In genere

  • Stampa
  • In tema di lavoro interinale, l’art. 1 comma 2 l. n. 196 del 1997 consente il contratto di fornitura di lavoro temporaneo solo per le esigenze di carattere temporaneo rientranti nelle categorie specificate dalla norma, esigenze che il contratto di fornitura non può quindi omettere di indicare, né può indicare in maniera generica e non esplicativa, limitandosi a riprodurre il contenuto della previsione normativa; ne consegue che, ove la clausola sia indicata in termini generici, inidonei a essere ricondotti a una delle causali previste dal legislatore, il contratto è illegittimo, e, in applicazione del disposto di cui all’art. 10 l. n. 196 del 1997, il rapporto si considera a tutti gli effetti instaurato con l’utilizzatore interponente. (Cass. 17/1/2013 n. 1148, Pres. De Renzis Est. Curzio, in Lav. nella giur. 2013, con commento di Elisabetta Cassaneti e Chiara Perrone, 468,e in Riv. It. Dir. lav. 2013, con nota di L. Fiorillo, “Il regime sanzionatorio forfettizzato si applica al lavoro temporaneo illegittimo e alla somministrazione a termine irregolare: la cassazione risolve la querelle”, 331)
  • In tema di lavoro interinale, la legittimità del contratto di fornitura costituisce il presupposto per la stipulazione di un legittimo contratto per prestazioni di lavoro temporaneo. Ne consegue che l’illegittimità del contratto di fornitura comporta le conseguenze previste dalla legge sul divieto di intermediazione e interposizione nelle prestazioni di lavoro e, quindi, l’instaurazione del rapporto di lavoro con il fruitore della prestazione, cioè con il datore di lavoro effettivo; inoltre, alla conresione soggettiva del rapporto si aggiunge la conversione dello stesso da lavoro a tempo determinato in lavoro a tempo indeterminato, per intrinseca carenza dei requisiti richiesti dal d.lgs. 368 del 2001 ai fini della legittimità del lavoro a tempo determinato tra l’utilizzatore e il lavoratore. (Cass. 17/1/2013 n. 1148, Pres. De Renzis Est. Curzio, in Lav. nella giur. 2013, con commento di Elisabetta Cassaneti e Chiara Perrone, 468)
  • In tema di lavoro interinale, l’indennità prevista dall’art. 32, l. 4 novembre 2010, n, 183, nel significato chiarito dal comma 13 dell’art. 1 l. 28 giugno 2012 n. 92, trovca applicazione con riferimento a qualsiasi ipotesi di ricostituzione del rapporto di lavoro avente in origine termine illegittimo e si applica anche nel caso di condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore a causa dell’illegittimità di un contratto per prestazioni di lavoro temporaneo a tempo determinato, ai sensi della lett. a del comma 1 dell’art. 3 l. 24 giugno 1997, n. 196, convertito in contratto a tempo indeterminato tra lavoratore e utilizzatore della prestazione. (Cass. 17/1/2013 n. 1148, Pres. De Renzis Est. Curzio, in Lav. nella giur. 2013, con commento di Elisabetta Cassaneti e Chiara Perrone, 468)
  • Non è sufficiente il solo richiamo, nel contratto di prestazione di lavoro temporaneo tra impresa fornitrice e lavoratore, alle causali generali dei contratti collettivi per ritenere rispettata la legge n. 196/97 nella parte in cui consente la stipulazione di un contratto di fornitura nei casi “previsti dai contratti collettivi nazionali della categoria di appartenenza dell’impresa utilizzatrice, stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi, in quanto, trattandosi di fattispecie complessa voluta dal legislatore per attenuare la rigidità del precedente impianto divieto di intermediazione di mano d’opera, occorre che l’utilizzatore si faccia carico di dimostrare l’avvenuto rispetto, nello svolgimento del rapporto diretto con il prestatore di lavoro, delle causali previste dai contratti collettivi nazionali della sua categoria di appartenenza, a loro volta trasfuse nel contratto di fornitura intercorso con l’impresa fornitrice ai sensi dell’art. 1, comma 2, lett. a, l. n. 196/97. (Cass. 24/6/2011 n. 13961, Pres. Foglia Est. Berrino, in Riv. It. Dir. lav. 2012, con nota di Angela Giunta, “La specificazione delle ragioni giustificatrici del ricorso al lavoro interinale: effetti del collegamento negoziale e rilevanza della causa in concreto”, 66)
