Conseguenze dell'intermediazione illecita

  • In ipotesi di sussistenza di appalto illecito di manodopera, il lavoratore che ha ottenuto il ripristino del rapporto di lavoro ha diritto alla retribuzione e non al risarcimento del danno da parte del datore di lavoro, costituito in mora, che non ottempera all’ordine giudiziale di riammissione in servizio. (Cass. SU 7/2/2018 n. 2990, Pres. Rordorf Est. D’Antonio, in Riv. it. dir. lav. 2018, con nota di G. Sottile, “Sulla natura retributiva delle somme spettanti al lavoratore riammesso in servizio al di fuori dell’ambito di applicazione dell’art. 18, l. n. 300/1970: il cambio di rotta delle Sezioni Unite in attesa della Corte Costituzionale”, 599)
  • Il requisito della stabilità reale, che consente il decorso della prescrizione quinquennale dei diritti del lavoratore in costanza di rapporto di lavoro, va verificato alla stregua del concreto atteggiarsi del rapporto stesso. Ne consegue che, con riferimento a rapporti di lavoro costituiti in violazione del divieto di intermediazione ed interposizione di cui all’art. 1 della l. 23 ottobre 1960, n. 1369 (applicabile “ratione temporis”), la suddetta verifica deve essere effettuata sulla base delle concrete modalità, anche soggettive, di svolgimento del rapporto, senza che assumano rilievo la disciplina che l’avrebbe regolato ove fosse sorto “ab initio” con il datore di lavoro effettivo ovvero la qualificazione attribuita in sede giudiziale (nella specie con sentenza mai eseguita dal datore di lavoro ideale). (Cass. 4/6/2014 n. 12553, Pres. Stile Est. Tria, in Lav. nella giur. 2014, 924)
  • Nel caso i dipendente di un appaltatore prestino attività lavorativa a favore di unico appaltatore-utilizzatore; siano integralmente inseriti nel ciclo produttivo di quest'ultimo e da costui risultino indirizzati e diretti quanto alle modalità del lavoro da svolgere, il contratto tra appaltante e appaltatore deve definirsi come contratto di mere prestazioni di manodopera, come tale vietato dalla legge n. 1369/1960, e il relativo rapporto di lavoro deve ritenersi costituito ope legis con l'appaltante utilizzatore. (Fattispecie verificatasi nel vigore della L. 23 ottobre 1960, n. 1369, prima dell'abrogazione di essa a opera dell'art. 85, comma 1, lettera c) del D.Lgs. n. 276/2003). (Corte app. Venezia 9/6/2007 n. 154, Pres. Santoro Rel. Menegazzo, in Lav. nella giur. 2008, 397)
  • Qualora risulti che un imprenditore abbia affidato in appalto a una società cooperativa l'esecuzione di mere prestazioni di lavoro mediante l'impiego di un lavoratore della stessa, l'accertamento dell'esistenza dei presupposti previsti dall'art. 1 L. 1369/60 comporta, di per sé, la costituzione, ex lege, del rapporto di lavoro in capo all'imprenditore che abbia effettivamente utilizzato le prestazioni del lavoratore, essendo a tal fine irrilevante ogni indagine diretta ad accertare il carattere vero o fittizio della costituzione e funzione della cooperativa (Pret. Roma 2/9/94, est. Salato, in D&L 1995, 363. In senso conforme, v. Pret. Milano 30/4/96, est. Atanasio, in D&L 1996, 978)