Casistica

  • Il caso del licenziamento di un medico ospedaliero ritenuto sproporzionato.
    La Corte d’appello aveva dichiarato la legittimità del licenziamento disciplinare intimato da una ASL nei confronti di un medico che, mentre svolgeva il turno di guardia, si era rifiutato di soccorrere una paziente giunta in reparto in procinto di portare a termine un aborto farmacologico, avviato con l’assistenza di altro medico e aveva fatto chiamare quest’ultimo, anch’egli appartenente al medesimo reparto, ma in quel momento fuori servizio. 
    La decisione dei giudici di merito è annullata con rinvio dalla Cassazione, la quale osserva che: (i) il comportamento tenuto dal medico integra senz’altro un inadempimento degli obblighi lavorativi, essendo evidente che, nella sua qualità di sanitario di guardia, egli aveva il dovere di farsi carico dal punto di vista medico della situazione; (ii) nel valutare la gravità della condotta del ricorrente, la Corte d’appello ha tuttavia trascurato di considerare che da tale condotta non sono conseguiti (e, ex ante, se erano conseguibili) danni alla salute della paziente, ma meri disagi, né un tangibile discredito per l’azienda, oltre a non avere considerato che la scelta di far chiamare il medico di fiducia della paziente non possa reputarsi un comportamento del tutto incongruo: tutti elementi che il giudice del rinvio sarà chiamato a tenere in debito conto al fine di valutare, ex novo, se il licenziamento costituisca una sanzione davvero proporzionata rispetto al comportamento tenuto dal medico. (Cass. 12/6/2023 n. 16551, Pres. Manna Rel. Bellè, in Wikilabour, Newsletter n. 12/23)
  • Giustificato il licenziamento del lavoratore che rifiuta di procedere a un aggiornamento professionale.
    Nel confermare la decisione della Corte d’appello, che aveva riconosciuto la legittimità del licenziamento disciplinare di un tecnico informatico che si era rifiutato di approfondire la conoscenza di due sistemi operativi, come richiestogli dal suo diretto superiore gerarchico e di collaborare attivamente nell’aggiornamento di sistemi di un cliente, la Cassazione osserva che il comportamento tenuto dal dipendente integra gli estremi della grave insubordinazione, ponendosi in aperto contrasto con l’obbligo di diligenza, qui inteso anche con riguardo alle esigenze di formazione e accrescimento professionale necessarie per il proficuo impiego del dipendente. 
    (Cass. 9/5/2023 n. 12241, ord., Pres. Doronzo Rel. Ponterio, in Wikilabour, Newsletter n. 10/23)
  • Ai fini del licenziamento disciplinare, nel caso di specie per le false timbrature della presenza al lavoro effettuate da un collega, la Pubblica Amministrazione può legittimamente avvalersi delle risultanze del procedimento penale a carico del dipendente e degli atti della polizia giudiziaria. (Cass. 5/3/2021, n. 6221, Pres. Tria Rel. Torrice, in Lav. nella giur. 2021, 660)
  • Il licenziamento disciplinare è giustificato nei casi in cui i fatti attribuiti al prestatore d’opera rivestano il carattere di grave violazione degli obblighi del rapporto di lavoro, tale da ledere irrimediabilmente l’elemento fiduciario; il giudice di merito deve, pertanto, valutare gli aspetti concreti che attengono principalmente alla natura del rapporto di lavoro, alla posizione delle parti, al grado di affidamento richiesto dalle mansioni specifiche del dipendente, al nocumento arrecato, alla portata soggettiva dei fatti, ai motivi ed all’intensità dell’elemento intenzionale o di quello colposo (confermata, nella specie, la decisione della Corte d’Appello che aveva ritenuto legittimo il licenziamento disciplinare irrogato ad un lavoratore che aveva utilizzato abusivamente una vettura concessa ufficialmente da un partner commerciale al capo della società, anche in considerazione del fatto che la condotta del lavoratore, palesemente violativa dell’obbligo di fedeltà, era stata posta in essere con modalità tali da mettere in dubbio la futura correttezza dell’adempimento da parte del dipendente). (Cass. 4/11/2020 n. 24601, Pres. D’Antonio Est. Leo, in Lav. nella giur. 2021, 199)
  • Fumare in ufficio fa male alla salute, ma non comporta sempre il licenziamento disciplinare.
