Proroga

  • Se è vero che il legislatore con l’art. 2 del D.Lgs. 6/9/01 n. 368 ha previsto una fattispecie di contratto a termine acausale, tale acausalità non è stata prevista per l’eventuale proroga, che deve quindi rispettare la previsione dell’art. 4 D.Lgs. 6/9/01 n. 368, con la conseguente illegittimità di una motivazione del tutto generica (nella fattispecie per “ragioni oggettive non prevedibili”). (Trib. Milano 6/7/2012, Est. Atanasio, in D&L 2012, con nota di Matteo Paulli, “Proroga del contratto a termine e onere di specificazione”, 705)
  • Le circostanze idonee, ai sensi dell'art. 2, L. 18/6/62 n. 230, a legittimare la proroga del termine di un contratto di lavoro a tempo determinato, devono essere contingenti e imprevedibili rispetto al momento di stipulazione del contratto. (Trib. Milano 26/2/2007, Est. Di Leo, in D&L 2007, con n. di Alberto Vescovini, "Questioni sempre attuali in tema di contratto a termine: scorrimento, applicabilità dell'art. 1419, 1° comma, c.c., risoluzione tacita", 715)
  • Ai sensi dell'art. 2 della legge n. 230 del 1962, le circostanze idonee a legittimare la proroga del contratto di lavoro a tempo determinato (il cui onere probatorio grava, ai sensi dell'art. 3 della stessa legge, sul datore di lavoro) devono essere ontologicamente diverse da quelle che hanno giustificato l'originaria apposizione del termine e devono rivestire i caratteri della contingenza e della imprevedibilità, tenendo presente, con riguardo a quest'ultima (da accertarsi alla stregua del criterio della diligenza media osservabile dall'imprenditore), che deve ritenersi prevedibile qualsiasi situazione di cui l'imprenditore possa - anche in via di mera probabilità - rappresentarsi l'ulteriore sviluppo secondo l'"id quod plerumque accidit". (Nella specie, alla luce dell'enunciato principio, la S.C. ha confermato l'impugnata sentenza con la quale era stata dichiarata la nullità dell'apposizione del termine di proroga al contratto a termine con la conseguente trasformazione di tale contratto in contratto a tempo indeterminato, sul presupposto della congruità e logicità della relativa motivazione con cui erano state esaminate le risultanze processuali, dalle quali non era emerso in modo chiaro il supposto collegamento delle manifestazioni autunnali indicate dalla datrice di lavoro con l'incremento della specifica attività lavorativa dell'azienda, apprezzandosi, altresì, l'irrilevanza delle circostanze di fatto addotte in sede di prova orale, il cui accertamento non avrebbe comunque comportato la dimostrazione dell'imprevedibilità degli eventi capaci di legittimare la proroga). (Rigetta App. Roma, 3 novembre 2003). (Cass. 21/11/2006 n. 24655, Pres. Sciarelli Est. Vidiri, in Dir. e prat. lav. 2007, 1799 e in Lav. nella giur. 2007, 516) 
  • Viola la norma di cui all'art. 4 del D.Lgs. n. 368/2001 - che vieta più di una proroga - nonchè la norma di cui all'art. 5, comma 3, stesso decreto, il datore di lavoro che stipula con il lavoratore già assunto a termine un successivo contratto a tempo determinato nella costanza del rapporto precedente, ancorchè il secondo contratto abbia una decorrenza da data posteriore alla cessazione del primo rapporto tale da rispettare formalmente anche l'intervallo di tempo minimo che deve intercorrere tra un contratto e il successivo. (Trib. Milano 30/6/2006, Est. Frattin, in Lav. nella giur. 2007, 93)
  • Le “ragioni oggettive” che, ai sensi dell’art. 4 D.Lgs. 6/9/01 n. 368, giustificano la proroga di un contratto a tempo determinato devono essere intese nel senso di circostanze sopravvenute rispetto al momento della originaria stipulazione del contratto. Deve pertanto ritenersi nulla una proroga motivata da ragioni già presenti ab initio, con conseguente conversione del rapporto a tempo indeterminato (nella specie la durata del rapporto era stata inizialmente determinata in un periodo inferiore all’aspettativa obbligatoria per maternità della lavoratrice sostituita e, alla scadenza, il contratto era stato prorogato motivando con il mero protrarsi della assenza). (trib. Milano 31/3/2006, Est. Ravazzoni, in D&L 2006, 454)