  • Il contratto per prestazioni di lavoro a tempo determinato si trasforma in contratto a tempo indetrminato alle dipendenze dell'impresa appaltatrice non solo nei casi, contemplati dall'art. 10, 2° e 3° comm, L. 24/6/97 n. 196, in mancanza della forma scritta o di protrazione del rapporto oltre il termine di dieci giorni dalla naturale scadenza, ma anche nelle ipotesi contemplate dal 1° comma della medesima norma, e, quindi, nel caso in cui il fornitoresia un soggetto diverso da quelli contemplati dall'art. 2 L. 24/6/97 n. 197, ovvero nel caso di violazione dell'art. 1, 2°, 3°, 4° e 5° comma della medesima legge, ovvero ancora nel caso in cui il fornitore non sia iscritto all'albo di cui all'art. 2, comma 1° della stessa legge. (Corte app. Genova 20/2/2008, Pres. ed est. Haupt, in D&L 2008, con nota di Giuseppe Cordedda, "Novazione soggettiva e novazione oggettiva del rapporto di lavoro temporaneo nei casi previsti dall'art. 10 L. 24/6/97 n. 196", 525) 
  • Dalla lettura combinata degli artt. 20, comma IV, 22, comma I e 27 del D.Lgs. n. 276/2003 si evince che la somministrazione di lavoro a tempo determinato deve essere effettuata nel rispetto delle regole sancite dal D.Lgs. n. 368/2001; e che, in caso di somministrazione effettuata al di fuori di quelle condizioni, si deve ritenere sussistente un rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra lavoratore e utilizzatore. La declaratoria di inefficacia del termine fa uscire la somministrazione del lavoratore in favore dell'utilizzatore al di fuori dello schema di liceità voluto dal legislatore. E la conseguenza non può che essere l'instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con l'utilizzatore. (Trib. Milano 10/12/2007, Dott. Atanasio, in Lav. nella giur. 2008, 530)
  • L'art. 1 n. 1 della direttiva del Consiglio 2001/23/Ce del 12/3/01 (concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti) è funzionale alla tutela dei lavoratori coinvolti e deve essere interpretato nel senso che quest'ultima si applica anche a imprese che hanno per oggetto la fornitura di lavoro interinale, quando una parte del personale amministrativo e una parte dei lavoratori interinali vengono trasferite a un'altra agenzia di lavoro interinale per esercitarvi le stesse attività al servizio di clienti identici e gli elementi interessati dal trasferimento sono già di per sé sufficienti a consentire lo svolgimento di prestazioni caratteristiche dell'attività economica in oggetto, senza ricorrere ad altri mezzi di produzione significativi né ad altre parti dell'impresa. Infatti un gruppo organizzato di dipendenti specificatamente e stabilmente assegnati a un compito comune può, in mancanza di altri fattori produttivi, corrispondere a un'entità economica, che non deve comportare necessariamente elementi patromoniali, materiali o immateriali, significativi, poiché, in taluni settori economici tali elementi sono spesso ridotti alla loro più semplice espressione e l'attività si fonda essenzialmente sulla manodopera. (Corte di Giustizia CE 13/9/2007, causa C-458/05, Pres. Lenaerts Rel. J. Malenovsky, in D&L 2007, con nota di Giovanni Paganozzi, "Interesse dei lavoratori e ramo di azienda ceduto in assenza di beni materiali", 1007) 
  • Nel caso di mancata prova, da parte dell'utilizzatore, delle ragioni giustificatrici del contratto di somministrazione di cui al D.Lgs. 10/9/03 n. 276, deve essere affermata la sussistenza di un ordinario rapporto di lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze dello stesso utilizzatore, che deve essere condannato a ricostituire il rapporto e a risarcire il danno dalla data della messa in mora. (Trib. Milano 10/8/2007, Est. Ravazzoni, in D&L 2007, 1089) 