    In un caso in cui un dipendente era stato licenziato perché colto a fumare in un ambiente isolato e privo di macchinari, la Corte ha ritenuto sproporzionata la sanzione espulsiva e, poiché il contratto collettivo applicato prevedeva per la violazione semplice al divieto di fumo in azienda (senza pericolo per macchinari e persone) una sanzione conservativa, ha applicato la tutela reintegratoria, a norma dell’art. 18, comma 4° S.L., come modificato dalla legge Fornero. L’esame della questione ha poi costituito l’occasione per riassumere la giurisprudenza della Corte in materia di rispettivi apporti della legge e del contratto collettivo nella definizione della giusta causa di licenziamento. 
    (Cass. 26/6/2020 n. 12841, Pres. Di Cerbo Rel. Boghetich, in Wikilabour, Newsletter n. 13/2020)
  • Il ripetuto uso del telepass aziendale per ragioni extra lavorative come causa di licenziamento disciplinare. Nel caso esaminato, la Corte ha ritenuto che il fatto, in quanto commesso da un soggetto in posizione di direzione e controllo di altri dipendenti e operante in maniera autonoma e senza controlli da parte dell’impresa, fosse di gravità tale da far venir meno la fiducia sulla correttezza futura della prestazione, confermando la legittimità del licenziamento. (Cass. 3/6/2020 n. 10540, Pres. Di Cerbo Rel. De Marinis, in Wikilabour, Newsletter n. 11/2020)
  • È correttamente motivata la sentenza del giudice di merito che consideri privi di rilievo disciplinare, perché espressivi di atteggiamenti semmai contrari alle regole della compostezza e degli usi mondani, i comportamenti dei lavoratori consistenti a) nella mancata risposta al direttore finanziario, che lo sollecitava a esaminare la sua posizione, e la pretesa di discuterne direttamente con l’amministratore delegato, b) nella segnalazione a un dirigente della società dell’intenzione dell’amministratore delegato di passare alle dipendenze di altra società, avendo appreso tale fatto mediante l’accesso diretto e non autorizzato alle informazioni personali del medesimo. (Cass. 13/10/2015 n. 20540, Pres. e Rel. Roselli, in Riv. it. dir. lav. 2016, con nota di Oronzo Mazzotta, “Fatti e misfatti nell’interpretazione dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori”, 102)
  • È illegittimo il licenziamento intimato per giustificato motivo soggettivo da una società di autotrasporti ad un autista che, nel condurre un autoarticolato di proprietà del datore di lavoro, a causa dell’alta velocità sostenuta, del tutto inadeguata allo stato dei luoghi, abbia perso il controllo del mezzo e in tal modo causato un sinistro stradale con connessi danni anche al carico trasportato. (Cass. 5/5/2014 n. 9597, Pres. Roselli Est. Napoletano, in Lav. nella giur. 2014, 817)
  • Il comportamento del dipendente che neghi di aver scaricato senza autorizzazione sul personal computer dell’ufficio un programma software (nella specie si trattava di “eMule”), in assenza di specifica e preventiva contestazione disciplinare, non può assurgere esso stesso al rango di illecito disciplinare legittimante il licenziamento. (Cass. 26/11/2013 n. 26397, Pres. Stile Rel. Fernandes, in Lav. nella giur. 2014, 285)
  • Il licenziamento quale massima sanzione disciplinare deve considerarsi sproporzionato se conseguente a comportamenti del lavoratore di reazione a una serie di vessazioni poste in essere nei suoi confronti e integranti la fattispecie di mobbing. (Cass.- 25/7/2013 n. 18093, Pres. Stile Est. Matera, in Riv. It. Dir. lav. 2014, con nota di Giuseppina Pensabene Lionti, “Licenziamento e mobbing: profili sostanziali e processuali di un rapporto ‘complesso’”, 254)
  • Non costituisce violazione del divieto di trattamenti discriminatori il licenziamento disciplinare per “culpa in vigilando” disposto dal datore di lavoro nei confronti del dirigente, appartenente a un’associazione religiosa, che abbia incautamente autorizzato quest’ultima a somministrare ai dipendenti un test attitudinale invasivo nei riguardi della loro vita privata, non essendovi alla base del recesso l’orientamento etico religioso dell’associazione di appartenenza, ma solo i riflessi negativi della vicenda sul contesto aziendale e sulla serenità dei dipendenti. (Cass. 16/2/2011 n. 3821, Pres. Roselli Est. Arienzo, in Orient. Giur. Lav. 2011, 161, e in Lav. nella giur. 2011, con commento di Pasquale Dui, 903)
