In genere

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  • È pacifico che il pur speciale rapporto di lavoro intercorrente tra società sportive e sportivi professionisti (caratterizzato dalla particolare natura dell’attività erogata dal lavoratore) sia da ricondurre nell’alveo del lavoro subordinato, così come ha espressamente stabilito la L. n. 91/1981, benchè sussistano per la peculiarità dell’ordinamento sportiv, notevoli differenziazioni rispetto alla disciplina del lavoro subordinato (art. 2094 c.c.). Tuttavia, considerare gli sportivi professionisti, i quali non godono per legge della tutela reale, come computabili ai fini del calcolo dei quindici dipendenti, appare contraddittorio per la soluzione alla quale si dovrebbe giungere perché si dovrebbe arrivare a sostenere l’applicabilità dell’art. 18 a qualsiasi società sportiva poiché tutte supererebbero il limite dei quindici dipendenti ove nel calcolo fossero inclusi gli sportivi. (Trib. Siena 12/2/2004 ord., Pres. Cavoto Rel. Serrao, in Lav. nella giur. 2004, 786, con commento di Luca Tartaglione, 786)
  • Non rileva che ai lavoratori “subordinati” sportivi, non si applichi, tra le altre, la norma contenuta nell’art. 18, L. n. 300/1970, come espressamente previsto nell’art. 4, comma 9, L. n. 91/1981, potendo, in ipotesi, il lavoratore sportivo (nonostante la sua “subordinazione” presenti aspetti del tutto singolari) entrare comunque nel computo del requisito dimensionale del datore di lavoro. Non vi è in tale situazione alcuna contraddizione logica e l’ordinamento offre esempi di simile dissociazione tra inammissibilità della tutela reale del lavoratore e computabilità del medesimo ai sensi e per gli effetti dell'’rt. 18 L. n. 300/1970. (Trib. Siena 26/11/2003 ord., Est. Cammarosano, in Lav. nella giur. 2004, con commento di Luca Tartaglione, 785)
  • Nell'esercizio di attività sportiva a livello professionistico, le società sportive (o la Federazione , con riferimento a sinistri avvenuti nello svolgimento di competizioni delle squdre nazionali) sono tenute a tutelare la salute degli atleti-nel caso di specie, calciatore-sia attraverso la prevenzione degli eventi pregiudizievoli della loro integrità psico-fisica, sia attraverso la cura degli infortuni e delle malattie che possono trovare causa nei rilevanti sforzi caratterizzanti la pratica professionale di uno sport, potendo essere chiamate a rispondere in base al disposto degli artt. 1218 e 2049 c.c. dell'operato dei propri medici sportivi e del personale comunque preposto a tutelare la salute degli atleti ed essendo comunque tenute, come datore di lavoro del calciatore, ad adottare tutte le cautele necessarie, secondo le norme tecniche e di esperienza, a tutelare l'integrità fisica del lavoratore, tenuto conto in particolare del fatto che le cautele a tutela della salute cui è tenuto il datore di lavoro devono parametrarsi alla specifica attività svolta dallo sportivo professionista ed alla sua particolare esposizione al rischio di infortuni. La condotta del medico sportivo, (nella specie, medico di una società calcistica a livello professionistico) in ragione della sua peculiare specializzazione e della necessità di adeguare i suoi interventi alla natura ed al livello di pericolosità dell'attività sportiva stessa, deve essere valutata con maggiore rigore rispetto a quella del medico generico, ai fini della configurabilità di una eventuale responsabilità professionale: in particolare, il suddetto medico ha l'obbligo di valutare le condizioni di salute del giocatore con continuità, anche in sede di allenamenti o di ritiri pre-campionato, dovendo anche valutare criticamente le informazioni fornite dagli stessi atleti o dai loro allenatori, al fine di poter individuare pure l'eventuale dissimulazione da parte dell'atleta dell'esistenza di condizioni di rischio per la propria salute. (Cass. 8/1/2003, n. 85, Pres. Mercurio, Rel. Vidiri, in Lav. nella giur. 2003, 544, con commento di Giorgio Mannacio) 
  • Sussiste il vincolo di subordinazione nel caso in cui il preparatore di una quadra di calcio giovanile, pur non essendo mai stato retribuito, abbia assiduamente svolto la sua attività sotto la direzione dell'allenatore, sia stato inserito nell'organigramma sanitario del settore, abbia osservato un orario di lavoro prefissato in relazione alla disponibilità del terreno di gioco e nel periodo in questione non abbia lavorato in favore di soggetti diversi dalla società convenuta (Pret. Napoli 14/2/95, est. Manna, in D&L 1995, 627) 
  • L'accordo preliminare di prestazioni professionali, stipulato tra una società sportiva e un calciatore, è valido anche se non è redatto su uno dei moduli predisposti dalla Lega e anche se non è depositato presso la sede della stessa Lega competente. In caso di inadempimento di tale accordo, il Pretore, in funzione di giudice del lavoro, può pertanto ordinare, con provvedimento di urgenza ex art. 700 cpc, alla società di consentire al calciatore la partecipazione agli allenamenti e alla preparazione pre – campionato con la prima squadra, scaturendo dall'esclusione a detta partecipazione un pregiudizio imminente e irreparabile ai danni dell'atleta in termini di immagine e di conservazione della sua professionalità (Trib. Roma 3/8/94, pres. De Fiore, est. Pititto, in D&L 1995, 353, nota VIDIRI, Una nuova forma di supplenza giudiziaria: quella sportiva (in margine al caso del calciatore Garzya))
  • In tema di rapporto di lavoro tra società sportiva e tesserati della Figc l'arbitrato instauratosi sensi dell'art. 4 c. 5 L. 23/8/81 n. 91 e delle norme interne delle federazioni ha natura irrituale. Non essendo attribuito a tale arbitrato carattere di obbligatorietà, non è ravvisabile, nell'ipotesi di contrasto di natura economica, alcun ostacolo che impedisca a ciascuna delle parti di adire un via diretta e immediata il giudice ordinario a tutela dei propri diritti (Pret. Roma 9/7/94, est. Cappelli, in D&L 1995, 354, nota VIDIRI, Una nuova forma di supplenza giudiziaria: quella sportiva (in margine al caso del calciatore Garzya)