  • Nel caso di mancata prova, da parte dell'utilizzatore, delle ragioni giustificatrici del contratto di somministrazione di cui al D.Lgs. 10/9/03 n. 276, deve essere affermata la sussistenza di un ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato alle dipendenze dello stesso utilizzatore. (Trib. Milano 10/8/2007, Est. Porcelli, in D&L 2007, 1089) 
  • La validità del contratto di somministrazione a tempo determinato è subordinata alla specifica indicazione scritta, da parte del somministratore e dell'utilizzatore, delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che nel caso concreto e specifico hanno determinato l'esigenza dell'assunzione di cui si tratta. (Trib. Milano 4/7/2007, Est. Di Leo, in D&L 2007, 1089)
  • Il contratto di lavoro somministrato a tempo determinato deve essere stipulato per iscritto e deve specificatamente indicare le ragioni (di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo) che legittimano l'apposizione del termine; in difetto di uno di tali requisiti, il rapporto deve essere convertito a tempo indeterminato in capo all'utilizzatore che, trattandosi di ipotesi di scadenza di un contratto a termine illegittimamente stipulato, deve essere condannato, in base ai principi comuni, a ripristinare il rapporto e a risarcire il danno (nella fattispecie, è stata ritenuta generica la motivazione, contenuta nel contratto somministrato, che si riferiva a "esigenze di lavoro aggiuntivo" in un determinato periodo). (Trib. Milano 4/7/2007, Est. Di Leo, in D&L 2007, 1089) 
  • Il superamento dei limiti percentuali stabiliti dal Ccnl di settore per il ricorso ai contratti di lavoro interinale comporta l'illegittimità del contratto di lavoro temporaneo a tempo determinato, e la conseguente instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con l'impresa utilizzatrice, essendo a tal fine irrilevante che un accordo aziendale - che non ha facoltà di derogare sul punto alla contrattazione nazionale - abbia previsto dei limiti percentuali superiori. (Trib. Milano 18/4/2007, Est. Peragallo, in D&L 2007, 838)
  • In ipotesi di assunzione con contratto di lavoro interinale per causali previste dal Ccnl non rientra nella fattispecie di "aumento di attività" bensì rientra nei normali rischi imprenditoriali da gestirsi in via ordinaria, il ricorso a un'attività diversa e nuova per fare fronte a una perdita di appalto; è pertanto nullo il termine apposto al contratto di lavoro temporaneo giustificato con tale causale, con conseguente instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra il lavoratore e l'impresa utilizzatrice. (Trib. Milano 18/4/2007, Est. Peragallo, in D&L 2007, 838)  
  • Nel caso di un contratto di somministrazione a tempo determinato, le ragioni giustificative di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, di cui all'art. 20, 4° comma, D.Lgs. 10/9/03 n. 276, devono essere specificatamente indicate anche nel contratto di prestazione ex art. 1 D.Lgs. 6/9/01 n. 368 e devono essere debitamente provate a cura dell'utilizzatore, a pena del riconoscimento dell'esistenza ab origine di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra il lavoratore e l'utilizzatore, e della conseguente possibilità di richiedere la reintegra ex art. 18 SL in caso di illegittima risoluzione del rapporto (Trib. Milano 10/4/2007, Est. Atanasio, in D&L 2007, con nota di Angelo Beretta, "Il lavoro somministrato: la giurisprudenza del Tribunale di Milano", 414)
  • Ai sensi dell'art. 21, 4° comma, D.Lgs. 10/9/03 n. 276, è nullo il contratto di somministrazione privo dell'indicazione scritta relativa alle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che giustificano al ricorso al contratto di somministrazione a tempo determinato (nella specie il contratto non era stato prodotto in giudizio); conseguentemente, il lavoratore deve essere considerato a tutti effetti alle dipendenze dell'utilizzatore e, in caso di licenziamento, si applicano le conseguenze ex art. 18 SL. (Trib. Milano 13/3/2007, Est. Bianchini, in D&L 2007, 413)