  • È giustificato il licenziamento disciplinare del lavoratore che, in violazione di normative bancarie specifiche sulla sicurezza, abbia consentito l’utilizzo a un soggetto terzo della propria postazione informatica affidatagli in via esclusiva, a sessione avviata con le proprie credenziali e, quindi, con la possibilità di accedere indebitamente ad aree del tutto riservate. (Cass. 27/1/2011 n. 2056, Pres. Battimiello Est. Bandini, in Orient. Giur. Lav. 2011, 143)
  • È illegittimo il licenziamento disciplinare intimato al lavoratore che si introduce in azienda in giorno non lavorativo in assenza di apposita autorizzazione da parte dei vertici aziendali, atteso che tale provvedimento si appalesa comunque sproporzionato rispetto alla entità e alla portata dei comportamenti contestati. (Cass. 3/1/2011 n. 35, Pres. Foglia Est. Zappia, in Lav. nella giur. 2011, 317)

  • Deve ritenersi illegittimo il licenziamento intimato a un lavoratore per essersi rifiutato, anche se con espressioni irriguardose, di eseguire un ordine di lavoro su un impianto e con modalità pericolose, che avrebbero messo a rischio la sua integrità fisica. (Trib. Ravenna 16/1/2009, ord., Pres. Giani Est. Riverso, in D&L 2009, 831)
  • In tema di licenziamento disciplinare, integra gli estremi della giusta causa la condotta del dipendente addetto al piccola manutenzione degli impianti autostradali che, adducendo motivi irragionevoli per prendere il posto di un altro lavoratore addetto alle mansioni di operatore di casello, determini confusione e l'interruzione del servizio per circa quarantacinque minuti, dovendosi ritenere, avuto riguardo alla natura dell'attività di impresa, non compatibile la persistenza del rapporto di lavoro e proporzionata la sanzione espulsiva (nella specie, la S.C., nel rigettare il ricorso, ha ritenuto adeguatamente motivata la decisione del giudice di merito secondo il quale la sanzione era proporzionata atteso che il dipendente, già addetto alle funzioni di esattore e destinato ad altri compiti per ragioni di salute, indossati gli abiti dell'operatore del casello aveva preteso, per una affermata nostalgia delle vecchie mansioni, di esercitare nuovamente il lavoro di esattore, provocando in tal modo, il blocco del traffico autostradale). (Cass. 29/7/2008 n. 20573, Pres. Senese Est. Roselli, in Lav. nella giur. 2008, 1275, e in Dir. e prat. lav. 2009, 460)
  • Il comportamento di una lavoratrice che falsifica un certificato medico retrodatandolo di due giorni, al fine di coprire i primi due giorni di una propria assenza per malattia, costituisce colpa di gravità sufficiente a giustificare il licenziamento disciplinare in tronco. (Corte app. Milano 27/9/2007, Pres. Ruiz Est. De Angelis, in Riv. it. dir. lav. 2008, con nota di Ichino, "Quando la presunzione di simulazione della malattia può fondarsi sul comportamento scorretto del lavoratore: un caso di alterazione del certificato medico e un caso di ingegneria certificatizia", 130)
  • Il licenziamento per giusta causa di un gruppo di lavoratori intimato senza la preventiva contestazione degli addebiti ex art. 7 SL e in violazione delle norme del Ccnl di settore costituisce comportamento antisindacale, in quanto impedisce all'organizzazione sindacale di perseguire lo scopo di garantire il rispetto delle disposizioni contrattuali e normative poste a tutela dei lavoratori (fattispecie relativa al licenziamento per giusta causa dell'intera redazione editoriale di un periodico, intimata senza la previa contestazione di addebito e in violazione degli obblighi di preventiva consultazione e nulla osta sindacali previsti dall'art. 34 Cnlg). (Trib. Milano 31/7/2007, decr., in D&L 2007, con nota di Alberto Vescovini, "Sul licenziamento discriminatorio: considerazioni in materia di cooperative di lavoro ed elementi indiziari della natura antisindacale", 1032)
  • E' illegittimo il licenziamento per giusta causa irrogato come sanzione per un illecito che, pur essendo stato posto in essere da un dipendente preposto a una filiale dell'azienda e nonostante la violazione contestata sia stata accertata dai giudici di merito, non sia tale da compromettere in maniera grave il necessario livello della fiducia che il datore deve poter riporre nel dipendente medesimo (nel caso di specie, la Corte ha confermato la sentenza di appello che aveva ritenuto illegittimo il licenziamento sul presupposto che la falsa registrazione della presenza sul posto di lavoro da parte del lavoratore nel giorno festivo era stata, tra l'altro, compensata da una maggiore resa nel giorno successivo). (Cass. 20/4/2007 n. 9414, Pres. Senese Est. Celentano, in Riv. it. dir. lav. 2007, con nota di Mariorosario Lamberti, "La falsa registrazione di presenza sul posto di lavoro e le sue conseguenze: quel che resta della giusta causa di licenziamento", 949)
