavoro non è incompatibile con il contratto a progetto)
  • Qualora non venga fornita prova dell'esistenza della subordinazione e il contratto stipulato tra le parti possegga i requisiti formali del contratto a progetto, non può farsi luogo alla trasformazione in rapporto di lavoro subordinato ex art. 69 c. 2 D. Lgs. 276/03 (nella specie il progetto consisteva nella "verifica della conoscenza, diffusione e posizionamento del mercato dei farmaci con conseguente necessità di realizzare uno studio che comporti la rilevazione, l'analisi e l'elaborazione dei dati relativi alle specialità farmaceutiche sul territorio nazionale") (Trib. Milano 10/11/05, est. Porcelli, in D&L 2006, 176, con nota di Polizzi)
  • Nel caso in cui il lavoratore a progetto svolga mansioni estranee al progetto medesimo, il rapporto deve essere considerato di tipo subordinato, tanto più allorchè risulti che la prestazione è stata resa in regime sostanziale di subordinazione; tale riqualificazione del progetto travolge anche il termine di durata originariamente previsto dal contratto a progetto (Trib. Milano 26/9/05, est. Frattin, in D&L 2006, 132)
  • Al di là degli specifici elementi da indicarsi in contratto, di cui alle lett. da a) e e) dell’art. 62, D.Lgs. n. 276/2003, la legge non pone un requisito di forma ad probationem del contratto a progetto. È evidente come sia la parte che vuole sostenere, prima ancora che la bontà, l’esistenza del progetto ad avere l’onere di produrre il contratto. Ciononostante, non essendo la forma scritta prevista ad substantiam, e poiché nel caso di specie tutti i ricorrenti lamentano l’illegittimità del progetto, pur dandone per pacifica l’esistenza, si ritiene provata, perché non contestata, l’effettiva stipulazione dei contratti a progetto. Essendo altresì pacifico che i contratti stipulati avevano contenuto standardizzato anche in mancanza dei contratti individuali, è possibile valutarne la legittimità per i singoli ricorrenti) (Trib. Torino 5/4/2005, Est. Malanetto, in Lav. nella giur. 2005, con commento di Valeria Filì, 651)
  • Appare certamente contraddittoria la pretesa di qualificare la stessa identica prestazione, fornita con le stesse modalità e senza soluzione di continuità per diversi mesi (il D.Lgs. 276/2003, art. 61, comma 2, pone un limite di trenta giorni nel corso dell’anno solare per le collaborazioni occasionali), dapprima quale collaborazione occasionale e, quindi, quale realizzazione di contratto a progetto, i cui obiettivi sarebbero stati in tal modo perseguiti ancor prima che venissero individuati. (Trib. Torino 5/4/2005, Est. Malanetto, in Lav. nella giur. 2005, con commento di Valeria Filì, 651 )
  • Senza volere né potere entrare nel merito di scelte aziendali relative al tipo di attività da affidare in forma di contratto a progetto (art. 69, comma 3, D.Lgs. 276/2003), ed anche accogliendo la più ampia tesi interpretativa, che ritiene che questo tipo contrattuale non sia di per sé riservato ad attività di carattere altamente specialistico o di particolare contenuto professionale, e possa riguardare prestazioni eventualmente identiche a parte dell’attività aziendale, non si può ignorare che il progetto, ex lege, deve avere una sua specificità. Anche a non intendere la specificità quale individualizzazione del progetto sul singolo collaboratore non si può accettare l’estremo opposto, verificatosi nel caso di specie, di una standardizzazione di centinaia di contratti a progetto in tutto e per tutto identici tra loro, ed identici altresì all’oggetto sociale; tale standardizzazione conferma che ai collaboratori non è stato affidato uno specifico incarico o progetto o una specifica fase di lavoro ma, in totale, l’unica attività che non può che essere identica per tutti, l’attività aziendale in se stessa. (Trib. Torino 5/4/2005, Est. Malanetto, in Lav. nella giur. 2005, con commento di Valeria Filì, 651)