  • Ai sensi dell'art. 21, 4° comma, D.Lgs. 10/9/03 n. 276, è nullo il contratto di somministrazione privo dell'indicazione scritta relativa alle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che giustificano il ricorso al contratto di somministrazione a tempo determinato (nella specie il contratto non era stato prodotto in giudizio); conseguentemente, il lavoratore deve essere considerato a tutti gli effetti alle dipendenze dell'utilizzatore e, in caso di licenziamento, si applicano le conseguenze ex art. 18 SL, a nulla rilevando che, successivamente al rapporto di somministrazione e senza soluzione di continuità, la società utilizzatrice e la lavoratrice avessero stipulato un contratto di lavoro a tempo determinato per ragioni sostitutive. (Trib. Milano 14/2/2007, Est. Sala, in D&L 2007, 413)
  • Ai fini del legittimo ricorso al lavoro interinale, l'inserimento tra le attività aziendali di un'attività nuova (nella specie: il servizio di call center dedicata ad altre società del gruppo) non configura un'ipotesi di "aumento temporaneo di attività" - prevista dal contratto collettivo di categoria ai sensi dell'art. 1, comma 2, lettera A) della L. n. 196/97 - allorchè la scelta aziendale sia riconducibile alla necessità di tamponare una sostanziale riduzione di attività (nella specie conseguente alla perdita di appalto) con una diversificazione dell'attività stessa al fine di sanare una situazione economica grave. (Trib. Milano 30/12/2006, Est. Sala, in Lav. nella giur. 2007, 835)
  • Ai sensi del combinato disposto degli artt. 20, 4° comma, e 21 D.Lgs. 10/9/03 n. 276, le ragioni di carattere tecnico, produttivo e organizzativo che rendono lecita la stipulazione di un contratto di somministrazione di lavoro a tempo determinato devono essere esplicitate, in maniera che risulti effettivo il rapporto causale tra l'esigenza dedotta dall'utilizzatore della prestazione lavorativa e l'assunzione del singolo lavoratore; a tal fine è insufficiente il richiamo a una causale prevista dal contratto collettivo, in quanto generica e indeterminata in relazione alla fattispecie concreta. (Trib. Milano 9/12/2006, Est. Di Leo, in D&L 2007, con nota di giuseppe Cordedda, 126)
  • Qualora il soggetto utilizzatore non dimostri la sussistenza delle specifiche motivazioni che giustificano il ricorso alla somministrazione di lavoro a tempo determinato, risulta illegittimo il termine apposto al contratto e, pertanto, il relativo rapporto di lavoro va imputato direttamente in capo all'utilizzatore e considerato a tempo indeterminato. (Trib. Milano 9/12/2006, Est. Di Leo, in D&L 2007, con nota di giuseppe Cordedda, 126)
  • La mera indicazione di una delle cause generiche ("fabbisogni di maggiore organico connessi a situazioni di mercato congiunturali e non consolidabili") previste dal contratto collettivo applicato dalla società utilizzatrice all'interno del contratto di fornitura non può considerarsi sufficiente per giustificare il ricorso al lavoro temporaneo in relazione alla specifica assunzione di un lavoratore. Le clausole di ordine generale contenute nel contratto collettivo devono essere specificate in relazione al singolo contratto di fornitura con indicazione della effettiva e concreta situazione che lo giustifica, pena la violazione dell'art. 1, secondo comma, l. n. 196/1997. (Trib. Padova 13/10/2006, Giud. Santinello, in Riv. it. dir. lav. 2007, con nota di Mario Emanuele, "Contratto di prestazioni di lavoro temporaneo e specificazione delle causali giustificative", 831) 