  • E' illegittimo il licenziamento del lavoratore motivato dalle critiche espresse nei confronti del datore di lavoro qualora dette critiche rispettino la verità oggettiva dei fatti eil contesto in cui le dichiarazioni sono state rilasciate abbia evitato ogni possibile fraintendimento sul contenuto delle medesime (fattispecie relativa a dichiarazioni di un rappresentante sindacale in un dibattito televisivo con immediato diritto di replica da parte dei controinteressati, anch'essi presenti). (Trib. Varese 20/3/2007, Est. Fedele, in D&L 2007, con nota di Enrico U.M. Cafiero, "Obbligo di fedeltà del prestatore di lavoro subordinato e diritto di critica", 510)
  • Il lavoratore è tenuto al rispetto del dovere fondamentale di buona fede nel rapporto di lavoro: ne consegue che è legittimo il licenziamento irrogato alla lavoratrice la quale abbia protratto la propria assenza per un lungo lasso di temp, laddove il suo comportamento durante il periodo di assenza consenta di presumere che l'assenza medesima non corrisponda a un impedimento effettivo (nel caso di specie, la lavoratrice era rimasta assente dal lavoro per quattro anni mediante un "collage" di motivi di impedimento diversi, spostando addirittura la propria residenza in un luogo lontanissimo da quello di lavoro). (Trib. Milano 22/1/2007, Est. Frattin, in Riv. it. dir. lav. 2008, con nota di Ichino, "Quando la presunzione di simulazione della malattia può fondarsi sul comportamento scorretto del lavoratore: un caso di alterazione del certificato medico e un caso di ingegneria certificatizia", 130)
  • In ipotesi di licenziamento disciplinare per fatti di rilevanza penale, il datore di lavoro, qualora disponga nell'immediatezza dei fatti di elementi di conoscenza che facciano ragionevolmente supporre la responsabilità del dipendente, deve procedere immediatamente alla contestazione disciplinare; conseguentemente è illegittimo il licenziamento disciplinare a seguito di contestazione formulata solo all'esito del giudizio penale. (Cass. 18/1/2007 n. 1101, Pres. De Luca Est. Curcuruto, in D&L 2007, con nota di Stefano Muggia, "Attesa della sentenza penale e tardività della contestazione", 523)
  • Nell'ipotesi di dipendente di un istituto di credito, l'idoneità del comportamento contestato a ledere il rapporto fiduciario deve essere valutata con particolare rigore e a prescindere dalla sussistenza di un danno effettivo per il datore di lavoro, rilevando la lesione dell'affidamento che non solo il datore di lavoro, ma anche il pubblico ripongono nella lealtà e correttezza dei funzionari. In relazione a tale attività, comunque, la mera irregolarità oggettiva dell'operazione non può ex se dar fondamento al giudizio di proporzionalità tra l'illecito commesso e la sanzione del licenziamento senza la necessaria valutazione dell'elemento psicologico della condotta posto in essere dal lavoratore, e in particolare senza l'accertamento della sussistenza del dolo o anche di un grado elevato di colpa. (Cass. 22/9/2006 n. 20601, Pres. Senese Rel. Miani Canevari, in Lav. nella giur. 2007, con commento di Marcello Lupoli, 489)
  • E' illegittimo il licenziamento disciplinare di guardia giurata addetta al trasporto di valori, motivato da ritenuto diverbio litigioso nella stessa giornata con un collega durante il servizio, di violenza tale da costringere il lavoratore a farsi medicare al Policlinico, in assenza di affissione del codice disciplinare, non essendo riferibile tale fattispecie alla violazione di norma di legge o comunque di doveri fondamentali del lavoratore (come quelli della fedeltà e del rispetto del patrimonio e della reputazione del datore di lavoro), riconoscibili come tali senza necessità di specifica previsione). (Cass. 21/6/2006 n. 14305, Pres. Mercurio Est. Miani Canevari, in Riv. it. dir. lav. 2007, con nota di Carlo Pisani, "Davvero occorre il codice disciplinare per avvertire il lavoratore che mandare un collega al pronto soccorso è inadempimento notevole degli obblighi contrattuali?", 224)