  • Caratteristica prevista dalla legge per il lavoro a progetto è che l’attività sia indipendente dal tempo di esecuzione. Ammettendo che la prestazione possa essere di mezzi, si ritiene indiscutibile che, per le stesse indicazioni normative di cui all’art. 61, D.Lgs. n. 276/2003, di indipendenza dal tempo impiegato e di finalizzazione ad un risultato, l’attività non possa comunque consistere in una mera messa a disposizione di energie lavorative, nel caso di specie valutate e controllate con scadenze temporali quotidiane. Pur dovendosi e potendosi qualunque collaboratore coordinare con il destinatario della collaborazione, tale coordinamento non potrà mai essere inteso come organizzazione su turni con costante monitoraggio dell’attività più volte al giorno. La stessa organizzazione del lavoro a turni appare incompatibile con il concetto di autonomia della prestazione, perché il sistema a turni è efficiente se ed in quanto vincolante, altrimenti risulta vanificato a priori. L’attività di un collaboratore autonomo, come tale pur sempre individuato dall’art. 61, D.Lgs. n. 276/2003, non potrà essere verificata che alla scadenza fissata nel progetto, con possibilità di non rinnovarlo, se a quel momento la prestazione non sarà considerata soddisfacente; non deve aver invece alcun rilievo, ai sensi della D.Lgs. n. 276/2003, quanto tempo quotidianamente si è impiegato, purchè l’obiettivo sia stato raggiunto nei termini generali di cui al progetto. Né i vincoli orari possono essere surrettiziamente reintrodotti con giustificazioni di natura statistica, dovendosi altrimenti concludere che vi sono attività per la loro natura strutturalmente incompatibili con una prestazione autonoma a progetto. (Trib. Torino 5/4/2005, Est. Malanetto, in Lav. nella giur. 2005, con commento di Valeria Filì, 651)
  • Vi è contrasto in dottrina circa la natura della prestazione a progetto quale obbligazione di risultato o di mezzi. La prima interpretazione si fonda sull’art. 61, comma 1, D.Lgs. n. 276/2003, che prevede che il collaboratore si gestisca autonomamente  in funzione del risultato. Tale soluzione è tuttavia contraddetta dall’art. 63, D.Lgs. n. 276/2003, che prevede che il compenso corrisposto al collaboratore sia proporzionato alla quantità e qualità del lavoro eseguito, e dall’art. 67, comma 2, che prevede che le parti possano recedere anche prima della scadenza del termine o della realizzazione del progetto per giusta causa o per le altre causali indicate in contratto, possibilità che sembra contraddire la necessità di raggiungere un risultato. (Trib. Torino 5/4/2005, Est. Malanetto, in Lav. nella giur. 2005, con commento di Valeria Filì, 651)
  • Il raffronto tra i requisiti minimali di carattere generale del progetto individuati dall’art. 61, D.Lgs. 276/2003 e i contratti stipulati dai ricorrenti porta a concludere che si verta in un’ipotesi di cui all’art. 69, comma 1, D.Lgs. n. 276/2003 di mancanza di uno specifico progetto, con la conseguenza che i rapporti instaurati debbono, in accoglimento del ricorso, considerarsi di lavoro subordinato a tempo indeterminato sino dalla loro instaurazione. (Trib. Torino 5/4/2005, Est. Malanetto, in Lav. nella giur. 2005, con commento di Valeria Filì, 651)