  • Nel caso di un contratto di somministrazione a tempo determinato, le ragioni giustificative di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, di cui all'art. 20, 4° comma, D.Lgs. 10/9/03 n. 276, devono essere debitamente provate a cura dell'utilizzatore, a pena del riconoscimento dell'esistenza ab origine di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra il lavoratore e l'utilizzatore, e della condanna al pagamento delle retribuzioni spettanti al dipendente a far data dalla mora accipiendi del datore di lavoro (Trib. Milano 12/10/2006, Est. Porcelli, in D&L 2007, 414)
  • Nel caso di stipulazione di un contratto di lavoro interinale a tempo determinato, qualora l'impresa utilizzatrice ometta di provare l'effettiva sussistenza della ragione che ne legittimava il ricorso, richiamata nel contratto d'assunzione, il relativo rapporto di lavoro deve essere imputato all'utilizzatore e deve essere considerato a tempo indeterminato, sempre che l'originaria apposizione del termine risulti in violazione della disciplina propria del rapporto di lavoro a tempo determinato. (Trib. Milano 12/10/2006, Est. peragallo, in D&L 2007, 132)
  • Fermo restando, poichè lo dice espressamente la legge (art. 1, comma 1, L. n. 196/1997), che il lavoro interinale può essere giustificato solo da esigenze temporanee dell'utilizzatore, nell'interpretazione della legge e delle relative disposizioni della contrattazione collettiva, al fine della ricostruzione della comune intenzione delle parti, le esigenze temporanee possono essere individuate con formulazioni generiche nell'ambito delle quali sono sussumibili diverse fattispecie concrete. Questa interpretazione è coerente con lo spirito della legge 196 con la quale il legislatore volle fornire all'imprenditore - dopo aver già ampliato il campo di applicazione del contratto a termine in forza dell'art. 23 della L. n. 56/1987 - uno strumento di flessibilità molto più significativo, pur preoccupandosi di fissare i presupposti e requisiti di funzionamento dell'istituto e di approntare un apparato sanzionatorio che dessero garanzia di serietà e tutela dei lavoratori. (Trib. Milano 21/3/2006, Est. Di Ruocco, in Lav. nella giur. 2006, 1137)
  • Se da una parte non è richiesta per la legittimità del lavoro temporaneo, a norma degli artt. 1 e 3, comma 1, lett. a, L. 196/1997, la specificazione delle causali del ricorso al lavoro temporaneo che, possono, quindi, essere indicate anche genericamente, dall'atra incombre sull'impresa utilizzatrice l'onere della prova dei motivi del ricorso al lavoro temporaneo rigorosa non meno di quella richiesta per il contratto a termine. (Corte app. Milano 22/2/2006, Pres e Rel. Salmeri, in Lav. nella giur. 2006, 1136)
  • È costituzionalmente illegittimo – per violazione dei principi di ragionevolezza e di tutela del lavoro – l’art. 117, comma 1, lett. c), l. n. 388 del 2000, che ha modificato l’art. 10, comma 2, l. n. 196 del 1997 (ora abrogata dal d.lgs. n. 276 del 2003, ma applicabile ratione temporis), prevedendo che nel caso di mancanza di forma scritta del contratto per prestazioni di lavoro temporaneo, questo si trasforma in contratto a tempo (non – come in precedenza – indeterminato, bensì) determinato alle dipendenze dell’impresa fornitrice. (Cost. 16/2/2006 n. 58, Pres. Marini Red. Bile, in Giust. Civ. 2006, 761)
  • È costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 35 Cost. l’art. 117, comma 1, lett. c), della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -–Legge finanziaria 2001) che del tutto irragionevolmente ha sostituito le parole “a tempo indeterminato” con le parole “a tempo determinato” nel secondo periodo del comma 2 dell’art. 10 della legge 24 giugno 1997, n. 196 (Norme in materia di promozione dell’occupazione), concernente il contratto per prestazioni di lavoro temporaneo. La norma ha infatti introdotto, nel caso di mancato rispetto della forma scritta, una sanzione per il datore di lavoro che si traduce in un regime deteriore per il lavoratore. A seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale riprende vigore l’originaria previsione (secondo cui, ove il contratto per prestazioni di lavoro temporaneo fosse stato privo della forma scritta o dell’indicazione della data di inizio e termine dello svolgimento dell’attività lavorativa presso l’impresa utilizzatrice, si trasformava in contratto “a tempo indeterminato” alle dipendenze dell’impresa fornitrice). (Cost. 6/2/2006 n. 58, Pres. Marini Red. Bile, in Dir. e prat. lav. 2006, 576)