  • Il comportamento di allontanarsi dal posto di lavoro, in assenza di prova in ordine al fatto che il datore di lavoro fosse effettivamente a conoscenza della circostanza e che abbia tollerato tale condotta, costituisce giusta causa di recesso (nel caso di specie il Tribunale ha negato la sussistenza del fumus boni iuris rispetto alla domanda cautelare proposta da un operaio termoidraulico, con mansioni di sorveglianza-custodia-controllo, licenziato per aver abbandonato per 45 minuti il posto di lavoro). (Trib. Roma 29/5/2006, Dott. Miglio, in Lav. nella giur. 2007, 320)
  • E' illegittimo il licenziamento disciplinare motivato da colluttazione sul luogo di lavoro con altro collega e con rottura della protesi dentaria di quest'ultimo, in quanto il codice disciplinare non prevede specificatamente, tra le cause giustificatrici del licenziamento, la colluttazione o la zuffa con vie di fatto, ma le diverse ipotesi del contegno scorretto o offensivo verso gli altri dipendenti nonchè quella degli atti, comportamenti, molestie nei confronti di altro personale, non potendo il datore di lavoro infliggere al lavoratore una sanzione più grave di quella prevista per un determinato comportamento dal contratto collettivo. (Trib. Tivoli, 20/9/2005, Giud. Giordano, in Riv. it. dir. lav. 2007, con nota di Carlo Pisani, "Davvero occorre il codice disciplinare per avvertire il lavoratore che mandare un collega al pronto soccorso è inadempimento notevole degli obblighi contrattuali?", 224)
  • Nell’ambito delle tutele procedimentali stabilite dall’art.7 Stat. Lav., a garanzia dei lavoratori ai quali sia stato intimato un licenziamento disciplinare, non risulta possibile procedere ad un’applicazione immediata di quanto in esse previsto nel caso di licenziamento di dirigenti cosiddetti apicali, in quanto investiti di un ruolo paragonabile a quello assunto dal datore di lavoro tale da farli apparire quale alter ego di esso e, dunque, improbabile fruitore delle garanzie poste a tutela del contraente più debole. (Trib. Vasto 25/2/2005, Est. Paolitto, in Lav. nella giur. 2005, con commento di Mariele Cottone, 1078)
  • L’uso costante e quantitativamente non indifferente da parte del lavoratore della posta aziendale per scopi propri, con impegno di tempo ed attenzione, nonché l’utilizzazione occasionale della fotocopiatrice e del fax aziendali per corrispondenza personale sono comportamenti non commendevoli ma non sufficienti a giustificare la sanzione espulsiva del licenziamento disciplinare. (Trib. Milano 31/7/2004, Est. Punzo, in Lav. nella giur. 2005, 292)
  • Va dichiarata l'illegittimità del licenziamento disciplinare irrogato in relazione a contestazione di addebiti secondo cui il lavoratore aveva presentato, per rimborso spese di pernottamento in trasferta, ricevute alberghiere di importo superiore a quello effettivamente pagato, presupponendo che egli, pur avendo negato la veridicità del fatto, si fosse in realtà comportato analogamente ad altri lavoratori, i quali, trovatisi nelle medesime circostanze (stesso periodo di tempo, stesso albergo e stesso prezzo indicato nelle ricevute), avevano invece ammesso il fatto. (Corte d'appello Catanzaro 19/6/2003, Pres. Ammirata Rel. Velea, in Foro it. 2003, parte prima, 3150)
  • Deve ritenersi illegittima per violazione del principio di proporzionalità la sanzione del licenziamento adottata per assenza a visita domiciliare di controllo nei confronti di lavoratrice affetta da sindrome ansioso-depressiva che soffra di amnesie, attesa da un lato la differenza, sul piano della gravità, dell'assenza ingiustificata dal servizio rispetto all'assenza a visita di controllo; dall'altro l'esigenza di valorizzare lo stato soggettivo della lavoratrice (in particolare il giudice di merito aveva rilevato che la patologia di cui sopra e l'esistenza di controlli ambulatoriali positivi deponevano per la mancanza di qualsiasi intenzione di sottrarsi ai controlli). (Cass. 17/8/2002 n. 11153, Pres. Sciarelli Est. Toffoli, in D&L 2002, 189, con nota di Stefano Muggia, "Ancora sull'assenza a visita domiciliare di controllo")
  • È illegittimo per violazione del principio di proporzionalità il licenziamento irrogato per accertata violazione del regolamento aziendale che vieta l'utilizzo del sistema informatico per fini non lavorativi qualora la misura di tale violazione non sia rilevante in rapporto alla prestazione lavorativa e vi sia l'assenza di precedenti disciplinari, oltre che un'espressa previsione del Ccnl nel far rientrare la trasgressione dei regolamenti interni tra le sanzioni conservative. (Trib. Milano 14/8/2002, ord., Est. Cincotti, in D&L 2002, l 995)
