Pubblico impiego

  • In tema di assunzione dei disabili nel pubblico impiego, l’art. 16, comma 2, L. n. 68 del 1999 (nel testo antecedente alla modifica apportata dall’art. 25, comma 9 bis, L. n. 114/2014 di conversione del D.L. n. 90/2014 ed applicabile ratione temporis alla fattispecie de qua), al fine di garantire l’ineludibile rispetto delle quote di riserva di cui al precedente art. 3, va interpretato nel senso che la P.A. ha l’obbligo di assumere il disabile dichiarato idoneo, anche se non in possesso del requisito della disoccupazione prescritto dal combinato disposto degli artt. 7 e 8 della stessa legge, qualora, all’esito della procedura concorsuale, non vi siano idonei in possesso del requisito, sicché le quote di riserva possono rimanere non attribuite nelle sole ipotesi in cui non vi siano “riservisti in senso stretto”, né altri disabili idonei ma non vincitori. (Cass. 16/6/2016 n. 12441, Pres. Napoletano Rel. Di Paolantonio, in Lav. nella giur. 2017, con commento di M.R. Favia, 66)
  • La disciplina delle assunzioni obbligatorie, prevedendo un regime di favore per le persone invalide, in relazione alla rilevanza costituzionale degli interessi in tale modo tutelati, esige che la condizione di svantaggio –che impone l’instaurarsi del rapporto di lavoro- permanga anche nel corso dello stesso. La pubblica amministrazione può verificare, in qualunque momento, la permanenza dei requisiti soggettivi che hanno imposto l’assunzione obbligatoria; la carenza di questi condiziona infatti non solo l’assunzione ma anche la permanenza dell’efficacia del rapporto posto in essere ai sensi della legge n. 482/1968. Qualora venga accertata la mancanza della condizione di invalidità il licenziamento del dipendente costituisce atto dovuto, pertanto il ritardo nell’assunzione del provvedimento di risoluzione del rapporto risulta irrilevante a fronte del carattere vincolato della determinazione. (Consiglio di Stato 18/9/2003 n. 5297, Pres. Carboni Est. Deodato, in Giur. It. 2004, 180)
  • Le disposizioni della legge 2 aprile 1968 n. 482, sulle assunzioni obbligatorie presso le Pubbliche amministrazioni ed aziende private di invalidi, ciechi o sordomuti, ovvero di altri soggetti appartenenti alle categorie elencate nell'art. 1 della legge medesima, non ostano a che, nel rapporto di lavoro subordinato in concreto instaurato con l'assunzione fatta in ottemperanza dell'obbligo di legge, sia ammissibile il patto di prova, in forza di previsione dei contratti collettivi o del contratto individuale, ma operano, in relazione alle finalità perseguite ed al principio inderogabile di parità di trattamento di detto soggetti con gli altri lavoratori, (art. 10), nel senso di imporre che la prova venga condotta con mansioni compatibili con lo stato dell'invalido o menomato, e che la valutazione del suo esito prescinda da ogni considerazione sullo stato medesimo, con la conseguente nullità, accertabile anche d'ufficio dal giudice, del recesso del datore di lavoro, in esito alla prova, che risulti determinato, o comunque influenzato dalle condizioni e dagli "handicap" cui l'indicata legge ricollega l'obbligo di assunzione. (Cass. 9/4/2003, n. 5541, Pres. Senese, Rel. Picone, in Dir.e prat. lav. 2003, 2106)
  • In tema di collocamento obbligatorio, mentre in una prima fase relativa agli accertamenti della pubblica amministrazione in ordine alla invalidità, volti a verificare la sussistenza delle condizioni richieste dalla legge, il lavoratore é titolare esclusivamente di interessi legittimi, nelle seconda fase, consequenziale al positivo esito della prima con l'accertamento dello status d'invalido, diviene titolare delle posizioni di diritto soggettivo che si fondano sull'art. 38 Cost. In ipotesi di azione per mancata o ritardata assunzione dipesa da fatto della pubblica amministrazione, la causa petendi dell'azione è quindi costituita dalla violazione di un diritto soggettivo, il diritto all'assunzione, il quale deve essere osservato dalla Pubblica Amministrazione attraverso un'attività vincolata. Dal che ne deriva il diritto del lavoratore al risarcimento in caso di danno conseguente al comportamento lesivo della P.A. (Trib. Roma 22/5/2002, Est. Casari, in Lav. nella giur. 2003, 488)