  • è costituzionalmente illegittima, per violazione dei principi di irragionevolezza (art. 3 Cost.) e di tutela del lavoro in tutte le sue forme e applicazioni (art. 35 Cost.), la norma anche se ormai abrogata (art. 117, comma 1, lett. C), l. 23 dicembre 2000, n. 388) che, per il (vecchio) lavoro temporaneo, prevedeva in caso di illegittimità la conversione del contratto a tempo “indeterminato” in contratto a tempo “determinato”. (Cost. 6/2/2006 n. 58, Pres. Marini Rel. Bile, in Lav. Nella giur. 2006, con commento di Mariele Cottone, 865)
  • La l. 196/1997 – che ha introdotto nel nostro ordinamento il c.d. lavoro interinale – non pone alcun divieto al successivo reimpiego dello stesso lavoratore presso la medesima azienda utilizzatrice, anche con identiche mansioni, in virtù di un nuovo ed autonomo contratto di prestazione di lavoro temporaneo, in quanto la legge non pone alcun limite al numero delle assunzioni né alcun divieto alla destinazione del lavoratore. (Corte appello Torino 18/4/2005, Est. Peyron, in Lav. nella giur. 2005, 1097)
  • Ai sensi della L. n. 196/1997 vige l’obbligo per il datore di lavoro di individuare di volta in volta per ciascun lavoratore le situazioni concrete presenti nella realtà che integrino gli estremi delle ipotesi delineate in astratto dalla contrattazione collettiva che giustifichino al ricorso al rapporto di lavoro di fornitura di lavoro temporaneo. (Trib. Bologna 3/5/2005, Est. Dallacasa, in Lav. nella giur. 2006, con commento di Alessandro Marin, 75)
  • La funzione essenziale di sostituzione che costituisce la particolare causale del contratto di lavoro temporaneo, se può ammettere la compresenza per alcuni giorni del sostituto e del sostituito al mero scopo del passaggio delle consegne, non può consentire che la compresenza sia finalizzata al tirocinio del nuovo assunto e si prolunghi oltre i pochissimi giorni. (Trib. Milano 16/4/2005, Est. Frattin, in Orien. Giur. Lav. 2005, 309)
  • Nel caso di stipulazione di un contratto di lavoro interinale a tempo determinato, qualora l’impresa utilizzatrice ometta di provare l’effettiva sussistenza della ragione che ne legittimava il ricorso, richiamata nel contratto di assunzione , il relativo rapporto di lavoro deve essere imputato all’utilizzatore e deve essere considerato a tempo indeterminato, qualora l’originaria apposizione del termine risulti in violazione della disciplina propria del rapporto di lavoro a tempo determinato. Nel caso di conversione di un rapporto di lavoro – originariamente sorto come lavoro interinale a tempo determinato, - in rapporto a tempo indeterminato alle dipendenze dell’utilizzatore, è inefficace il licenziamento operato implicitamente allontanando il lavoratore allo scadere del termine, con conseguente diritto del lavoratore al pagamento di ogni retribuzione perduta (nel caso di specie, il lavoratore era rimasto assente dal lavoro a seguito di infortunio e il rapporto non era più proseguito in quanto l’infortunio stesso si era concluso dopo lo scadere del termine originariamente apposto al rapporto di lavoro). (Trib. Milano 22/11/2004, Est. Ianniello, in D&L 2005, con nota di Andrea Leone D’Agata, “Lavoro interinale e licenziamento per scadenza del termine”, 145)