  • Il recesso per giusta causa intimato al pubblico dipendente per lo svolgimento di attività incompatibile, in quanto diretto a sanzionare mancanze del lavoratore, ha natura di provvedimento disciplinare e va quindi intimato -a pena di nullità- in contraddittorio con lo stesso e previa attivazione della procedura prevista dall'art. 59 D. Lgs. 3/2/93 (ora art. 55 D. Lgs. 165/01). (Trib. Novara 12/7/2002, Est. Mariani, in D&L 2002, 1000, con nota di Alberto Guariso, "Sul licenziamento ontologicamente disciplinare nel rapporto di pubblico impiego")
  • Non sussiste l'obbligo del lavoratore di ottemperare a disposizioni datoriali nulle perché determinate da motivo illecito ed è conseguentemente illegittimo il licenziamento irrogato come sanzione a tale mancata ottemperanza. (Trib. Agrigento 11/6/2002, ord., Pres. D'Angelo Est. Occhipinti, in D&L 2002, 712, con nota di Massimo Aragiusto, "Buona fede nell'esecuzione del contratto di lavoro e nullità del licenziamento")
  • In tema di licenziamento ontologicamente disciplinare, il principio cardine della materia deve essere individuato nella proporzionalità oggettiva e soggettiva. Ne consegue che un violento alterco in orario di lavoro tra dipendenti non può di per sé giustificare il licenziamento ove i fatti siano avvenuti in luogo non aperto al pubblico e senza testimoni e la reazione fisica si sia risolta in tempi brevissimi, senza provocare danni e senza determinare uno specifico turbamento dell'attività lavorativa. (Trib. Roma 12/3/2002, Est. Buonassisi, in Lav. nella giur. 2003)
  • E' illegittimo il licenziamento irrogato per assenza arbitraria al dipendente che abbia unilateralmente deciso di usufruire di un periodo di ferie, laddove lo stesso abbia comunicato con congruo anticipo la richiesta di ferie ed il datore di lavoro - dopo aver opposto a lungo un irragionevole ed immotivato silenzio, in violazione dei principi di correttezza e buona fede - abbia rifiutato altrettanto immotivatamente di concedere l'autorizzazione, pur nella verificata assenza di alcuna valida ragione aziendale ostativa. (Trib. Milano 17/1/2002, ord., Pres. Sala Est. Atanasio, in D&L 2002, 413, con nota di Giuseppe Bulgarini D'Elci, "Quale rimedio se il datore di lavoro tenta di impedire la fruizione delle ferie?")
  • L'uso sul luogo di lavoro di una sostanza stupefacente leggera, quale l'hashish, non legittima il licenziamento per giusta causa in mancanza di previa contestazione di concrete conseguenze negative sulla prestazione lavorativa. (Trib. Milano 30/11/2001, Est. Attanasio, in D&L 2002, 186)
  • Nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato, la dipendenza da alcool non è di per sé motivo sufficiente a far venir meno la fiducia del datore di lavoro, essendo necessario accertare di volta in volta la condotta del dipendente, nella concretezza dello svolgimento del rapporto, così come per ogni altro lavoratore, alla stregua degli ordinari criteri stabiliti dalla legge e dal contratto collettivo, al fine di valutare la legittimità o meno della sanzione irrogata (nella specie, la sentenza di merito, confermata dalla S.C., aveva ritenuto legittimo il licenziamento irrogato ad un dipendente bancario, avendo accertato che il provvedimento non era stato adottato per il fatto in sé della patologia da cui questi era affetto, ma per taluni comportamenti particolarmente gravi dello stesso dipendente che, ancorchè favoriti dal suo stato psichico, avevano comportato discredito e disordine anche nei confronti della clientela) (Cass. 26/5/01, n. 7192, pres. Trezza, est. Foglia, in Lavoro giur. 2001, pag. 832, con nota di Mannaccio, Alcolismo e licenziamento per giusta causa)
  • E' sorretto da giusta causa il licenziamento del lavoratore che sia sorpreso a fumare in violazione di un chiaro divieto correlato all'alto rischio di incendio nei locali di lavoro in presenza di materiali infiammabili (Corte Appello Milano 30/3/01, pres. e est. Mannaccio, in Orient. giur. lav. 2001, pag. 155)
