Lavoro intermittente

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Questione 1: Cos'è il lavoro intermittente?

Il contratto di lavoro intermittente è il contratto con il quale il lavoratore si mette a disposizione di un datore di lavoro per lo svolgimento di prestazioni lavorative discontinue o, appunto, intermittenti. Attualmente è disciplinato dagli articoli 13-18 del d.lgs. 81/2015, che hanno sostituito la previgente disciplina di cui agli artt. 33-40 del d.lgs. 276/2003.

Il contratto può contemplare l’obbligo per il lavoratore di rispondere alla chiamata del datore di lavoro. In questo caso, per i periodi di inattività (periodi tra una chiamata e l’altra), il lavoratore ha diritto a percepire l’indennità di disponibilità, la cui misura è determinata dalla contrattazione collettiva e non può in ogni caso essere inferiore all’importo fissato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Il vincolo alla chiamata comporta che, nell’ipotesi di rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata del datore di lavoro, il lavoratore può essere licenziato e può altresì essere obbligato a restituire la parte di indennità di disponibilità riferita al periodo successivo al rifiuto.

In caso di malattia o di altro evento che renda temporaneamente impossibile rispondere alla chiamata, il lavoratore che si è obbligato a rispondere alla eventuale chiamata deve darne tempestiva comunicazione al datore di lavoro; per tale periodo il lavoratore non matura il diritto alla indennità di disponibilità. In assenza di tale comunicazione, il lavoratore perde il diritto all’indennità per un periodo di 15 giorni, salvo che il contratto individuale non disponga diversamente.

Quanto alla forma e al contenuto del contratto, la legge richiede la forma scritta ai soli fini della prova e stabilisce che in esso devono essere specificate la durata del contratto, l'ipotesi che ne giustifica la stipulazione, il luogo e la modalità della disponibilità eventualmente garantita dal lavoratore, il preavviso della chiamata (che comunque non può essere inferiore a un giorno lavorativo), il trattamento economico e normativo spettante al lavoratore (ivi compresa, eventualmente, l'indennità di disponibilità), le forme e le modalità con le quali il datore di lavoro può richiedere l'esecuzione della prestazione, le modalità di rilevazione della prestazione, i tempi e le modalità di pagamento della retribuzione e dell’indennità di disponibilità, le misure di sicurezza necessarie in relazione al tipo di attività oggetto del contratto. 

In caso di ricorso al lavoro intermittente, il datore di lavoro è tenuto a un duplice obbligo di comunicazione; nello specifico:

  • prima dell'inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore a trenta giorni, deve comunicarne la durata alla direzione territoriale del lavoro competente per territorio, mediante sms o posta elettronica (la violazione di tale obbligo comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa da euro 400 a euro 2.400 in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione);

  • deve informare con cadenza annuale le rappresentanze sindacali aziendali o la rappresentanza sindacale unitaria sull'andamento del ricorso al contratto di lavoro intermittente.

La legge prevede degli stringenti limiti anagrafici al ricorso a questo tipo di contratto, stabilendo in particolare che il contratto di lavoro intermittente può essere solo concluso con soggetti con più di 55 anni di età e con soggetti con meno di 24 anni di età, fermo restando che, in questo secondo caso, le prestazioni contrattuali devono essere svolte entro il venticinquesimo anno di età.

In ogni caso, il ricorso al contratto di lavoro intermittente è ammesso, per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, per un periodo massimo di quattrocento giornate di lavoro effettivo nell’arco di tre anni. In caso di superamento di questo periodo, il rapporto si trasforma in rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.

 

Questione 2: Quando è vietato il ricorso al lavoro intermittente?

Il D.Lgs. 81/15 prevede che è fatto divieto di ricorrere al lavoro intermittente:

  • per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;

  • nelle unità produttive nelle quali si è proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi che hanno riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente;

  • nelle unità produttive nelle quali sono operanti una sospensione del lavoro o una riduzione dell'orario in regime di cassa integrazione guadagni, che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente;

  • ai datori di lavoro che non hanno effettuato la valutazione dei rischi in applicazione della normativa di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori;

  • alle pubbliche amministrazioni.