  • Il legislatore ha affidato alla contrattazione collettiva “di categoria” (e non a quella in generale, da scegliersi di volta in volta) l’integrazione del precetto normativo sulla possibilità a certe condizioni di prorogare il termine di scadenza del contratto originario. L’art. 28 del Ccnl dei dipendenti delle imprese di fornitura di lavoro interinale adempie espressamente a questo compito “riempiendo” di contenuto il precetto normativo (art. 3, comma 4, L. 196/1997) e venendone a fare parte integrante. (Corte d’appello Torino 27/9/2004, Pres. Girolami Rel. Sanlorenzo, in Lav. nella giur. 2005, 291)
  • Alla stregua di una comparazione di tipo strutturale tra le fattispecie di reato rispettivamente punite dall’art. 2, l. 23 ottobre 1960 n. 1369 e dall’art. 18 D. Lgs. 10 settembre 2003 n. 276, si è verificata una abrogazione con effetto solo parzialmente abolitivo, giacchè solo alcuni fatti puniti dalla legge n. 1369/1960 non costituiscono più reato (la somministrazione di lavoro da parte di agenzie private abilitate e nelle ipotesi consentite), mentre per i residui casi, che rientrano nell’ambito della nuova fattispecie penale, sussiste un nesso di continuità normativa tra il precetto previgente e quello attualmente riformulato dagli artt. 4 e 18, ultimo comma, D. Lgs. N. 276/2003 valore di interpretazione autentica vincolante. (Cass. 25/8/2004 n. 34922, Pres. Dell’Anno Est. Squassoni, in Dir. e prat. lav. 2004, 2527)
  • Il recesso dell'impresa utilizzatrice da un contratto di lavoro interinale illegittimo equivale a un licenziamento che, in quanto privo di giusta causa e/o giustificato motivo, dà luogo alle conseguenze di cui all'art. 18 SL. (Trib. Milano 17/11/2003, Est. Negri della Torre, in D&L 2004, 93)
  • Spetta all'impresa utilizzatrice l'onere di provare il rispetto del limite massimo percentuale di lavoratori che possono essere utilizzati con contratto di fornitura di lavoro temporaneo, stabilito dalla contrattazione collettiva. (Trib. Milano 17/11/2003, Est. Negri della Torre, in D&L 2004, 93)
  • Non sussiste il diritto del lavoratore interinale alla prosecuzione del rapporto di lavoro quando questo si è concluso per il sopraggiungere del termine, anche se le esigenze produttive del datore di lavoro, motivo di ricorso a lavoratori interinali, proseguono. (Corte d'appello Torino 30/6/2003, Est. Buzano, in Lav. nella giur. 2003, 1170)
  • Nel determinare le regole per la "gestione" del lavoratore interinale deve considerarsi quale "contratto base" il solo contratto di prestazione di lavoro temporaneo; ne consegue che, anche ai fini della determinazione della durata della prestazione, deve ritenersi quale unico parametro temporale quello indicato nel contratto stipulato tra l'impresa fornitrice ed il lavoratore, risultando del tutto irrilevante l'eventuale diversa indicazione contenuta nel contratto di fornitura. (Cass. 27/2/2003, n. 3020, Pres. Mileo, Rel. Guglielmucci, in Lav. nella giur. 2003, 535, con commento di Susanna Palladini)
  • Nel caso in cui il contratto di prestazione di lavoro ed il contratto di fornitura prevedano un diverso termine finale del rapporto di lavoro interinale, ai fini dell'applicazione della sanzione ex art. 10, 3° comma, L. 24/6/97 n. 196 ha unicamente rilievo il termine previsto dal primo dei due contratti indicati, che costituisce per il lavoratore la fonte esclusiva della disciplina normativa del suo rapporto di lavoro. (Cass. 27/2/2003 n. 3020, Pres. Mileo Est. Guglielmucci, in D&L 2003, 311)
  • In un rapporto di lavoro interinale l'insussistenza, in concreto della giustificazione dedotta dalle parti per la sottoscrizione del contratto di fornitura ne causa la nullità, e comporta, a norma dell'art. 10 comma primo, L. n. 196/1997, l'applicazione delle conseguenze sanzionatorie previste dall'art. 1, comma quinto., L. n. 1369/1960. La nullità del contratto non libera il fornitore che, in forza del principio dell'apparenza e dell'affidamento, è responsabile nei confronti del lavoratore, nei limiti degli obblighi assunti con il contratto di lavoro temporaneo. (Trib. Bologna 6/11/2002, n. 834, Est. Dallacasa, in Lav. nella giur. 2004, 168, con commento di Fabio Pantano)