  • Nella controversia concernente la validità di un licenziamento intimato per insubordinazione del lavoratore consistita nel rifiuto di svolgere le nuove mansioni affidategli dal datore di lavoro, ove il dipendente deduca l'illegittimo esercizio dello "ius variandi" in relazione all'art. 2103 c.c., con ciò formulando un'eccezione di inadempimento nei confronti della controparte, il giudice adito deve procedere ad una valutazione complessiva dei comportamenti di entrambe le parti, verificando in primo luogo la correttezza dell'operato del datore di lavoro in relazione all'eventuale illegittimità dell'esercizio dello "ius variandi" e, tenendo conto della rispondenza a buona fede del comportamento del lavoratore, occorrendo valutare alla luce dell'obbligo di correttezza ex art. 1460 c.c. il rifiuto di quest'ultimo. (Sulla base dell'enunciato principio, la S.C ., premesso che non può definirsi quale inadempimento - ovvero quale adempimento in contrasto con il requisito della buona fede - l'adibizione temporanea del lavoratore a diverse mansioni, seppure non strettamente equivalenti a quelle di appartenenza, al fine dell'acquisizione di una più ampia professionalità, ha ritenuto esente da censure la sentenza del giudice di merito che, sulla base della cennata valutazione complessiva, aveva giudicato sussistente la giusta causa del licenziamento a fronte del rifiuto del lavoratore di espletare comunque le nuove mansioni). (Cass. 1/3/01, n. 2948, pres. Amirante, est. Balletti, in Orient. giur. lav. 2001, pag. 364)
  • Il rifiuto del lavoratore di svolgere mansioni inferiori, assegnategli transitoriamente al fine di fargli acquisire nuove tecniche lavorative, integra notevole inadempimento degli obblighi lavorativi e rende legittimo il suo licenziamento (nella specie, come rimarcato dalla S.C., il lavoratore stesso si era rifiutato di svolgere qualsiasi attività ed era anzi rimasto ostentatamente a braccia conserte in prossimità della postazione di lavoro) (Cass. 1/3/01, n. 2948, pres. Amirante, est. Balletti, in Foro it. 2001, pag. 1869)
  • Il lavoratore che, assunto per le sue particolari conoscenze tecniche in relazione alle mansioni assegnate, si rifiuti di mettere a disposizione dell'impresa datrice di lavoro il proprio specifico "know-how" dà luogo ad un comportamento gravemente inadempiente che legittima il licenziamento e ove, come nella specie, tale rifiuto di collaborazione cagioni un danno alla produzione, il lavoratore è tenuto al risarcimento dello stesso (Corte Appello Milano 20/12/00, pres. Mannacio, est. Accardo, in Orient. Giur. Lav. 2000, pag. 980)
  • E' legittimamente disposta la destituzione dal servizio del dipendente del ministero del lavoro e della previdenza sociale, in servizio presso l'ufficio di collocamento, che sia stato condannato con sentenza emessa a seguito di patteggiamento per il reato di favoreggiamento della prostituzione (nella specie, cittadine extracomunitarie), in tal modo venendo meno ai doveri di fedeltà e compromettendo gravemente la fiducia dell'amministrazione (Consiglio di Stato, 1/9/00, n. 4647, pres. Ruoppolo, est. De Nictolis, in Foro it. 2001, pag. 129, parte terza)
  • Il livello culturale e le abitudini lessicali del lavoratore e degli altri addetti all'azienda non rilevano ai fini di escludere che l'aver proferito espressioni ingiuriose nei confronti del superiore gerarchico sia qualificabile come giusta causa di licenziamento (Cass. 19/6/00, n. 8313, pres. Prestipino, est. Picone, in Riv. It. dir. lav. 2001, pag. 112, con nota di Vallauri, Espressioni ingiuriose, abitudini lessicali e giusta causa di licenziamento. Alcune osservazioni sulla natura di giusta causa e giustificato motivo)
  • E' nullo il licenziamento disciplinare intimato a una lavoratrice a causa di una sua assenza dal luogo di lavoro, laddove questa costituisca reazione alla perdurante mancata corresponsione della retribuzione dovutale da parte della società datrice di lavoro (Trib. Roma 10 maggio 2000, est. Battagliese, in D&L 2000, 1006)
  • E' da ritenere giustificato il licenziamento del lavoratore dipendente di una casa di cura per malati di mente, adibito a mansioni di infermiere, sulla base della sola condotta posta in essere (rasatura a zero dei capelli di un malato), dalla quale derivino gravi conseguenze di ordine psicologico all'infermo. A tal fine, infatti, non assume rilevanza alcuna l'elemento soggettivo (intento punitivo), essendo il gesto (taglio di capelli arbitrario) in sé e per sé connotato da una gravità oggettiva tale da giustificare il licenziamento in tronco (Cass. 8/5/00, n. 5806, pres. Trezza, est.Vidiri, in Riv. It. dir. lav. 2001, pag. 107, con nota di D'Arcangelo, Licenziamento giustificato per particolare gravità della condotta: il caso dell'infermiere che rapa a zero un malato di mente)