  • Si ritiene di aderire a quella parte della dottrina che considera la presunzione di cui all’art. 69, comma 1 D.Lgs. n. 276/2003 di carattere relativo. Contrasterebbe con quanto statuito dal giudice delle leggi con le pronunce nn. 115/1994 e 121/1993 la previsione di una presunzione assoluta. Ha infatti stabilito la Corte Costituzionale come sia contraria agli artt. 3, 36 38 Cost. una previsione normativa o contrattuale che, a discapito dell’effettiva natura subordinata del rapporto, ne imponga la qualificazione in termini di autonomia. Su tali presupposti la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una norma che poneva una presunzione assoluta di autonomia di un rapporto, in quanto poteva sottrarlo alle inderogabili garanzie del lavoro subordinato, quale concretamente realizzatosi in termini di subordinazione (Corte Cost. n. 121/1993); a maggior ragione la Corte ha escluso che le parti possano direttamente o indirettamente, con la loro dichiarazione contrattuale, sottrarre un rapporto alla disciplina inderogabile prevista a tutela del lavoratore subordinato (Corte Cost. 115/1994). Nel caso di specie ricorrerebbe l’ipotesi inversa di presunzione assoluta di subordinazione. Se è pur vero che tale presunzione assoluta non andrebbe a scontrarsi con le inderogabili garanzie di cui agli artt. 36 e 38 Cost., resterebbe a parere di questo giudice, un grave vulnus al principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., potendo arrivare ad imporre le specifiche e forti tutele del lavoro subordinato ad attività che in nessun modo abbiano concretamente presentato le caratteristiche che tali garanzie giustificano. (Trib. Torino 5/4/2005, Est. Malanetto, in Lav. nella giur. 2005, con commento di Valeria Filì, 651)
  • Ritenuto di interpretare la previsione dell’art. 69, comma 1, D.Lgs. n. 276/2003 quale presunzione relativa, ne consegue l’inversione dell’onere della prova; parte convenuta avrebbe potuto e dovuto offrire di provare l’autonomia dell’attività svolta, a prescindere dalla bontà del progetto. La prova della fattiva autonomia della prestazione non deve, infatti, essere confusa con la prova dell’esistenza e della legittimità del progetto che, stante la già ricordata prescrizione di forma ad probationem, incontra il limite della prova documentale. Una cosa è infatti sostenere che si sia posto in essere un valido contratto a progetto, altra cosa è sostenere che, pur nell’inidoneità del progetto, come nel caso di specie, l’attività si sia di fatto svolta in modo autonomo. In mancanza di qualsivoglia idonea prova di autonomia dei ricorrenti essi non possono che considerarsi lavoratori subordinati, già in applicazione della presunzione di cui all’art. 69, D.Lgs. n. 276/2003. (Trib. Torino 5/4/2005, Est. Malanetto, in Lav. nella giur. 2005, con commento di Valeria Filì, 651)
  • Qualificati i rapporti di collaborazione a progetto quali subordinati ai sensi dell’art. 69, D.Lgs. n. 276/2003, i recessi integrano dei licenziamenti irrogati ad nutum, come tali illegittimi. L’accertamento della fattiva subordinazione dei ricorrenti, alla luce del pacifico dato emergente in atti che la prestazione di tutti i collaboratori a progetto si svolgeva con identiche modalità, non può esimere il giudice da una valutazione incidentale delle identiche posizioni degli altri collaboratori, con conseguente accertamento della sussistenza di fatto in capo alla convenuta del requisito dimensionale di cui all’art. 18, L. n. 300/1970. I dipendenti da considerarsi ai fini dell’applicabilità della tutela reale non sono esclusivamente quelli figuranti a libro matricola, bensì tutti quelli di cui si deduca e risulti provata, anche incidenter tantum, la subordinazione, divenendo altrimenti facilmente eludibile il meccanismo della tutela reale, mediante la non formalizzazione o la diversa qualificazione dei rapporti di fatto subordinati. L’art. 18, L. n. 300/1970 prescrive che il datore di lavoro abbia alle dipendenze e non a libro matricola almeno sessanta lavoratori; la Suprema Corte individua il requisito dimensionale quale condizione di fatto, da accertarsi caso per caso. (Trib. Torino 5/4/2005, Est. Malanetto, in Lav. nella giur. 2005, con commento di Valeria Filì, 651)