  • L'art. 3, 4° comma, L. 24/6/97 n. 196 - a norma del quale il periodo di assegnazione inizialmente stabilito in un contratto per prestazioni di lavoro temporaneo può essere prorogato nei casi e per la durata previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria - esprime il principio secondo il quale non può essere protratta a tempo indefinito la trilateralità del rapporto per la medesima esigenza dell'impresa; conseguentemente detta norma deve ritenersi violata anche quando l'assegnazione all'impresa utilizzatrice, dopo essere stata prorogata sino ai limiti massimi previsti dalla contrattazione collettiva, sia ripresa, per lo svolgimento della medesima attività, dopo un solo giorno di sospensione. (Corte d'Appello Milano 5/10/2001, Pres. Ruiz Est. De Angelis, in D&L 2002, 96)
  • Il contratto a tempo determinato per prestazioni temporanee che sia stato ripetutamente prorogato oltre i limiti previsti dalla contrattazione collettiva deve ritenersi nullo in quanto estraneo alle ipotesi legali di legittima scissione tra datore di lavoro ed utilizzatore della prestazione; ne segue che il lavoratore deve ritenersi alle dipendenze dell'impresa utilizzatrice e che deve farsi applicazione delle sanzioni previste dalla L. 18/4/62 n. 230 per il caso di assunzione a termine al di fuori delle ipotesi consentite. (Corte d'Appello Milano 5/10/2001, Pres. Ruiz Est. De Angelis, in D&L 2002, 96)
  • L'indicazione di un termine finale al contratto di lavoro temporaneo, formulato in maniera indeterminata e non ricavabile neppure per relationem, comporta l'assenza del requisito di cui all'art. 3, comma 3, lett. g, L. n. 196/97, con conseguente trasformazione in contratto a tempo indeterminato alle dipendenze dell'impresa fornitrice, ai sensi dell'art. 10, comma 2, L. n. 196/97 (Trib. Torino 31/10/00, est. Visaggi, in Lavoro giur. 2001, pag. 871, con nota di Palladini, Apparato sanzionatorio e lavoro interinale: considerazioni sull'applicazione della norma e successiva "correzione" della sanzione)
  • Nel caso in cui, in ragione delle clausole del capitolato d’appalto, l’impresa appaltatricesi obblighi a porre a disposizione dell'Amministrazione appaltante uno o più lavoratori da essa dipendenti, affinché questa ne utilizzi la prestazione lavorativa per sopperire ad esigenze determinate dalla temporanea assenza di alcuni dipendenti, e qualora il corrispettivo, pagato all’impresa appaltatrice nella misura stabilita, sia determinato in applicazione del contratto collettivo di riferimento per la categoria del prestatore d’opera e non, invece, con riguardo alla rilevanza della prestazione nell’economia dell’intero contratto, si ravvisa la fattispecie del contratto di fornitura di lavoro temporaneo di cui all’art. 1, L. n. 196/97; in ragione di ciò, risulta illegittima l’aggiudicazione della fornitura ad imprese non iscritte nell’apposito albo di cui all’art. 2 della citata legge ( Consiglio di Stato, sez. V 29/5/00, n. 3098, pres. Allegretta, in Lavoro nelle p.a.2000, pag.894, con nota di Di Lascio, La fornitura di lavoro temporaneo come elemento di qualificazione giuridica dei contratti di appalto)
  • In applicazione del 2° comma dell'art. 10 della legge n. 196 del 1997, il prestatore di lavoro temporaneo assunto a tempo determinato dall'impresa fornitrice, il quale protragga l'esecuzione della prestazione oltre dieci giorni dalla scadenza del termine stabilito dal contratto, acquisisce il diritto all'assunzione a tempo indeterminato alle dipendenze dell'impresa utilizzatrice dalla scadenza del suddetto termine (Pret. Torino 29/6/99, est. Re, in Dir. Lav. 2000, pag. 3, con nota di Sciotti)