  • Rientra nel potere direttivo del datore di lavoro la predisposizione unilaterale di norme interne di regolamentazione attinenti all'organizzazione tecnica e disciplinare del lavoro nell'impresa, con efficacia vincolante per i prestatori di lavoro, ma tali prescrizioni, ove non realizzino alcun apprezzabile interesse per l'impresa e arrechino danno o siano di ingiustificato disagio per i lavoratori, devono ritenersi arbitrarie e la loro violazione non configura una mancanza disciplinare tale da legittimare il licenziamento per giusta causa del lavoratore (Nella specie, il datore di lavoro aveva previsto il rimborso dei solo pasti consumati nell'intervallo lavorativo e ha pertanto licenziato in tronco il lavoratore che, contravvenendo alle prescrizioni aziendali, ha usato i buoni pasto al di fuori della pausa prevista e per l'acquisto di generi alimentari da consumare altrove) (Cass. 18/2/00, n. 1892, pres. Priscoli, in Mass. giur. lav. 2000, pag. 389 con nota di De Marinis, La valutazione della giusta causa di licenziamento: dalla Corte criteri ulteriori e piu' rigidi)
  • In tema di imputabilità di una manipolazione di dati informatici in un sistema "aperto" – e cioè accessibile sia dall’interno, da parte di altri dipendenti, che dall’esterno – l’incarico a un documentalista di elaborare un testo da inserire in un archivio informatico, non può comportare automaticamente l’attribuzione di responsabilità diretta per eventuali manipolazioni, che devono essere oggetto di prova positiva da parte del datore di lavoro (Cass. 6/8/99 n. 8489, pres. Trezza, est. Coletti, in D&L 1999, 902)
  • E’ illegittimo il licenziamento disciplinare comminato al lavoratore che, in forza dell’eccezione di inadempimento di cui all’art. 1460 c.c., abbia rifiutato l’adibizione a mansioni inferiori offrendo contestualmente di eseguire le prestazioni originarie (Pret. Monza, sez. Desio, 26 maggio 1999, est. Magelli, in D&L 1999, 917)
  • Il procedimento penale non è di per sé motivo di irrogazione di sanzione disciplinare (tanto meno di licenziamento) nei confronti di un lavoratore che sia incorso in responsabilità penale. È ammesso il ricorso alla sospensione cautelare in attesa di sentenza di condanna definitiva (Corte Costituzionale 17/12/97 n. 405, pres. Granata, rel. Guizzi, in D&L 1998, 321, n. PANDURI, Infondatezza della questione di legittimità sollevata e irragionevolezza della norma denunciata; conseguenze della condanna penale nel rapporto di lavoro; procedimento e sospensione cautelare)
  • Ripetute manifestazioni di insubordinazione e di inosservanza delle regole di correttezza nei rapporti all’interno dell’azienda e con i superiori, allorché poste in essere da lavoratore sofferente per una grave forma di depressione comportante in certi momenti non tanto la perdita della capacità di intendere e di volere quanto un’alterazione della capacità di percezione di quanto accade intorno, e in quanto tale non in condizione di rendersi conto delle conseguenze sul piano disciplinare dei suoi comportamenti, non possono essere ritenute idonee a integrare gli estremi del licenziamento per giustificato motivo soggettivo (Trib. Milano 23/7/97, pres. Gargiulo, est. Ruiz, in D&L 1998, 177)
  • Ai fini della sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo soggettivo di licenziamento, ai sensi dell'art. 25 D.G. sez. III CCNL metalmeccanici, intimati per avere il dipendente utilizzato il computer aziendale per l'esecuzione di lavori personali estranei all'attività aziendali, il datore di lavoro deve provare che l'attività contestata sia stata svolta durante l'orario di lavoro e, per la configurabilità della giusta causa, che tale utilizzo sia stato di entità rilevante, poiché il semplice utilizzo del computer aziendale è circostanza di per sé insufficiente a giustificare il licenziamento disciplinare (Pret. Milano 18/4/96, est. Porcelli, in D&L 1996, 1026, nota Portera)
  • E' illegittimo il licenziamento inflitto a seguito del comportamento doloso del lavoratore, consistito in false attestazioni documentali finalizzate al rimborso di spese non effettuate, qualora il danno patrimoniale arrecato sia esiguo, anche in riferimento alle dimensioni dell'impresa (Cass. 27/5/95 n. 5967, pres. Taddeucci, est. Roselli, in D&L 1996, 487, nota Muggia, Licenziamento per giusta causa e funzione della pena)