  • La proroga del contratto di lavoro a tempo determinato, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 230 del 1962, è legittima se – oltre alla unicità e alla durata – concorrono due condizioni, fra loro connesse, costituite dalla identità dell’attività lavorativa rispetto a quella per la quale il contratto è stato stipulato (intesa nella dimensione oggettiva riferibile alla destinazione aziendale del lavoro e non riducibile alle mansioni del lavoratore) e dalla ricorrenza di esigenze contingenti ed imprevedibili, ontologicamente diverse da quelle che costituivano la ragione dell’iniziale contratto, le quali non integrino una situazione che, al momento della stipulazione del contratto a termine, l’imprenditore possa, anche in via di mera probabilità, rappresentarsi secondo l’”id quod plerumque accidit”, quale sviluppo della situazione esistente. Conseguentemente, nell’ipotesi del sopraggiungere di una nuova commessa di produzione, la proroga è legittima solo se la circostanza non rientri nella normale prospettiva dell’imprenditore e sia oggettivamente riferibile all’attività aziendale per la quale il contratto era stato stipulato. (Alla stregua di tale principio, la Corte di Cassazione ha confermato la sentenza di merito che, in relazione a contratto a termine stipulato con impresa costruttrice di automezzi pesanti e riguardante la produzione di 180 autobus urbani, aveva escluso la legittimità della proroga, giustificata dall’azienda con una nuova commessa di 250 automezzi per percorso extraurbano “a corto raggio”). (Cass. 16/5/2005 n. 10140, Pres. Mercurio Rel. Cuoco, in Lav. e prev. oggi 2005, 1462 )
  • Le esigenze contingenti ed imprevedibili che ai sensi dell'art. 2, 2° comma, L. 18/4/62 n. 230 legittimano la proroga del contratto a tempo determinato, possono anche consistere nella riproposizione anche quantitativamente differenziata della medesima esigenza iniziale; tuttavia laddove si tratti di assunzione a termine per sopperire ad assenza per ferie nel periodo estivo, la legittimità della proroga non può discendere dal mero protrarsi delle assenze per ferie, dovendosi dimostrare che tale protrazione ha comportato un "disagio organizzativo qualificato". In caso di proroga illegittima del contratto a termine, il lavoratore ha diritto all maggiorazioni retributive previste dall'art. 2 L. 18/4/62 n. 230 per i periodi ivi indicati (venti o trenta giorni successivi al termine originario)e il rapporto si considera a tempo indeterminato dalla scadenza di tali termini. (Corte d'appello Firenze 3/11/2003, Pres. Drago Est. Amato, in D&L 2004, 321, con nota di Andrea Danilo Conte, "Proroga di un contratto a termine e conseguenze dell'illegittimità della proroga")
  • La proroga del contratto a termine deve seguire il regime formale previsto per l'apposizione del termine, e dunque deve essere comunicata per iscritto. (Trib. Milano 27/9/2001, Est. Porcelli, in D&L 2002, 99)
  • L'istituto della proroga del contratto a termine, previsto dall'art. 2, l. n. 230/62, non trova applicazione nel caso di contratto a tempo determinato stipulato per "punte stagionali", essendo necessaria per il prolungamento del contratto l'autorizzazione da parte dell'organo amministrativo competente (Trib. Frosinone 5/7/00, est. Fraulini, in Dir. lav. 2001, pag. 31, con nota di Pizzuti, Sulla proroga del contratto a termine per "punte stagionali")
  • E' illegittima - con la conseguenza che il rapporto di lavoro deve ritenersi come sorto sin dall'inizio a tempo indeterminato - la proroga del termine fissato al contratto di lavoro a norma dell'art. 23 della L. 28/2/87 n. 56 in assenza di esigenze contingenti e imprevedibili che la giustifichino ai sensi dell'art. 2 L. 18/4/62 n. 230 (Trib. Milano 5 maggio 2000, est. Muntoni, in D&L 2000, 731)
  • La disciplina applicabile alla proroga del termine apposto al contratto di lavoro nelle ipotesi stabilite dalle parti collettive ai sensi dell'art. 23 L. 56/87 resta quella prevista dall'art. 2 L. 230/62 (Pret. Milano 10/6/96, est. Vitali, in D&L 1997, 98)