Questioni economiche

  • Nel caso di pronuncia di conversione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato, che ha natura dichiarativa con efficacia ex tunc, l’indennità di cui all’art. 32 del Collegato lavoro, che non può considerarsi aggiuntiva rispetto al risarcimento del danno da diritto comune, non copre il periodo sino alla sentenza, come ritenuto con sentenza meramente interpretativa di rigetto dalla Corte Costituzionale (sent. n. 303/2011), bensì il solo periodo intercorso dalla scadenza del termine illegittimo al deposito del ricorso, momento con riferimento al quale occorre valutare anche i criteri di cui all’art. 8 della l. n. 604/1966, mentre per il periodo successivo, quale effetto della conversione, sono dovute le retribuzioni e gli accessori. (Corte app. Roma 14/2/2012 n. 547, Pres. e Rel. Cannella, in Lav. nella giur. 2012, con commento di Filippo Maria Giorgi, 699)
  • L’indennità onnicomprensiva prevista dall’art. 32, co. 5, l. n. 183/2010, dalla quale non è detraibile l’aliunde perceptum, copre soltanto il periodo c.d. “intermedio”, che corre dalla scadenza del termine fino alla sentenza che accerta la nullità di esso e dichiara la conversione del rapporto, con la conseguenza che a partire da tale sentenza è da ritenere che il datore di lavoro sia indefettibilmente obbligato a riammettere in servizio il lavoratore e a corrispondergli, in ogni caso, le retribuzioni dovute, anche in ipotesi di mancata riammissione effettiva. (Cass. 31/1/2012 n. 1411, Pres. De Luca Est. Nobile, in Riv. It. Dir. lav. 2012, con nota di M.L. Vallauri, “Brevi note sul nuovo regime sanzionatorio del contratto a termine illegittimo: la quantificazione dell’indennità e le condizioni di applicabilità delle nuove regole alle cause pendenti nel giudizio di legittimità”, 400)
  • Poiché la sentenza che dichiara la nullità parziale del contratto di lavoro per illegittimità del termine è pronuncia dichiarativa con effetti ex tunc e del tutto “inedita” appare “la fattispecie di nullità ex nunc” ipotizzata (con interpretazione non vincolante) dalla Corte costituzionale (sent. n. 303/2011), ai fini della compatibilità con gli artt. 111 e 24 Cost. e con i principi dell’ordinamento processuale, appare preferibile l’interpretazione secondo la quale l’indennità forfetizzata di cui all’art. 32 del Collegato lavoro copra il periodo intercorso dalla scadenza del termine illegittimo al deposito del ricorso, mentre da questo momento maturi il diritto alle retribuzioni. (Corte app. Torino 20/12/2011 n. 1519, Pres. Mariani Rel. Pasquarelli, in Lav. nella giur. 2012, con commento di Filippo Maria Giorgi, 701)
  • Il lavoratore, in caso di contratto di lavoro a termine illegittimo, ha diritto, oltre l’indennità forfetaria prevista dall’art. 32, l. 4 novembre 2010, n. 183 (“Collegato lavoro”), al risarcimento del danno pari alle retribuzioni dal momento in cui propone la domanda e non dalla sentenza. (Trib. Napoli 16/11/2011, Est. Coppola, in Lav. nella giur. 2012, con commento di Roberto e Stefano Muggia, 259)
  • La nozione di "condizioni di impiego" di cui alla clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato (concluso il 18/3/99, contenuto in allegato alla direttiva del Consiglio 1999/70/Ce, relativa all'accordo quadro Ces, Unice e Ceep sul lavoro a tempo determinato), deve essere interpretata nel senso che osta a una disposizione del diritto interno che esclude l'attribuzione a un lavoratore a tempo determinato degli scatti di anzianità che il medesimo ordinamento nazionale concede ai lavoratori a tempo indeterminato. (Corte di Giustizia CE 13/9/2007 causa C-307/05, Pres. Timmermans Rel. Schintgen, in D&L 2007) 
  • Al dipendente che cessi l'esecuzione della prestazione lavorativa alla scadenza del termine illegittimamente apposto al contratto non spetta la retribuzione finchè non provveda ad offrire la prestazione lavorativa determinando una "mora accipiendi" del datore di lavoro, situazione questa che non è integrata dalla domanda di annullamento del (ritenuto) licenziamento illegittimo con richiesta di reintegrazione nel posto di lavoro, né spetta al lavoratore il risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni perdute per il periodo successivo alla scadenza del suddetto termine, posto che dalla regola generale di effettività e corrispettività delle prestazioni nel rapporto di lavoro deriva che, al di fuori di espresse deroghe legali o contrattuali, la retribuzione spetta soltanto se la prestazione di lavoro viene eseguita, salvo che il datore di lavoro versi in una situazione di "mora accipiendi" nei confronti del dipendente. (Cass. 25/11/2003 n. 17987, Pres. Mattone Rel. Vigolo, in Dir. e prat. lav. 2004, 767)
  • Il contratto a termine, in mancanza degli specifici presupposti di legge, deve considerarsi a tempo indeterminato sin dall'inizio, ma non spettano al lavoratore le retribuzioni per gli intervalli non lavorati, in virtù del principio di sinallagmaticità del rapporto. (Trib. Milano 16/4/2002, Est. Di Ruocco, in D&L 2002, 617, con nota di Sara Rolandi, "Illegittimità del contratto a termine e licenziamento della lavoratrice madre")
  • E' legittima e non contrasta con l'art. 5 della l. n. 230/1962 la mancata corresponsione ai lavoratori a tempo determinato di emolumenti quali la gratifica speciale, la gratifica particolare e il premio di produttività che, per la loro essenza e funzione, sono diretti a compensare un'attività lavorativa connotata dai requisiti della continuità e della pienezza di partecipazione all'attività aziendale, non essendo inoltre riscontrabile un principio di assoluta parità di trattamento tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato. (Trib. Ravenna 11/7/2002, Giud. Riverso, in Riv. it. dir. lav. 2003, 373, con nota di Anna Montanari, Un caso di legittima differenziazione retributiva tra lavoratori a termine e no)